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Cerimonia per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario
Sabato, 28 gennaio 2023
Intervento del cons. Daniela Bianchini
Consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura

Rivolgo a Lei, Signor Presidente, al Signor Procuratore Generale, al Vice Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, al Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Perugia, alle Autorità civili militari e religiose, ai magistrati, agli avvocati e a tutti i presenti che partecipano a questa importante celebrazione di inaugurazione il saluto deferente e cordiale del Consiglio Superiore della Magistratura che oggi ho qui l’onore di rappresentare.

Il Consiglio, come noto, si è insediato da pochissimi giorni – l’elezione dei componenti laici da parte del Parlamento in seduta comune è avvenuta nelle giornate del 17 e 19 gennaio, dopo l’elezione dei componenti togati del mese di settembre − e questa circostanza impone una necessaria rimodulazione del mio intervento. Solitamente, infatti, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario, i rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura relazionano sulle attività consiliari, operando una panoramica delle problematiche affrontate dalle varie commissioni.

In questa sede, mi limiterò invece ad alcuni brevi cenni relativi all’attività dello scorso anno, ricordando in particolare l’impegno profuso dal Consiglio Superiore della Magistratura nel mantenere il dialogo con le diverse figure istituzionali, allo scopo di contribuire e delineare interventi condivisi in tema di giustizia e di organizzazione del sistema giudiziario.

Con le proprie delibere, il Consiglio ha voluto garantire, mantenendo una costante interlocuzione con il Ministero della Giustizia, il proprio contributo all’elaborazione dei testi normativi riguardanti le riforme sostanziali e processuali che si sono susseguite. Il Consiglio, più precisamente, ha elaborato pareri e proposte ai sensi dell’art. 10, comma 2 della Legge n. 195 del 1958, sui disegni di legge in materia di giustizia e organizzazione giudiziaria al fine di fornire al Legislatore un apporto utile per individuare le soluzioni normative più adeguate ad implementare, in tutti i settori, l’efficienza e l’effettività dell’attività giurisdizionale, anche alla luce degli obiettivi recentemente posti dal PNRR; tutto ciò, avendo cura di preservare, al contempo, un livello qualitativo alto e la funzione di tutela effettiva dei diritti.

Come osservato dal Presidente Mattarella in occasione ‒ il 24 gennaio scorso ‒della cerimonia di commiato dei componenti il Consiglio Superiore della Magistratura uscenti, «i compiti che la Costituzione e la legge affidano al CSM sono volti ad assicurare l’indipendenza della magistratura, pilastro della nostra democrazia e sancita dalla Costituzione». Il Consiglio Superiore – ha aggiunto il Presidente ‒ «deve garantire, nel modo migliore l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione», attraverso l’esercizio trasparente ed efficiente del governo autonomo; inoltre «deve assicurare agli uffici giudiziari il miglior livello di professionalità dei magistrati, che svolgono con impegno e dedizione la loro attività anche in condizioni ambientali complesse e talvolta insidiose».

I valori costituzionali sono luce e sostegno per la magistratura. Luce, per guidare nel difficile compito del decidere. Sostegno, per affrontare quotidianamente, con spirito di servizio, le difficoltà e garantire così autonomia, indipendenza e professionalità.

La nostra carta fondamentale esige la collaborazione fra le Istituzioni, una collaborazione che non deve però essere meramente formale, bensì sostanziale, fondata sul rispetto delle reciproche competenze e sulla valorizzazione delle diverse funzioni attribuite a ciascuna Istituzione, per la piena realizzazione del bene comune.

Il recente insediamento dell’attuale consiliatura non mi consente di delineare oggi, in questa sede, le linee programmatiche di azione del nuovo Consiglio. Tuttavia, sono state da subito condivise alcune esigenze che possono essere sintetizzate con le seguenti parole e che debbono tracciare la strada del Consiglio: dialogo rispettoso, apertura al confronto, senso del dovere istituzionale, collaborazione e ascolto (soprattutto delle singole realtà giudiziarie, al fine di poter comprendere le difficoltà concrete ed intervenire in maniera efficace e tempestiva).

E ancora, mi preme sottolineare un’altra esigenza: la riservatezza. In una società ormai abituata alla continua diffusione di immagini e ad una comunicazione spesso priva di regole e rispetto per il prossimo, è importante riscoprire il valore della riservatezza e lo è ancora di più per coloro che, in nome del popolo, amministrano la giustizia e che proprio in ragione di questa alta funzione dovrebbero sempre fuggire dalle tentazioni di “protagonismo massmediale”. La funzione esercitata dai magistrati richiede un particolare impegno e senso di responsabilità, nonché la massima riservatezza e il rispetto rigoroso delle regole deontologiche. È pertanto necessario che il magistrato mantenga un opportuno riserbo, al fine di preservare la credibilità e l’autorevolezza della magistratura.

In conclusione, desidero ricordare l’insegnamento che ci ha lasciato il giudice Rosario Angelo Livatino, il primo – e per il momento unico ‒ giudice beato, martire della giustizia e della fede, brutalmente assassinato dalla mafia agrigentina (denominata “stidda”) all’età di 38 anni, il 21 settembre 1990, mentre si recava a lavoro presso il Tribunale di Agrigento e proclamato beato il 9 maggio 2021. Livatino ha sempre esercitato la sua funzione di magistrato – prima come sostituto procuratore e poi come giudice ‒ con rigore e rispetto sia nei confronti delle istituzioni che delle persone.

Il magistrato – ha osservato Livatino nel corso di una Conferenza tenuta il 7 aprile 1984 dal titolo “Il ruolo del giudice nella società che cambia” ‒ «altro non è che un dipendente dello Stato, al quale è affidato lo specialissimo compito di applicare le leggi, che quella società si dà attraverso le proprie istituzioni…».

Il magistrato, per usare ancora le parole di Livatino, «oltre che essere deve anche apparire indipendente […] L’indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori delle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità ad iniziative e ad affari, tuttoché consentiti ma rischiosi, nella rinunzia ad ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione ed il pericolo della interferenza; l’indipendenza del giudice è infine nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività».

Soltanto se il magistrato realizza in se stesso queste condizioni ‒ concludeva Livatino ‒ la società può accettare che egli abbia sugli altri un potere così grande come quello che ha: «chi domanda giustizia deve poter credere che le sue ragioni saranno ascoltate con attenzione e serietà; che il giudice potrà ricevere ed assumere come se fossero sue e difenderle davanti a chiunque. Solo se offre questo tipo di disponibilità personale il cittadino potrà vincere la naturale avversione a dover raccontare le cose proprie ad uno sconosciuto; potrà cioè fidarsi del giudice e della giustizia dello Stato, accettando anche il rischio di una risposta sfavorevole».

Nella settimana in cui si sono svolte le elezioni dei componenti laici del CSM, la camicia insanguinata di Livatino ‒ reliquia e testimonianza del suo alto valore di magistrato ‒ era a Roma per una Peregrinatio che, dal 14 al 21 gennaio, l’ha portata nei luoghi delle massime istituzioni del Paese, fra cui la sede del Consiglio Superiore della Magistratura.

Ed è con questo ricordo che, ringraziando per l’attenzione, auguro a tutti un proficuo nuovo anno giudiziario.

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