Bruxelles sacrifica la ricchezza delle produzioni agricole europee sull’altare dell’ideologia ambientalista. Leggi la prima parte.
Ad agosto 2024 è ufficialmente entrato in vigore il Regolamento sul Ripristino della Natura, il cui obiettivo è ripristinare gli ecosistemi degradati, mitigare i cambiamenti climatici e gli effetti delle catastrofi naturali ripristinando almeno il 20% della superficie terrestre e marina entro il 2030 e di tutte le altre entro il 20501. Gli obiettivi e obblighi stabiliti sono giuridicamente vincolanti dunque gli Stati membri devono definire misure per attuare il ripristino in modo congiunto.
La forte opposizione da parte di alcuni Paesi UE è stata fin da subito evidente durante l’iter legislativo, i contrasti persistenti tra il settore agricolo e le Istituzioni hanno ritardato l’approvazione finale raggiunta solo grazie all’inserimento di deroghe come il freno d’emergenza, che consente una momentanea sospensione delle misure riguardanti gli ecosistemi agricoli in caso di minaccia alla sicurezza alimentare europea, e l’inclusione di meccanismi di flessibilità.
Nel giugno 2022, la Commissione ha presentato il progetto del summenzionato provvedimento chiave del Green Deal e della Strategia per la Biodiversità. In seno al Parlamento europeo, la Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare (ENVI) è stata designata come commissione responsabile, mentre le commissioni parlamentari AGRI e PECH, che rappresentano i due settori più colpiti dalla proposta, hanno potuto fornire solo un parere al testo. In tale contesto, in commissione AGRI, avendo presentato sessantatré emendamenti al testo legislativo, oltre ad uno degli emendamenti di reiezione, è stato svolto un ruolo determinante nel portare all’attenzione le istanze dei rappresentanti di categoria dell’Italia, in particolare riguardo le difficoltà applicative e l’impatto economico sul settore.
In sede di commissione Agricoltura, il parere relativo alla proposta della Commissione europea viene respinto grazie all’approvazione degli emendamenti di rigetto confermando l’indirizzo critico degli eurodeputati. È rilevante sottolineare che anche la relatrice, l’On. Anna Sander, ha votato contro il proprio testo, manifestando il disaccordo trasversale all’interno della stessa maggioranza politica. Perfino in commissione Ambiente non sono stati raggiunti i numeri necessari, soprattutto sul voto di reiezione presentato dal PPE. Nonostante ciò, il dossier legislativo è stato trasmesso al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria dove ha ottenuto il consenso dalla maggior parte dei deputati.
Il segnale emerso dal voto è stato quello di un’Unione Europea divisa su come bilanciare la transizione ecologica con la sostenibilità economica dei settori produttivi.
Per quanto concerne il settore italiano, l’eliminazione di disposizioni iniziali, come destinare il 10% della superficie agricola ad usi naturali, è stata accolta favorevolmente in quanto la produttività per ettaro è fondamentale in realtà dove le aziende sono piccole e frammentate; tuttavia, l’intesa finale raggiunta in sede di negoziati interistituzionali (trilogo) risulta peggiorativa rispetto alla posizione votata dal Parlamento europeo. A partire dal fatto che non sono previsti fondi aggiuntivi per il raggiungimento dei nuovi obblighi, mettendo in pericolo il potenziale produttivo del settore senza garantire risorse adeguate, con il rischio che si attinga dalle riserve della PAC sottraendole al reddito degli agricoltori o allo sviluppo rurale. Sebbene la Commissione europea abbia insistito su un uso sinergico con altri strumenti esistenti, in particolare FEAGA, FEASR, FESR, FEAMPA, e i programmi LIFE, Horizon Europe e Next Generation EU, ad oggi nessuna linea di bilancio o fondo speciale è stata creata. Di conseguenza, l’obiettivo di ripristino di almeno il 20 o 30% degli habitat naturali entro il 2030 viene imposto non solo senza un supporto finanziario adeguato, creando difficoltà nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripristino, ma anche in mancanza di una recente ed aggiornata valutazione di impatto sulla sostenibilità economica delle citate misure. Per questo motivo, nel provvedimento stesso, si evidenzia l’importanza di individuare pratiche agricole incentivate dalla PAC per il raggiungimento degli obiettivi di ripristino, come la riconversione di terreni agricoli.
Sempre in riferimento all’impatto finanziario sull’applicazione della suddetta legge, nel Reg. 2024/1991 è previsto l’impegno da parte della Commissione, indicativamente un anno dopo l’entrata in vigore, di presentare una relazione contenente una panoramica delle risorse disponibili per lo stanziamento a livello dell’UE e una valutazione delle esigenze di finanziamento per la sua attuazione. In correlazione a questo, è contemplata anche un’analisi che individui eventuali deficit nelle risorse e, se necessario, una possibile proposta per l’istituzione di priorità dedicate nell’ambito del quadro finanziario pluriennale post 2027, ovvero il QFP per il periodo 2028-2034.
Considerando che gli obblighi sono giuridicamente vincolanti, è opportuno riconoscere le sfide legate sia agli investimenti da intraprendere a livello nazionale sia al tentativo di conciliare gli obiettivi di ripristino ambientale con lo sviluppo economico. In diversi casi, soprattutto in Italia, le aree che necessitano di maggiori tutele sono quelle in cui le attività economiche agricole hanno un maggior impatto. L’imposizione dei nuovi obblighi, non accompagnati da garanzie finanziarie, mina la tenuta economica e produttiva di interi comparti del settore, a cui si aggiunge un aumento dell’onere burocratico insostenibile per le realtà minori e una possibile incertezza nell’attuazione dei Piani entro i limiti stabiliti.
A conferma dell’avanzamento della fase attuativa, a maggio 2025 è entrato in vigore il Regolamento di Esecuzione (UE) 2025/912 della commissione del 19 maggio 2025 recante modalità di applicazione del regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il formato tipo del piano nazionale di ripristino che impone a ciascun Stato membro di preparare e presentare il proprio progetto di ripristino entro il 1° settembre 2026, in cui si individuano le aree specifiche, con priorità ai siti stabiliti da Natura 2000 (Direttiva 92/43/CEE) e si definiscono le misure da attuare fino al 2032.
Le misure obbligatorie per le aree agricole potrebbero avere un impatto negativo sulla produttività e sulla sostenibilità economica delle aziende, con conseguenze sulla sicurezza alimentare ed è per questo che a livello comunitario si sarebbe dovuta ritenere come conditio sine qua non la creazione di un fondo specifico da destinare al ripristino della natura nel Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034, se non l’integrazione di tali obiettivi nella PAC post 2027.
Sempre nell’ambito del Green Deal, forti critiche erano state suscitate da un’altra proposta avanzata dalla Commissione europea, la Proposta di Regolamento relativo all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e recante modifica del regolamento (UE) 2021/2115, presentata a giugno 2022, con l’obiettivo di ridurre l’uso e il rischio di utilizzo degli agrofarmaci entro il 2030 in linea con la Strategia dal Produttore al Consumatore. Il Regolamento SUR avrebbe dovuto sostituire la Direttiva sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (2009/128/CE) del 2009, rivelatesi inefficace. Questo è dovuto al fatto che le direttive sono atti giuridici, facenti parte del diritto secondario dell’Unione europea2, hanno carattere vincolante per quanto riguarda il risultato da raggiungere. Peraltro, considerando che spetta ai singoli governi definire forme e metodi per integrare la direttiva nel diritto nazionale, questi possono stabilire target minimi che portano una non corretta o totale attuazione.
Fin da subito sono stati sollevati dubbi riguardo la fattibilità tecnica ed economica, dal momento che gli obiettivi giuridicamente vincolanti di riduzione del 50% entro il 2030 sono stati considerati irrealistici, rendendo, pertanto, la proposta inadeguata per la realtà produttiva europea, ma soprattutto italiana. Il testo prevedeva anche il divieto di uso in determinate zone e nelle aree ecologicamente sensibili.
È da puntualizzare che non viene presa in esame la diversità delle imprese, e, inoltre, è stato fin da subito ignorato che molti Paesi più virtuosi avevano registrato autonomamente una progressiva riduzione nell’uso dei fitofarmaci grazie all’agricoltura integrata, come nel caso dell’Italia che negli ultimi dieci anni ha ridotto del 20% l’utilizzo di questi principi attivi. L’imposizione di target uniformi e inadeguati alle varie realtà avrebbe richiesto ulteriori sforzi, spesso sproporzionati, dal momento che la valutazione d’impatto presentata dalla Commissione europea si basava su dati risalenti al periodo 2015-2017, non contemplando quindi sia shock geopolitici, come la guerra russo-ucraina, sia l’inflazione che hanno condizionato la sicurezza alimentare e la competitività della UE con impatti significativi sul potere di acquisto delle aziende.
Nonostante le rassicurazioni della Commissione europea riguardo il sostegno nella copertura dei costi eventualmente sostenuti dagli agricoltori durante il periodo di transizione, attraverso l’utilizzo dei fondi PAC per una durata di cinque anni, le nuove norme avrebbero comunque pesato soprattutto sulle piccole aziende che faticano ad accedere a risorse tecniche e finanziarie adeguate. Era stata contemporaneamente sollevata, da parte delle associazioni di categoria, la richiesta di accelerazione degli iter autorizzativi di prodotti alternativi agli agrofarmaci, oltre a ciò, la mancanza nel testo del provvedimento di misure che garantissero il passaggio a prodotti innovativi in modo da non comportare oneri eccessivi solo a carico delle imprese. Per i sopracitati motivi, per tutelare gli interessi della filiera italiana ed europea e salvare così il 30% delle produzioni alla base della dieta mediterranea3, in commissione parlamentare Agricoltura e Sviluppo rurale sono stati presentati sessantotto emendamenti al testo.
Sinteticamente, nell’ambito dell’iter legislativo, la commissione ENVI del Parlamento europeo, è stata designata competente in merito. Ha tuttavia respinto il parere della commissione AGRI ed espresso una posizione ancora più restrittiva rispetto alla proposta iniziale.
Nel parere presentato dai deputati membri di ComAGRI era stato definito un accordo per ridisegnare un calendario con scadenze più realistiche e sostenibili per le imprese agricole e i produttori. Ovvero, l’eliminazione dell’utilizzo di questi prodotti in modo progressivo, con l’obiettivo di una riduzione del 50% entro il 2035. Infine, agli Stati membri sarebbe stato concesso di stabilire obiettivi nazionali di riduzione di almeno il 35% e sarebbe stato cancellato l’obbligo per gli agricoltori di utilizzare registri elettronici per documentare le pratiche preventive e le applicazioni di pesticidi.
In prima lettura, in seduta plenaria al Parlamento europeo non è stata raggiunta una posizione sul dossier e la bocciatura ha riguardato la versione emendata dall’Aula stessa. È solo nel febbraio del 2024, con ancora in corso le proteste degli agricoltori europei, che la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato il ritiro della proposta diventata ormai simbolo di polarizzazione.
Oltre agli impatti per la produzione e per il settore agro-chimico europeo, il progetto di regolamento avrebbe aumentato anche il rischio di concorrenza sleale dai Paesi extra-europei. In un contesto in cui il settore è già in forte difficoltà per gli effetti del cambiamento climatico, oltre agli elevati costi che deve sostenere per l’energia e i fertilizzanti, diventa prioritario che l’Unione europea imponga il principio di reciprocità sulle regole fitosanitarie così da evitare dumping commerciali e garantire la massima trasparenza ai consumatori.
Vi è, infatti, una applicazione disomogenea degli standard di utilizzo dei principi attivi che comportano per gli stati membri la necessità di doversi tutelare dai prodotti provenienti da altri Paesi Extra-UE, i quali non garantiscono gli stessi livelli elevati in merito alla sicurezza alimentare, ambientale e al rispetto dei diritti dei lavoratori, come dimostrano i dati sulle allerte “rasff” con il 77% delle segnalazioni su riso in provenienza da India e Pakistan4.
È il caso del triciclazolo, un fungicida vietato in UE dal 2016 e largamente utilizzato nei Paesi del Sud-est asiatico. Ad inizio 2023, la Commissione europea ha presentato la Proposta di che modifica gli allegati II e V del regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i livelli massimi di residui di triciclazolo in o su determinati prodotti5. Era previsto l’innalzamento del limite massimo di residuo (LMR) dell’antiparassitario in questione da 0,01mg/kg a 0,09 mg/kg, introducendo, in questo modo, delle tolleranze all’importazione per i prodotti che contengono i suddetti principi attivi, ponendo la UE in forte svantaggio competitivo rispetto ai Paesi Terzi.
Ad esserne maggiormente colpita sarebbe stata soprattutto l’Italia, che garantisce il 50% della produzione europea di cui è primo fornitore e, con 200 varietà risicole, rappresenta un patrimonio unico di biodiversità. È quanto stato espresso nell’interrogazione scritta alla Commissione europea presentata a maggio dello stesso anno (E-003217/2023/rev.16), in cui si è richiesto quali azioni avesse deciso di intraprendere per tutelare l’intero comparto, dal momento che le aziende italiane ed europee sono tenute a rispettare norme più restrittive e considerando che la proposta di modifica era stata avanzata proprio quando era ancora in discussione il progetto di Regolamento SUR. A questo si aggiunge che il provvedimento stesso avrebbe di fatto violato il principio di reciprocità, secondo il quale i prodotti importati si devono uniformare agli standard, sociali, ambientali e sanitari, in vigore nel Mercato unico.
Attualmente, l’unico strumento di tutela si configurerebbe nell’automatismo della clausola di salvaguardia sulle importazioni di riso a dazio zero, la quale, rispondendo al già citato principio, tutelerebbe anche gli stessi consumatori. Configurandosi come forma di protezione per i produttori italiani ed europei, la sua eliminazione causerebbe ingenti danni ad un settore penalizzato anche dagli accordi commerciali unilaterali previsti dall’EBA (Everything but Arms), un sistema di preferenze tariffarie generalizzato. Tale regime ha in realtà favorito un’ingente crescita nel commercio di riso asiatico, sia trasformato che greggio, all’interno del territorio dell’Unione al punto che, nel 2019, per alcuni Paesi (Cambogia e Myanmar) fu resa necessaria l’applicazione di misure di salvaguardia temporanee7.
In via conclusiva, le normative e i recenti tentativi di riforma in materia di tutela dell’ambiente, seppur orientate nella giusta direzione per la sostenibilità e la salvaguardia degli ecosistemi, si scontrano nella loro concreta attuazione con le reali esigenze di un intero settore che rappresenta fonte di occupazione, nonché di reddito per le famiglie.
Dunque, conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica delle aziende come dimostra il Regolamento (UE) 2024/3012 che istituisce un quadro di certificazione dell’Unione per gli assorbimenti permanenti di carbonio, la carboniocoltura e lo stoccaggio del carbonio nei prodotti. Si sottolinea come possa essere determinante il ruolo dell’agricoltura nella transizione verde se garantito da un quadro normativo che incentivi le nuove filiere produttive, come nel caso delle agroenergie, in modo da ridurre le fluttuazioni che gravano sul reddito agricolo dovute sia alle caratteristiche intrinseche del settore sia all’impatto del mercato globale delle materie prime, diminuendo allo stesso tempo la dipendenza da input esteri.
Tuttavia, l’analisi delle principali iniziative legislative ha fatto luce sulle criticità delle politiche europee, in cui emerge anche una discrepanza normativa in alcuni ambiti. Ne è esempio concreto il triciclazolo, sostanza ritenuta pericolosa per la salute umana, vietata nell’Unione e tuttavia contenuta nei prodotti importati. Questo evidenzia l’importanza e la necessità di una strategia politica integrata che sia capace di unire obiettivi ambientali, esigenze del mercato globale e aiuti concreti ai Paesi in via di sviluppo, evitando che vi siano penalizzazioni tra le parti interessate. Quindi, sarebbe necessario attuare a livello normativo la reciprocità degli scambi commerciali e, allo stesso tempo, procedere ad una revisione delle politiche tariffarie al fine di tutelare i produttori europei.
Infine, sarebbe opportuno effettuare aggiornamenti ed effettuare con maggiore regolarità le valutazioni di impatto e gli studi relativi alle proposte dei provvedimenti più impattanti, così da garantire sia la tutela ambientale sia la sostenibilità economica delle stesse realtà agricole, evitando di gravare sui bilanci delle aziende.
Diventa dunque essenziale riconoscere le differenze strutturali alla base del tessuto imprenditoriale agricolo europeo, rafforzando la cooperazione tra le Istituzioni e i protagonisti dell’intera filiera, in linea con il “Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’UE”, al fine di arrivare ad una futura Politica Agricola Comune che non penalizzi le specificità degli Stati membri e sia in grado di affrontare con prontezza e coerenza le sfide globali.
Paola Ghidoni e Silvia Pasquinetti
- https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2024/06/17/nature-restoration-law-council-gives-final-green-light/ ↩︎
- https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/glossary/directive.html#:~:text=Una%20direttiva%20costituisce%20un%20atto,riguarda%20il%20risultato%20da%20raggiungere ↩︎
- https://www.coldiretti.it/economia/ue-stop-von-der-leyen-alla-direttiva-fitofarmaci-salva-30-made-in-italy ↩︎
- https://www.coldiretti.it/notizie/ue-stop-concorrenza-sleale-sul-riso-serve-clausola-salvaguardia ↩︎
- https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52023PC0499 ↩︎
- https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2023-003217_IT.html ↩︎
- https://www.coldiretti.it/notizie/ue-stop-concorrenza-sleale-sul-riso-serve-clausola-salvaguardia ↩︎