Come è riuscito a cambiare la storia del mondo, i paradigmi dell’etica e della morale e il cammino di vita di miliardi di persone un uomo di umili origini, venuto da un piccolo villaggio della Galilea? Cristiano Ceresani, già autore del libro Kerigma Il Vangelo degli ultimi giorni, ci offre una risposta attraverso un altro prezioso libro dal titolo Èschaton incentrato sulla figura di Gesù di Nazareth, non certo con l’intento di scriverne una biografia, ma di presentarlo attraverso il vero significato del regno di Dio che egli annunciò.
L’autore del libro già dal titolo mette al centro della sua opera l’Èschaton, il futuro ultimo, decisivo, che si manifesterà, come un nuovo inizio, alla fine della storia universale. Gesù di Nazareth duemila anni fa lo ha rivelato ai suoi discepoli.
Oggi, in un mondo stregato dalla tecnica e inondato da tragedie e ansie “apocalittiche”, questo futuro è l’unica speranza che ci invita a vivere il presente con audacia e fantasia.
Ecco allora che Ceresani affronta il tema del significato dell’annuncio del regno di Dio, della Parusia e del compimento finale, esaminando i passaggi salienti del potente risveglio del pensiero escatologico cristiano del XX secolo.
L’ èschaton è, nella teologia cristiana, il tempo “ultimo” prima della fine dei tempi, ma talmente ultimo da coincidere di fatto con questa fine, con il Giorno del Giudizio.
Il significato del tempo apocalittico consiste in questo: che in ogni istante il singolo è chiamato a tale decisione, che in ogni istante egli è chiamato a decidere di fronte a un aut-aut ultimo, faccia a faccia con l’èschaton: o vivere integralmente la verità dell’Evento, o integralmente credere alla «energia dell’inganno». E questo appello è rivolto a tutte le genti, senza distinzione alcuna.
Ogni differenza di tradizioni e costumi, di classe, di lingua, in una parola: di ethos, viene travolta. Non più popoli, ma moltitudine di chiamati. Conta esclusivamente la differenza tra chi vive questo tempo escatologicamente, e chi, invece, come un momento destinato a trapassare in altre epoche, una figura della storia, dentro la cui dimensione le decisioni che hanno luogo non potranno mai apparire definitive.
L’autore ci invita a riflettere come il vero centro nevralgico dell’annuncio di Gesù sia proprio l’ èschaton, il futuro ultimo in Dio verso cui l’umanità, la storia e tutto l’universo convergono.
Ceresani, infatti, scrive: “In realtà, la fede cristiana, o perlomeno la mia fede cristiana, attesta che stiamo andando incontro a una fase storica di crescenti turbolenze. L’ora della gloria: “tutto in tutti” e difficoltà: siamo nel mezzo delle doglie del parto. E quanto più ci avviciniamo nella linea del tempo a quel paradiso e a quell’inferno, ovvero quanto più progrediamo nella Tecnica e nella dimensione materiale e regrediamo nella nostra umanità e dimensione spirituale e morale, tanto più è vicino, paradossalmente, l’èschaton, il momento in cui tutte le promesse dei profeti biblici, suggellate nel Nuovo Testamento, troveranno il loro compiuto adempimento. La terra diverrà allora lo spazio sacro dell’epifania dell’armonia cosmica, il luogo mistico della teofania dello splendore divino che si manifesterà dal cielo, come nella nuova Gerusalemme che da lì scenderà descritta nell’Apocalisse di Giovanni.”
Oggi a attraverso l’ideologia del “transumanesimo”, aggiunge l’autore, “viene coltivata la promessa di un èschaton profano da realizzare superando i limiti umani e la schiavitù della corruzione dei corpi attraverso le illimitate potenzialità della Tecnica: il design genetico, le biotecnologie, le nanoteconologie, la robotica e l’informatica quantistica, con la loro pretesa di costruire, a prescindere da Dio, un’umanità nuova per varcare in solitaria la soglia dell’immortalità, magari attraverso una sorta di “risurrezione” cibernetica da realizzare mediate lo stoccaggio digitale degli stati di coscienza. Qui la sfida per la fede cristiana è combattere questa nuova micidiale utopia del XXI secolo, tramutando la fascinazione che esercita l’adamitica tentazione dell’uomo di farsi “dio”, nella speranza escatologica dell’avvento di una “nuova” umanità, liberata dalla morte e riconciliata con Cristo e in Cristo, nella quale Dio possa essere davvero “tutto in tutti” (1Cor 15,28)”
Sull’èschaton ogni impero dovrà lasciare, alla fine, la parola a chi è pellegrino, al civis futurus, alla comunità che su questa terra si erge a vera immagine della politeia en ouranois, della cittadinanza celeste.
Solo questa è la città santa, solo questo bene ha promesso il Signore, solo ad essa è rivolta la speranza, il cui ‘uovo’ è custodito nel cuore del credente (Agostino, Salmo 105). Paolo – o chi lo interpreta, o cerca di spiegarne il pensiero, certo da fedele discepolo – ritorna sull’escatologia di 1 Tessalonicesi per ammonire che il Signore Gesù non verrà prima del compiersi dell’opera del suo Avversario (Antikeimenos).
Il suo giorno dovrà essere preceduto dal pieno dispiegarsi della apostasia (discessio), del mistero dell’anomia (mysterium iniquitatis) – al mistero che è l’epifania del Cristo segue l’apocalisse, secondo la forza di Satana, dell’Empio, di colui che finge di essere Dio e come Dio esige di essere onorato. Il giorno del Signore deve dunque essere atteso, attraversando questo tempo di immensa devastazione.
La fine è decisa. Non c’è novitas ancora da scoprire. Ma occorre sopportare con la fermezza del martire l’ultimo assalto dell’antico Drago. È la prova che il Signore impone prima della sua vittoria. Tuttavia, appunto, un’altra potenza sembra operare nello spasmo di questo tempo ultimo, sulla cui durata è vano congetturare – una potenza che raffrena l’apocalisse, il disvelarsi perfetto dell’Empio.
Ma quando colui che la incarna sarà tolto di mezzo, allora, nulla restando fra l’Avversario e il Signore Gesù, verrà finalmente quest’ultimo a condannare tutti coloro che non hanno creduto alla sua verità.
La vocazione originaria dell’essere umano “invitato al dialogo con Dio” e “chiamato a partecipare della Sua vita”, implica che il luogo di questo invito e di questa chiamata sia la terra e non il cielo. La creazione non è conclusa perché gli esseri umani sono chiamati, in Cristo, a condurre questo creato, loro affidato, verso il suo compimento, svolgendo in esso il ruolo di co-creatori insieme con Dio. Per giungere ad un èschaton ove regnano la libertà e l’amore, vi è la relativa necessità di un universo materiale e temporale.
Il libro che decreta l’accesso alla vita eterna insieme con l’Agnello non è un codice contenente delle password, ma il libro della storia, una storia che va interamente vissuta. Anche se nella visione dell’Apocalisse la Gerusalemme definitiva scende dal cielo (discontinuità) i mattoni con cui essa è edificata si costruiscono nel tempo del merito (continuità), sul basamento della pietra angolare che è Gesù Cristo.
Daniele Onori