Come annunciato, pubblichiamo una scheda di lettura critica della sentenza del Tribunale di Grosseto, che impone la trascrizione nel registro comunale del matrimonio fra persone dello stesso sesso contratto all’estero. La scheda è redatta da Stefano Nitoglia, avvocato del foro di Roma e dirigente di Sì alla famiglia.
Il tribunale di Grosseto non si arrende, a dimostrazione dell’esistenza di un volontà di disarticolazione degli istituti naturali, tra i quali la famiglia, portata avanti caparbiamente da una certa magistratura, seppur minoritaria, ma molto determinata, che fa giurisprudenza.
Veniamo al dunque. Come già riportato su questo sito (vedi “Sì ius”, 15 aprile 2015), due persone dello stesso sesso presentavano ricorso ex art. 95 del d.p.r. n. 396/2000 al Tribunale di Grosseto avverso il diniego opposto dall’ufficiale dello stato civile del comune di Grosseto di trascrivere nei registri dello stato civile l’atto di matrimonio celebrato con rito civile celebrato a New York il 6 dicembre 2012.
Il tribunale di Grosseto con decreto del 9 aprile 2014 ordinava la trascrizione dell’atto di matrimonio. Avverso tale decreto il pubblico ministero proponeva reclamo e la Corte di appello di Firenze dichiarava la nullità del decreto per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti del sindaco, in qualità di ufficiale del governo, e rimetteva le parti dinanzi al tribunale di Grosseto.
Il processo veniva quindi riassunto dai ricorrenti davanti al citato tribunale il quale, con decreto del 17 febbraio 2015, depositato in cancelleria il successivo 26 febbraio 2015, accoglieva il ricorso e ordinava ufficiale di stato civile di Grosseto di trascrivere il matrimonio, condannando, altresì, il Ministero dell’interno e la locale Prefettura, intervenuti nel processo, alle spese di lite, liquidate nella non modesta somma di euro 4.000,00 oltre Iva e accessori (ed anche questo è una dimostrazione dell’intento “punitivo” di una certa magistratura nei confronti di chi cerca, sulla base di buone ragioni, di resisterle).
Premesso, secondo i giudici, che la intrascrivibilità degli atti stranieri costituisce un’eccezione, da interpretare restrittivamente, a sostegno della propria decisione essi sostengono, tra l’altro: la non esistenza, nel nostro ordinamento giuridico, di un divieto, esplicito o implicito di matrimonio tra persone dello stesso sesso; l’interpretazione, a dir poco estensiva, per usare un eufemismo, della “società naturale”, base del matrimonio, di cui parla l’articolo 29 della costituzione, quale “formazione sociale spontanea”, in cui rientrerebbero anche le cosiddette unioni omosessuali; l’abbandono, operato dalla giurisprudenza, della tesi dell’inesistenza del matrimonio tra persone dello stesso sesso, fondata sulla tesi che presupposto del matrimonio sarebbe la diversità di sesso tra i coniuge.
Ma l’argomento principe, usato ancora una volta, come nella decisione riformata dalla Corte d’appello di Firenze, dai giudici di Grosseto è la nuova concezione, “elastica”, costituzionalmente e internazionalmente orientata, dell’ordine pubblico internazionale, che secondo il collegio giudicante “deve necessariamente accogliersi, attesa la partecipazione dell’Italia ad un più ampio contesto internazionale, convenzionale e sovranazionale”.
E qui il tribunale di Grosseto richiama sostanzialmente le motivazioni della precedente sentenza, riformata, per un vizio procedurale, dalla Corte di appello di Firenze e sulla quale siamo intervenuti con un commento pubblicato su questo sito e al quale si rimanda (15 aprile 2014), volendo in questa sede richiamare sinteticamente i punti fondamentali di critica alla motivazione citata.
Vale a dire.
La non incondizionata vincolatività, per i giudici nazionali, delle pronunce della Corte Europea di Strasburgo, per cui la questione della contrarietà all’ordine pubblico della trascrizione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso mantiene intatta la sua attualità.
L’esistenza, nel nostro ordinamento e, principalmente, nel codice civile, di innumerevoli norme che fanno riferimento, direttamente o indirettamente, alla diversità di sesso nel matrimonio, assumendo la valenza di princìpi di ordine pubblico.
La diversa interpretazione dell’articolo 29 della Costituzione, rispetto a quella dei giudici di Grosseto, data dai giudici delle leggi, che sostengono che il concetto di matrimonio è stato “costituzionalizzato” dall’art. 29 nel significato codicistico. Commentando il dibattito svoltosi nell’Assemblea costituente sul futuro art. 29 della Costituzione, detti giudici aggiungono che tale norma costituzionale “non prese in considerazione le unioni omosessuali, bensì intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto”; e ciò, “benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta”.
Stefano Nitoglia