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In occasione del Santo Natale, ci è particolarmente gradito pubblicare la riflessione sul tema della vita nascente svolta per il Centro Studi Rosario Livatino dalla professoressa Maria Pia Baccari Vari.

Rinnoviamo gli auguri a tutti i nostri amici e benefattori di un nuovo inizio in Colui che è fonte della vera vita.

1.Ricorrono in questi giorni i 50 anni da un importantissimo discorso di San Paolo VI sulla difesa del diritto alla vita dal concepimento.[1] In esso, Papa Montini affermava che “i giuristi hanno un compito a nessun altro inferiore di difendere nella società questo universale valore umano che è alle sorgenti stesse della vita, alle radici della civiltà non solo cristiana, ma semplicemente ed universalmente umana”, con l’invito a studiare e trovare, nel sistema, strumenti idonei a difendere la vita, a partire dal diritto romano, in particolare con un esplicito richiamo all’istituto del curator ventris.
Il Santo Padre, dopo aver ricordato che si trattava di un argomento “di grande interesse nella civiltà occidentale” e che la “protezione del nascituro ha inizio ben presto, sebbene a scopi particolari. Come in favore di lui sono i risalenti istituti del “curator ventris” (Cfr. Dig. 26, 27, 42)”, evidenziava anche la delicatezza dell’argomento sottolineandone l’attualità.

2. Dopo cinquant’anni possiamo affermare che l’invito del Santo Padre è rimasto pressoché inascoltato, da parte dei governanti, legislatori, giudici e giuristi, salvo alcune eccezioni considerevoli[2].

Tra i tanti accadimenti assai rilevanti sono da ricordare, anzitutto, la sentenza Roe v. Wade del 22 gennaio 1973 con la quale la Corte Suprema degli Stati Uniti ha introdotto l’aborto volontario nell’ordinamento statunitense, con conseguenze significative e ‘disastrose’ anche nei Paesi europei. Nella sentenza si sostiene che «the unborn have never been recognized in the law as persons in the whole sense», limitandosi a ricordare che l’aborto era conosciuto in Grecia e a Roma affermando, in termini semplicistici e assai riduttivi, che il diritto greco e il diritto romano davano poca protezione al non nato ‘unborn’ e che se l’aborto era punito in alcuni casi ciò si fondava sulla violazione del diritto del padre alla sua discendenza. Tutte queste (ed altre) affermazioni falsificano la realtà storica. Basti leggere le Institutiones di Gaio (2.242), quelle di Giustiniano (2,13,5) e il Codex Iustinianus 3.28.30.1: in queste fonti si parla di «persona iam nata vel ante testamentum quidem concepta». Le fonti giuridiche ed extragiuridiche che riguardano il concepito (chiamato assai concretamente dai latini qui in utero est) e la sua protezione giuridica nel diritto romano sono numerosissime: cfr., ad esempio, diversi libri dei Digesta[3].

La decisione americana è stata seguita dalla sentenza della Corte Costituzionale italiana del 18 febbraio 1975, n. 27, che «ha potuto opinare contro la “equivalenza” degli interessi della madre e del concepito, basandosi su una nozione astratta di “persona” (ricavata dal Codice civile o, piuttosto, dalla citata sentenza statunitense del 1973) e consentendo così la violazione del diritto alla vita di qui in utero est (diritto tutelato almeno implicitamente dall’art. 32 della Costituzione[4], utilizzando il cd. “già e non ancora”: il giudice delle leggi ha affermato, infatti, che «non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare»[5]. Taluno, a tal proposito, ha parlato di tradimento dei principi giuridici.

Di lì a poco, nel maggio del 1975, l’antico istituto del curator ventris,sopravvissuto nei secoli, a partire dal I secolo a. C. e nelle diverse codificazioni e citato nel discorso di San Paolo VI, è stato mandato in soffitta da un legislatore, quello italiano, poco attento e sensibile alla protezione del silenzioso protagonista della vita, il concepito, senza averne compreso il valore di protezione anche della donna e della res publica. L’art. 339 del c.c. è stato abrogato dall’art. 159 della legge 19 maggio 1975, n. 151, la cosiddetta “Riforma del diritto di famiglia”. L’ultimo comma dell’art. 235 della citata legge dispone inoltre: «dalla stessa data [dall’entrata in vigore della legge] il curatore del nascituro cessa di diritto dal suo ufficio». 

Il curator ventris è un istituto del diritto romano (I secolo a. C.) che proteggeva il concepito (qui in utero est), la donna (mulier) e la res publica. Di Ulpiano è il lungo frammentodedicato al curator ventris ed in particolare ai suoi compiti: praetor habuit curam [6]. Il passo riguarda in generale la missio in possessionem e quanto stabilito nell’Editto del pretore per la difesa della donna incinta e del concepito. La finalità della nomina di un curator ventris era anche di assicurare il rispetto delle modalità di adempimento delle prestazioni alimentari e di altre necessità per la donna incinta, fino al momento della nascita. Pertanto la nascita era presa in considerazione, soltanto come termine entro il quale si esaurisce il compito del curator ventris. La preminente difesa dell’interesse pubblico o, per meglio dire, l’esigenza di pubblica difesa dei tre interessi, rispettivamente della res publica, della donna e del concepito, imponeva una nomina da parte del magistrato del popolo Romano[7].

Nelle fonti giuridiche romane sono presenti istituti che spesso la dottrina contemporanea (e già talvolta quella del XIX secolo) erroneamente confonde con la cura ventris, ad esempio la custodia ventris, questa sì una sorta di ‘custode’ della donna incinta che deve controllare che non avvengano soppressioni, aborti, sostituzioni. Ma si tratta di un altro libro, di altro titolo e rubrica dei Digesta di Giustiniano: de inspiciendo ventre custodiendoque partu, D. 25,4.

Infine, nella storia del mancato ascolto dell’insegnamento di San Paolo VI, il 22 maggio 1978 venne approvata la legge n. 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”.

3. In anni più recenti, di fronte al prevalere della cultura della morte, ci sono state invece delle posizioni di segno opposto, volte a difendere la vita del concepito. Si può, in proposito, ricordare anzitutto la sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 1997, scritta da Giuliano Vassalli. In essa sono stati fissati taluni principi dai quali non si può prescindere per ogni futuro intervento sul concepito: “il diritto alla vita, inteso nella sua estensione più lata”, va iscritto “tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono … «all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana»”. Tali valori “non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale” neppure attraverso la procedura di revisione costituzionale[8].

Successivamente, la legge 19 febbraio del 2004, n. 40 recante “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, all’art. 1 “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito” [9].

Infine, il più grande segno di speranza viene dalla Corte Suprema degli USA con la sentenza Dobbs vs. Jackson Women’s Health Organization del giugno 2022. La Corte Suprema ha ribaltato la precedente decisione nel caso Roe, affermando che la Costituzione americana “non attribuisce un diritto ad abortire … e il potere di disciplinare l’aborto deve tornare al popolo e ai suoi rappresentanti”[10]. In sintesi, con la sentenza Dobbs la Corte Suprema mostra che l’individuazione di un diritto costituzionale all’aborto si fondava su un’interpretazione errata della Costituzione, dovuta, a sua volta, a una ricostruzione fallace della tradizione giuridica americana e dei suoi precedenti giurisprudenziali, denunciando anche errori di ricostruzione storica su cui si fondava la sentenza del 1973.

Si può parlare al riguardo di una sentenza epocale.

4. San Paolo VI in conclusione del suo Discorso affermava: “Ora, il primo e più fondamentale dei diritti dell’uomo è quello alla vita, ossia alla protezione della sua vita; e nessuno può avere un diritto contrario, quando si tratta di un innocente. Più debole è il soggetto, più bisognoso di protezione egli è, e più incombe a tutti il dovere di proteggerlo, massimamente alla madre, finché lo ha nel suo seno”.

È bello ricordare che il miracolo che ha aperto la strada alla beatificazione di Paolo VI si è verificato negli Stati Uniti nel 2001 ed ha avuto per protagonista un concepito alla ventiquattresima settimana, che si trovava in condizioni critiche.E anche il miracolo riconosciuto per la canonizzazione è la guarigione di una bambina durante la gravidanza.[11]

Un autorevole giurista contemporaneo, Antonio Baldassarre ha evidenziato la stretta correlazione tra la tutela della vita del concepito e la pace: «la tutela della vita umana fin dal concepimento è condizione necessaria per costruire un futuro degno dell’uomo … non può esserci pace autentica senza rispetto della vita, specie se innocente e indifesa qual è quella dei bambini non ancora nati». Il diritto alla vita è il primo dei diritti dell’uomo. Si tratta di un diritto inalienabile per lo sviluppo di ogni popolo libero e sovrano: “il diritto dei diritti, la libertà delle libertà”[12].

Un’elementare esigenza di coerenza esige che chi cerca la pace difenda la vita, sulla scia di Giorgio La Pira che nel 1975 già aveva evidenziato la stretta connessione tra aborto e guerra: «L’aborto non è soltanto la uccisione di un nascituro […]. Esso è il triste documento ed il triste segno di un’epoca che, con la guerra che essa portava con sé, è destinata ormai a tramontare per sempre» (vedi, nota 2).

Maria Pia Baccari Vari
docente di Diritto romano nella Libera Università Maria SS. Assunta


[1] Il testo del Discorso ai partecipanti al XXIII Convegno nazionale dei giuristi cattolici, del 9 dicembre 1972, può essere letto nel sito della Santa Sede al seguente indirizzo:

 https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1972/december/documents/hf_p-vi_spe_ 19721209_giuristi-cattolici.html.

[2] Parte della dottrina (in particolare, qui si dà conto di quella romanistica) ha offerto, nel solco di Giorgio La Pira, contributi significativi. G. La Pira, L’aborto non è soltanto l’uccisione di un nascituro ma uno sconvolgimento nel piano della storia, in Prospettive 7 (1975), 43, pp. 1 ss., è stato ripubblicato nel volume postumo Id., Il sentiero di Isaia,Firenze, 1979, pp. 661 ss.; vedi già Id., La successione intestata e contro il testamento in diritto romano, Vallecchi, Firenze 1930, p. 87: «Il concepimento determina il sorgere di un nuovo posto di suus nella familia».

[3] M. P. Baccari,  Sette note per la vita, in Studia et Documenta Historiae et Iuris, LXX, 2004, pp. 507 ss.; in particolare, sulle fontigiuridiche  La difesa del concepito nel diritto romano dai Digesta dell’Imperatore Giustiniano, Giappichelli, Torino 2006, pp.1 ss.; sulle fonti extra giuridiche “Homines in ventre”, in Recte sapere. Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, III, Giappichelli, Torino 2014, pp. 1297 ss.

[4] P. Catalano,  Il concepito ‘soggetto di diritto’ secondo il sistema giuridico romano, in Familia et vita, Città del Vaticano, X, 2, 2005, pp. 83; P. Ferretti, In rerum natura esse in rebus humanis nondum esse. Identità del concepito nel pensiero giurisprudenziale classico [Identità del nascituro e riflessione giurisprudenziale classica, Ferrara, 2006], Giuffrè, Milano 2008: P. NiczyporukPrywatnoprawna ochrona dziecka poczętego w prawie rzymskim, Uniwersytet w Białymstoku, Białystok 2009.

[5] F. Vari, Concepito e procreazione assistita. Profili costituzionali, I, Cacucci, Bari, 2008; Id., La tutela della vita nel diritto italiano, in Europa dei valoriPrimo rapporto ACEV, a cura di Paolo De Carli, CEDAM, Padova 2022; cfr. E. Giacobbe, Il concepito come persona in senso giuridico, Giappichelli, Torino 2003.

[6] Tratto dal libro XLI ad edictum, che apre il titolo IX del libro XXXVII dei Digesta, sotto la rubrica de ventre in possessionem mittendo et curatore eius.

[7] M. P. Baccari, Curator ventris. Il concepito, la donna e la res publica tra storia e attualità, Giappichelli, Torino 2012, pp. 1 ss.

[8] Da ultimo, una sintesi di grande rilievo sulla tutela del concepito è stata fatta da G. Vassalli, La tutela del concepito. La voce di un grande giurista, in Chi difende i principi non negoziabili? La voce dei giuristi. I quaderni dell’Archivio giuridico, 3, a cura di M. P. Baccari, Mucchi, Modena 2011, pp. 22 ss. vedi anche la Prefazione.

[9]  M. P. Baccari, Concepito: l’antico diritto per il nuovo millennio, Giappichelli, Torino 2004, pp. 54 ss.

[10] La decisione prende spunto da una legge del Mississippi. Essa proibisce, in via generale e salvo alcune eccezioni, l’aborto dopo 15 settimane dal concepimento, così ponendosi in contrasto con la precedente giurisprudenza della Corte Suprema.  Vedi F. Vari – M. Vettori, Prime note sulla sentenza Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization della Corte Suprema degli Stati Uniti, in Foro news, 2022.

[11] Vedi https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/amanda-la-miracolata-da-paolo-vi-santo.

[12] A. Baldassarre, Le biotecnologie e il diritto costituzionale, in AA. VV., Le biotecnologie: certezze e interrogativi, a cura di M. Volpi, Bologna, 2001, 25. Id., Diritto alla vita e Costituzione, in AA.VV., Diritto alla vita tra ius e biotecnologie I. La difesa del concepito, a cura di M. P. Baccari, Torino, 2006, p. 76 ss.

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