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Pubblichiamo una recente sentenza di merito sul cambiamento di sesso, significativa del cortocircuito logico-giuridico cui si rischia di pervenire, seguita da un breve commento dell’avv. Nicola Galizia.

Con sentenza del 21 aprile scorso, il Tribunale di Mantova si è espresso sul tema della rettificazione di attribuzione del sesso. Il giudice lombardo, sulla scia di una giurisprudenza ormai consolidata, ha stabilito che l’istante ha diritto alla rettificazione del sesso anche in difetto di intervento chirurgico; in particolare, «onde garantire piena tutela della salute psico-fisica della ricorrente nelle more dell’intervento, va anche immediatamente disposta la rettifica del suo atto di nascita con modifica del prenome da femminile a maschile»

La sentenza, più che per il decisum e per i principi di diritto richiamati (già enunciati dalla Corte Costituzionale e da altri giudici di merito), è di interesse per la sua argomentazione.

La vicenda è semplice. Una donna chiede la rettifica dell’attribuzione del sesso, lamentando un intollerabile dissidio tra il dato biologico relativo alla sua identità sessuale (donna) e la sua “identità di genere” (maschio).

Il Tribunale, fondando il proprio convincimento esclusivamente su due perizie di parte (non ha disposto una CTU perché “inutilmente costosa”) e sulle allegazioni dell’istante, accoglie la domanda della donna.

L’argomento centrale del Tribunale è il seguente: anche alla luce delle perizie di parte prodotte, «risulta indubbio che il comportamento, la gestualità, l’andatura, l’aspetto fisico e l’abbigliamento siano decisamente maschili come emerso anche in sede di comparizione personale avanti al G.I. né può inoltre andare sottaciuto che la stessa da anni vive con una compagna: risulta quindi radicata la convinzione di appartenere al sesso maschile».

Scopriamo così che, per il Tribunale:

  • esiste un “comportamento”, una “gestualità”, una “andatura”, e un “abbigliamento” maschile; un “comportamento”, una “gestualità”, una “andatura”, e un “abbigliamento” femminile;
  • Il fatto che i maschi si accompagnino con le femmine e viceversa non costituisce un mero id quod prlerumque accidit ma diventa un criterio significativo per distinguere se una persona è maschio o femmina (altro che indifferenza dell’orientamento sessuale).

Si tratta di passaggi che non hanno una grande rilevanza giuridica, ma sono certamente interessanti su un piano culturale.

Mostrano come anche nelle tesi più progressiste, in fondo, rimanga pur sempre una qualche traccia di senso comune. L’ordine naturale delle cose non godrà di ottima salute ma vende cara la pelle.

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