Premesso che le misure di contenimento del Governo impongono la permanenza domiciliare, con uscite solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, assoluta urgenza e motivi di salute, si è da subito posto l’interrogativo se, per i genitori separati, dovessero o meno considerarsi sospese le visite ai figli.
Il Governo ha specificato sul sito istituzionale il 10 marzo, il giorno dopo l’emanazione del DPCM che ha esteso le misure restrittive all’intero territorio nazionale, che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio” e, in data 1 aprile, ha modificato la risposta precisando che: “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”.
Si è così chiarito che gli spostamenti dei genitori separati per far visita ai figli o per condurli nella propria abitazione rientrano fra quelle “situazioni di necessità” che consentono di uscire di casa senza incorrere nelle sanzioni previste ‒ inizialmente dal D.L. n. 6 del 23 febbraio 2020 e adesso dal D.L. n. 19 del 25 marzo 2020 ‒ in caso di inottemperanza delle misure di contenimento.
In assenza di tale precisazione sarebbe stato difficile ritenere con certezza legittimi gli spostamenti dei genitori, con conseguenti contrasti interpretativi. La risposta del Governo sembra tuttavia non considerare adeguatamente l’interesse attuale e concreto del minore, e trascura di osservare che le modalità di visita stabilite in fase di separazione e di divorzio (e anche nei procedimenti di regolamentazione dei rapporti genitoriali per le coppie non sposate) potrebbero essere tali da non rispettare pienamente, nel contesto attuale, le esigenze dei singoli minori coinvolti.
A tal riguardo, desta in particolare perplessità l’aver ammesso incondizionatamente gli spostamenti dei genitori separati, rinviando alle “modalità previste dal giudice in sede di separazione o divorzio”, dapprima “in ogni caso”, con l’integrazione successiva aprendo agli accordi dei genitori, in “assenza di provvedimenti” giudiziari. Tale precisazione suscita ulteriori interrogativi: probabilmente il Governo ha inteso riferirsi alle situazioni in cui le visite genitori-figli non siano state regolamentate dal Tribunale o perché si tratta di coppie di fatto che non hanno ritenuto di formalizzare gli accordi presi, o perché si tratta di coppie (sposate o meno) in attesa della prima udienza. Di fatto sta che quella precisazione, per come è scritta, pare suggerire che un eventuale accordo dei genitori rilevi esclusivamente se non vi è un provvedimento giudiziario. Non si fa alcun accenno, invece, alla possibilità che i genitori si accordino per individuare modifiche temporanee legate alla situazione attuale.
Il Governo deve aver confidato nel buon senso delle persone, che dovrebbe sempre guidare le scelte dei genitori, e a maggior ragione in questa situazione di emergenza: un buon senso che, in generale e nell’interesse della salute collettiva, imporrebbe di limitare comunque le visite, adottando soluzioni diverse rispetto a quelle previste dal giudice, per esempio utilizzando le video chiamate o accorpando i giorni di visita in modo da limitare gli spostamenti. Ma non tutti sono dotati di buon senso ed elasticità e quell’inciso, che sembrerebbe prima facie utile ad evitare conflitti, ben può essere fonte di scontro nelle ipotesi in cui l’interesse del minore esigerebbe soluzioni diverse da quelle previste precedentemente in sede giudiziaria.
La parte che non vuole trovare un accordo teso a modificare temporaneamente quanto statuito in sede giudiziaria si sente dunque addirittura legittimata dal Governo a negare ogni possibilità di confronto, proprio grazie a quel riferimento ai provvedimenti già assunti.
Da qui l’inopportunità del richiamo operato dal Governo che, per come è stato formulato, rischia di ostacolare l’individuazione di modalità alternative nei casi in cui è già di per sé difficile mantenere un rapporto di collaborazione fra i genitori.
Se da una parte il Governo, con quella risposta, ha opportunamente chiarito che vedere i figli rientra fra le situazioni di necessità, non ha però preso in considerazione ˗ o comunque ha posto in secondo piano ˗ l’aspetto fondamentale dell’interesse dei minori coinvolti.
È pur vero che quest’ultimo dovrebbe essere stato già contemplato nei provvedimenti provvisori, separativi o divorzili, ma è altrettanto vero che la situazione di emergenza rende necessaria l’indagine concreta, caso per caso, sull’opportunità o meno di modifiche temporanee, da adottare di comune accordo fra i genitori. Nei casi in cui uno dei genitori dovesse ritenere opportuno modificare temporaneamente le modalità di visita, andrebbe prima di tutto cercata una soluzione condivisa fra i genitori. Qualora non si riuscisse a trovare un accordo, allora bisognerebbe continuare ad applicare i provvedimenti già esistenti, lasciando quale extrema ratio il ricorso al giudice in via d’urgenza, soltanto nelle ipotesi di possibile grave pregiudizio per il minore.
Quel rigido richiamo alle modalità previste nei provvedimenti di separazione e divorzio sembrerebbe, dunque, non prestare un’adeguata attenzione ai bisogni dei minori, bambini e ragazzi che, forse più degli adulti, patiscono la permanenza forzata a casa, senza incontrare gli amici, fare sport e dedicarsi alle attività di svago necessarie alla loro crescita sana ed armoniosa: bambini e ragazzi che in questo periodo avrebbero bisogno di rassicurazioni, non già di ulteriori litigi fra i genitori.
Per fare un esempio, se in generale è nell’interesse di un minore vedere il genitore con cui non vive abitualmente anche per tre volte a settimana, in questo periodo per quello stesso minore potrebbe invece rendersi necessaria una soluzione diversa, non corrispondendo più al suo interesse attuale, legato all’emergenza sanitaria, quanto già previsto in sede giudiziaria. Nelle ipotesi di collocamenti settimanali o bisettimanali alternati, il rispetto del provvedimento del giudice potrebbe contrastare con le concrete e attuali esigenze dei minori, ai quali potrebbe giovare di più restare in una delle due abitazioni, magari perché dotata di uno spazio privato all’aperto o degli apparecchi tecnologici necessari per la didattica a distanza, e ricevere invece le visite dell’altro genitore.
La formulazione che il Governo ha adottato per consentire gli spostamenti ai genitori separati sembra perciò muovere esclusivamente dalla prospettiva degli adulti, senza alcun cenno ai bisogni dei minori e all’importanza di ascoltarli. Si è persa un’occasione per ricordare ai genitori che le visite ai figli sono prima di tutto un diritto di questi ultimi e devono essere sempre organizzate tenendo presente le esigenze e i bisogni dei minori e non già degli adulti.
Sarebbe stato utile, infine, un richiamo al ruolo degli avvocati, non solo per la funzione sociale da essi svolta, ma soprattutto perché, avendo piena cognizione dei diversi casi già seguiti, rappresentano le figure più adatte a mediare e a suggerire di volta in volta le soluzioni migliori per evitare inutili conflitti e per tutelare al meglio gli interessi dei minori coinvolti.
Avv. Daniela Bianchini, Avv. Margherita Prandi, Avv. Eva Sala