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Il concetto di legge e giustizia nei frammenti di Eraclito

Il concetto di legge e giustizia nei frammenti di Eraclito

Rispetto al significato generalmente attribuito al termine díke, nettamente diverso è quello che nel mondo greco viene assegnato ai termini usati per indicare il diritto, o la legge, che del diritto rappresenta al tempo stesso il fondamento e l’espressione più compiuta. Secondo Eraclito, dunque, il nómos, la «legge», è espressione di una misura, di una razionalità divina. Solo in quanto è «riflesso» di quella divina, la legga umana può vantare una sua legittimità. Al di fuori di questo fondamento, ove il nómos venga concepito come formulazione autonoma, esso perde ogni validità.

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Cicerone e la corruzione come male antico

Cicerone e la corruzione come male antico

Correva l’anno 70 a.C. ai primi di gennaio, un giovane avvocato dell’Urbe di nome Marco Tullio Cicerone, presenta al pretore Manlio Acilio Glabrione, presidente del tribunale per i reati di concussione, una richiesta formale di accusa contro Gaio Verre, governatore di Roma nella provincia di Sicilia per tre anni. Glabrione concede all’avvocato Cicerone 110 giorni per trovare tutte le prove possibili per incastrare l’accusato e arrivare al processo, fissato per la fine di aprile, con l’inchiesta chiusa. Il reato è quello di avere sfruttato a suo favore una provincia per assecondare i suoi giochi politici. Le requisitorie contro Verre divennero famose nel mondo antico e ancora oggi, conosciute con il nome di Verrine. Quest’opera oltre ad avere avuto un impatto letterario di rilievo, che ancora continua ad esercitare il suo fascino, offre molteplici spunti d’indagine al fine di sondare il terreno friabile del fenomeno corruttivo. Il processo a Verre e le orazioni ciceroniane rivelano infatti tratti di sorprendente attualità e pongono il focus su alcuni profili della corruzione che non smettono mai di creare interrogativi.

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Lucano e lo Ius Fetiale (guerra giusta e guerra ingiusta)

Lucano e lo Ius Fetiale (guerra giusta e guerra ingiusta)

Il capolavoro di Lucano, intitolato Bellum civile o Pharsalia (come lo stesso autore lo chiama nel testo), mostra il disastro e la rovina cui hanno portato le guerre intestine. Mentre Virgilio (e sulla sua scia successivamente Livio) esprime il sentimento collettivo dei Romani ritenendo che dopo le guerre civili Roma sembra nascere ad una nuova grandezza, nei versi di Lucano emerge invece un tono cupamente pessimistico. L’unica guerra che può essere considerata giusta è quella che è contraddistinta da una missione civilizzatrice. Non c’è missione civilizzatrice, non c’è progresso, invece, nelle guerre civili.

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L’uso della terminologia giuridica nelle Metamorfosi di Apuleio

L’uso della terminologia giuridica nelle Metamorfosi di Apuleio

È fuori ogni dubbio che Apuleio avesse a disposizione una vasta cultura giuridica da sfruttare in chiave letteraria. Studente di grammatica, oratoria e filosofia a Cartagine e Atene, la sua professionalità come avvocato traspare nelle Metamorfosi. Infatti, gli avvenimenti autobiografici del processo a Sabrata per crimen magiae sono ripresi diverse volte all’interno delle Metamorfosi, offrendo al lettore riferimenti giuridico-legali che mirano a rendere evidente la (s)corretta applicazione di pratiche e procedure giuridiche, dimostrando da parte di Apuleio un interesse storico nei riguardi delle istituzioni giuridiche in sé o della conoscenza delle stesse da parte del Madaurense o da parte dei suoi lettori.

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20. Lucrezio e il contrattualismo

20. Lucrezio e il contrattualismo

Nella filosofia antica, sofisti, quali Glaucone e Trasimaco, contrappongono il nomos alla physis, e sostengono che le leggi vengono fatte sulla base di una convenzione fra gli uomini perché ognuno si astenga dall’offendere un suo simile a condizione che il suo simile si astenga dall’offendere lui. Questa tesi è ripresa da Epicuro e da Lucrezio. Il libro V del De Rerum Natura di Lucrezio (I a.C.) è, a parte gli accenni dei Sofisti, il primo documento della teoria del contratto sociale, che avrà largo successo in età moderna (la ritroveremo in Hobbes, Locke e Rousseau).

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18. Virgilio e il diritto internazionale antico

18. Virgilio e il diritto internazionale antico

Alla dottrina giusromanistica non è certo sfuggita la peculiare conoscenza virgiliana in materia giuridica. Nell’Ottocento si era occupata del tema sia nell’ambito di ricerche specificamente dedicate allo studio dell’opera virgiliana, sia in sillogi di carattere più generale, volte all’analisi complessiva della conoscenza del diritto da parte dei poeti latini. Di particolare rilievo l’atteggiamento culturale e poetico di Virgilio nei confronti della guerra concepita dai Romani come una rottura traumatica delle naturali relazioni pacifiche tra i popoli: che ha sempre necessità di una giustificazione, bellum iustum piumque, cioè avere una giusta causa.

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17. Orazio, le Satire e il diritto

17. Orazio, le Satire e il diritto

Nella poesia di Orazio è sorprendente l’uso ripetuto di termini e immagini giuridiche: si tratta di numerosi riferimenti al diritto spesso divertenti e raffinati, tecnicamente precisi, rivolti a pubblici differenziati a seconda dell’istruzione di ciascun lettore, da quella più elementare sino a quella dei giuristi in senso stretto. Il poeta dimostra di conoscere il più antico diritto romano (con particolare riferimento alle XII Tavole), ma anche il diritto a lui coevo, quello sostanziale come quello processuale, il privato come il criminale: molte delle fonti oraziane per tali motivi sono state adeguatamente esaminate dai giusromanisti.

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16. Tibullo e il sacrilegium

16. Tibullo e il sacrilegium

A differenza di quanto riscontrato in Catullo e Properzio, nell’opera di Tibullo non si rinviene un impiego ricorrente della terminologia giuridica o di espressioni riconducibili, almeno in una certa misura, a istituti giuridici. Nei suoi versi però si ritrova una testimonianza di carattere squisitamente giuridico riguardo al sacrilegium, su cui vale la pena soffermarsi.

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