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Pubblichiamo in esclusiva un commento dell’avvocato Vincenzina Maio, del foro di Salerno, sulla decisione del Consiglio di Stato di rendere gratuita e a carico del Servizio sanitario nazionale il costo della fecondazione artificiale di tipo eterologo.

Semmai ci fossero stati dubbi, l’ordinanza  con cui il  Consiglio di Stato ha sospeso in via cautelare la delibera della Lombardia – che pone a intero carico degli utenti  il trattamento di fecondazione eterologa –  è la chiara dimostrazione che le decisioni giudiziarie sui temi etici sono sempre più ideologiche e sempre meno giuridiche.

Secondo i giudici di Palazzo Spada “pur nell’ambito della complessità e della delicatezza proprie delle questioni , allo stato sembra condivisibile la censura di disparità di trattamento sotto il profilo economico tra la Procreazione medicalmente assistita omologa e quella eterologa, stante l’incontestata assunzione a carico del servizio sanitario regionale lombardo – salvo il pagamento di ticket – della prima“. Inoltre, asserisce l’ordinanza  che “quanto al diritto alla salute inteso come comprensivo anche della salute psichica oltre che fisica, non sono dirimenti le differenze tra fecondazione di tipo omologo ed eterologo” e che
il pregiudizio lamentato non può essere ragionevolmente limitato ad aspetti puramente patrimoniali in sé risarcibili“, e deve “ritenersi dotato dei prescritti caratteri di gravità e irreparabilità poiché l’esecuzione dei provvedimenti impugnati è suscettibile di produrre l’effetto della perdita, da parte di coloro che non sono in grado di sostenere l’onere economico ivi previsto, della possibilità di accedere alle tecniche in parola dovuta al superamento dell’età potenzialmente fertile durante il tempo occorrente per la definizione del giudizio nel merito”.

Il provvedimento si presta ad una serie di censure volte soprattutto ad evidenziarne un certo grado di superficialità nell’affrontare un argomento tanto complesso e delicato, la fecondazione eterologa, tanto più perché privo di regolamentazione legislativa.

E’  noto, infatti,  che  con la sent. 10 giugno 2014, n. 162, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (di cui all’art. 4, comma 3, della l. n. 40 del 2004).  Nonostante la sentenza sia stata considerata,  da più parti, idonea a delineare il quadro complessivo della disciplina dell’eterologa, quasi a porsi in funzione sostitutiva della legge,  la realtà è ben diversa  perché, a tacer d’altro,   la stessa sentenza ammette  (testualmente)   l’esistenza di un vuoto normativo relativo al numero massimo di donazioni, che avrebbe dovuto  essere fissato  o con regolamento oppure  in sede di aggiornamento delle linee guida di cui all’art. 7 della l. n. 40 del 2004. Ma, ad oggi, così non è stato.

Nel frattempo, all’indomani del provvedimento, la questione dell’immediata accessibilità ai trattamenti sanitari di fecondazione eterologa , unitamente a quella della loro rimborsabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale, hanno dato luogo ad una accesa contrapposizione tra Stato e Regioni (e Province autonome). Secondo la tesi governativa, esposta dal Ministro della Salute,  la fecondazione eterologa non può essere considerata una semplice variante di quella omologa, perché implica un’azione in più, totalmente nuova rispetto all’omologa: la selezione di un donatore di gameti. Per tale ragione – sottolineava il Ministro –   l’applicazione della nuova tecnica richiederebbe un previo intervento normativo statale che stabilisca i criteri di selezione del donatore , il numero massimo delle donazioni e l’istituzione di un Registro Nazionale dei Donatori idoneo a garantire la tracciabilità donatore-nato. Un tale tipo di intervento  avrebbe dovuto essere assunto sotto forma di legge.

A riprova del fatto che la differenza  tra fecondazione omologa ed eterologa, almeno sotto il profilo squisitamente “tecnico”, è abbastanza chiara anche alle Regioni ma – a quanto pare – non altrettanto al Consiglio di Stato, soccorre la lettura delle Linee guida approvate dalle Regioni nel settembre scorso , in cui  si prende atto che la possibilita’ di inserire anche la pma eterologa nei Lea (Livelli  essenziali di assistenza)  dovrebbe considerare i seguenti passaggi: valutazioni cliniche dei donatori, indagini di screening per la selezione dei donatori, test del seme e crioconservazione dei gameti, eventuale rimborso per giornate di lavoro perdute dei donatori o delle donatrici, indagini cliniche e di screening nei riceventi e nei loro partner, impiego farmacologico per l’induzione dell’ovulazione, preparazione al transfer per la donna ricevente, monitoraggio ecografico dell’ovulazione e prelievo degli ovociti. Mentre  – statuisce il documento – “la valutazione economica delle tecniche di fecondazione eterologa da questa fase in poi si identifica con le tecniche di pma omologhe“.   Quindi, a volerla fare breve, e senza scomodare tutte le problematiche etiche e giuridiche ben note,  nella fecondazione eterologa c’è tutta una fase tecnica delicata e complessa costituita dalla presenza di un terzo , il “donatore”, che non può non riverberarsi sui costi e, quindi, anche sulla sostenibilità della spesa pubblica.  Ecco che, allora, affermare – come fa il Consiglio di Stato, che “non sono dirimenti le differenze tra fecondazione di tipo omologo ed eterologo”  appare affermazione alquanto azzardata.

Ma l’aspetto  della pronuncia cautelare che maggiormente lascia perplessi è quello volto a censurare l’autonomia decisionale della Regione Lombardia .

E’ pur vero che  le Regioni  hanno dato un’autonoma lettura della sent. n. 162 del 2014, ritenendo che non fosse loro preclusa l’immediata applicabilità delle indicazioni provenienti dalla Consulta indipendentemente da un previo intervento statale, però è anche vero che  le soluzioni in concreto adottate si sono differenziate nel profilo del regime di rimborsabilità delle prestazioni. A fare da apripista è stata  la Regione Toscana che, con delibera della Giunta regionale dello scorso luglio,  ha adottato proprie “Direttive sulla Procreazione medicalmente assistita eterologa”; però  l’esempio è rimasto sostanzialmente isolato perché le Regioni hanno atteso l’approvazione, da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome,  del “Documento sulle problematiche relative alla fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Corte costituzionale nr. 162/2014” del 4 settembre 2014,  contenente “un accordo interregionale che verrà recepito dalle singole Regioni e PP.AA.”, con valenza transitoria fino all’adozione di una regolazione statale.  Il documento non solo non  è stato recepito da tutte le Regioni, ma tra quelle  che lo hanno fatto  si registrano posizioni estremamente differenziate in merito al regime della rimborsabilità delle prestazioni, stante il mancato aggiornamento del Lea in merito alla fecondazione assistita di tipo eterologo.   Sul punto la Regione Lombardia ha decisamente negato  il rimborso a carico del SSR  in assenza del previo aggiornamento dei LEA da parte del Governo. E ciò facendo, la  Regione non ha fatto altro che allinearsi ad un preciso indirizzo giurisprudenziale  della  stessa Corte Costituzionale  volto ad escludere interpretazioni estensive delle garanzie connesse ai livelli essenziali di assistenza, prediligendo soluzioni ermeneutiche maggiormente sensibili alle esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica (ad es. sent. 296/2012) .

L’ordinanza del Consiglio di Stato obbligando la Regione Lombardia  a garantire livelli di tutela più elevati rispetto a quelli imposti dalla normativa statale di riferimento , va pericolosamente  in senso contrario non solo all’interpretazione suddetta, ma anche a quanto stabilito dalle Linee guida regionali, in cui si specifica che “ai fini del riconoscimento economico, le Regioni e le PP.AA. evidenziano la necessità di inserire nel d.P.C.M. di adeguamento dei LEA, così come definito nel Patto per la Salute 2014-2016, la PMA omologa ed eterologa”, in tal modo riconoscendo la competenza esclusiva del Governo a inserire la fecondazione eterologa tra i Livelli essenziali di assistenza.

Poiché, come ben si sa, ad oggi manca l’adeguamento dei Lea, deve ritenersi giuridicamente  corretta la posizione della Regione Lombardia volta ad  escludere la fecondazione eterologa dal SSR.

Non è difficile immaginare lo scenario che apre l’ordinanza del Consiglio di Stato  : se in fase di merito dovesse essere confermato l’obbligo  per la  Regione Lombardia  di interpretare estensivamente i LEA, fino a ricomprendervi prestazioni non inserite – come la fecondazione eterologa -,  una siffatta estensione sarebbe un pericoloso  “precedente” . Invero,   in assenza della contestuale concessione da parte dello Stato di maggiori risorse finanziarie per farvi fronte, condurrebbe  a gravi squilibri finanziari all’interno del SSR  ed a ulteriori, prevedibili  deficit assistenziali . Dimodochè anche ciò che il Consiglio di Stato vorrebbe evitare – la disparità di trattamento – finirà per essere notevolmente aumentata. Non bisogna dimenticare, infatti, che un tale obbligo non potrà essere imposto alle Regioni che, nella sanità,  presentano situazioni gravemente compromesse come il Lazio o la Campania, in cui già da ottobre (di ogni anno e sino a gennaio dell’anno successivo)  cittadini sono abituati a pagare di tasca propria l’assistenza sanitaria perché la Regione ha finito i fondi. Qui le coppie in cerca di eterologa dovranno rassegnarsi a pagare l’accesso alla tecnica!

Non senza rammarico occorre prendere atto del fatto che i cd. nuovi diritti, di cui l’ordinanza in commento si fa strenua paladina,  mal si inseriscono nel nostro sistema giuridico, sospinti, come sono, solo dal fascino maligno di un finto progresso.  L’artificiosità che li caratterizza è ben visibile nello sforzo che i loro sostenitori sono chiamati a compiere ogni volta che pretendono di affermarli . Anche il legislatore annaspa e, alla chetichella,  ha usato  la legge di stabilità per il 2015 per inserire una norma del tutto estranea al contesto della legge, dedicata all’istituzione del registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive a scopi di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

C’è da chiedersi :  fino a quando accetteremo che temi cruciali come la genitorialità ,   l’identità genetica dei nuovi nati , il modo stesso  di venire al mondo siano  sottratti alla valutazione del popolo  e affidati a decisioni giudiziarie o a leggi finanziarie?

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