L’emergenza Covid-19 ha indotto molti paesi ad adottare misure restrittive di libertà costituzionalmente garantite. Israele, Cina e Corea del Sud hanno fatto ricorso, con diverse modalità, a strumenti di tracciamento degli spostamenti o al riconoscimento facciale, sacrificando la privacy dei cittadini all’interesse pubblico generale. Per non parlare delle restrizioni imposte, anche in Italia, alla libertà religiosa. Uno dei temi oggetto del dibattito internazionale è proprio il delicato equilibrio tra diritti individuali e interessi collettivi.
In un messaggio rivolto lo scorso 20 marzo agli Ordini forensi di tutta Europa, Silvia Gimenez-Salinas, Presidente dell’European Bars Federation, evidenzia che «situations like the one we are experiencing, put strong tension between individual rights and collettive rights, trying to justify that the latter should prevail over the former», e richiama gli iscritti a svolgere, ancora un volta e con senso di responsabilità, un ruolo di presidio dei diritti individuali potenzialmente in pericolo («no one denies that there may be a risk to certain individual rights, which could be violated, and that we, lawyers, must defend, care for and uphold. The proper balance between the two is what will strengthen our democracy»).
Gli esercenti professioni forensi sono chiamati a sorvegliare sui limiti cui soggiace la contrazione delle libertà individuali determinata dalla necessità di salvaguardare superiori interessi collettivi, assicurando la difesa dei cittadini da eventuali abusi e contribuendo a garantire il legittimo funzionamento della cosa pubblica.
In questo senso, l’emergenza sanitaria riafferma il ruolo dell’Avvocatura. Ma rivela pure l’altra faccia della medaglia: quella degli avvocati è da decenni una categoria fragile ed eterogenea. Grandi studi legali sul modello americano hanno affiancato piccole realtà di tipo tradizionale e studi di medie dimensioni, in cui di solito svolge la propria attività un consistente numero di collaboratori, liberi professionisti nella forma ma dipendenti nella sostanza. Il panorama offre uno scenario diversificato (anche per aree territoriali), che si muove da tempo lungo due direttrici: l’aumento degli iscritti e la contrazione del fatturato.
È un processo che è stato definito di proletarizzazione, con esposizione alla crisi di larga parte dell’Avvocatura. L’emergenza sanitaria di questi giorni inciderà in modo difforme sulle grandi strutture e sugli studi medio-piccoli; in un contesto così diversificato, è oggettivamente difficile sintetizzare una proposta di intervento normativo che impatti in maniera trasversale ed omogenea su tutte le realtà che compongono la categoria.
L’esame delle misure previste dal Governo con il Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 fa rilevare che il sostegno alle libere professioni è assai scarso. L’unico vero intervento è l’istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19 (art. 44), che prevede la possibilità per «i lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro» di vedersi riconosciuta una indennità, con il limite di spesa di 300 milioni di euro per l’anno 2020.
Peraltro, i criteri di priorità e le modalità di attribuzione di detta indennità e «la eventuale quota del limite di spesa di cui al comma 1 da destinare, in via eccezionale, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103» sono demandati alla successiva decretazione del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del DL Cura Italia.
Il Decreto interministeriale, pubblicato lo scorso primo aprile, prevede per i professionisti iscritti agli enti previdenziali di diritto privato un’indennità di 600 euro per il mese di marzo; per i titolari di redditi sino a 35.000 euro (risultanti dall’ultima dichiarazione presentata, relativa all’anno di imposta 2018) non è necessario che ricorrano ulteriori condizioni, mentre per i titolari di redditi tra 35.000 e 50.000 euro l’indennità è prevista solo per chi ha cessato, sospeso o ridotto l’attività di almeno il 33% nel primo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Esclusi dalla misura i redditi più elevati.
Vi è poi l’art. 54, che estende a lavoratori autonomi e liberi professionisti l’accesso al Fondo solidarietà mutui “prima casa” (cd. “Fondo Gasparrini”) per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del DL, in deroga alla ordinaria disciplina del Fondo di cui all’articolo 2, commi da 475 a 480 della legge 244/2007. L’ammissione ai benefici del Fondo è subordinata all’autocertificazione di aver registrato, nell’arco temporale indicato dalla norma, un calo del fatturato superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019 in conseguenza della chiusura o della restrizione dell’attività operata in attuazione delle disposizioni per l’emergenza coronavirus.
Resta invece preclusa agli avvocati l’indennità di cui all’art. 27, che prevede al co. 1 che «ai liberi professionisti titolari di partita iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo pari a 600 euro». Detta indennità è erogata dall’INPS e non interessa gli esercenti professioni intellettuali, che sono iscritti ad apposite Casse private di previdenza.
All’indomani del DL le associazioni forensi hanno fatto pervenire richieste di sostegno a Cassa Forense, che per voce del suo Presidente, Nunzio Luciano, ha fatto sapere che «tutte le istanze pervenute saranno attentamente valutate dagli Organi della Cassa sotto i vari aspetti, verificando in primo luogo i profili di sostenibilità economica e compatibilità attuariale», non senza tuttavia evidenziare come «di fatto il cosiddetto decreto “Cura Italia” ha discriminato i liberi professionisti rispetto ad altre categorie».
La sensazione è di estrema incertezza. L’esclusione dei professionisti iscritti alle Casse private dal novero dei benificiari della suddetta indennità costituisce un’ingiustificabile disparità, soprattutto se in sede di conversione del DL verranno recepiti gli emendamenti proposti da alcune forze politiche, che chiedono di elevare detta indennità ad euro 1.500, non una tantum ma mensili, fino alla fine del periodo di emergenza sanitaria. Legittimi, dunque, i malumori: il legislatore deve fare di più, anche per i professionisti. Misure di intervento diversificate per fasce di reddito (prendendo a riferimento il reddito medio dell’ultimo triennio) e incidenza dei costi necessari alla produzione di detto reddito professionale, possono a mio avviso essere le chiavi operative.
Sembra ragionevole modulare e graduare gli interventi di sostegno alla categoria privilegiando le azioni a tutela dei professionisti con i redditi più bassi e, tra questi, coloro che per produrli sostengono costi maggiori. Sono coloro che rischiano effettivamente il default. Andrebbero, poi, considerati prioritari gli interventi in favore dei professionisti con famiglie monoreddito, con elevato numero di familiari a carico, professionisti che sono anche caregivers.
Un’indennità per il periodo di durata dei provvedimento emergenziali a favore quantomeno degli avvocati in condizioni di fragilità (per reddito, malattia o età), misure di carattere assistenziale a sostegno della genitorialità e degli avvocati che saranno chiamati ad assistere i familiari affetti da Covid-19, contributi (anche sotto forma di crediti d’imposta ai locatori) sui canoni delle locazioni per fini professionali, sono solo alcuni dei possibili interventi che lo Stato può adottare per sostenere la parte più fragile dell’Avvocatura e traghettarla con rinnovata fiducia nella nuova era della giustizia digitale.
Avv. Angelo Salvi