Pubblichiamo una sintesi dello Studio n. 136-2018/C del CNN, del 6 novembre 2018, formalmente diretto ai notai: esso affronta una serie di importanti questioni poste dalla Legge sulle c.d. DAT-Disposizioni anticipate di trattamento, la legge n. 219/2017. Lo Studio prende le mosse dal percorso giurisprudenziale sviluppatosi negli anni scorsi, che ha costituito il background su cui si innestano le nuove norme, come se i giudici le avessero dettate al legislatore.
La legge, nell’ambito di un testo normativo che presenta profili critici e lacune, assegna al notaio un ruolo centrale nella formazione e conservazione delle DAT, attribuendogli dei compiti di estrema delicatezza. Egli è chiamato ad intervenire in un ambito del tutto particolare, assicurando le condizioni di un volere libero e certo in tema di “scelte esistenziali”, nel momento in cui il soggetto manifesta una volontà “ora per allora”. Considerato che il presupposto causale su cui si innestano le DAT è rappresentato dalla adeguata informazione medica, fondamentale è che, nella loro stesura, venga dato adeguato risalto alla preventiva acquisizione di informazioni mediche da parte del disponente, di cui il notaio dovrà accertarsi; anche se la legge nulla dice, le DAT inoltre non potranno consistere nella mera sottoscrizione di moduli o formulari, ma dovranno essere rese in maniera chiara, precisa, completa, tali da non esporsi a dubbi interpretativi circa l’espressione di un volere pienamente consapevole.
Contenuto eventuale delle DAT è la nomina del fiduciario, di cui manca però una compiuta disciplina per l’accettazione dell’incarico. Non contemplato dalla norma è poi il caso in cui il fiduciario, pur non avendo rinunciato, non si attivi o non si renda reperibile.
Altra questione, nel silenzio della legge, è quella dell’ammissibilità del rilascio di una delega in bianco al fiduciario in quanto il principio di autodeterminazione non può comportare abdicazione totale della volontà in tema di scelte esistenziali.
La delicatezza della materia emerge anche con riferimento al tema della capacità del disponente, rendendosi necessaria un’indagine diretta a vagliare attentamente le capacità di discernimento. Da valutare in particolare le conseguenze che l’incedere della malattia potrebbero avere sullo stato psichico del disponente e sulla serenità delle proprie scelte.
Dibattuto è il tema del tempo in cui le DAT possano essere espresse e cioè se legittimata a formulare simili disposizioni sia unicamente una persona affetta da malattia (rispetto ai suoi possibili esiti) o anche una persona sana, in previsione di una futura patologia da cui possa essere affetta. La lettera della norma sembra propendere per l’interpretazione più ampia e pare che il legislatore abbia tracciato un limite non temporale ma funzionale: la consapevolezza e ponderazione, tornando quindi in discorso il tema della congrua informazione medica, con l’avvertenza che disposizioni di un soggetto sano potrebbero essere meno precise e più generiche di quelle di un soggetto già affetto da malattia.
La portata delle DAT nella relazione tra paziente e medico segna un elemento di discontinuità rispetto a precedenti disegni di legge, alla Convenzione di Oviedo e al Codice di deontologia medica. Il legislatore sembra essersi orientato verso una “vincolatività attenuata”, prevedendo ambiti ben determinati in cui sia possibile disattendere le indicazioni del disponente.
Altro tema critico e non adeguatamente disciplinato è quello relativo alla conservazione ed alla pubblicità delle DAT. Gli atti notarili risolvono il problema della conservazione ma sono per loro natura destinati ad essere conosciuti da chiunque e ciò può certamente contrastare con gli aspetti di riservatezza legati alle disposizioni in oggetto.
Infine, ulteriore profilo problematico concerne la pubblicità delle DAT, considerando che un sistema di agevole conoscibilità appare indispensabile al fine di garantire l’attuazione del nuovo impianto normativo, tenuto conto che il registro nazionale previsto dalla legge di bilancio 2018 risulta non ancora istituito. Sul numero 1/2019 della rivista L-Jus sarà pubblicato lo Studio nella versione integrale, accompagnato da un più esteso aiuto alla lettura.
Angelo Sergio Vianello – notaio
LE DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO
(Studio n. 136/2018/C
della commissione studi civilistici
del Consiglio Nazionale del Notariato)
autore Carmine Romano
Considerazioni introduttive
La legge n. 219/17 giunge all’esito di un ampio dibattito, etico e giuridico, nel corso del quale sono entrati in tensione i temi del diritto alla salute e della indisponibilità del bene vita.
Nella trama normativa emerge, in maniera costante, il tema del coinvolgimento del paziente nelle decisioni “esistenziali” in ordine ai trattamenti sanitari da ricevere e ciò anche nell’ottica della crescente invasività di tecniche sanitarie che, se da un lato portano vantaggi, dall’altro comportano costi, rischi, sacrifici e prolungamento di condizioni di vita senza significativi miglioramenti.
Prima di entrare nel merito verranno analizzati i più importanti casi giurisprudenziali affrontati in tema di “fine vita” nel convincimento che le argomentazioni dei giudici costituiscono angolo prospettico indefettibile al fine di valutare la portata delle nuove disposizioni.
I leading cases e il percorso giurisprudenziale
Nel riassumere i casi “Welby” ed “Englaro” si evidenzia come lo sforzo dei giudici sia stato quello – in un momento storico in cui il legislatore non era ancora intervenuto a regolamentare la materia – di tracciare una nuova traiettoria di rapporti tra medico e paziente, superando la tradizionale concezione asimmetrica e paternalistica e valorizzando il principio di libertà di autodeterminazione della persona.
Con particolare riferimento al paziente incapace, vengono richiamate alcune pronunce di merito in materia di amministrazione di sostegno, con le quali è stato ipotizzato il ricorso a tale istituto quale possibile tramite per esprimere scelte in ordine a trattamenti sanitari e percorso terapeutico.
Si conclude evidenziando come il percorso giurisprudenziale descritto abbia costituito il background su ci si innestano le disposizioni della legge 219/17, in particolare le norme nelle quali viene individuato il rappresentante legale come necessario interlocutore del personale medico nelle ipotesi di incapacità del paziente.
Le aree tematiche del testo normativo
Gli otto articoli della legge possono essere composti intorno a tre macroaree tematiche: il consenso informato (art. 1); le disposizioni anticipate di trattamento (art. 4); la pianificazione condivisa delle cure in un’alleanza terapeutica tra medico e paziente (art. 5).
L’acquisizione del consenso del paziente contribuisce alla certezza del diritto nel rapporto sanitario, garantendo al paziente il rispetto delle sue volontà e al personale sanitario serenità nell’espletamento della propria attività. Si passa ad una sorta di: “medicina condivisa”.
Il testo normativo costituisce l’esito di un percorso culturale e giuridico di cui costituiscono momenti salienti: la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, la convenzione di Oviedo, la pronuncia della Corte costituzionale n. 438 del 23 dicembre 2008.
Orientando l’analisi al testo di legge, l’impianto normativo è riconducibile a sette punti essenziali: consenso informato; pazienti incapaci; l’equilibrio tra possibile obiezione di coscienza e l’attuazione delle legittime volontà del paziente; il divieto di “ostinazione irragionevole” nelle cure; terapia del dolore e sedazione palliativa profonda; disposizioni anticipate di trattamento; pianificazione condivisa delle cure.
Le Disposizioni Anticipate di Trattamento
La norma assegna al notariato un ruolo centrale nella formazione e conservazione delle DAT, attribuendo al notaio dei compiti di estrema delicatezza.
Sul piano strutturale le DAT integrano un negozio giuridico unilaterale non recettizio a contenuto non patrimoniale, la cui efficacia è differita ad un momento successivo, coincidente con l’evento rappresentato dalla perdita dello stato di capacità psichica del suo autore. Trattasi di atto personalissimo.
Si parla anche di testamento biologico ma, dal punto di vista tecnico-giuridico, l’espressione non è corretta, non trattandosi di atto mortis causa cui l’autore affida la regolamentazione dei propri interessi per il tempo in cui avrà cessato di vivere, bensì di manifestazione di volontà destinata ad avere efficacia quando l’autore è ancora in vita, in relazione alle cure cui lo stesso intende sottoporsi. Resta comunque il dato dell’ultrattività rispetto alla capacità dell’autore ed il fondamentale aspetto per cui, trattandosi di volontà non rinnovabile, devono essere assicurate le condizioni per una libera e ponderata formazione della stessa.
Ecco che il notaio, quale pubblico ufficiale cui l’ordinamento affida il compito di creare le condizioni per una libera e consapevole formazione del volere negoziale, è chiamato ad intervenire in un ambito delicato e per lui inusuale, assicurando le condizioni di un volere libero e certo, relativo a “scelte esistenziali”. Non a caso l’intervento del notaio è richiesto non per il consenso informato, non per la pianificazione condivisa delle cure, ma per la volontà espressa “ora per allora”.
Appare evidente che in tale materia il notaio non dispone, di regola, di conoscenze tecniche in grado di guidare consapevolmente il volere che recepisce in forma pubblica, tuttavia egli assicura la provenienza della dichiarazione dall’attore della stessa, verifica che la volontà sia resa da soggetto capace in condizione di volere liberamente, invita l’autore a ponderare adeguatamente tale volontà in vista dei suoi futuri possibili effetti.
Il contenuto delle DAT
Il presupposto causale su cui si innestano le DAT è rappresentato dalla adeguata informazione medica del paziente. Solo un volere consapevole consente la piena espressione del principio di autodeterminazione (richiamo al parere del comitato nazionale di bioetica del 18 dicembre 2003 sul rischio del carattere astratto delle DAT e le ambiguità del linguaggio con il quale possono venire formulate; no alla mera sottoscrizione di moduli o formulari).
Il notaio assurge a garante nel rapporto medico/paziente affinchè l’alleanza terapeutica possa trovare piena espressione.
Ne consegue che:
- appare opportuno che, nella stesura delle DAT, venga dato adeguato risalto alla preventiva acquisizione di informazioni mediche da parte del disponente (in tal senso anche il parere del Consiglio di Stato n. 01991/2018). Ciò anche alla luce del fatto che il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale ed alle buone pratiche tecnico-assistenziali, principi relativi ad ambiti estranei alla competenza professionale del notaio;
- Le DAT dovranno essere rese in maniera chiara, precisa, tali da non esporsi a dubbi interpretativi.
Contenuto atipico delle DAT potranno essere dichiarazioni in tema di assistenza religiosa, donazione di organi o scelte similari.
Il fiduciario
Le DAT possono contenere la nomina del fiduciario, soggetto destinato a fare le veci del paziente e rappresentarlo nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie; trattasi di contenuto eventuale e non essenziale.
Molto lacunosa è la disciplina dettata per l’accettazione dell’incarico. In primo luogo è prevista la possibilità che il fiduciario accetti successivamente alla formulazione delle DAT, senza dire però quale forma detta accettazione debba rivestire. Nel caso in cui si ritenesse sufficiente la scrittura privata, appare difficile acquisire certezza in ordine, tra l’altro, al requisito di capacità; sarebbe inoltre impossibile allegarla ad un atto notarile precedentemente redatto. Deve ritenersi pertanto che il termine allegazione sia stato adoperato in senso atecnico richiedendo che l’atto di accettazione si accompagni, nel fascicolo sanitario, alle DAT. Non è previsto un termine alla possibilità di accettare.
Appare opportuno che il notaio, chiamato a ricevere le DAT che contengano la nomina del fiduciario, ne consigli l’accettazione contestuale, prevedendo eventualmente anche un sostituto per il caso in cui il primo nominato non possa svolgere le sue funzioni.
Caso non contemplato dalla norma è quello in cui il fiduciario, pur non avendo rinunciato, non si attivi o non si renda reperibile. Si può ritenere che in questo caso il giudice possa nominare un amministratore di sostegno.
Per quanto attiene alla ricostruzione del ruolo del fiduciario, in passato si è fatto riferimento all’istituto del mandato con rappresentanza, parlandosi di “procura sanitaria”; oggi quest’aspetto ricostruttivo sembra incontrare diversi ostacoli:
- nel caso in cui le DAT siano redatte in maniera completa, il consenso e l’eventuale rifiuto ai trattamenti sono diretta espressione della volontà del disponente e quindi il fiduciario ha un compito meramente esecutivo, attuativo di scelte già espresse dal paziente; nel caso in cui le disposizioni siano incerte o lacunose, se il fiduciario “rappresenta” il paziente nella relazione con il medico, allora è lui che manifesta una volontà, che tuttavia il medico può non condividere, demandandosi a questo punto la decisione al giudice tutelare. Certamente non ammissibile sarebbe il rilascio di una delega in bianco al fiduciario, la cui nomina rappresenta un corollario, un contenuto ulteriore ed eventuale di un documento il cui contenuto primario ed eventualmente esclusivo è rappresentato proprio dalle DAT. Anche se parte della dottrina, argomentando dall’art. 1, comma 40, della legge n. 76/2016 (unioni civili e convivenze) riterrebbe possibile una “delega” sanitaria dai contenuti molto estesi, deve ritenersi che il dato normativo valorizzi il principio di autodeterminazione che non può però tradursi in una abdicazione della volontà rimettendo totalmente a terzi l’adozione di scelte esistenziali ed anzi in quest’ottica dovrebbe oggi essere riletta la citata norma della legge n. 76/2016.
- Ulteriore ostacolo alla riconducibilità allo schema del mandato con rappresentanza è la disposizione dell’art. 1722 n. 4 c.c., che prevede quale causa di estinzione del mandato proprio quella sopravvenuta incapacità che rappresenta invece il momento in cui le DAT e la relativa nomina del fiduciario sono destinate a produrre effetti.
Alla luce di quanto sopra si ritiene pertanto che la funzione assolta dal fiduciario integri un ufficio di diritto privato di fonte volontaria che può trovare qualche similitudine con l’esecutore testamentario in quanto, in entrambi i casi, un soggetto affida a terzi il compito di attuare le proprie volontà per il tempo in cui egli sia impossibilitato a farlo personalmente.
La capacità del disponente
Con riferimento a quanto disposto dall’art. 4 in materia di capacità del disponente, torna utile l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale formatasi con riferimento alla “capacità di fare testamento” di cui all’art. 591 cc, dalla quale emerge come la capacità costituisca la regola e l’incapacità l’eccezione. Da notare tuttavia che il riferimento all’incapacità di intendere e volere di cui al predetto art. 591 comprende sia le ipotesi di vere e proprie patologie mentali, sia qualunque evento perturbatore della volontà del disponente, idoneo a privarlo, sia pure temporaneamente, di qualunque capacità deliberativa.
Dovrà quindi essere condotta un’indagine diretta a vagliare attentamente le capacità di discernimento del disponente, sia in generale che con specifico riferimento al suo patrimonio e a soppesare l’influenza che su di essa hanno esercitato fattori strutturalmente transitori. Da valutare in particolare le conseguenze che l’incedere della malattia potrebbero avere sullo stato psichico del disponente e sulla serenità delle scelte rispetto all’evoluzione della propria patologia.
Dal silenzio normativo circa l’inabilitato ed il beneficiario di ADS non può che dedursi, in linea di principio, la capacità di disporre dei soggetti sottoposti a tali misure di protezione. Da precisare tuttavia che, in caso di amministrazione di sostegno, la disposizione di cui all’art. 3, comma 4, della legge in oggetto, in tema di consenso informato (che prevede un ruolo attivo dell’amministratore di sostegno), deve ritenersi non estensibile alle DAT per le quali, data la loro natura personalissima, deve ritenersi esclusa la possibilità di un qualunque intervento – sia esso di assistenza o rappresentanza – dell’amministratore di sostegno. Per cui il beneficiato potrà disporre, salvo che il provvedimento istitutivo non gli sottragga la relativa competenza.
Per l’inabilitato deve ritenersi che, in assenza di chiari indici di segno contrario, così come può esprimere il consenso informato, potrà altresì rendere la DAT a meno che non si provi che, al momento della formulazione, il soggetto versava in una condizione di incapacità di intendere e volere.
Il tempo di formulazione delle DAT
Dibattuto in dottrina è il tema del tempo in cui le DAT possano essere espresse e cioè se legittimata a formulare simili disposizioni sia unicamente una persona affetta da malattia (rispetto ai suoi possibili esiti) o anche una persona sana, in previsione di una futura patologia da cui possa essere affetta.
Indubbiamente la condizione di un soggetto sano è diversa da quella di colui il quale viva da tempo una condizione di malattia che, durante il suo decorso, consente al paziente di apprezzare e conoscere, in via esperienziale, gli effetti che la patologia determina sulla sua condizione personale. Ciò talvolta ha condotto a ritenere che legittimato sia unicamente il soggetto affetto da malattia (traendo spunto anche da Cass. 21748 del 16 ottobre 2007).
La lettera della norma sembra tuttavia più ampia e pare che il legislatore abbia tracciato un limite non temporale ma funzionale alle DAT: la consapevolezza e ponderazione delle stesse, tornando quindi in discorso il tema della congrua informazione medica. Deve tuttavia ed a quest’ultimo proposito prestarsi attenzione al fatto che la distanza temporale dalla malattia può ripercuotersi, se non sull’astratta possibilità di formularle, sui contenuti delle DAT. Infatti le disposizioni di un soggetto sano potrebbero essere meno precise e più generiche di quelle di un soggetto già affetto da malattia ed inoltre, attesa la prevedibile maggior distanza temporale tra la formulazione ed il momento in cui le DAT dovrebbero trovare applicazione, maggiore è la probabilità che il medico possa disattenderle in ragione del sopraggiungere di terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione.
La vicenda effettuale
La portata delle DAT nella relazione tra paziente e medico, come delineata dal legislatore, segna un elemento di discontinuità rispetto a precedenti disegni di legge, ad opinioni espresse dagli studiosi in materia, dalla Convenzione di Oviedo e dal Codice di deontologia medica. Il legislatore sembra essersi orientato verso una “vincolatività attenuata”, lasciando al medico una discrezionalità ma prevedendo ambiti ben determinati in cui sia possibile disattendere le indicazioni del disponente.
Con riferimento alla modifica e revoca delle DAT (non per la loro formulazione per la quale la procedura ordinaria non sembra ammettere deroghe) sono previste, in casi di emergenza ed urgenza, modalità del tutto particolari (dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico con l’assistenza di due testimoni).
La conservazione, il rilascio di copie, la pubblicità delle DAT
Laddove le DAT siano redatte per atto pubblico operano i principi generali in materia e quindi le stesse saranno conservate a raccolta del notaio che potrà rilasciarne copia secondo quanto più avanti precisato.
Per le scritture private autenticate, di norma rilasciate alle parti salvo loro diversa richiesta e salvi i casi di atti soggetti a pubblicità immobiliare e commerciale, è auspicabile che anch’esse vengano conservate a raccolta degli atti del notaio, sì da consentirne un immediato reperimento ed il rilascio di copie (salva volontà contraria del disponente che chieda il rilascio dell’originale per motivi di riservatezza).
Con riferimento al rilascio di copie la disciplina legislativa è purtroppo molto lacunosa contenendo soltanto alcuni riferimenti, tra l’altro disorganici. Sarà pertanto opportuno, allo stato ed in via prudenziale, che il disponente venga investito della scelta se consentire o meno il rilascio di copie.
In linea generale, per individuare i principi cui attenersi nell’affrontare questo delicato argomento, va considerato come per le DAT sia riscontrabile un “doppio stadio” di rilevanza giuridica: la disposizione è immediatamente perfetta ed efficace per il suo autore, mentre diventerà rilevante per i terzi soltanto con la sopravvenuta incapacità del disponente. Anche per questo aspetto è possibile ricollegarsi al negozio testamentario ed al suo profilo causale, per il quale la legge notarile vieta l’ispezione, la lettura ed il rilascio di copie durante la vita del testatore, se non al testatore medesimo o a persona munita di speciale mandato in forma autentica. Analogo principio sembra potersi applicare all’atto contenente le DAT nel periodo in cui il disponente sia ancora pienamente capace, salva la norma di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge, che prevede che il fiduciario possa richiedere copia dell’atto.
Divenuto incapace il disponente, appare congruo ritenere che la normativa generale in tema di rilascio di copie ridisipeghi piena efficacia, a fronte di esibizione di certificato medico che attesti la sopravvenuta incapacità del disponente e la conseguente necessità del rilascio di copie a terzi. Questa ricostruzione trova riscontro nel regolamento europeo in materia di protezione di dati personali (679/2016).
Infine, ulteriore profilo problematico concerne la pubblicità delle DAT, tema da affrontare considerando che un sistema di agevole conoscibilità appare indispensabile al fine di garantire l’attuazione del nuovo impianto normativo.
Il coordinamento dei due riferimenti normativi sui quali impostare l’analisi (art. 4, comma 7, della legge e art. 1, comma 418, delle legge di bilancio 205/2017) è stato oggetto di parere del Consiglio di Stato (01991/2018 del 31 luglio 2018) il quale ha sostenuto che il registro nazionale previsto dalla legge di bilancio debba contenere copia delle DAT (quindi non mera notizia del deposito avvenuto nei registri regionali) al fine di rendere conoscibili le disposizioni a livello nazionale.
Pertanto, su richiesta dell’interessato, il notaio che riceve le disposizioni dovrà provvedere all’invio delle stesse alla banca dati nazionale, una volta istituita.
Trattamento fiscale e disciplina transitoria
Sul piano fiscale è prevista l’esenzione delle disposizioni in oggetto dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa.
Infine con norma transitoria è previsto che i documenti redatti anteriormente all’entrata in vigore della legge siano riconosciuti dall’ordinamento nei limiti in cui la loro formulazione abbia rispettato i requisiti di validità previsti dalla legge stessa: forma, presupposto causale del preventivo confronto con il medico, liceità del contenuto secondo i principi di ordine pubblico.