fbpx

Se il terreno del diritto per Hegel è l’elemento spirituale, l’essenza del diritto razionale va cercata nell’esistenza positiva, nella forma storica delle leggi: il sistema del diritto è così il mondo dello spirito “prodotto come una seconda natura”. Con Hegel il discorso filosofico del fondamento dello spirito del mondo immanente nella storia fa venire meno la distinzione tra ragione e realtà, e conseguentemente nega la possibilità stessa della priorità deontologica della prima sulla seconda. Alla manifestazione concreta della volontà dello Stato, in cui lo spirito della nazione si sostanzia nel suo divenire, non è possibile contrapporre la vigenza di un qualsivoglia diritto posto su altro fondamento: Hegel nega pertanto che possa sussistere una sfera di diritti naturali presupposta e tutelata di fronte allo Stato. L’identità oggettiva tra ragione e realtà apre alla realpolitik del diritto positivo e alla ragion di Stato, per cui il diritto trova esclusivamente nella forza e nella volontà dello Stato il suo unico fondamento e motivazione. La rottura con il giusnaturalismo diventa netta e definitiva.

1. Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque a Stoccarda nel 1770. Già negli anni giovanili, trascorsi come studente di teologia a Tubinga e poi come precettore a Berna e a Francoforte, si trovò immerso nel fervido moto d’idee che agitava la Germania del tempo; trasferitosi a Jena, la cui università, con Reinhold, con Fichte, e da ultimo con Schelling, era divenuta il centro della filosofia idealistica, accentuò e precisò i suoi interessi filosofici, assumendo dapprima una posizione assai prossima a quella schellinghiana, ma sviluppando ben presto un proprio originale pensiero.

Questo venne manifestandosi in campi diversi, ma si orientò sempre più verso la costruzione di un sistema: era ciò che di Hegel costituiva la vocazione filosofica più profonda. Di ciò è documento, tra gli altri, uno scritto rimasto a lungo inedito, il Sistema dell’eticità (System der Sittlichkeit), redatto nel 1802, di particolare interesse, come pure un’altra opera dello stesso periodo (1802-1803), apparsa nella rivista da Hegel fondata insieme con Schelling, il Giornale critico della filosofia: il lungo articolo Sui modi di trattare scientificamente il diritto naturale, il posto di esso nella filosofia pratica e il suo rapporto con le scienze giuridiche positive (Ueber die wissenschalichen Behandlungsarten des Naturrechts, seine Stelle in der praktischen Philosophie und sein Verhältnis zu den positiven Rechtswissenschaen).

Ancor maggiore tendenza alla sistematicità rivelano la Fenomenologia dello Spirito (Phänomenologie des Geistes: 1807) e un’opera edita postuma, scritta dal 1809 al 1811, Propedeutica filosofica (Philosophische Propädeutik), che presenta motivi d’interesse per il filo conduttore di quel rubrica perché vi è per gran parte contenuta la filosofia del diritto hegeliana, certo meno approfondita che nelle opere successive, ma in forma più accessibile per il lettore comune.

2. Assai presto si manifesta negli scritti di Hegel l’esigenza di una sintesi teoretica, fondata sull’idea della filosofia come razionalità assoluta e universale che si attua dialetticamente quale forma dell’esperienza totale, coscienza del reale in quanto processo svolgentesi organicamente nei suoi molteplici aspetti: coscienza che è poi autocoscienza, coscienza che l’Assoluto ha di sé stesso in quanto pensiero che torna a sé ritrovando sé in tutto il reale. Tale esigenza si precisa nelle opere scritte quando Hegel era professore a Heidelberg, la Scienza della logica (Wissenscha der Logik: 1812- 1816) e l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaen in Grundrisse: 1817), in cui è esposto l’intero suo sistema filosofico.

Dopo che egli fu passato all’università di Berlino – dalla cui cattedra dominò, in ogni senso, la cultura tedesca del tempo –, nei Lineamenti fondamentali della filosofia del diritto, ovvero Diritto naturale e scienza dello Stato in compendio (Grundlinien der Philosophie des Rechts, oder Naturrecht und Staatswissenschaim Grundrisse): apparsi nel 1821, furono l’ultima opera che Hegel pubblicò. Postume apparvero tuttavia le sue lezioni, in cui la sua teoria filosofica è applicata in diversi campi, storia, arte, religione, storia della filosofia. Vittima di un’epidemia di colera, Hegel morì a Berlino nel 1831.

3. Hegel dichiara nei Lineamenti che il diritto è il regno della libertà realizzata; nello stesso paragrafo però l’autore prosegue specificando che, se la libertà è sostanza e determinazione del diritto, quest’ultimo è “mondo dello spirito prodotto muovendo dallo spirito stesso”, ovvero è “come una seconda natura”[1].

Tale concetto non è affatto inedito nella storia della filosofia occidentale, ma affonda le radici nel pensiero greco, quando Aristotele instaura un nesso tra consuetudine e abitudine, indole e costume a partire dai termini ηθoς ed εθoς[2], secondo l’idea che a generare i caratteri etici non siano le capacità innate, ma le disposizioni risultato di un apprendimento e di un esercizio costante[3]. Tale etimologia, coniata attraverso la somiglianza dei due termini greci, ha avuto molto seguito, non solo nel mondo classico, cosicché, a differenza della specificità delle considerazioni e dei giudizi di merito, la seconda natura si definisce come sinonimo di costume, prodotto di una dimensione specificamente umana, ulteriore rispetto ai caratteri che contraddistinguono l’individuo in quanto essere naturale.

L’idealismo tedesco rappresenta nella storia della fortuna del concetto un momento decisivo, nella misura in cui coinvolge il rapporto fra il piano naturale, come determinazione necessaria, e l’orizzonte della libertà: se Fichte allora indica che lo stato deve diventare “lo stato di natura dell’uomo”, per Schelling “al di sopra della prima natura, una seconda e più elevata deve, per dir così, essere istituita dove regni una legge naturale, ma del tutto altra rispetto a quella della natura visibile, ossia una legge naturale al fine della libertà…Una siffatta legge naturale è la legge giuridica, e la seconda natura, nella quale domina tale legge, è la costituzione del diritto che pertanto è dedotta come condizione del perdurare della coscienza[4].

4. La nozione di diritto come seconda natura nasconde due indicazioni apparentemente contraddittorie: da una parte essa rimarca come nel diritto sia presente un elemento artificiale, in quanto ordine costruito al di sopra di quello naturale, dall’altra sottolinea il carattere di necessità di tale ordine, il quale si sostituisce letteralmente al primo e presenta gli stessi caratteri di cogenza.

Sebbene Hegel non offra mai una definizione esplicita di seconda natura, utilizzata principalmente come attributo di qualcos’altro e mai come soggetto di un’enunciazione, essa risulta molto importante nell’economia della riflessione sul diritto, in quanto mette in relazione la dimensione etica con la soggettività e la libertà con i costumi[5].

Nelle Lezioni di filosofia della storia Hegel dichiara che “noi dobbiamo considerare la natura per scorgere come anch’essa sia, in sé, un sistema della ragione”, ovvero “dobbiamo considerarla solo in relazione allo spirito”, in quanto l’uomo “costituisce l’antitesi del cosmo naturale: è l’essere che si eleva nel secondo cosmo[6].

La seconda natura coincide dunque con l’eticità, la quale rappresenta il punto più alto dello spirito oggettivo, in quanto corrisponde al concetto della libertà divenuto mondo sussistente e natura dell’autocoscienza.

L’orizzonte di fondo delle istituzioni, a partire dalla famiglia, dal mercato, dalle corporazioni e dalla polizia, nonché l’oggetto di riferimento costantemente presente nel discorso hegeliano è allora lo Stato, istituzione delle istituzioni, il quale rappresenta la dimensione concreta della stessa eticità, dal momento che essere liberi significa partecipare a certe istituzioni, che costituiscono l’articolazione dello stato moderno.

Lo Stato è infatti per lo Hegel l’organismo etico assoluto, l’ethos che si fa autocosciente come spirito di un popolo: è «il razionale in sé e per sé», «unità sostanziale fine a sé stessa».[7] È nello Stato che l’identità di razionale e di reale si attua concretamente; con espressione divenuta famosa, Hegel lo chiama addirittura «l’ingresso di Dio nel mondo»[8] .

Sovrano anche nei riguardi esterni, lo Stato non sottostà ad alcun altro potere; dei conflitti fra i vari Stati decide, arbitro supremo, la guerra[9]. Dello Stato, «spirito determinato di un popolo», Hegel fa il protagonista della storia universale del mondo, «le cui vicende rappresentano la dialettica degli spiriti particolari dei diversi popoli, il tribunale del mondo» [10]: cioè il processo dello spirito del mondo (Weltgeist) che nei vari popoli si incarna e nella storia universale «esercita il suo diritto, che è il diritto più alto di tutti»[11].

Daniele Onori


[1] Rph, § 4, p. 46; tr. it., p. 27. «Die Welt der Freiheit ist so gut eine Wirklichkeit als das Reich der Natur. Dieses Reich der Freiheit ist nun auch ein in sich Gesetzmäßiges, hat Notwendigkeit in sich, ist niche eine Wirklichkeit die aus Zufälligkeit besteht, die ewiges Gesetz ist, wie in der Natur» (Rph IV, § 4, p. 42).

[2] Arist., Etica Nicomachea, 1103a 14-26, p. 47; Id., Hist. An. VIII, 1, 588a 18. Il riferimento ad Aristotele è esplicitato da Hegel in Rph IV, § 151, p. 155. Vedi a riguardo C. Cesa, «La ʻseconda naturaʼ tra Kant e Hegel», in Natura, XII Colloquio Internazionale, a cura di D. Giovannozzi e M. Veneziani, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2008, pp. 485-503, in particolare p. 485 e L. Cortella, L’etica della democrazia, cit., p. 20. 383 Vedi E. Bories, Hegel. Philosophie du droit, cit., pp. 27-32

[3] Vedi E. Bories, Hegel. Philosophie du droit, cit., pp. 27-32.

[4] J. G. Fichte, Diritto Naturale, cit., p. 133; F.W.J. Schelling, Sistema dell’idealismo trascendentale, cit., pp. 493-495

[5] Sul concetto di seconda natura in Hegel, vedi L. Marino, «L’idealismo politico e il diritto della natura», in Rivista di filosofia, 77, 1986, pp. 141-171; R. Bonito Oliva, L’individuo moderno e la nuova comunità, Guida, Napoli 2000, pp. 121-144; A. Peperzak, «Second Nature: Place and significance of the Objektive Spirit in Hegel’s Enciclopedia», in The Owl of Minerva, 27, I, 1995, pp. 51-66; M. Riedel, hrsg. von, Materialien zu Hegels Rechtsphilosophie, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1969, vol. II, pp. 109-127; V. Verra, «Storia e seconda natura in Hegel», in Letture hegeliane, Il Mulino, Bologna 1992, pp. 81-98; I. Testa, «Selbstbewusstsein und Zweite Natur», in K. Vieweg-W. Welsch, hrsg. von, Hegels Phänomenologie des Geistes, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 2008, pp. 286-307.

[6] VPG, vol. I, p. 27; tr. it., vol. I, p. 33.

[7] Hegel, Filosofia del diritto,

[8] Ivi, § 258, aggiunta; cfr. § 270.

[9] Ivi, § 334

[10] Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 548

[11] Hegel, Filosofia del diritto, § 340

Share