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di Domenico Airoma

La Corte d’Appello di Milano ( sez. Persone, Minori, Famiglia; 16 ottobre 2015; Pres. Bianca La Monica, est. M. Cristina Canziani) ha ordinato la trascrizione in Italia dell’atto con il quale, in Spagna, una donna ha adottato la figlia del partner dello stesso sesso.

Proprio mentre il Parlamento discute se fare una legge con cui introdurre la stepchild adoption, e mentre la vicenda scatena un vivace dibattito sociale e culturale, tanto da far registrare, il 20 giugno, una manifestazione di piazza di centinaia di migliaia di persone contrarie  ad ogni modifica normativa sul punto,  i giudici di Milano danno il via libera all’adozione in favore delle coppie omosessuali.

Nella sentenza, infatti, si afferma che “non vi è alcuna ragione per ritenere in linea generale contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena
tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso, una
volta valutato in concreto che il riconoscimento dell’adozione, e quindi il riconoscimento di
tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all’interesse superiore del
minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali e al
mantenimento delle positive relazioni affettive ed educative che con loro si sono consolidate, in
forza della protratta convivenza con ambedue e del provvedimento di adozione”.

C’è però un giudice a Torino.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino, in un caso analogo, ha, viceversa, sostenuto l’esatto contrario.

Il magistrato torinese ha impugnato il decreto con il quale la Corte di Appello di Torino (in data 29.10.2014) ha ordinato di trascrivere l’atto di nascita, formato sempre in Spagna, nel quale un minore risulta figlio di due madri.

Nel ricorso viene censurato il modo con cui i giudici di appello hanno inteso la nozione di ordine pubblico, e cioè una sorta di doppione dell’ordine pubblico internazionale, a sua volta ritenuto coincidente con le disposizioni della Carta europea per i diritti dell’uomo, per come interpretate dalla Corte di Strasburgo.

La nozione di ordine pubblico –avverte il Procuratore Generale-, anche intesa nell’accezione internazionale, ben tollera, e anzi si compone, come chiarito dalla Suprema Corte, non solo di valori condivisi dalla comunità internazionale, ma anche di principi e valori esclusivamente propri, purché fondamentali e (perciò) irrinunciabili. In altri termini, non vi è in alcun modo un obbligo per l’ordinamento nazionale di recepire il contenuto di atti e provvedimenti, pur adottati conformemente alle leggi del paese straniero in cui sono stati formati, per il solo fatto che essi esistano, ben potendo, anzi dovendo, essere operato un vaglio dalle istituzioni nazionali, essendo certamente riservato a ciascun paese membro della comunità internazionale ‘un ampio margine di apprezzamento discrezionale’ anche con riferimento al tema della fecondazione assistita su persone dello stesso sesso e agli atti conseguenti”.

E qual è il principio fondamentale e irrinunciabile che impedisce il riconoscimento dello stato di figlio da due persone dello stesso sesso?

Il Procuratore Generale è esplicito: “Che il principio per cui la filiazione sia necessariamente discendenza da persone di sesso diverso sia un principio fondamentale, e addirittura immanente perché discendente dal diritto naturale, non sembra possa in alcun modo essere messo in discussione, con conseguente contrasto con l’ordine pubblico, nell’accezione sopra richiamata, delle discipline che consentano soluzioni antitetiche, quale quella spagnola che consente la formazione di un atto di nascita nel quale al minore siano attribuite due madri”.

D’altronde, portando a conseguenze coerenti il ragionamento della Corte di Appello, dovremmo rassegnarci alla abrogazione di norme, anche incriminatrici, ed anche di rilievo costituzionale, per il solo fatto che la Corte di Strasburgo, o, peggio ancora, una corte straniera, abbia ritenuto di dover dare una determinata interpretazione agli articoli della Carta dei diritti dell’uomo. Basti pensare al divieto di maternità surrogata ovvero al divieto di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita a persone dello stesso sesso, sanzionati, nel nostro ordinamento, come illeciti penali ed amministrativi.

Né si può prendere a criterio normativo il “fatto compiuto”, altrimenti non dovremmo, coerentemente, perseguire penalmente anche chi si procura all’estero un bambino facendolo rapire o comprandoselo dai genitori biologici.

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