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ROSARIO LIVATINO. LA VITA

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La vita

1952, 3 ottobre. Rosario Angelo Livatino nasce a Canicattì: è uomo del nostro tempo, se non fosse stato ucciso, oggi sarebbe ancora in servizio. Il papà, Vincenzo, laureato in legge, è stato dipendente dell’esattoria comunale, la mamma è Rosalia Corbo.

1952, 7 dicembre. Riceve il Sacramento del Battesimo nella Chiesa della Città natale.

1964, 26 luglio. Riceve il Sacramento della Comunione.

1966-1971. A Canicattì frequenta il liceo classico Ugo Foscolo.

1971-1975. Studia alla facoltà di giurisprudenza di Palermo e si laurea con la lode.

1977-1978. Lavora come vicedirettore all’Ufficio del Registro di Agrigento.

  1. Vince il concorso magistratura e svolge il tirocinio al Tribunale di Caltanissetta.

1979-1989. È sostituto procuratore al Tribunale di Agrigento.

1988, 29 ottobre. A 35 anni riceve il sacramento della Confermazione.

  1. Si trasferisce come giudice, nello stesso Tribunale, nella sezione penale.

1990, 21 settembre. È ucciso in un agguato lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta, mentre si reca al lavoro.

2021, 9 maggio, Nella cattedrale di San Gerlando ad Agrigento viene proclamato beato nella S. Messa celebrata dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi.

29 ottobre. È il giorno della sua memoria liturgica, anniversario della Cresima.

 

Il magistrato

Nel decennio dal 29 settembre 1979 al 20 agosto 1989, come Sostituto Procuratore della Repubblica, Livatino si è occupato delle più delicate indagini antimafia, di criminalità comune ma anche, nel 1985, di quella che poi negli anni 1990 sarebbe scoppiata come la “Tangentopoli siciliana”. Il servizio che, dal 21 agosto 1989 al 21 settembre 1990, egli presta al Tribunale di Agrigento è di giudice a latere nella sezione penale, e in quanto tale, si dedica in modo a speciale alle misure di prevenzione, incluse quelle patrimoniali. La sua attività professionale è documentata nel volume di A. Mantovano-D. Airoma-M. Ronco, Un giudice come Dio comanda. Rosario Livatino, la toga e il martirio, il Timone, Milano 2021 (una edizione accresciuta è stata pubblicata nel 2022).

Rosario Livatino fu ucciso la mattina del 21 settembre 1990 sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta mentre, alla guida della propria auto, si recava in Tribunale. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al testimone oculare Pietro Nava, i componenti del gruppo omicida e i mandanti, e tutti sono stati condannati, in tre differenti tronconi processuali.

Nell’agenda di Livatino, alla data del 18 luglio 1978, è possibile leggere: “Oggi ho prestato giuramento: da oggi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige”. Fede e diritto, come Livatino spiegò in una conferenza tenuta a Canicattì nell’aprile 1986, sono due realtà “continuamente interdipendenti fra loro, sono continuamente in reciproco contatto, quotidianamente sottoposte ad un confronto a volte armonioso, a volte lacerante, ma sempre vitale, sempre indispensabile”.

 

Il Cristiano

Rifacendosi ad alcuni passi evangelici, Livatino osservava come Gesù affermi che “la giustizia è necessaria, ma non sufficiente, e può e deve essere superata dalla legge della carità che è la legge dell’amore, amore verso il prossimo e verso Dio, ma verso il prossimo in quanto immagine di Dio, quindi in modo non riducibile alla mera solidarietà umana; e forse può in esso rinvenirsi un possibile ulteriore significato: la legge, pur nella sua oggettiva identità e nella sua autonoma finalizzazione, è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge, per cui la stessa interpretazione e la stessa applicazione della legge vanno operate col suo spirito e non in quei termini formali”.

Ancora su questo aspetto, Livatino dichiarava: “Cristo non ha mai detto che soprattutto bisogna essere ‘giusti’, anche se in molteplici occasioni ha esaltato la virtù della giustizia. Egli ha, invece, elevato il comandamento della carità a norma obbligatoria di condotta perché è proprio questo salto di qualità che connota il cristiano”. Rispetto al ruolo del magistrato, nella stessa conferenza, Livatino affermava: “Il compito del magistrato è quello di decidere. Orbene, decidere è scegliere e, a volte, tra numerose cose o strade o soluzioni. E scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata”. Ogni mattina, prima di entrare in tribunale, andava a pregare nella vicina chiesa di San Giuseppe.

 

S.T.D.: all’inizio non decifrate, poi identificate come le iniziali dell’espressione ‘sub tutela Dei’, quelle lettere segnano l’affidamento al Signore di tutto ciò che per Rosario Livatino ha senso, dalla vita familiare al lavoro, dalle preoccupazioni per l’incolumità propria e altrui alle speranze di matrimonio, fino alle incombenze di studio. Per questo le si incontra spesso nelle pagine delle sue agende. Mons. Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale, scrive a proposito di esse: “gli inquirenti all’inizio si inquietano e pensano a un messaggio cifrato per indicare il nome di chi lo perseguitava. In realtà quella sigla, presente già nella sua tesi di laurea in giurisprudenza, si trova in tutte le sue agende (…). E ricorda – come ha spiegato il professore Giovanni Tranchina, che di Livatino fu docente universitario – ‘le invocazioni con le quali, in età medievale, si impetrava la divina assistenza nell’adempimento di certi uffici pubblici’”.

Livatino è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per lattualità delle sue riflessioni”, ha detto di lui Papa Francesco nel discorso “Ai Membri del Centro Studi Rosario Livatino” tenuto nella Sala Clementina il 29 novembre 2019.

 

Il beato

La beatificazione avviene il 9 maggio del 2021, nell’anniversario della visita di San Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993. Dall’Omelia dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi:

 

Nell’amore di Cristo, infatti, egli si è collocato, “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”, dice il Salmo (131,2). È il senso ultimo di quel motto S.T.D. (…). I giusti, scriveva un autore del XII secolo, si collocano sotto la Croce, si pongono, cioè, sub tutela divinae protectionis e così si saziano dei frutti dell’albero della vita (…). È quanto è accaduto al giudice Livatino, il quale è morto perdonando come Gesù ai suoi uccisori”.

(…) “La sua vita – avrebbe detto il Manzoni – fu il paragone delle sue parole (…). Credibilità fu per lui la coerenza piena e invincibile tra fede cristiana e vita. Livatino rivendicò, infatti, l’unità fondamentale della persona; una unità che vale e si fa valere in ogni sfera della vita: personale e sociale. Questa unità Livatino la visse in quanto cristiano, al punto da convincere i suoi avversari che l’unica possibilità che avevano per uccidere il giudice era quella di uccidere il cristiano. Per questo la Chiesa oggi lo onora come Martire”.

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Orazione finale tenuta da Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino e vice-presidente del Centro Studi Livatino, in occasione della Santa Messa conclusiva della peregrinatio della reliquia del Beato Rosario Angelo Livatino, tenutasi a Roma a Santa Maria degli Angeli il 21 gennaio 2023.

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