fbpx

1.  Con la recentissima sentenza n. 38162, depositata il 30 dicembre 2022, la Corte di cassazione, a sezioni unite, ha ribadito un principio già affermato con la precedente sentenza n. 12193 del 2019, pure pronunciata a sezioni unite. Il principio è quello secondo cui non è trascrivibile nei registri di stato civile italiani, in quanto contrario all’ordine pubblico per via del  divieto della pratica c.d. di “maternità surrogata”, penalmente sanzionato dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40/2004, il provvedimento dell’autorità giudiziaria di un paese straniero che, nel caso di un bambino partorito da una donna nella quale era stato impiantato un ovulo fecondato con materiale genetico prodotto da uno dei due componenti di una coppia omosessuale, abbia riconosciuto l’esistenza di un rapporto di filiazione anche con l’altro componente, quale genitore c.d. “intenzionale”. In siffatta ipotesi, secondo la Corte, il pur apprezzabile interesse del bambino al riconoscimento di detto rapporto, non può prevalere su quello perseguito dalla norma penale, il cui intento è quello di scoraggiare nel modo più efficace possibile il ricorso ad una pratica che, come affermato anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 272/2017, “ offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. L’interesse del bambino, peraltro, sarebbe ugualmente salvaguardato mediante il possibile ricorso, da parte del genitore “intenzionale”, all’istituto dell’adozione in casi particolari, quale previsto dall’art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983.

È da notare che la nuova pronuncia delle Sezioni unite è stata sollecitata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 33/2021, con la quale è stata decisa la questione di legittimità costituzionale del citato art. 12, comma 6, della legge n. 40/2004 e di altre norme ad esso ricollegabili  “nella parte in cui non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestione per altri (altrimenti detta “maternità surrogata”) del c.d. genitore d’intenzione non biologico”. La Corte costituzionale, pur ritenendo inadeguato, rispetto all’obiettivo di un’efficace tutela degli interessi del minore, lo strumento dell’adozione in casi particolari, aveva tuttavia dichiarato inammissibile la proposta questione di costituzionalità in quanto, potendosi rimediare alla suddetta inadeguatezza  con un’ampia gamma di opzioni possibili, tutte compatibili con la Costituzione, a ciò avrebbe potuto (e dovuto) provvedere soltanto il legislatore.

Le Sezioni unite, preso atto del mancato intervento del legislatore, hanno tuttavia ritenuto che la pronuncia della Corte costituzionale non impedisse la conferma del principio affermato con la precedente sentenza n. 12193/2019. Ciò sulla base, essenzialmente, di due considerazioni. La prima è quella che la stessa Corte costituzionale, successivamente alla pronuncia della sentenza n. 33/2021, aveva – si afferma – “ fatto venir meno il più importante elemento di inadeguatezza della soluzione dell’adozione particolare”, dichiarando, con la sentenza n. 79/2022, l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge n. 184/1983, “nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante”. La seconda considerazione ha per oggetto quello che viene segnalato come “ un altro aspetto di inadeguatezza messo in luce dalla sentenza n. 33 del 2021”, e cioè “ l’impossibilità di costituire il rapporto adottivo, secondo la disciplina dei casi particolari, in mancanza dell’assenso del genitore biologico”, secondo quanto stabilito dall’art. 46 della legge n. 184/1983. Al riguardo la Corte risponde osservando che, secondo una già affermatasi “lettura restrittiva” di detta ultima disposizione, quale espressa, in particolare, da Cass. I, 21 settembre 2015, n. 18575 e  Cass. I, 16 luglio 2018, n. 18827, l’eventuale dissenso all’adozione opposto dal genitore “biologico” potrebbe essere superato  ove fosse, in concreto, ravvisabile il “preminente interesse del minore”.

2. Entrambe le summenzionate pronunce delle Sezioni unite riguardano, come si è visto,  casi di soggetti nati all’estero da madri “surrogate”. Diverso è stato però ritenuto il caso di soggetto nato parimenti all’estero per volontà di una coppia omosessuale non, però, a seguito di “maternità surrogata” ma soltanto previo ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita. In tal caso è stato ritenuto, da Cass. I, 15 giugno 2017 n. 14878 e Cass. I, 23 agosto 2021 n. 23319, che non contrastasse con l’ordine pubblico la trascrizione nei registri dello stato civile italiano dell’atto di nascita formato all’estero in cui figuravano come genitori tanto la madre “biologica” quanto quella “intenzionale”, non potendosi attribuire carattere ostativo al fatto che le suddette pratiche, nel nostro ordinamento, non siano consentite alle coppie omosessuali, ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge n. 40/2004. Tali norme, infatti – si afferma, in particolare, nella sentenza n.23319/2021 –  costituiscono “espressione non già di principi di ordine pubblico internazionale, ma del margine di apprezzamento di cui il legislatore dispone nella definizione dei requisiti di accesso alle predette pratiche, la cui individuazione, avente portata vincolante nell’ordinamento interno, non è di ostacolo alla produzione di effetti da parte di atti o provvedimenti validamente formati nell’ambito di ordinamenti stranieri e disciplinati dalle relative disposizioni”.

 Diverso ancora è stato poi ritenuto il caso di soggetti  la cui nascita, pur sempre dovuta alla volontà di una coppia omosessuale, previo ricorso a tecniche di procreazione assistita e non a “maternità surrogata”, era però avvenuta in Italia e non all’estero. In tal caso è stata negata la possibilità che nell’atto di nascita comparisse, oltre al genitore “biologico” anche quello “intenzionale” , osservandosi, a sostegno di tale decisione, che, con le citate norme contenute nella legge n. 40/2004, il legislatore aveva inteso far sì che l’accesso alle tecniche summenzionate fosse limitato “alle situazioni di infertilità patologica, fra le quali non rientra quella della coppia dello stesso genere”. Così, in particolare, Cass. I, 13 luglio 2022 n. 22179 e, nello stesso senso: Cass. I, 7 marzo 2022 n. 7413; Cass. I, 22 aprile 2020 n. 8029; Cass. I, 3 aprile 2020 n. 7668. Per la stessa ragione è stata anche negata, da Cass. I, 25 febbraio 2022 n. 6383, sempre con riferimento a nascita avvenuta in Italia, la possibilità di indicare, nell’atto di nascita, come genitrice, oltre alla donna che aveva partorito, anche quella, ad essa legata sentimentalmente,  cui era appartenuto l’ovulo impiantato nella prima.

 Volendo quindi ricostruire, a questo punto, il sistema vigente nel nostro paese, alla stregua dell’attuale stato della giurisprudenza di legittimità, può affermarsi che, nel caso di soggetti nati per volontà di una coppia omosessuale:

– qualora si sia fatto ricorso a pratiche di “maternità surrogata”, penalmente sanzionate dalle legge n. 40/2004, è sempre da escludere, ostandovi  un principio di ordine pubblico internazionale,  che sia trascrivibile in Italia l’atto di nascita formato all’estero in cui figuri come genitore, accanto a quello “biologico”, anche quello “intenzionale”;

– qualora non si sia fatto ricorso alle suddette pratiche, ma soltanto a tecniche di procreazione assistita, la presenza, nell’atto di nascita formato all’estero, del genitore “intenzionale” accanto a quello “biologico” non impedisce che l’atto sia trascrivibile in Italia, rimanendo però escluso, quando invece l’atto sia formato in Italia, che in esso possa comparire, oltre al genitore “biologico” anche quello “intenzionale”;

– a tutela di quello che viene ritenuto l’interesse del minore, resta in ogni caso aperta la possibilità, per il genitore “intenzionale” dell’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44, comma 1, ,lett. d), della legge n. 184/1983.

3. Se il sistema è quello sopra delineato, non sembra potersi dire che esso presenti caratteristiche di coerenza e rigore logico. Dato, infatti, per ammesso che debba presumersi l’esistenza di un interesse del figlio voluto da una coppia omosessuale al riconoscimento di un rapporto  di filiazione “ab origine” , con il genitore “intenzionale” , oltre che con quello “biologico”, appare anzitutto ingiustificato che, nel caso di concepimento mediante tecniche di procreazione assistita, esso debba trovare tutela solo nel caso di nascita avvenuta all’estero, mediante trascrizione del relativo atto nei registri dello stato civile italiano, mentre, qualora la nascita sia avvenuta in Italia, può soltanto darsi luogo, sussistendone le condizioni, all’adozione in casi particolari di cui all’art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983.  Parimenti  ingiustificato appare il fatto che, nel caso di nascita all’estero, l’interesse del figlio possa essere salvaguardato  nel solo caso in cui  la coppia abbia fatto ricorso a tecniche di procreazione assistita e non anche in quello in cui  abbia fatto ricorso alla c.d. “maternità surrogata”; e ciò per la sola ragione  che il divieto, penalmente sanzionato, di detta ultima pratica sarebbe da considerare, a differenza del divieto delle tecniche di procreazione assistita,  come espressione di un principio di ordine pubblico e, in quanto tale, ostativo, ai sensi dell’art. 65 della legge n. 218/1995, alla trascrizione in Italia non – si badi bene – dell’atto di nascita “tout court”, ma soltanto di quello nel quale compaia come genitore, accanto a quello “biologico”, anche quello “intenzionale”.

In realtà sembra potersi affermare che l’errore di fondo, dal quale è inficiata la tenuta logica di tutto il sistema, consiste nell’aver ritenuto l’ammissibilità, in linea di principio, della figura del c.d. “genitore intenzionale”, subordinandone, però, la riconoscibilità, in concreto, alla sua compatibilità con l’una o l’altra delle disposizioni contenute nella specifica disciplina dettata, in materia di procreazione assistita, dalla legge n. 40/2004. Errore, quello anzidetto, da ritenersi tale in quanto una genitorialità puramente “intenzionale” dovrebbe essere, per sua natura, sempre e comunque inammissibile, siccome priva della necessaria componente “biologica”, alla quale non può certo equipararsi il mero consenso che uno dei “partners” della coppia presti all’altro perché il “materiale biologico” di quest’ultimo, in un modo o nell’altro, mediante l’intervento, diretto o indiretto, di un terzo soggetto, possa dar luogo al concepimento. Diversamente opinando dovrebbe giungersi a ritenere, per logica, che sia “genitore intenzionale”, ad esempio,  anche quello, tra i due coniugi, che, per una qualsiasi ragione, consenta all’altro l’unione sessuale con un terzo, dalla quale derivi poi il concepimento; così come avvenne, secondo il racconto biblico, nel caso di Sara, la quale, ritenuta sterile, consentì ad Abramo, suo marito, per far sì che egli potesse avere una discendenza, di unirsi alla schiava Agar;  unione dalla quale nacque poi, in effetti, il figlio Ismaele.

Né a diversa conclusione potrebbe giungersi per il solo fatto che – come posto in luce in diverse delle richiamate pronunce giurisprudenziali – il “genitore intenzionale”, oltre a prestare il consenso ai fini del concepimento, abbia poi continuativamente collaborato, per lungo tempo, con il “partner” nella cura del bambino, sì da creare in quest’ultimo il convincimento che egli fosse da considerare genitore in tutto e per tutto come l’altro. La sussistenza o meno di un rapporto di filiazione non può, infatti, che essere verificata con riferimento alla situazione (già nota o anche accertata “ex post”) oggettivamente esistente all’atto del concepimento  e non può, quindi, dipendere da comportamenti successivi, quali che siano le loro caratteristiche, e meno che mai dal significato che essi possano assumere nella soggettiva percezione del minore nei cui  confronti il rapporto in questione dovrebbe configurarsi.

4.  Alla stregua, quindi, delle suddette considerazioni, può concludersi che, ferma restando l’inammissibilità della presenza del “genitore intenzionale” nell’atto di nascita formato in Italia, dovrebbe, inoltre,  in ogni caso escludersi che sia trascrivibile in Italia l’atto di nascita formato all’estero, nel quale si riscontri, invece, la suddetta presenza. E ciò sempre per via del  contrasto con l’ordine pubblico internazionale italiano, da ravvisarsi, però,  non con riferimento ad alcuna delle disposizioni contenute nella legge n. 40/2004, ma, più radicalmente, con riferimento al principio di ragionevolezza che trova il suo fondamento (secondo quanto affermato in innumerevoli pronunce della Corte costituzionale) nel basilare principio di uguaglianza solennemente enunciato nell’art. 3, comma primo,  della Costituzione.

Ciò assume rilievo anche con riguardo al fatto che, a favore del riconoscimento della genitorialità “intenzionale”, risulta essersi espressa anche la Corte europea del diritti dell’uomo, in particolare, da ultimo,  con la sentenza 22 novembre 2022 D.B. c. Svizzera (citata e parzialmente riportata in quella delle S.U. della cassazione n. 38162/2022), secondo cui, in osservanza dell’art. 8 della Convenzione, che sancisce il diritto di ciascuno “al rispetto della vita privata e familiare”, l’ordinamento di ogni singolo Stato dovrebbe offrire “une possibilité de reconnaissance d’un lien de filiation entre l’enfant et le parent d’intention”. Qualora, infatti, la soddisfazione di un tale obbligo dovesse richiedere, contrariamente a quanto ritenuto dalla Cassazione, qualcosa di più della sola possibilità del ricorso all’istituto dell’adozione in casi particolari, ciò si porrebbe, per quanto sopra osservato, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione e verrebbe quindi a rendersi operante il principio, più volte enunciato dalla Corte costituzionale (ved., ad es., le sentenze nn. 348/2007, 388/1999, 315/1990, 15/1982), secondo cui le norme pattizie, ivi comprese quelle contenute nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, non possono mai prevalere su quelle costituzionali.

Vero è che l’ipotizzato contrasto con l’art. 3 della Costituzione parrebbe, tuttavia,  da escludere, alla stregua dell’orientamento espresso dalla già ricordata sentenza della Corte costituzionale n. 33/2021, secondo cui, come si è visto, la genitorialità intenzionale, in quanto funzionale all’interesse del minore, meriterebbe addirittura una tutela maggiore di quella che, nell’ordinamento interno, si è ritenuto che fosse assicurata dall’istituto dell’adozione in casi particolari, quale attualmente previsto e disciplinato dalla legge n. 184/1983. Altrettanto vero è, però, che tale orientamento è stato espresso con esclusivo riferimento ai termini nei quali la questione di costituzionalità era stata posta  ed in cui era attribuito decisivo rilievo  alla riconoscibilità o meno, nel divieto penalmente sanzionato delle pratiche di c.d. “maternità surrogata”, di un principio di ordine pubblico tale da costituire ostacolo alla trascrizione dell’atto di nascita estero contenente l’indicazione del genitore “intenzionale”. Ragion per cui l’attenzione della Corte è necessariamente venuta a concentrarsi non sull’interrogativo circa  ragionevolezza in sé della “genitorialità intenzionale” ma su quello, tutt’affatto diverso, circa la ragionevolezza della sua ritenuta soccombenza rispetto al valore prioritario attribuito al divieto della “maternità surrogata” ai fini della decisione da adottare in ordine alla peculiare fattispecie dedotta in giudizio.

E ciò a prescindere, poi, dall’ulteriore considerazione che, essendo quella in discorso una pronuncia di inammissibilità della proposta questione di costituzionalità, per la sola ragione costituita dalla ritenuta necessità di un intervento del legislatore a tutela dell’interesse che si riteneva inadeguatamente protetto, non può attribuirsi efficacia vincolante all’avvenuta assunzione, da parte della Corte, della effettiva sussistenza di tale interesse, come presupposto della medesima pronuncia. Significativo, del resto, a tale proposito, appare anche quanto si legge nella stessa sentenza n. 38162/22 delle Sezioni unite, secondo cui: “ La Corte costituzionale ha evidenziato l’insufficienza della tutela del nato realizzata per il tramite dell’adozione in casi particolari, ma non ha avallato la tesi di un accertamento “ab initio“ di una genitorialità puramente intenzionale in tutti o in taluni casi di nascita da una madre surrogata. Se avesse considerato praticabile questa soluzione al fine di garantire l’interesse alla stabilità affettiva del nato da maternità surrogata, la Corte costituzionale si sarebbe espressa diversamente, accogliendo le questioni di legittimità prospettate o pronunciando una sentenza di rigetto interpretativa”.

                                                                                                                                          Pietro  Dubolino

Share