Riprendiamo da Il Foglio di oggi l’articolo di Alfredo Mantovano e pubblichiamo in allegato, per una migliore intelligibilità dello stesso, la direttiva del Ministero dell’Interno sugli esercizi commerciali che vendono derivati della cannabis, il testo della legge n. 242/2016, e due interessanti report, menzionati nell’articolo, coordinati dal prof. Giovanni Serpelloni, con l’autorizzazione dello stesso tossicologo, dedicati ai problemi che finora gli acquisti nei negozi hanno posto e alla percezione da parte dei giovani.
da Il Foglio, martedì 14 maggio 2019 p. 3
La verità sui “cannabis shop” e quello che Salvini non ha chiarito
di Alfredo Mantovano
E’ lecito o è vietato vendere in esercizi commerciali, oppure on line, i derivati della cannabis? La questione ha manifestato aspetti controversi, subito dopo che la legge n. 242/2016 ha previsto la liceità della coltivazione della cannabis sativa L. E’ emersa con decisione, ed è diventata ennesimo motivo di scontro nell’attuale maggioranza di governo, dopo la circolare del ministero dell’Interno sui controlli da effettuare nei cannabis-shop.
Facciamo qualche passo indietro per inquadrare il senso e l’effettiva portata che la circolare potrà avere in concreto. La legge del 2016 non lascerebbe incertezze: l’art. 1 circoscrive gli interventi di promozione della coltura della canapa “alla coltivazione e alla trasformazione”, alla valorizzazione dei “risultati della ricerca”, “alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori”, ma non alla vendita dei derivati della cannabis, in particolare delle sue infiorescenze. Nella stessa direzione va l’art. 2, che stabilisce la liceità della coltivazione della canapa senza autorizzazione. L’art. 4 permette all’autorità giudiziaria di disporre il sequestro e la distruzione della canapa coltivata qualora la percentuale di principio attivo – il cosiddetto THC – che si riscontri nella media dei campioni prelevati durante un controllo di polizia superi il limite di 0.2. Aggiunge che l’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni date dalla legge per la coltivazione non subisce alcuna sanzione, sempre che il THC non oltrepassi il limite dello 0.6%.
Dunque, la lettura delle norme permette di affermare che: a) i limiti sono fissati per la coltivazione, mentre la cessione è vietata; b) la finalità della coltivazione è di tipo ambientale o alimentare o di sfruttamento energetico, non di vendita dei derivati per i consumo; c) in questo quadro il limite di principio attivo che non crea problemi è lo 0.2%; fra lo 0.2 e lo 0.6 % l’agricoltore ligio alle regole di coltivazione non incorre in responsabilità, pur se le sue piante sono sequestrabili, mentre oltre lo 0.6% diventa responsabile, e scattano le sanzioni della disciplina sugli stupefacenti.
La legge che non liberalizza le canne
La realtà è andata in una direzione diversa. La legge 242 è stata intesa, oltre la sua lettera, come un via libera alla cessione al dettaglio di marijuana purché la percentuale di THC non superi il limite dello 0.6. Ho seri dubbi che questo commercio, dei cannabis shop ma pure dell’on line, abbia ridotto i profitti delle organizzazioni criminali dedite al traffico di droga. Se, come è conclamato e come attestano coloro che svolgono da decenni il lavoro di recupero dalle dipendenze, l’assunzione dei derivati della cannabis è frequente veicolo per passare a stupefacenti qualificati “pesanti”, la maggior diffusione della cannabis si traduce a medio termine in un incremento degli affari dei trafficanti di qualsiasi tipo di droga. Senza trascurare, restando alle droghe che incautamente la riforma del 2014 è tornata a definire “leggere”, che se io inizio ad assumere marijuana col 0.5% di THC non mi accontenterò di una percentuale bassa: ben presto cercherò qualcosa di più nel mercato illecito. Senza trascurare i danni alla salute derivanti da una maggiore diffusione di sostanze droganti. Senza trascurare – è questo il punto più qualificante – che l’effetto drogante si ottiene in modo sensibile anche con lo 0.5 di THC.
Giovanni Serpelloni, in anni passati capo del dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio, insieme con tossicologi e con esperti della Comunità di S. Patrignano, hanno svolto di recente interessanti ricerche sull’effetto che ha avuto l’apertura dei cannabis shop e della vendita on line, in termini di mutament di valutazione da parte dell’utente, soprattutto dell’utente giovane. I prodotti sono offerti nei negozi senza chiarire che la legge ne permette la cessione non per uso umano – anzi vengono presentati come una sorta di tisana dagli effetti ancora più rilassanti -, privi di quelle informazioni minime che pure compaiono in abbondanza nei bugiardini dei farmaci contenenti sostanze psicotrope: non si dice nulla per es. degli effetti collaterali, né che assumendo discrete quantità del prodotto venduto vi è il concreto rischio di risultare positivi ai drug test nei controlli della polizia stradale. E pur quando i negozi vendono in apparenza il materiale vegetale come non destinato a uso umano, spesso lo associano all’offerta di strumenti per assumere per via respiratoria le sostanze vendute e per poterne concentrare il principio attivo. Il risultato è il disorientamento, soprattutto degli acquirenti più giovani, e la non conoscenza degli effetti gravi del consumo nell’età dello sviluppo.
A completare la complessità si aggiunge il contrasto esistente sul piano giurisprudenziale fra chi, dopo la legge del 2016, esclude la liceità di qualsiasi commercializzazione, e chi invece la ritiene ammissibile, quale sviluppo della liceità della coltivazione. La pluralità di orientamenti perfino fra diverse sezioni della Cassazione ha portato a investire della questione le Sezioni Unite, la cui udienza è fissata per il prossimo 30 maggio.
In questo quadro si inserisce la circolare del 9 maggio a firma del Capo di gabinetto del Ministero dell’Interno. Che, al di là delle letture strumentali in un momento in cui tutto diventa motivo di scontro fra i due partner della coalizione di governo, ha un merito oggettivo: ha richiamato l’attenzione su una vicenda che pareva destinata al silenzio, non solo mediatico. I media ne hanno parlato, si sono ascoltate le voci pro e quelle contro, e questo ha risvegliato tanti, in primis le famiglie.
Le criticità della direttiva
Leggendo la direttiva, più d’un passaggio desta però qualche perplessità, proprio nella direzione della prevenzione e del contrasto alla cessione di sostanze droganti che è alla base del documento. I punti qualificanti consistono nella sollecitazione delle forze di polizia: 1) a verificare il possesso da parte dei cannabis shop di tutte le “certificazioni su igiene, agibilità, impiantistica, urbanistica e sicurezza, richieste dalla legge per poter operare”; 2) a fare attenzione alla “localizzazione degli esercizi, con riferimento alla presenza nelle vicinanze di luoghi sensibili quanto al rischio di consumo delle sostanze, come le scuole (…), i luoghi affollati e di maggiore aggregazione, soprattutto giovanile”. Ma i cannabis shop non vanno bene non se non sono in regola dal punto di vista amministrativo, come se fossero bar o trattorie, bensì se cedono impropriamente sostante droganti. Il problema è che vendono derivati della cannabis la cui destinazione non dovrebbe essere il consumo da parte dell’uomo; è che spesso questi derivati superano il 0.2% di principio attivo, e in taluni casi, come è stato accertato, lo 0.6%; è che altrettanto di frequente i divieti sono elusi procurando al cliente un kit per ricavare la sostanza dai vegetali, anche in percentuali superiori. I controlli nell’ottica del contrasto alla diffusione della droga dovrebbero riguardare questi aspetti, non se il locale è munito di wc o se ha l’impianto elettrico a norma, per i quali la Asl basta e avanza.
Identico discorso vale per la distanza dai luoghi di maggiore presenza giovanile: se i cannabis shop non cedono per il consumo personale, la distanza non è un problema. La circolare fa l’analogia con la disciplina delle sale scommesse: ma per queste, se sono in regola, non è in discussione la lecita operatività. La prescrizione della distanza è per loro una valutazione di opportunità (a dire il vero un po’ ipocrita): il minore che non vede le sale giochi nei pressi della propria scuola sarebbe meno attratto dal frequentarle. Qui l’opportunità non c’entra: o gli esercizi commerciali rispettano la legge, e allora la distanza dalla scuola è irrilevante, oppure la violano, e allora vanno sanzionati, pur se sono collocati in aperta campagna.
Per concludere. Le intenzioni poste a base della circolare sono buone, così come l’effetto-risveglio dal torpore sul tema che essa ha provocato. Se però si punta a ottenere il risultato qualche rettifica non guasta. Sul piano normativo: stanno intervenendo le Sezioni Unite, significa che qualcosa nella legge del 2016 non è così chiaro, dirla ancora più esplicita dovrebbe essere il primo obiettivo, non surrogabile da una direttiva. Sul piano della stessa circolare: vendere al dettaglio derivati della cannabis con principio attivo superiore allo 0.2% costituisce un parametro obiettivo cui ancorare i controlli; verificare altro aggira il punto centrale ed espone a un inutile contenzioso, dagli esiti incerti. Sul piano della prevenzione: una grande campagna di informazione, che utilizzi tutti gli strumenti di cui lo Stato dispone, incluso il servizio pubblico tv, fornendo dati scientifici sicuri sugli effetti non “leggeri” dell’assunzione di derivati della cannabis, vale molto più del pur opportuno dibattito acceso attorno alla direttiva del Viminale.
Ministero dell’Interno
Gabinetto del Ministro
- 11013/110 (4)
Uff. II – Ord. e Sic. Pub. Roma, 9 maggio 2019
AI SIGG. PREFETTI DELLA REPUBBLICA
LORO SEDI
AI SIGG. COMMISSARI DEL GOVERNO PER LE PROVINCE DI
TRENTO E BOLZANO
AL SIG. PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE DELLA VALLE D’AOSTA
AOSTA
e, p.c.:
AL SIG. CAPO DELLA POLIZIA – DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA
S E D E
OGGETTO: Commercializzazione di canapa e normativa sugli stupefacenti. Indirizzi operativi.
Come è noto, in Italia è, al momento, ammessa la coltivazione della canapa nel rispetto di quanto previsto dalla legge 2 dicembre 2016, n. 2421, che ne premia il valore “quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione”.
In particolare, le suddette disposizioni prescrivono che la coltivazione può riguardare solo le varietà ammesse, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e che dalla canapa coltivata è possibile ottenere esclusivamente i prodotti puntualmente indicati all’art. 2, comma 2, della medesima legge n. 242/20162.
Tanto premesso, viene impropriamente pubblicizzata come consentita dalla legge n. 242/2016 la vendita di derivati e infiorescenze di Cannabis e si sta assistendo ad una crescita esponenziale del relativo mercato, in esercizi commerciali dedicati o misti nonché on line.
In realtà, tra le finalità della coltivazione della canapa industriale non è compresa la produzione e la vendita al pubblico delle infiorescenze, in quanto potenzialmente destinate al consumo personale, in quantità significative da un punto di vista psicotropo e stupefacente, attraverso il fumo o analoga modalità di assunzione3.
Al riguardo, lo stesso Consiglio Superiore di Sanità ha sottolineato4 che l’impiego di simili preparati, erroneamente percepito come “legale” e quindi sicuro dal punto di vista della salute, rischia di tradursi in un danno anche grave per se stessi e per gli altri – basti pensare agli effetti per chi guida in stato di alterazione o alle donne in gravidanza o allattamento – raccomandando l’adozione di misure per vietare la libera vendita di tali prodotti5.
In questa direzione si è conseguentemente orientata l’attività operativa delle Forze dell’ordine che negli ultimi mesi hanno avviato significative iniziative di prevenzione.
I relativi provvedimenti hanno superato il vaglio dell’Autorità giudiziaria che, in più occasioni, ha ribadito quanto sopra osservato, ovvero che l’area di applicazione della legge n.
242/2016 è estranea alla cessione pura e semplice dei derivati della canapa per fini voluttuari e che a nulla rilevano, in punto di fatto, le iscrizioni sulle confezioni, poiché “si tratta di sostanze stupefacenti poste in vendita liberamente, senza vincolo alcuno, concretamente destinate quindi ad un uso altrettanto libero o ricreativo che dir si voglia”6.
Ciò posto, l’azione finora condotta deve essere messa a sistema e ulteriormente implementata, alla luce della risultanze investigative e dei recenti sviluppi che hanno interessato il settore.
Nel dettaglio, le SS.LL. vorranno sottoporre all’attenzione dei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica – allargati alla partecipazione dei rappresentanti della Regione, dei Sindaci dei Comuni di maggiore dimensione e di quelli interessati dalla presenza degli esercizi commerciali in argomento, nonché dei rappresentanti della Magistratura – l’esigenza di un’approfondita analisi del fenomeno, che tenga conto di tutti i fattori di rischio.
In quella sede, dovrà essere innanzitutto disposta una puntuale ricognizione di tutti gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio, in condivisione con le Amministrazioni comunali ed attraverso il concorso dei rispettivi Comandi di Polizia locale e degli Sportelli deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative.
Nell’esecuzione di siffatto monitoraggio, una cura particolare dovrà riguardare la verifica del possesso delle certificazioni su igiene, agibilità, impiantistica, urbanistica e sicurezza, richieste dalla legge per poter operare.
Un altro aspetto da prendere in esame è la localizzazione degli esercizi, con riferimento alla presenza nelle vicinanze di luoghi sensibili quanto al rischio di consumo delle sostanze, come le scuole, gli ospedali, i centri sportivi, i parchi giochi, e, più in generale, i luoghi affollati e di maggiore aggregazione, soprattutto giovanile.
Gli esiti dell’attività di ricognizione condotta saranno quindi sottoposti alle valutazioni del medesimo Comitato, nelle stessa composizione suindicata, al fine di declinare un programma straordinario di prevenzione di eventuali comportamenti vietati da parte degli operatori commerciali, specialmente se diretti verso la categoria più vulnerabile degli adolescenti7.
In tal senso, le SS.LL. dovranno in primis ricomprendere le aree interessate tra quelle da sottoporre ad attenzione all’interno dei Piani di controllo coordinato del territorio, definendo con gli enti locali intese collaborative ad hoc per un organico coinvolgimento delle polizie locali nelle relative attività.
I servizi di “osservazione” così realizzati potranno consentire lo svolgimento di apposite analisi sui prodotti acquistati negli esercizi in esame, finalizzate a scongiurare situazioni di detenzione e vendita che rientrano nel perimetro sanzionatorio della normativa antidroga.
Le preminenti ragioni della tutela della salute e dell’ordine pubblico messe in pericolo dalla circolazione di siffatte sostanze dovranno, altresì, essere segnalate agli enti locali affinché le tengano in debita considerazione in relazione alle possibili nuove aperture di simili esercizi commerciali, prevedendo una distanza minima di almeno cinquecento metri dai luoghi considerati a maggior rischio. Un provvedimento comunale sul modello di quello che ha già interessato le sale da gioco, assunto nella consapevolezza che il consumo delle cosiddette “droghe leggere” rappresenta spesso un viatico per l’assunzione di quelle pesanti.
Nel ribadire la necessità di un’azione che si ispiri ai canoni della più ampia condivisione e del massimo coordinamento, si invitano le SS.LL. a far tenere, entro il prossimo 30 giugno, uno specifico report sulle risultanze della ricognizione svolta e sulle iniziative conseguentemente intraprese.
*****
Si ripone il massimo affidamento sulla consueta, preziosa collaborazione delle SS.LL., delle Forze di polizia e delle Amministrazioni locali affinché siano poste in essere tutte le azioni necessarie per garantire la piena attuazione della presente direttiva.
D’ORDINE DEL MINISTRO
IL CAPO DI GABINETTO
Matteo Piantedosi
1 Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa.
2 a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo.
3 In proposito, secondo giurisprudenza ormai consolidata, i livelli minimi di principio attivo compatibili con la natura di sostanza stupefacente sono quelli idonei a mettere in pericolo la salute dell’assuntore, determinando nello stesso, anche in termini modestissimi, lo stato psicoattivo (cfr., ex plurimis, Corte di Cassazione – Sez. Unite, n. 28605/2008; Sez. IV, n. 21814/2010; Sez. III, n. 40620/2013).
4 Consiglio Superiore di Sanità, Sezione V, seduta del 10 aprile 2018.
5 Non tiene conto della posizione assunta dal Consiglio Superiore di Sanità nel riscontrare la “Richiesta di parere sulla commercializzazione di prodotti contenenti THC”, la Corte Suprema di Cassazione, Sesta Sezione Penale, nella sentenza n. 2660/2018 che, tuttavia, sconfessa il precedente orientamento per il quale “la liceità della cannabis è circoscritta alla sua coltivazione e alla destinazione dei prodotti coltivati entro l’alveo delle previsioni esplicite contenute nella legge n. 242 del 2016. Le disposizioni di questa legge che consentono, a certe condizioni, la coltivazione di cannabis sono ritenute norma eccezionale e sicuramente non estensibili analogicamente alle altre condotte disciplinate dal d.P.R. n. 309/90 tra le quali la vendita e la detenzione per il commercio. Da questo assunto, si conclude che la presenza di un principio attivo sino allo 0,6% è consentita solo per i coltivatori non anche per chi commerci i prodotti derivati dalla cannabis” (Sez. 6, n. 56737 del 27/11/2018, Ricci; Sez. 6, n. 52003 del 10/10/2018, Moramarco; Sez. 4, n. 34332 del 13/06/2018, Durante).
6 Tribunale di Macerata – Sezione GIP/GUP, 15 giugno 2018.
7 È documentato negli studi di settore come l’uso di cannabis in adolescenza sia uno dei fattori che contribuiscono ad alterare le connessioni funzionali corticostriatali (cfr. Consiglio Superiore di Sanità, Sezione V, seduta del 10 aprile 2018).
*** ATTO COMPLETO ***
LEGGE 2 dicembre 2016, n. 242
Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. (16G00258)
(GU n.304 del 30-12-2016)
Vigente al: 14-1-2017
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
la seguente legge:
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga Art. 1
Finalita’
1. La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversita', nonche' come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione.
2. La presente legge si applica alle coltivazioni di canapa delle varieta' ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varieta' delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
3. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata:
a) alla coltivazione e alla trasformazione;
b) all'incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;
c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilita' economica e ambientale;
d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attivita' didattiche e di ricerca.
Art. 2
Liceita' della coltivazione
1. La coltivazione delle varieta' di canapa di cui all'articolo 1, comma 2, e' consentita senza necessita' di autorizzazione.
2. Dalla canapa coltivata ai sensi del comma 1 e' possibile ottenere:
a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attivita' artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
c) materiale destinato alla pratica del sovescio;
d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;
e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
f) coltivazioni dedicate alle attivita' didattiche e dimostrative nonche' di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;
g) coltivazioni destinate al florovivaismo. 3. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici di cui alla
lettera b) del comma 2 e' consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale, nei limiti e alle condizioni previste dall'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
Art. 3
Obblighi del coltivatore
1. Il coltivatore ha l'obbligo della conservazione dei cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi. Ha altresi' l'obbligo di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.
Art. 4
Controlli e sanzioni
1. Il Corpo forestale dello Stato e' autorizzato a effettuare i necessari controlli, compresi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro tipo di controllo da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguito su segnalazione e nel corso dello svolgimento di attivita' giudiziarie.
2. Il soggetto di cui al comma 1 svolge i controlli a campione secondo la percentuale annua prevista dalla vigente normativa europea e nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
3. Nel caso di campionamento eseguito da parte del soggetto individuato dal soggetto di cui al comma 1, le modalita' di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) delle varieta' di canapa, sono quelle stabilite ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale.
4. Qualora gli addetti ai controlli, ai sensi del comma 1 reputino necessario effettuare i campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a eseguirli in presenza del coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso per eventuali controverifiche.
5. Qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC
della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilita' e' posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge.
6. Gli esami per il controllo del contenuto di THC delle coltivazioni devono sempre riferirsi a medie tra campioni di piante, prelevati, conservati, preparati e analizzati secondo il metodo prescritto dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale di recepimento.
7. Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall'autorita' giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione e' superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma e' esclusa la responsabilita' dell'agricoltore.
Art. 5
Limiti di THC negli alimenti
1. Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti.
Art. 6
Incentivi per la filiera della canapa
1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, destina annualmente una quota delle risorse disponibili a valere sui piani nazionali di settore di propria competenza, nel limite massimo di 700.000 euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa.
2. Una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, puo' essere destinata, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione della canapa, finalizzati prioritariamente alla ricostituzione del patrimonio genetico e all'individuazione di corretti processi di meccanizzazione.
Art. 7
Riproduzione della semente
1. Gli enti di ricerca pubblici, le universita’, le agenzie regionali per lo sviluppo e l’innovazione, anche stipulando protocolli o convenzioni con le associazioni culturali e i consorzi dedicati specificamente alla canapicoltura, possono riprodurre per un anno la semente acquistata certificata nell’anno precedente, utilizzandola per la realizzazione di piccole produzioni di carattere dimostrativo, sperimentale o culturale, previa comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Art. 8
Sostegno delle attivita' di formazione, di divulgazione e di innovazione
1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, negli ambiti di rispettiva competenza, possono promuovere azioni di formazione in favore di coloro che operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici canali informativi, la conoscenza delle proprieta’ della canapa e dei suoi utilizzi nel campo agronomico, agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della biocomponentistica e del confezionamento.
Art. 9
Tutela del consumatore
1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il riconoscimento di un sistema di qualita' alimentare per i prodotti derivati dalla canapa ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere b) o c), del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.
Art. 10
Clausola di invarianza finanziaria
1. All'attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 2 dicembre 2016 MATTARELLA
Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri
Visto, il Guardasigilli: Orlando