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Poche e incerte sono le notizie biografiche che riguardano il giurista romano Gaio, vissuto nel II secolo d.C.: probabilmente proveniva dai territori della Gallia Cisalpina, e si stabilì a Roma, dove fu istruito nell’arte del diritto e della giustizia.

Gaio apparteneva alla scuola dei sabiniani, la cui sapienza è pervenuta fino al diritto moderno, per esempio nell’ambito del diritto successorio con la regola sabiniana per cui la condizione impossibile o illecita viatiatur sed non vitiat[1]. Egli è da considerare il primo vero sistematizzatore del diritto romano, poiché grazie alle sue Istituzioni ordina i concetti generali del diritto come la grande suddivisione in persone, cose e azioni, e fornisce un impulso etico e teoretico all’intera arte giuridica che fino a lì si era stratificata nei secoli. e che sarebbe stata superata per articolazione e complessità soltanto dall’opera codificatoria di Giustiniano, due secoli abbondanti oltre.

Gaio non soltanto ordina la dimensione concettuale del diritto, ma enuclea i fondamenti del diritto in sé considerato, cominciando dalla riunificazione e dalla scrematura delle fonti del diritto, che può discendere soltanto dall’autorità dei giuristi o del principe[2], sebbene sempre presupponendo la lex come emanazione della volontà del popolo[3].

Alla ordinaria tripartizione tra ius civile, ius gentium e ius naturale[4], Gaio sostituisce una bipartizione, identificando lo ius gentium con lo ius naturale[5], poiché se aveva ragione Eraclito secondo il quale “il pensare è a tutti comune”[6], l’universo possiede un proprio specifico ordine che la ratio naturalis comune a tutti gli uomini, sia i cives che i non cives, può giungere a scoprire, a comprendere, e da cui trarre la conseguente normatività.

Il diritto naturale per Gaio, infatti, quasi anticipando la celebre formulazione del giurista Ulpiano[7], è antico come l’uomo e non può essere modificato o corrotto dal diritto umano; in merito espressamente ha precisato che “civilis ratio naturalia iura corrumpere non potest”[8], e che “nec enim naturalis ratio auctoritate Senatus commutari potuit[9].

Le lezioni che Gaio ha impartito hanno esercitato la loro preziosa influenza per numerosi secoli dopo la sua morte. Si sente ancora l’eco della sua profondità, che oggi più che mai andrebbe riscoperta per consentire ai giuristi attuali di affinare la propria sensibilità più verso lo spirito del diritto che verso la lettera della legge.

Aldo Rocco Vitale


[1] Cfr. Guido Capozzi, Successioni e donazioni, Giuffrè, Milano, 2009, Vol. II, pag. 1577.

[2] “Giuristi e principe erano per Gaio le sole fonti del ius ancora in vita al suo tempo, ma strette in un rapporto di immodificabile asimmetria, dove il primato del principe e della sua legislazione doveva apparire come assolutamente indiscutibile”, Aldo Schiavone, Ius. L’invenzione del diritto in occidente, Einaudi, Torino, 2005, pag. 332.

[3] “E’ fondamentale la testimonianza di Gaio, che definisce la lex come ciò che il popolo comanda e stabilisce”, Giovanni Nicosia, Profili istituzionali di diritto privato romano, Libreria Editrice Torre, Catania, 2017, pag. 30

[4] Cfr. Aulo Gellio, Notti attiche, Bur, Milano, 2006, VII, 3, Vol. I, pag. 312 e ss.

[5] “Nelle istituzioni di Gaio ius naturale e ius gentium si identificano, anche nella terminologia”, Cesare Sanfilippo, Istituzioni di diritto romano, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1996, pag. 45.

[6] Eraclito, fr. 113, in AA.VV., I presocratici. Testimonianze e frammenti, Laterza, Bari, 1981, pag. 219.

[7] “Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit”.

[8] Inst. I, 158.

[9] Dig. VII, V, 2.

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