Come coniugare premialità e responsabilità.

Con la presentazione del nuovo disegno di legge (Ddl) sulla detenzione in comunità, approvato dal Consiglio dei Ministri, che introduce una nuova forma di detenzione domiciliare in comunità di recupero per tossicodipendenti e alcoldipendenti che hanno commesso reati, si è imboccata la buona strada che coniuga premialità e responsabilità.

Si è affrontato l’attualissimo tema delle persone con dipendenze da stupefacenti o alcol, che, entrando in carcere, spesso continuano a drogarsi, non beneficiano di reali percorsi di recupero e, una volta uscite, ricadono nelle stesse negative dinamiche.

L’obiettivo del Ddl è  quello di offrire un’alternativa seria e verificabile al carcere per detenuti con dipendenze, con percorsi riabilitativi residenziali in comunità terapeutiche, al fine di favorire il recupero personale e sociale delle stesse.

Si mira, inoltre, a ridurre i tassi di recidiva e alleggerire il sovraffollamento carcerario, anche se come dichiarato dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano sul Sole 24 ore del 23.07.25: “l’obiettivo principale del Governo è offrire ai tossicodipendenti la possibilità di un recupero reale“.

Nello specifico, il nuovo Ddl prevede un ampliamento della soglia di pena per poter accedere al beneficio; si passa, infatti, da 6 a 8 anni di pena massima.

Da segnalare, poi, che, per evitare abusi e responsabilizzare chi ne usufruirà , il beneficio potrà essere utilizzato solo una volta.

È, altresì, presente l’obbligo di predisposizione di un programma terapeutico e la partecipazione a tale programma terapeutico socio-riabilitativo residenziale.

Il piano sarà valutato da una commissione, che ne verifica anche l’effettiva condizione di dipendenza.

Durante tale percorso, è previsto un monitoraggio e un momento di valutazione da parte del SerD (Servizio per le Dipendenze) e dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, che monitorano il percorso e riferiscono con relazioni semestrali.

Giunti al termine del programma, sulla base di una relazione finale dell’ufficio locale di esecuzione penale esterna che trasmetterà all’autorità giudiziaria una relazione finale, il Tribunale di Sorveglianza disporrà in alternativa: o la revoca, qualora il percorso non sia positivamente concluso, o la detenzione domiciliare ovvero l’affidamento in prova, se il percorso è completato positivamente, onde favorire il reinserimento sociale.

Potenzialmente potranno usufruire del beneficio fino ad un migliaio di detenuti nel primo anno. Considerato che dei circa 62.862 detenuti attuali, il 31,93%, ha problemi di dipendenza da sostanze, una stima prudente indica che circa un terzo dei soggetti con dipendenza potrebbe iniziare questo percorso.

Gli aspetti innovativi del nuovo modello di detenzione alternativa evidenziano un più rigoroso e strutturato percorso rispetto alle attuali misure in vigore (affidamento in prova o percorsi nei SerD); ed infatti, sono richiesti un maggiore coinvolgimento delle comunità terapeutiche con cui stipulare convenzioni mirate, nonché una verificata responsabilizzazione del detenuto, a cui si offrono una luce, una speranza di vita nuova, oltre il buio del tunnel della tossicodipendenza e del carcere.

Il provvedimento rappresenta un cambiamento culturale e giuridico nell’approccio alle dipendenze e alla giustizia penale: dalla mera punizione al recupero riabilitativo, che si traduce in un beneficio per il singolo e per la collettività.

Avv. Benedetto Tusa 

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