fbpx

1. Qual è il rapporto tra il diritto e la verità? Questa è la domanda più radicale per ogni giurista. Ulpiano riassumeva il ruolo del giurista nello iustitiam colere, concetto che potrebbe apparire incerto, se inserito nel contesto attuale. Il relativismo giuridico è proposto oggi nel mondo del diritto quale premessa necessaria all’iniziazione giuridica, con l’esplicita  rinuncia a individuare un principio primo, ma anzi con l’obiettivo di porre di volta in volta un proprio principio privato che permetterà in seguito di manipolare a piacimento ciò che su di esso verrà costruito[1].

Aiuta a scongiurare questo rischio il pensiero profetico, di sorprendente attualità, di un filosofo del recente passato, Emanuele Samek Lodovici. 

2. Egli nasce il 28 dicembre 1942 a Messina, dove suo padre, studioso di storia del libro antico e della miniatura, era direttore della Biblioteca, ma è vissuto poi sempre a Milano[2]. Nel 1966 si laurea all’Università Cattolica in Lettere classiche, con una tesi – apprezzata da Sofia Vanni Rovighi, che ne promuove la pubblicazione di un estratto – dal titolo “Filosofia classica e spiritualità cristiana nel Commento di S. Agostino al Vangelo di S. Giovanni”, che conclude la curvatura dei suoi studi verso la sfera filosofico-teoretica”.

Dal 1971 lavora al Dipartimento di Scienze religiose dell’Università Cattolica, mantenendovi rapporti di collaborazione anche dopo aver iniziato a insegnare, vinta la cattedra, Filosofia e Storia nei licei. Dal 1974 inizia una collaborazione come contrattista all’Università di Torino con Vittorio Mathieu. Coordina per Rusconi la collana I Classici del Pensiero, che pubblica testi filosofici classici allora introvabili perché proibiti dall’establishment culturale dell’epoca.

Nel 1979 pubblica Dio e mondo. Relazione, causa, spazio in S. Agostino, e Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, che nel 1980 gli valgono la cattedra di Filosofia morale all’università di Torino. Fin dalla frequentazione dell’università come studente partecipa a convegni, tiene conferenze, scrive saggi e collabora con i quotidiani Avvenire, Il Giornale e L’Ordine e con le riviste Studi Cattolici, Il Settimanale, La Fiera letteraria, Prospettive nel mondo e Fogli. Muore il 5 maggio 1981, per le conseguenze di un incidente stradale, lasciando la moglie e due figli piccoli. Dalla sua vita intensa emergono la passione per la Verità ricercata con rigore intellettuale, e il contrassegno della fede, nonché la disponibilità all’ascolto e la generosità, come testimoniano quanti l’hanno conosciuto e coloro che a lui si riferivano come una guida.

3. L’originalità del pensiero di Samek Lodovici emerge nella sua opera più importante: Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea.

La gnosi delineata dal filosofo milanese sulla scorta dell’insegnamento di Augusto Del Noce presenta il fenomeno gnostico non più come una setta o come un movimento religioso definito e strutturato, bensì come una mentalità, una forma di approccio filosofico che implica un atteggiamento esistenziale e che può dar avere ricadute di carattere culturale politico[3]. Le moderne espressioni gnostiche sono accumunate  dal sicuro convincimento della realizzazione di una salvezza intramondana, attuata attraverso l’avvento di un mondo nuovo.

Caratteristiche di questo mondo nuovo saranno la perfetta unità ed uguaglianza, la libertà totale, l’assenza di ogni male e di ogni limite, nonché, ed è forse l’aspetto più interessante per i giuristi, la non necessità delle leggi.

Il vero nemico del diritto, per Samek Lodovici, è da identificare nello gnostico-rivoluzionario, poiché uno dei cardini dell’impostazione ideologica è il rigetto del “dato”, cioè di qualcosa che non è fatto dall’uomo ma che si fa da sé, o (ancor peggio) che è fatto da un essere trascendentale. L’esito di questo rifiuto radicale è la svalutazione profonda dell’essere e la coscienza che nulla può essere percepito come vincolante: la verità va creata nella prassi.

4. Il metodo di qualunque ideologia rivoluzionaria, in primis di quella marxista, è stata quello di imporre le verità che professava nella prassi. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria la svalutazione del diritto, poiché le norme giuridiche rappresentano meglio di ogni altra costruzione umana il limite costituito dal “tu devi”, che costringe l’uomo ad uscire dall’ambito ristretto del proprio io e ad ammettere che egli non gode, come vorrebbe il sogno gnostico, di una libertà assoluta.

La ribellione al diritto nasce da una precisa posizione metafisica: la concezione dell’uomo come Dio, come illimitata potenza. La crisi del diritto risulta allora essere, nella sua essenza, la crisi dell’individuo contemporaneo che, disconoscendo lo Stato e la legge, ha smarrito se stesso.

Samek Lodovici ci indica però  un’arma efficace per contrastare  il nichilismo giuridico: la cultura del ricordo. Chi non ha la memoria delle proprie tradizioni, della propria cultura, degli atti e dei processi di pensiero che hanno costituito la propria civiltà avrà la presunzione di legiferare in ogni campo unicamente sulla base della mera contingenza.

La cultura del passato a cui si riferisce Samek Lodovici non è una collezione di fotografie “scattate” dalla mente su un oggetto inerte (i fenomeni), bensì un flusso in cui il soggetto stesso è immerso, che forma la comprensione degli eventi circostanti.

5. Lo scenario che si apre è quello di una civiltà occidentale divisa tra  coloro che nella storia hanno sostenuto, rifacendosi ad una visione classica, platonica e preplatonica, che il principio produce diversità, e che l’impegno da perseguire è l’incontro con le differenze e la ricerca della composizione fra le discordanze, e coloro che vedono nella difformità la causa prima della contraddizione, e così auspicano l’uguaglianza come bene supremo e combattono la disuguaglianza come sommo male.

L’ importanza della speculazione filosofica di Emanuele Samek Lodovici consiste proprio nell’avere reso possibile la comprensione di quale sia stata l’origine di questa spaccatura e di quale dura strada si apra a coloro che vogliano costantemente “ricordare” l’origine.

Dalla sua analisi si coglie quanto la scelta dei valori cui parametrare la decisione giudiziale sia divenuta ancora più cruciale. Non esistono quasi più valori largamente condivisi (che cosa è ‘buono’? Che cosa è ‘equo’?), mentre le società del passato erano caratterizzate da un’‘aristocrazia del pensiero’ capace di indurre un’etica comune che sul versante tecnico-giuridico garantiva interpretazioni tendenzialmente stabili[4]. Il problema attuale della rifrazione dei valori potrebbe essere ridimensionato se il giudice, ove fosse opportuno e possibile, anziché assumere come criterio di decisione una propria scelta valoriale – spesso esito di una opzione ideologica -, si impegnasse nel decidere sulla base delle caratteristiche peculiari del fatto-caso concreto, e del concreto assetto degli interessi in gioco: magari ricordando il monito del filosofo milanese sulla opportunità di adeguare incessantemente gli assetti sociali e giuridici ai valori dell’equità e dello ius naturae, con pietas, sapientia e cognizione di Dio, al fine di sventare il pericolo, sempre presente, di un ritorno alla barbarie.

Daniele Onori


[1] F. CAVALLA., La Verità dimenticata, Cedam, Padova, 2006

[2] Tutte le notizie biografiche sono tratte da: G. SAMEK LODOVICI, Profili. Emanuele Samek Lodovici, in «Studi Cattolici», 483 (maggio 2001), pagg. 348-351.

[3] S FUMAGALLI., Emanuele Samek Lodovici e Augusto Del Noce: gnosi e secolarizzazione,

http://www.sergiofumagalli.it/files/tesi.pdf

[4]   P. RICOEUR, Il conflitto delle interpretazioni, tr. it., Milano, 1977; J. HABERMAS, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, tr. it., Milano, 2003

Share