fbpx

1. L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia sollecita a riflettere sul delicato rapporto tra diritto e scienza in ordine all’assunzione e alla scelta di decisioni pubbliche che implicano valutazioni tecnico-scientifiche: la scelta è resa più difficile quando sono in discussione questioni scientifiche nuove e incerte.

Dato per assodato che il sapere scientifico si pone in rapporto strumentale rispetto alla tutela del diritto alla salute, meno chiaro è invece come tale rapporto debba incidere sul procedimento decisionale dell’autorità pubblica. Nell’attuale emergenza sanitaria si sono registrati molti casi indicativi della debolezza del c.d. principio di precauzione, che – come è noto con la Comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2002 (Com/2000/01) e con la l. 11 febbraio 2005, n. 15 – è stato incluso a pieno titolo tra i principi generali dell’azione amministrativa nell’ordinamento europeo. Il principio di precauzione è un metodo basato sulla considerazione degli effetti delle azioni, utilizzato in questioni di politica ambientale e finalizzato a orientare le decisioni in condizioni di incertezza. Con esso si intende una politica preventiva attraverso la quale vengono assunte decisioni su casi controversi scientificamente. 

2. La paternità del principio è attribuita al filosofo tedesco Hans Jonas il quale, a seguito della distruzione di grandi fasce della foresta nera in Germania, nel 1979 individuava in capo a ciascun individuo l’imperativo categorico, di matrice kantiana, di comportarsi in modo che gli effetti delle proprie azioni non distruggano la possibilità della futura vita sulla terra [1]. Il principio di precauzione è dunque strettamente legato al principio di responsabilità.

Nell’azione del Governo italiano ha sorpreso negativamente come l’approccio precauzionale al fenomeno sia stato abbandonato nel momento in cui il rischio di un’epidemia nel Paese si è tramutato da possibile ad altamente probabile, ossia quando era conclamata la sussistenza di focolai in alcuni territori del Nord d’Italia. Il Governo si è attivato tardivamente per porre in essere misure di contenimento ispirate più a una logica di eliminazione dei rischi certi che al principio di precauzione, che avrebbe comportato l’adozione di misure volte all’azzeramento dei rischi, pur se solo probabili. Solo quando il rischio di una diffusione del virus sull’intero territorio nazionale è passato dall’essere probabile all’essere più che certo si è avuta l’adozione di provvedimenti restrittivi della libera circolazione anche fuori dalle originarie “zone rosse”.

Si aggiunga che a sostegno di questo metodo ci si è avvalsi di dati statistici incompleti e travisati nel loro significato, al fine di giustificare scientificamente l’approccio all’epidemia fondato sull’applicazione di un distorto principio di precauzione. Ne sono derivati provvedimenti davvero eccezionali, tutti giustificati dalla suprema ratio della tutela della salute pubblica e della necessità di garantire la tenuta del sistema sanitario, volti a comprimere sempre di più talune libertà che si sono sempre considerate intangibili.

3. La pandemia ha nei fatti determinato il dissolversi del mito dell’infallibilità della scienza e, di conseguenza, il sorgere dell’esigenza di un approccio prudente che consideri il sapere scientifico e tecnologico non un dato assoluto e definitivo, ma per definizione relativo e fallibile. Il mondo reale non è scritto, come sosteneva Galileo, con linguaggio matematico, e tantomeno funziona secondo codici binari del tipo “tutto bianco o tutto nero”.

Il mondo reale è molto più vivace e sfumato di quanto le descrizioni scientifiche riescano a farci percepire. Le “verità” scientifiche non sono incontrovertibili, ma affidate di continuo alla loro verificabilità; in altre parole quelle della scienza sono “verità” ipotetiche, proprio nel senso che si tratta di ipotesi che devono essere incessantemente verificate. Non resta che adottare politiche di prevenzione ispirate al buon senso e alla prudenza di cui il principio di precauzione non è che un aspetto. La precauzione, infatti, è un insieme di regole adottate per evitare un possibile danno futuro legato a rischi, non completamente accertati, e riguarda soprattutto coloro che hanno il potere ed il dovere di prendere decisioni.

L’applicazione del principio di precauzione deve essere però sempre proporzionata al livello di protezione ricercato e regolata dell’esame dei vantaggi e oneri derivati. Deve inoltre considerarsi provvisoria e modificabile in funzione di nuovi dati o elementi. Se infatti si basa il principio di precauzione non sulla disponibilità di dati che provino la presenza di un rischio, bensì sull’assenza di dati che assicurino il contrario oltre ogni ragionevole dubbio, ci si trova di fronte a un uso distorto del principio stesso, che non giova a nessuno, se non a qualche personaggio mediatico che cerca di la propria visibilità.

4. La “normazione precauzionale” comporta un approccio interdisciplinare al diritto, le valutazioni tecnico-scientifiche si affiancano ad analisi economiche relative al rapporto costi-benefici, in una dimensione politico-valutativa che vede il coinvolgimento del legislatore e degli organi decisionali nella scelta del rischio accettabile e nella sua gestione. Il principio di precauzione assurge a vero e proprio “archetipo” dell’incontro/scontro tra scienza e tecnica, da un lato, e politica e diritto, dall’altro.[2] Nelle democrazie contemporanee, in molti campi dell’attività decisionale e governativa, l’elemento scientifico è parte essenziale per il dibattito politico e il processo di preparazione delle leggi è chiamato a garantirne il rigore e la trasparenza. Tuttavia, un processo decisionale rispettoso di questi delicati equilibri implica un diverso rapporto tra scienza, istituzioni e società civile.

L’astratta validità della voce della scienza viene invocata per sottoscrivere quel tacito rapporto fiduciario che intercorre tra cittadini e depositari ufficiali del sapere scientifico. Ma i processi di accreditamento sociale del sapere scientifico dovrebbero rispondere ai medesimi valori che informano i principi della convivenza democratica: trasparenza, apertura, riconoscimento delle incertezze, rispetto per le migliori evidenze scientifiche, critica nei confronti delle autorità indiscusse[3]. In questo contesto di riflessione sulla scienza nelle società democratiche il principio di precauzione può trovare nuove modalità di attuazione attraverso strumenti capaci di affidare attivamente ai cittadini il senso che le scelte tecnologiche possono assumere per la salute individuale e collettiva.

Daniele Onori


[1] Secondo Jonas, l‟uomo è tenuto ad astenersi da qualsiasi attività da cui possa derivare la catastrofe ambientale, agendo in modo che le conseguenze delle sue azioni siano valutate prima di essere intraprese, tenendo conto che: “poiché l’azione umana ha conseguenze potenzialmente nefaste sull’ambiente, dovranno essere evitate tutte le attività che possono determinare l’impossibilità di una vita futura sulla terra”. Nella realtà in cui il sapere moderno ha distrutto i fondamenti etico-religiosi, da cui erano state tratte le norme regolatrici dell’agire, Jonas si chiede se sia possibile creare un’etica che sia in grado di imbrigliare le forze estreme che oggi possediamo e che continuiamo ad acquisire e a esercitare senza posa.

[2] M. CECCHETTI, La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto dell’ambiente”, in www.federalismi.it

[3] S. JASANOFF, The essential parallel between science and democracy, in http://seedmagazine.com

Share