Papa Francesco con l’indizione del Giubileo Ordinario dell’anno 2025, consegna alla Chiesa ed al mondo una lettera titolata Spes non confundit, “la speranza non delude” (Rm.5,5)

Un richiamo alla speranza, messaggio centrale del Giubileo, un invito a varcare la “porta” per un incontro vivo e personale col Signore Gesù.

Il riferimento del testo a Giovanni 10, 7 – 9: “Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. [8] Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. [9] Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.” conduce noi operatori del diritto a prendere in considerazione in particolare il paragrafo n.10 inserito fra i “segni di speranza”.

Saremo chiamati infatti ad essere tangibili segni di speranza a chi vive il disagio della carcerazione: Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto. Propongo ai Governi che nell’Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi.

È un richiamo antico, che proviene dalla Parola di Dio e permane con tutto il suo valore sapienziale nell’invocare atti di clemenza e di liberazione che permettano di ricominciare: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti» ( Lv 25,10). Quanto stabilito dalla Legge mosaica è ripreso dal profeta Isaia: «Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore» ( Is 61,1-2). Sono le parole che Gesù ha fatto proprie all’inizio del suo ministero, dichiarando in sé stesso il compimento dell’“anno di grazia del Signore” (cfr. Lc 4,18-19). In ogni angolo della terra, i credenti, specialmente i Pastori, si facciano interpreti di tali istanze, formando una voce sola che chieda con coraggio condizioni dignitose per chi è recluso, rispetto dei diritti umani e soprattutto l’abolizione della pena di morte, provvedimento contrario alla fede cristiana e che annienta ogni speranza di perdono e di rinnovamento. (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2267) Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita.”.

Proprio per rendere concreto questo invito, Papa Francesco ha voluto recarsi, il 26 dicembre 2025, alla Casa Circondariale di Rebibbia, ove avanti ad autorità, personale di sevizio di custodia e detenuti, nel corso dell’omelia è tornato sul tema della speranza: “Ho voluto spalancare la Porta, oggi, qui. La prima l’ho aperta a San Pietro, la seconda è vostra. È un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte. Ma più importante è quello che significa: è aprire il cuore. Cuori aperti. E questo fa la fratellanza. I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere.  Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude (cfr Rm 5,5), mai! Pensate bene a questo. Anche io lo penso, perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente. Ma la speranza non delude mai.”…” Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa che ci fa andare avanti.”.

Inevitabile, sulla scorta di tali discorsi, il sorgere di un dibattito con posizioni discordanti e contrapposte fra le forze politiche circa l’opportunità della promulgazione di un’amnistia e di indulto. Degna di nota sul tema la posizione del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha accompagnato Papa Francesco nella visita, e che ha affermato sintetizzando le diverse prospettive di Chiesa e Stato su amnistia e indulto: “Il Papa guarda alle coscienze, lo Stato alla certezza del diritto”…”sono plausibili come segno di forza e magnanimità, ma se vengono interpretati come provvedimenti emergenziali svuota- carceri sono manifestazioni di debolezza”.

Le ragioni del Ministro sono state esplicitate nell’intervista al Libero del 28 dicembre a 2024 a cura di Elisa Calessi, allegato in pdf alla pagina di gNews sopra indicata.

Un dibattito è aperto in cui trovare soluzioni che accettino la sfida di integrare misericordia e giustizia, sintesi difficile per noi umani, ma nulla è impossibile a Dio. Lasciamoci guidare.

Benedetto Tusa

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