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1. È una Palermo infangata dalla penetrazione criminale mafiosa quella raccontata da Damiani in questa pellicola. Malgrado la bellezza antica dei suoi vicoli perduti, sospesi nel grigio della pietra, il male arriva ovunque e inquina le relazioni sociali, fino a distruggere le istituzioni familiari. In una città soffocata dai tentacoli avidi della mafia, non c’è spazio per la denuncia. La gente non vede, né sente, ha paura, e soffre la fame in muta rassegnazione. La polizia, di contro, vede bene, ma fa finta di non guardare, per quieto vivere e le conviene così, in contesto sociale incomparabilmente lontano dalla decisa azione di contrasto alle cosche avviata dal maxiprocesso della seconda metà degli anni 1980.

I responsabili della politica chiacchierano, ma il fango sommerge fino al collo anzitutto loro, fino a volte a farli scomparire. Gli imprenditori hanno l’apparenza di onesti “self made men”, ma in realtà sono servi dei boss. Neppure i giornali sono esenti da colpa: dietro l’ostentata smania di denuncia si cela l’ottusità della partigianeria politica. In questo “mare magnum” si muove il protagonista del film, il regista Solaris, intento a navigare in correnti torbide e pericolose, che somigliano agli occhioni ammaliatori della moglie del procuratore. Per Solaris sarà complicato districare il bandolo della matassa. Sarà solo il colpo di scena finale a capovolgere un destino che sembrava già scritto.  

2. Il regista Giacomo Solaris si trova a Palermo per presentare il suo ultimo film, Inchiesta a Palazzo di Giustizia, che suscita tanto scalpore da diventare subito un successo commerciale. Solaris, raccolte informazioni dal commissario Zamagna, suo amico, dal costruttore mafioso Terracina, altro sodale, nonché da quanto esce dalla redazione del giornale scandalistico Sicilia Sera, ha descritto nella sua pellicola le malefatte di un alto magistrato locale, e lo ha concluso con l’assassinio dello stesso da parte di un esaltato. Essendo facile il collegamento tra il personaggio della finzione filmica e il Procuratore Alberto Traini, politici e mafiosi cercano frettolosamente di arginare  eventuali contraccolpi dello scandalo.

Il giudice Traini visiona il film ma inizialmente non sembra preoccupato più di tanto della sua diffusione nelle sale, come si evince dal dialogo seguente.

Traini: «Lei ha fatto molte false accuse contro di me. Sa cosa le chiederebbero prima di tutto in Tribunale?»

Solaris: «Le prove»

Trani: «Ne ha?»

Solaris: «Facciamo il processo e lo sapremo»

Traini: «Allora ha fiducia nella giustizia»

Solaris: «No, ho fiducia nello scandalo».

3. La situazione si fa incandescente quando Traini viene ucciso. Solaris, che ha lo scrupolo di aver provocata la tragedia, intraprende una indagine privata sulla morte di Traini, e giunge a esiti differenti rispetto a quelli che la premessa iniziale poteva far presumere, cioè finisce per scoprire che il Procuratore è stato ucciso dall’amante della moglie. Damiani costruisce una trama in cui Solaris di sicuro è il ‘buono’ della storia. Ma è un buono alla Damiani, cioè un personaggio ricco di sfumature in cui la tensione morale deve fare i conti col compromesso, in cui la sfida ai vertici della magistratura viene attutta attraverso lo “scandalo”. che considera l’unico mezzo per arrivare alle “vera giustizia”.

Anche le sue amicizie sono borderline. Memorabile, al riguardo, il dialogo con Vincenzo Terrasini (Renzo Palmer) amico e informatore:

Solaris «Ma allora sei diventato un mafioso di rispetto»

Terrasini «Ma la mafia…»

Solaris «non esiste»

Terrasini «Invenzione dei giornalisti»

Solaris «Di gente di Milano…»

Terrasini «Che non conosce le cose della Sicilia…»

Nelle indagini sull’omicidio, ennesimo riferimento al delitto realmente compiuto del procuratore capo di Palermo dell’epoca Pietro Scaglione, assai discusso in vita e riabilitato a molti anni dopo la morte, si impegnano, oltre ai poco convinti poliziotti, i giornalisti di Sicilia notte, il giornale con cui collabora Solaris (è chiaro il riferimento alle inchieste pesantissime dell’Ora di Palermo): è una gara a chi fa prima a scoprire e a imporre la propria verità.

È una verità che rischia di capovolgere i rapporti di potere all’interno della politica nazionale, sulla cui scena due esponenti di spicco, legati ognuno per conto suo al procuratore ucciso, entrano in conflitto perché uno di loro è sospettato del delitto. Si tratta di Derrasi e di Selimi, quest’ultimo legato al boss latitante Bellolampo, mentre Derrasi cura i rapporti con la mafia attraverso l’avvocato Meloria. Mentre il giudice istruttore sta per inchiodare Selimi, arriva il colpo di scena, non quello sperato dagli avversari del politico né dalla redazione di Sicilia Notte, che ha letteralmente pilotato l’inchiesta con un martellamento continuo.

Solaris si troverà davanti ad un bivio: divulgare ciò che ha scoperto e quindi smentire l’inchiesta partita dal suo film e lasciare al suo posto un uomo di potere corrotto, oppure mentire in nome della coscienza civile a cui corrisponde spesso una verità politica?

Daniele Onori

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