L’estensione degli art. 604 bis e 604 ter cod pen. alle discriminazioni per orientamento sessuale o identità di genere, proposta dal testo unificato proposto dal relatore on Zan si ricollega alla c.d. legge Mancino, che risale al 1993 e punisce l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o di nazionalità: nei 27 anni trascorsi si è tentato a più riprese di prevederne l’applicazione ai reati di omofobia, come per esempio nel 2013, con la proposta Scalfarotto e altri, senza successo, e prima ancora nel 1996, da parte dell’allora deputato di Rifondazione Comunista Nichi Vendola.
Su questo sito e su pubblicazioni curate dal centro studi Rosario Livatino è stata sottolineata l’assenza in Italia di una effettiva e concreta “emergenza omofobia”, e quindi l’assenza di una fondata giustificazione per una legge che comporta l’elevato rischio di introdurre un mero reato d’opinione. Al di là della consistenza numerica del fenomeno, ci si interroga sull’opportunità e sulla ragionevolezza dell’uso dello strumento penale nel contrasto di tali condotte: il ricorso al sistema sanzionatorio penale per la tutela delle vittime di questi comportamenti da far assurgere a reato, determina un conflitto, difficilmente sanabile, fra le nuove disposizioni e beni giuridici fondamentali di matrice costituzionale quali la libera manifestazione del pensiero, il principio di determinatezza e il principio di offensività [1].
Incriminare condotte per la loro componente omofobica o per il loro “movente” omofobico comporta, nei casi in cui la condotta del soggetto agente non si connoti per l’uso della violenza fisica, l’elevato rischio di “scivolare” verso la “configurazione” di veri e propri reati di opinione, a prescindere dall’effettiva idoneità di tali condotte a far conseguire concretamente il compimento di atti discriminatori [2].
Si parla spesso dei diritti personali, dei diritti civili, e di quelli politici, ma mai viene menzionato il diritto alla libertà intellettuale. I regimi totalitari hanno sempre negato ai propri cittadini la libertà di pensiero e di espressione poiché temono le conseguenze dell’esercizio di tale libertà. Un simile regime può durare solo fino a quando nega al proprio popolo la libertà di parola e di pensiero; il godimento della libertà intellettuale garantirebbe la fine del sistema: è quella che in termini matematici potremmo definire una prova indiretta o negativa dell’importanza della libertà intellettuale [3].
All’Hyde Park di Londra chiunque può dire pubblicamente, a tutti coloro che vogliono ascoltare l’oratore di turno, qualunque cosa esprima, per quanto bislacca appaia. L’Inghilterra sembra consapevole per tradizione che la soppressione dell’opinione libera può causare un grave pericolo, ed è convinta che non vi è rischio nel concedere libertà d’espressione a tutte le sfumature d’opinione. Parafrasando Abraham Lincoln, alcune persone sono insensate sempre, tutte le persone sono insensate qualche volta, ma non tutte le persone sono sempre insensate. Non importa quanto le persone possano diventare insensate, non lo saranno mai tutte allo stesso tempo. Quando alcune persone sono insensate, ce ne sono sempre altre che sono normali, che possono contrastare le assurdità delle prime. La piena e libera discussione di un’idea serve a portare alla luce e a correggere i gli elementi assurdi che può contenere. Quando un’idea è assurda verrà scartata con una discussione minima. Questa è la base su cui affermiamo che la libertà di parola è essenziale in un governo democratico che regni tramite la persuasione [4].
Affidare la risposta al presunto problema sociale dell’omofobia al diritto penale disattende principi fondamentali che valgono certamente per tutti gli atti discriminatori. Nell’odierna legislazione penale sono ormai molti gli esempi di norme inosservate, inapplicate, comunque inidonee a raggiungere lo scopo di tutela per cui sono state introdotte. Talvolta il legislatore, nonostante un simile destino di ineffettività sia già ex ante prevedibile, procede comunque a sfoderare la “spada” penale con l’unica finalità di lanciare un “messaggio” ai consociati. Una deriva che nasce dall’ansia politica di produzione e di conferma nel corpo sociale di giudizi di disvalore mediante l’incriminazione di condotte la cui pericolosità si vuole far percepire in modo “forte”; ovvero dall’ansia di far percepire al corpo sociale che i decisori politici si interessano in maniera “forte” di condotte diffusamente considerate come pericolose anche a prescindere dalla effettività del pericolo o della sua crescita: ciò che conta è il sentiment.
È il diritto penale “simbolico”, è cioè la spada da sfoderare teatralmente per dimostrare la sollecitudine della classe politica nel combattere alcune forme di criminalità e nel rispondere alla richiesta di sicurezza dell’elettorato. Il modello è quello di una politica criminale meramente declamatoria, che non tiene conto delle concrete chances di ottenimento di risultati in termini preventivi. Le norme penali meramente simboliche, per la loro scarsa attitudine applicativa, hanno il duplice effetto da un parte di aumentare l’inflazione del diritto penale, accentuandone la scarsa credibilità, dall’altra di produrre una mera illusione di sicurezza tra i consociati, poiché contengono nella sostanza molto meno di quanto promettono. Il vero scopo del legislatore è unicamente quello di lanciare un “messaggio” ai consociati attraverso veri e propri “show di energia statuale”.
Daniele Onori
[1] Cf. Omofobi per Legge? Colpevoli per non aver commesso il fatto (a cura di A. Mantovano- contributi di Farri, Airoma, Ronco, Leotta, Cavallo e Respinti, Ed Cantagalli 2020
[2] E. Dolcini, Omofobia e legge penale. in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, p. 24 ss
[3] J. Dewey Filosofia sociale e politica. Lezioni in Cina (1919-1920), a cura di Federica Gregoratto, Ed. Rosenberg & Sellier 2017)
[4] J. Dewey, op. cit