È uscito da qualche mese, per i tipi nella D’Ettoris Editori, l’interessante libro di Francesco Pappalardo, responsabile della biblioteca del Senato della Repubblica, socio benemerito di Alleanza Cattolica, nonché direttore della rivista della stessa associazione, Cristianità: “La parabola dello Stato moderno. Da un mondo senza Stato a uno Stato onnipotente”.
Il libro, come spiega l’Autore nella introduzione, “ha avuto una lunga gestazione, trovando la sua origine in un incoraggiamento ricevuto almeno vent’anni fa da Giovanni Cantoni (1938-2020), fondatore di Alleanza Cattolica, nonché maestro e amico, che volle coinvolgermi nelle sue ricerche sull’Insorgenza, da cui scaturì l’attenzione alle vicende dello Stato moderno”.
Si potrebbe dire che l’intero concetto del libro sia riassunto nel suo sottotitolo, “Da un mondo senza Stato a uno Stato onnipotente”, perché il libro, frutto di lunghi anni di paziente e duro lavoro, corredato da una grandissima mole di note, segno della serietà dell’opera, ripercorre il percorso della organizzazione della società lungo i secoli, da uno Stato pressoché assente, almeno nella concettualizzazione che il mondo moderno e contemporaneo ha dato a questa figura, a uno Stato onnipotente e pervasivo, che ha occupato tutti gli spazi di libertà di cui godevano le organizzazioni sociali e gli uomini del mondo antico o pre-moderno.
Dopo aver provveduto a qualche messa a punto terminologica sui concetti di “Stato”, “Impero”, “Modernità”, “Antico Regime” e “Assolutismo”, l’Autore ripercorre la genesi dello Stato moderno, ricercandone le origini nelle prime crepe della Cristianità occidentale, di cui elemento paradigmatico fu lo “schiaffo di Anagni” e “l’emancipazione” dei regni secolari.
Supportato dalla visione controrivoluzionaria della storia, assunta nella sua formazione in Alleanza Cattolica, secondo i canoni di questa scuola nata dalla reazione alla Rivoluzione francese, Pappalardo passa, quindi, ad esaminare il ruolo dei Comuni in Italia, la Rivoluzione protestante e il nuovo concetto di sovranità che ne deriva, la crisi della coscienza europea e l’inizio della secolarizzazione della politica, il consolidamento territoriale, ovvero l’occupazione e l’appropriazione, da parte dello Stato moderno nascente, del territorio, il diffondersi delle guerre tra i nascenti Stati moderni e la fiscalità che ne deriva per sostenerle, come pure la burocratizzazione necessaria per amministrare organismi sempre più pervasivi e complessi.
Un intero capitolo è dedicato alla Rivoluzione francese del 1789, che segna lo spartiacque fra due mondi radicalmente diversi, da un lato un sistema istituzionale risultante da un intreccio di corpi, comunità, ceti e istituzioni, con una propria riconosciuta soggettività politico-giuridica, dall’altro lato l’affermazione, graduale e progressiva, di uno Stato, che nasce appunto dalla Rivoluzione francese, che ha il monopolio della forza e della produzione delle norme giuridiche, con il dominio della legge, prodotta dal nuovo sovrano impersonale, ovvero lo Stato moderno, che elimina tutti i centri intermedi tra la sua organizzazione e gli organismi e le persone che rivendicano funzioni politiche autonome, separandosi, in tal modo, dalla società, ormai spoliticizzata e ridotta a un insieme di individui amministrati. L’Autore dedica altresì una interessante analisi alle differenze tra la Rivoluzione francese e quella americana e sulle diverse forme di Stato che da esse sono derivate.
Riassumendo, questo lungo percorso della organizzazione della società inizia da un mondo in cui la legge non viene data ma riconosciuta, nel senso che essa trova il suo fondamento nelle norme di diritto naturale e consuetudinario che la società, appunto, riconosce, ma non crea, per giungere, attraverso diversi passaggi storici, non tutti deterministicamente necessari ma aperti a diverse possibilità che, storicamente, non si sono realizzate, verso lo Stato moderno onnipotente, unico possessore della forza e solo produttore della legge, che non riconosce organismi intermedi tra esso e i cittadini, i quali, da persone che trovano il suo ambiente e la loro difesa in corpi naturali quali la famiglia, le organizzazioni corporative, le organizzazioni politiche locali, divengono massa anonima.
Il capitolo finale è dedicato allo “Stato oggi”, in cui il vecchio paradigma piramidale della organizzazione statale e del diritto entra in crisi e viene sostituito da una “rete” policentrica di nuovi soggetti decisionali, centri finanziari, authority, enti sovranazionali eccetera.
Questa nuova tendenza, però, deve fare i conti con le nuove emergenze della pandemia del Covid e delle guerre sempre più diffuse, tra le quali quella più importante è la guerra mossa dalla Russia all’Ucraina, nonché con i cambiamenti climatici e le catastrofi naturali, che si ripetono con sempre maggiore frequenza e intensità in questi ultimi anni. Nuove emergenze che stanno portando a una nuova concentrazione dei poteri dei governi e delle loro capacità decisionali. Così che, l’Autore conclude: “Lo Stato moderno “ci è sempre fra i piedi”: lo Stato invadente nato con la Rivoluzione francese e cresciuto negli ultimi due secoli; lo “Stato del benessere” che veglia sul cittadino “dalla culla alla bara”; lo Stato dalla fiscalità ancora opprimente; lo Stato che si vorrebbe onnipotente, sfruttando le emergenze e i falsi dogmi del politically correct”. Anche se, come riconosce lo stesso Pappalardo, si tratta di una realtà storicamente determinata e non di una struttura perenne dell’umanità. Per quanto, infatti, gli uomini si affannino, la storia (con la esse minuscola) la fa la Provvidenza, come più volte essa ha dimostrato nel corso dei secoli e anche nei tempi più recenti. Figure e organizzazioni statali che si pensavano e si pensava fossero onnipotenti ed eterne, sono, invece, miseramente crollate, come il colosso dai piedi di argilla della sacra scrittura. Vedremo quale sarà la sorpresa che ci riserverà la Provvidenza nei prossimi anni. Come dice Papa Francesco, senza apertura alle sorprese di Dio, senza stupore, la fede diventa una litania stanca. E lo stesso concetto si può applicare alla storia.
Un libro adatto agli storici del diritto e agli storici tout court. Ed anche, perché no, ai giuristi e a tutte le persone che si vogliono rendere conto del cammino e delle trasformazioni della organizzazione della società nel corso dei secoli.
Stefano Nitoglia