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1. Con 191 voti a favore, 60 contrari e 91 astensioni, giovedì 16 febbraio il Congresso spagnolo ha approvato definitivamente la cosiddetta “Ley trans” che autorizza la libera autodeterminazione di genere. La rubrica esatta e completa della legge è in realtà la seguente: “Legge per l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti delle persone LGTBI”[1]. In forza delle dispozioni in essa contenute, gli spagnoli dai 16 anni in su potranno decidere se identificarsi con il genere maschile o femminile, indipendentemente dal sesso biologico registrato alla nascita o dalle caratteristiche somatiche ed anatomiche del proprio corpo. Il cambiamento di genere sarà registrato attraverso una semplice procedura amministrativa che esonera i richiedenti dai soli due documenti richiesti finora: un’attestazione relativa ad un trattamento ormonale erogato già da due anni o un rapporto medico che diagnostichi la disforia di genere. L’unico requisito necessario e sufficiente sarà, d’ora innanzi, la mera manifestazione della volontà del singolo. “Abbiamo fatto un enorme passo avanti“, ha dichiarato il Ministro per l’Uguaglianza, Irene Montero, esponente di spicco di Podemos, davanti al Congresso. “Tuttavia, sono consapevole che la strada non finisce qui, che non siamo riusciti a incorporare le realtà non binarie, le persone trans immigrate e altre che scopriremo andando avanti“. Ma, oltre alla cosidetta “depatologizzazione” del processo di cambio di sesso all’anagrafe e al principio dell’autodeterminazione di genere, quali sono gli ulteriori contenuti della “legge trans”? In dettaglio.

a. Eliminazione del trattamento ormonale obbligatorio e delle valutazioni psicologiche e mediche previe.

Come detto, i minori potranno cambiare il proprio nome nel registro civile in base al genere con cui si discrezionalmente identificano. I minori trans, che abbiano o meno avviato la procedura di rettificazione di sesso, potranno richiedere il cambio di nome all’anagrafe per motivi di identità sessuale (articolo 43), senza la necessità di ulteriori specificazioni. Viene inoltre riconosciuto ad essi  il diritto ad essere trattati secondo il nome prescelto all’anagrafe in tutte le attività educative, pubbliche o private, cui prenderanno parte (articolo 55). Il punto principale del testo è, come chiarito sopra, l’eliminazione del trattamento ormonale obbligatorio e delle valutazioni psicologiche e mediche come requisiti per chi richiede il cambio di sesso all’anagrafe.

b. Autodeterminazione di genere per chi ha più di 16 anni.

In forza della nuova disposizione, il cambiamento di sesso nel Registro Civile può essere autorizzato solo con la volontà liberamente espressa dal richiedente se ha più di 16 anni, senza la necessità di presentare relazioni mediche o psicologiche che accreditino la disforia di genere, né di essere stati ammessi ad un processo di trattamento ormonale o di aver subito operazioni per modificare l’aspetto. I minori di età compresa tra i 14 e i 16 anni, invece, potranno cambiare il proprio sesso nel registro solo con il consenso dei genitori o dei tutori legali. Per i minori di età compresa tra i 12 e i 14 anni, poi, è necessaria l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Infine, i minori di 12 anni non potranno cambiare il proprio sesso nel registro, ma potranno cambiare il proprio nome nei documenti di identità. La modifica del sesso legale avverrà in due fasi: a) in primo luogo verrà compilato un modulo per richiedere il cambiamento; b) entro 3 mesi, la persona interessata si presenterà per ratificare la sua decisione.

c. Divieto di modifiche genitali ai bambini intersessuali di età inferiore ai 12 anni

I neonati intersessuali potranno essere registrati omettendo del tutto l’indicazione del sesso. Se il referto medico attesta lo stato intersessuale di un neonato, i genitori potranno chiedere di lasciare in bianco la casella relativa al sesso per un periodo massimo di un anno dal momento della registrazione. Dopo questo periodo di tempo, la menzione del sesso sarà obbligatoria e la registrazione dovrà essere richiesta dai genitori (articolo 71.2). Quanto alla modifica dei genitali dei bambini intersessuali di età inferiore ai 12 anni, nati con caratteri sessuali primari o secondari incerti, essa resta vietata, tranne nei casi in cui le indicazioni mediche lo richiedano. Invece, le modifiche genitali di persone intersessuali di età compresa tra i 12 e i 16 anni saranno consentite solo se il minore lo richiede e se è considerato in grado di prendere tale decisione in ragione della sua età e maturità.

d. Divieto delle terapie di conversione

Le terapie di conversione volte a modificare l’orientamento o l’identità sessuale o l’espressione di genere sono vietate, a prescindere dal consenso eventualmente dato dal minore o dai suoi rappresentanti legali. Con la nuova legge sui trans, queste terapie sono considerate reati gravi e saranno perseguibili e sanzionabili severamente (articolo 17).

e. Norme in tema di maternità e filiazione

Finora, quando una coppia lesbica aveva un figlio senza essere sposata, l’unica possibilità era che la madre non gestante adottasse il bambino. La nuova legge prevede il diritto alla filiazione senza la necessità del matrimonio, come avviene per le coppie eterosessuali (articolo 108). In altre parole, le coppie lesbiche e bisessuali potranno registrare i figli come propri senza bisogno di essere sposate. Alle lesbiche, ai bisessuali e ai transgender con capacità gestazionale, poi, sarà garantito l’accesso alle tecniche di riproduzione assistita da parte Sistema sanitario pubblico. In questo modo, viene garantita la possibilità di accesso non solo alle donne lesbiche, bisessuali e non sposate, a parità di condizioni con le altre donne, ma anche alle persone transgender in grado di avere figli (articolo 16.2). Allo stesso modo, prima dell’inizio di qualsiasi trattamento che possa compromettere la capacità riproduttiva di una persona, l’accesso alle tecniche di congelamento dei tessuti gonadici e delle cellule riproduttive per un futuro recupero sarà disponibile alle medesime categorie e condizioni (articolo 19.3).

f. Misure nel campo dell’educazione e della salute

La conoscenza e il rispetto della diversità sessuale, familiare e di genere saranno inclusi nel curriculum educativo in tutte le fasi, secondo i principi di uguaglianza e non discriminazione (articolo 20.1). Allo stesso modo, il rispetto dell’identità sessuale sarà promosso con materiale didattico e saranno introdotti riferimenti positivi alle LGTBI a tutti i livelli di studio e in base alle materie e alle età (articolo 23). Gli insegnanti devono essere formati sulla diversità sessuale, con l’obiettivo di incoraggiare gli studenti a rispettare i diritti e le libertà del collettivo LGTBI e a individuare precocemente eventuali segni di abuso nell’ambiente familiare dovuti all’orientamento sessuale, all’identità di genere o all’espressione di genere (articolo 22). Allo stesso modo, saranno promossi programmi di educazione sessuale e riproduttiva e di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Sono previste, infine, misure di azione positiva per il collettivo LGTBI in ambito lavorativo, educativo e sanitario. La legge prevede anche l’obbligo di una formazione specifica per il personale sanitario basata sulla specializzazione, sulla prossimità e sulla non segregazione, con un approccio radicalmente depatologizzante (articolo 53).

2. Ci troviamo dinanzi ad un impianto normativo che assuge a riferimento globale dell’avanguardia rivoluzionaria pan-omosessualista e post-umana, per il governo spagnolo una pietra miliare nel progresso inesorabile in tema di diritti civili. In effetti, il nucleo concettuale intorno a cui ruota l’intero impianto, gemmato manualisiticamente dagli assiomi ideologici della “gender culture”, attiene al dato dirimente dell’autopercezione, autoriconoscimento, autoassegnazione di genere a partire dal quale costruire liberamente la propria identità “sessuale” ed anche sociale[2].

L’uso dell’espressione “identità di genere” ha ormai definitivamente soppiantato, nel linguaggio comune come in quello tecnico, quella di “identità sessuale”[3], segno evidente del fatto che la cultura e la società hanno ormai assimilato compiutamente il lessico proposto dall’ideologia gender. Cedere a questa costruzione ideologica è favorire: 1) la decostruzione delle realtà sessuata dell’essere umano; 2) la medicalizzazione di forme di orientamento sessuale, eventualmente omoerotico, che nulla hanno a che fare con le ipotesi di disforia di genere. Ebbene, riguardo al primo punto, non possiamo esimerci dal far osservare come tutto il corpo dell’essere umano sia in realtà pervaso, fin dal concepimento ed in ognuna delle sue cellule, cromosomicamente, ormonalmente, gonadicamente, cerebralmente, psicologicamente e  fenotipicamente (voce, capelli, peli, seni) dalla differenza sessuale. A partire dal corpo sessuato, nel panorama delle relazioni interpersonali, l’uomo elabora e sviluppa il suo genere, la sua identità sessuale, la sua identità personale. Con la scomparsa del dato corporeo, rimane solo l’inconsistenza della sovrastruttura linguistica, discorsiva, concettuale, filosofica, in una parola culturale: è l’approdo alla filosofia costruttivista del tutto culturale di butleriana memoria. L’obbiettivo ultimo e mai dichiarato di questa filosofia è quello di operare, propiziare, come emerge patente dalla lettera delle norme contenute nella legge in commento, un ripensamento radicale dell’antropologia,ricorrendo al potere performativo della parola, costruendo cioè per mezzo di esse visioni socio-antropologiche alternative ed opposte a quelle tradizionali[4].

Da qui, l’idea che la “pretesa” sessualità naturale del corpo umano sia essa stessa il frutto di una mera attribuzione significante che attinge ad un linguaggio performativo, ad un linguaggio cioè che crea la realtà che descrive.In natura, cioè, non esisterebbe una mascolinità o femminilità biologica. È il genere che definisce il sesso e non viceversa, essendo il sesso pur sempre frutto di una scelta a fronte di una molteplicità di significati che si possono attribuire ad un corpo sessuato. Non più identità sessuali ma di genere. La sessualità post-genitale priva il corpo di ogni significato che non sia quello che culturalmente siamo disposti a dargli. La norma politica è allora costretta ad inseguire le sempre nuove conquiste di un’ideologia irrealista per poter così assicurare il riconoscimento sociale ad ogni identità di genere, distruggendo finalmente le pretese del predominio eterosessista. Quella spagnola è solo l’ultima bandierina in ordine di tempo apposta dai radical-progressisti in tal senso. Il raggruppamento sotto l’etichetta “identità di genere” di queste libere soggettivazioni è volto a garantire una forma di riconoscimento politico opponibile alla cultura del binarismo sessuale. La società deve essere organizzata non più in funzione della differenza sessuale, ma delle differenti sessualità.

3. Tornado alla testo normativo che qui ci occupa, l’idea che un uomo o una donna possano cambiare il proprio sesso semplicemente recandosi a uno sportello amministrativo per ridescrivere la propria identità, senza nemmeno l’obbligo di cambiare il nome anagrafico, rasenta l’inverosimile, una sorta di distopica realtà che diviene tragedia quando si parla di minori. A partire dai 16 anni, poi, e senza che sia necessario alcun intervento familiare, medico o psicologico, gli stessi minori potranno convertire questa metamorfosi amministrativa in una metamorfosi anatomica, con trattamenti ormonali chimici dalle conseguenze irreversibili, o addirittura mutilando traumaticamente parti del proprio corpo. Orbene, considerando la particolare vulnerabilità psico-fisica dell’adolescente, avrebbero dovuto garantirsi misure e trattamenti per prestare lor aiuto. E invece il governo spagnolo ha preferito vietare del tutto ai minori di essere accompagnati dalla loro cerchia familiare e professionale, sanzionado chiunque si frapponga alla realizzazione dei loro desideri di autoaffermazione sessuale. Invero, come ampiamente provato dalla letteratura scientifica, se in età adolescenziale le pulsioni omoerotiche sono fisiologiche e il più delle volte destinate a scomparire del tutto  con l’approdo alla fase adulta post-puberale e il completo sviluppo della identità genitale, l’uso della chirurgia o di farmaci bloccanti in queste fasi tenderebbe a impedire, ostacolare, sfavorire tali dinamiche di affermazione della propria identità sessuale, causando così un effetto esattamente opposto a quello atteso, ovvero contribuendo a complicare il processo di affermazione del proprio orientamento sessuale, trasformando cioè le incertezze normalmente legate alle conflittuali pulsioni proprie di queste fasi nell’oggetto di un’attenzione innaturale, innecessaria, eteroindotta, sicura fonte di amplificazione dei disagi e senza che questioni legate all’identità di genere abbiano a manifestarsi realmente o necessariamente[5].

4. In un’ottica più propriamente giuridica, poi, preoccupa la quasi totale assenza, all’interno del nuovo testo, di procedure accurate in vista del perfezionamento del consenso del minore, che dovrebbe essere messo in condizione di scegliere per mezzo di un’adesione veramente libera ed informata a cò che gli si prospetta. E invece, egli, in una fase peraltro delicatissima del suo sviluppo fisico, psichico e cognitivo, quale è quella della preadolescenza, appare assolutamente non in grado di maturare un consenso libero, volontario ed informato, non solo rispetto alle scelte che attengono alla determinazione del genere, ma anche rispetto alle complicanze che simili trattamenti possono prospetticamente avere sulla sua vita, quanto ad esempio alla possibilità che siano compromesse irreversibilmente le sue facoltà riproduttive. Il diritto/dovere a prestare tale consenso, allora,  spetterebbe a coloro i quali esercitano la responsabilità genitoriale o al tutore, i quali dovrebbero manifestarla tenendo conto della volontà del minore. Ora, parte il carattere “personalissimo” di tale tipo di scelta, che dunque dovrebbe poter essere esercitata in via esclusiva da parte di chi ne risulti effettivamente titolare, come agire nel caso si palesino contrasti di volontà tra gli esercenti la potestà genitoriale e l’adolescente? Quale scelta prevarrebbe? Sarebbe forse l’intervento di un giudice? E sulla base di quali criteri questi deciderebbe, scientifici ovvero puramente volontaristici, e dunque a partire, ripetiamo, dalla volontà espressa da un pre-adolescente?

5. Ben oltre la destrutturazione linguistica accennata innanzi, siamo ormai dinanzi ad una vera e propria «decostruzione della metafisica della presenza», per dirla con Derrida, e l’oggetto di tale decostruzione è la persona umana come soggetto e come relazione. Il diritto sta diventando sempre più strumento tecnico per l’esercizio di un potere sulla persona e non per la persona. La persona è ormai solo un pretesto. Lo prova il fatto che contestualmente alla cosiddetta “Ley trans”, sia stata riformata anche la legge sull’aborto, ampliandone ulteriormente le possibilità di accesso. Da oggi, infatti, a partire dai 16 anni, i minori potranno abortire senza alcun tipo di tutela, orientamento o alternativa. Sono inoltre previsti: un registro degli obiettori di coscienza per il personale sanitario; l’eliminazione dell’obbligo di informare le donne sulle alternative pro-vita; la cancellazione del periodo di riflessione di tre giorni prima dell’interruzione vera e propria. Un ulteriore, degradante abuso spacciato per conquista sociale di un diritto fondamentale. Hannah Arendt ha osservato acutamente che l’ideologia non è l’ingenua accettazione del visibile, ma la sua intelligente destituzione[6]. Il congedo dalla realtà ha prodotto la proliferazione di nuove “pretese giuridiche”, di “nuovi diritti” da far valere dinanzi a Corti e a Stati, sempre meno orientati alla ricerca del bene comune perché disinteressati al vero bene del singoli. Il diritto post-moderno, insomma, sta diventando sempre più l’espressione di una tecnocrazia normativa al servizio dell’autofabbricazione dell’uomo, secondo una volotnà di potenza che si sta realizzando oltre e contro l’umano. Quel desiderio unico e grande che abita da sempre il cuore dell’uomo – essere felice nella piena realizzazione del proprio essere – si è scomposto in un’infinita pluralità di feelings-rights, determinati dalla pura emotività, pulsionalità, istintualità, favoriti da un potere biopolitico che può abilmente controllarli. Ciascuna di queste particelle atomizzate di un desiderio unico, deprivato dell’oggetto suo proprio, rivendica una sua monadica tutela giuridica e politica: c’è un diritto a non soffrire, un diritto alla salute, un diritto all’immagine, un diritto a vivere liberamente la propria sessualità, un diritto a avere figli, sino al diritto di morire, a quello di non nascere o non far nascere. Sono queste le dimostrazioni più chiare e tangibili del tentativo in atto di decostruire lo stesso soggetto personale: l’uomo non si distingue più dalle altre forme della natura per il possesso di una coscienza razionale e morale, poiché questa è incapace di raggiungere la verità, su di sé e in sé, verità che anzi non esite affatto al di fuori di quella che ciascuno sceglie di raccontare liberamente a se stesso e agli altri, istituzioni comprese.

Antonio Casciano


[1] Il testo della legge, in lingua spagnola, e gli step parlamentari che hanno portato alla sua approvazione, sono reperibili alla seguente pagina web: Cerca d’Iniciatives – Congreso de los Diputados.

[2] Cfr. Butler, J., Fare e disfare il genere (trad. it. di F. Zappino), Mimesis, Milano, 2014.

[3] Rose, E., Verità e Splendore della differenza sessuale, Cantagalli, Siena, 2014, p. 290-91.

[4] Cfr. Butler, J., Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Feltrinelli, 2004.

[5] Tale processo è esemplarmente descritto in Sgreccia, E., Manuale di Bioetica, vol. 2, Vita e Pensiero, 2002, p. 142.

[6] Cfr. Arendt, H., Le origini del totalitarismo, Ed. Comunità, Milano, 1996, pp. 645, 649.

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