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I versi di Tirteo nel fr. 4 West: un frammento che fa parte dell’elegia Eunomìa celebrano la costituzione attribuita al leggendario Licurgo. Secondo Tirteo, i re lacedemoni Polidoro e Teopompo si recano a consultare l’oracolo di Apollo delfico. L’oracolo conferma solennemente i poteri dei due sovrani spartani e quelli del consiglio degli anziani: essi devono governare secondo giustizia ed evitando danni alla città.

Tirteo visse a Sparta nel VII secolo a.C. : fu quindi contemporaneo di Callino.

L’oratore atenese Licurgo (IV secolo a.C.) ha scritto molto su Tirteo lasciandoci particolari testimonianze sul poeta e sulle sue elegie. Secondo quanto scrisse, l’opera del poeta spartano ebbe tanto successo e tanta fama che le sue elegie furono ascoltate dai soldati spartani e li portarono alla vittoria sui Messeni; riporta anche che queste elegie parenetiche furono trasformate in una legge spartana che imponeva “di convocare tutti, quando fossero al campo in armi, presso la tenda del re e per ascoltare le poesie di Tirteo, ritenendo questo il mezzo più efficace per infondere loro il desiderio di morire per la patria”.

L’incitamento di Tirteo si rifaceva e raccoglieva canti di guerra appartenenti alla tradizione popolare, come ci attestano i poemi omerici . Un frammento di Carmina popularia affermava: “non fate risparmio della vita: non è infatti consuetudine della tradizione spartana risparmiare sulla vita”.

Sulla vita di Tirteo inoltre vi sono altri brani che hanno trasmesso notizie diverse e contrastanti tra di loro. La più importante, oltre a quella di Licurgo, è quella di Pausania, il quale ci dice che Tirteo era un maestro di lettere ateniese, di scarso ingegno e anche zoppo, che gli ateniesi inviarono a Sparta per non disubbidire al dio. Tirteo, arrivato a Sparta, radunò i soldati spartani e con i suoi versi riuscì a dare ardore e ad incitare l’esercito spartano a vincere i Messeni.

Gli alessandrini greci hanno suddiviso le sue opere, tutte composte in distici elegiaci di argomento militare, in 5 libri, divise in tre grandi temi:

  • Le Esortazioni, ampie elegie parenetiche;
  • Il buon governo;
  • I canti di marcia.

In più vi sono altri frammenti di papiro, per un totale di 220 versi, che tuttavia risultano quasi del tutto illeggibili. Le elegie di Tirteo sono in dialetto ionico anche se lui, essendo spartano, doveva parlava il dialetto dorico.

Diversa tradizione, ma con ugual etica, è presente in alcuni versi di Tirteo (poeta, come si è detto, vissuto prima di Erodoto), precisamente nel fr. 4 West: è un frammento che fa parte dell’elegia Eunomìa, in cui si celebra la costituzione attribuita al leggendario Licurgo. Secondo Tirteo, i re lacedemoni Polidoro e Teopompo si recano a consultare l’oracolo di Apollo delfico. L’oracolo conferma solennemente i poteri dei due sovrani spartani e quelli del consiglio degli anziani: essi devono governare secondo giustizia ed evitando danni alla città. I testi di Erodoto e di Tirteo, in conclusione, concordano nel presentarci un ordinamento spartano voluto dalla divinità e garante della giustizia e dell’ordine cittadino, al fine di evitare danni alla città.

Le elegie di Tirteo, dal tono alto, fermo e severo, erano caratterizzate dall’esaltazione del valore guerresco, dalle vigorose affermazioni dell’ideale morale della difesa della patria e dalla celebrazione della morte per essa. A differenza di Omero, che esalta il valore individuale, Tirteo parla del valore dell’intera città che impone ai suoi cittadini obbedienza e sacrificio per il bene della patria. I modelli di eroismo proposti da questo poeta non sono più fondati sulle gesta personali, ma sull’azione disciplinata delle truppe, azione richiesta, peraltro, dalla nuova tattica oplitica, e quindi volti alla salvezza e alla vittoria comune piuttosto che alla gloria individuale.

Per questi motivi, i suoi canti godettero di grande fortuna in tutta la Grecia ed erano cantati nelle scuole e negli accampamenti. Non hanno, in verità, grandi pregi poetici, ma suscitano sentimenti di virtù e di fortezza.

Gli uomini della generazione di Tirteo, nel VII sec. a.C., avevano contribuito alla prosperità di Sparta, reprimendo la rivolta della Messenia, regione fertile e ricca, conquistata dai Lacedemoni verso la fine del secolo precedente. Il conflitto, lungo e cruento, si risolse a vantaggio di Sparta soltanto grazie allo straordinario valore della classe degli Spartiati o “Uguali”, che seppero compensare la scarsità numerica con il loro eccezionale coraggio e l’altissimo senso civico. Tali straordinarie qualità, secondo un’opinione comune a tutto il mondo antico, erano dovute alla rigorosa educazione impartita ai giovani Spartiati, fondata sulle leggi di Licurgo, che, secondo la tradizione, erano state consegnate al famoso legislatore dallo stesso Apollo Delfico.

Origini divine dell’ordinamento di Sparta (Frammento 4):” Dopo aver ascoltato Febo, da Pito riportarono in patriai vaticini e le parole veridiche del Dio: “I re onorati dagli Dèi abbiano potere sul consiglio, essi, ai quali sta a cuore la bella città di Sparta, e i vecchi avanti negli anni; poi i cittadini,rispettando sempre le giuste norme. Pronuncino solo parole oneste e compiano opere giuste, nè tramino azioni oblique contro questa città.E vittoria e forza seguano l’intera collettività”. Così su questi eventi, per la città, vaticinò Febo”.

Il frammento, secondo una struttura ad anello frequente nella poesia arcaica, si apre e si conclude con il nome di Apollo, quasi che Tirteo volesse imprimere un sigillo sacrale alle sue parole, per testimoniare in modo indubitabile la veridicità.
I responsi di Apollo, ai quali Tirteo fa riferimento, erano di due tipi: quelli pronunciati dalla Pizia, quando la sacerdotessa vaticinava, invasata dalla potenza del nume, e i commenti in prosa che vi aggiungevano i sacerdoti di Delfi, per chiarire il senso proverbialmente oscuro e poco comprensibile delle parole del Dio.

Le ‘ρητραι di cui parla Tirteo, cioè le “norme” sulle quali si fondava l’ordinamento di Licurgo, appartenevano a questa seconda categoria ed erano custodite nell’archivio di stato, insieme al testo originale degli oracoli.

Secondo tali norme, l’ordinamento di Sparta poneva al vertice della struttura dello stato i due re; essi presiedevano il consiglio, formato da trenta cittadini che avessero superato i sessant’anni (gli anziani o geronti), mentre al popolo riunito nell’assemblea (apella) spettava solo il compito di manifestare il consenso o il dissenso alle proposte del consiglio.

Da notare che Tirteo non nomina qui la magistratura collegiale degli èfori, la cui istituzione era attribuita al re spartano Teopompo (ricordato dal poeta nel Frammento 5 come conquistatore di Messene), intorno al 757 a.C., forse perchè allora tale carica non aveva ancora assunto l’importanza che ebbe in seguito nel governo dello stato (gli èfori controllavano anche l’operato dei re), ma si limitava ad assolvere funzioni giuridiche private e a sostituire i re in occasioni puramente rappresentative.

Daniele Onori

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