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Il sindaco di Milano decise unilateralmente la scorsa estate di dare il via alla registrazione degli atti di nascita dei figli “di coppie omogenitoriali”. Il prefetto di Milano in questi giorni ha interpellato il Ministero degli Interni sulla questione. Si ricorda che non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un Giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico (c.d. genitore d’intenzione).

È notizia di questi giorni che il prefetto di Milano ha interpellato il Ministero degli Interni sulla questione della trascrizione integrale degli atti di nascita di bambini nati da utero in affitto, trascrizione che il sindaco di Milano Giuseppe Sala aveva disposto nel luglio scorso. In particolare, lo scorso 2 luglio 2022 in occasione del Gay Pride il sindaco di Milano Beppe Sala annunciava pubblicamente dal palco della manifestazione di avereda ieri riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. È con grande gioia che ho firmato ieri io personalmente nel mio ufficio” aggiungendo che “Milano vuole essere la capitale dei diritti e dei doveri!”.[1]

La pratica dell’utero in affitto -o gestazione per altri- non può essere a nessun titolo considerata un diritto. In Italia costituisce infatti unreato ai sensi della legge 40/2004 (art. 12, comma 6): “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.

Tutte le successive sentenze in materia ribadiscono senza eccezioni in modo inequivoco il divieto e la condanna della gestazione per altri, pratica a cui è attribuito un «elevato grado di disvalore» in quanto «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (Corte costituzionale, sentenza 272/2017).

Nel maggio scorso una risoluzione del Parlamento Europeo ha ribadito e rafforzato la condanna della pratica “che può esporre allo sfruttamento le donne di tutto il mondo, in particolare quelle più povere e in situazioni di vulnerabilità” e ha richiesto all’Unione e agli stati membri di analizzare “le dimensioni di tale industria” e soprattutto di introdurre “misure vincolanti volte a contrastare la maternità surrogata, tutelando i diritti delle donne e dei neonati”.[2]

Lo Stato italiano non riconosce in quanto contrari all’ordine pubblico gli atti di nascita formati all’estero di bambini nati mediante detta pratica, indifferentemente dal fatto che venga intrapresa da coppie eterosessuali o omosessuali, nonché gli atti di nascita di bambini nati per iniziativa di coppie di donne mediante tecniche di fecondazione assistita: per il/la partner del genitore biologico viene indicata la strada dell’adozione in casi particolari (Cassazione a Sezioni Unite, sentenza 12193/2019) oggi pienamente legittimante.

Non ci può essere alcun automatismo nella trascrizione di atti di nascita di bambini generati con l’utero in affitto all’estero: il genitore è uno solo, quello biologico. Il “genitore intenzionale” dovrà fare richiesta di “adozione in casi speciali” al Tribunale per i minori.

Lasentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, resa nota il 30 dicembre scorso e passata quasi inosservata tra le feste di fine e inizio anno, offre una direzione inequivocabile agli uffici anagrafe di tutta Italia, che in questi anni hanno imboccato direzioni diverse, anche a seconda dell’orientamento politico dell’amministrazione. Il ragionamento della Cassazione, in estrema sintesi, è il seguente: poiché la maternità surrogata, o “gestazione per altri” (Gpa), in Italia è vietata per validi motivi di dignità delle donne e di “mercificazione” del bebè, occorre scoraggiarne il ricorso pure all’estero ma nello stesso tempo tutelare l’interesse del bambino che nel frattempo ha intrecciato legami affettivi.[3]

In mancanza, tuttavia, di una legislazione nazionale ad hoc nonché di precise direttive da parte del Ministero degli Internidetti atti vengono talora registrati per iniziativa autonoma delle amministrazioni locali creando una situazione a macchia di leopardo

L’autonoma decisione di Beppe Sala sembra esulare dai poteri comunali e dagli incarichi conferitigli in qualità di Sindaco. Ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, infatti, lo Stato detiene il potere di legislazione esclusiva “in materia di cittadinanza, stato civile, anagrafe”.

Non è noto allo stato attuale quanti atti di nascita di figli di “coppie omogenitoriali” siano stati registrati dall’anagrafe milanese, né quanti di questi atti di nascita riguardino nate e nati da utero in affitto.

Esprimendo l’auspicio che il Parlamento legiferi finalmente in modo inequivoco in materia, tenendo ben fermo il punto che il primo interesse del bambino (a tutela del quale, si sostiene, questi atti di nascita vengono registrati) è piuttosto quello di non essere fatto oggetto di mercato, di non essere separato alla nascita dalla madre che lo ha partorito e di conoscere la verità sulle proprie origini; sottolineando che qualunque madre dichiari il falso sulla paternità del proprio figlio è perseguibile per falso in atto pubblico, pertanto il trattamento riservato alle coppie omogenitoriali si configurerebbe come “diseguale” in contrasto con l’art. 3 della Costituzione che ci vuole uguali davanti alla legge; avendo ben presente che la registrazione integrale di questi atti di nascita realizzati all’estero rimuove di fatto un significativo ostacolo al ricorso alla pratica dell’utero in affitto, finendo anzi per normalizzarla e incoraggiarla.[4]

Come si può fermare il ricorso all’estero alla maternità surrogata, vietata nel nostro Paese, da parte di coppie italiane? Con una modifica all’articolo 12 della legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita, lo stesso che contiene il divieto penale di una pratica che secondo la Corte costituzionale «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (sentenza n. 272 del 2017, ripresa nella sentenza 33 del 2021).

È la proposta al centro del disegno di legge presentato al Senato da Isabella Rauti e Lucio Malan, entrambi esponenti di Fratelli d’Italia (sottosegretario alla Difesa la prima, capogruppo a Palazzo Madama il secondo) che propongono di estendere la pena già prevista dalla legge – la reclusione da 3 mesi a 2 anni e la multa da 600.000 a un milione di euro – «anche se il fatto è commesso all’estero».

La proposta di legge ricalca quella adottata nella scorsa legislatura in Commissione Giustizia alla Camera come testo base, convergenza delle proposte di Giorgia Meloni e Mara Carfagna con il sostegno di FdI, Forza Italia e Lega, avversate da M5s e Pd.

La proposta di Rauti e Malan vuole colpire la «diffusione del cosiddetto turismo procreativo, cioè di quel fenomeno per cui coppie italiane che non possono avere figli si avvalgono della tecnica della surrogazione di maternità in un Paese estero in cui la stessa è consentita », si legge nell’introduzione del disegno di legge.

Le pratiche della surrogazione di maternità costituiscono un esempio esecrabile di commercializzazione del corpo femminile e degli stessi bambini che nascono attraverso tali pratiche, che sono trattati alla stregua di merci. Ciononostante, il ricorso a queste pratiche è in vertiginoso aumento e la maternità surrogata sta diventando un vero e proprio business che, tanto per fare un esempio, in India vale oltre 2 miliardi di dollari l’anno».

Non è un caso che vi siano agenzie di surrogazione con veri  e propri listini e prezzi e perfino siti internet in cui si valutano per prezzo, per qualità del servizio e per tempistiche le agenzie di surrogazione. Emerge in tutta la sua gravità come nella pratica della maternità surrogata l’umanità sia ridotta a merce, a “biolavoro”, per cui in termini marxisti si può dire che  la dignità umana è subordinata al capitale, o, se si preferiscono i termini cristiani, che la dignità umana è violata inquanto l’essere umano è stato dapprima ridotto alle sue pulsioni e a i suoi desideri e quindi a strumento per la soddisfazione degli stessi e degli interessi economici sottostanti.[5]

Il secondo rilievo etico riguarda la possibilità, concretizzata dalla maternità surrogata, di trasformare i propri più o meno legittimi desideri in diritti. Una tale prospettiva esplicita una visione riduttiva del diritto che viene considerato soltanto come mera formalizzazione della volontà dell’individuo, del gruppo o della società, dimenticando la preziosa lezione di Piero Calamandrei che così giustamente condannava un tale modo d’intendere il diritto: «C’è il caso che l’inesperto e il dilettante (che è anche peggiore) di filosofia, si metta a proclamare che il diritto consiste unicamente nel far tutti quanti il comodo proprio».[6]

Il diritto, infatti, è semmai proprio l’opposto della legalizzazione dei capricci individuali, cioè la limitazione della volontà che per l’appunto non può essere ab-soluta (assoluta), cioè svincolata da ogni limite, poiché il diritto non è fondato sull’utile del più forte come riteneva il filosofo Trasimaco, ma è fondato sulla natura dell’essere umano come invece ha rilevato Montesquieu.[7]

L’essere umano, del resto, nonostante Judith Butler ritenga che sia soltanto un soggetto di desiderio,[8] è qualcosa di più dell’insieme delle sue pulsioni, dei suoi desideri e delle sue esigenze, poiché come ha brillantemente osservato Nikolaj Berdjaev la persona «non è una categoria biologica o psicologica, ma una categoria etica e spirituale».[9]

Daniele Onori


[1]Cfr. https://www.open.online/2022/07/02/pride-milano-sala-video/

[2] Il Parlamento Europeo ha condannato l’utero in affitto come pratica «inaccettabile», che «costituisce una violazione della dignità umana e dei diritti umani». Nella “Risoluzione del 5 maggio 2022 sull’impatto della guerra contro l’Ucraina sulle donne”, infatti, l’Europarlamento – ai punti n. 12, 13 e 14 – ha condannato apertamente «la pratica della maternità surrogata, che può esporre allo sfruttamento le donne di tutto il mondo, in particolare quelle più povere e in situazioni di vulnerabilità». Il documento, inoltre, sottolinea le «gravi ripercussioni della maternità surrogata sulle donne, sui loro diritti e sulla loro salute, le conseguenze negative per l’uguaglianza di genere nonché le sfide derivanti dalle implicazioni transfrontaliere di tale pratica, come è avvenuto nel caso delle donne e dei bambini colpiti dalla guerra contro l’Ucraina».

Il Parlamento ha inoltre chiesto alla stessa Unione Europeo e dunque ai suoi Stati Membri di analizzare «le dimensioni di tale industria» e soprattutto di introdurre «misure vincolanti volte a contrastare la maternità surrogata, tutelando i diritti delle donne e dei neonati». Ricordiamo  che già nel 2020 e nel 2021 il Parlamento europeo aveva condannato l’utero in affitto come uno «sfruttamento degli esseri umani» e come «una violazione della dignità umana e dei diritti umani».

[3] Cfr. https://www.avvenire.it/vita/pagine/utero-in-affitto-maternita-surrogata-pratica-degradante-donna

[4] Cfr, https://feministpost.it/italy/un-esposto-contro-il-sindaco-di-milano-beppe-sala/

[5] Sul punto: per una prospettiva marxista si possono considerare le riflessioni di Diego Fusaro che così scrive: «Il capitale, che un tempo si arrestava ai cancelli delle fabbriche, oggi si è impadronito della nuda vita: utero compreso. L’economia si è impadronita della vita, facendosi bioeconomia: ha rimosso il confine tra ciò che è merce e ciò che non lo è né può esserlo[…]. La pratica dell’utero in affitto rivela l’usuale sporcizia di cui gronda il capitale: mercificazione dei corpi, offesa della dignità umana, riduzione della generazione della vita a mercimonio»: Diego Fusaro, Utero in affitto. Il corpo che diventa merce, in Il Fatto Quotidiano,15 gennaio 2016; per una prospettiva cristiana si possono ricordare gli insegnamenti di Giovanni Paolo II: «La gerarchia dei valori, il senso profondo del lavoro stesso esigono che sia il capitale in funzione del lavoro e non il lavoro in funzione del capitale»: Giovanni Paolo II, Laborem exercens,n.23.

[6] Piero Calamandrei, Fede nel diritto, Laterza, Bari, 2008, p.69.

[7] «Prima di tutte queste leggi vi sono quelle di natura, così chiamate perché derivano unicamente dalla costituzione dell’essere nostro»: Charles-Louis de Secondat Baron de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, a cura di Sergio Cotta, Utet, Torino,2005, libro 29, capo IV, pag. 59.

[8] Judith Butler, Soggetti di desiderio, Laterza, Bari, 2009.

[9] Nikolaj Berdjaev, Schiavitù e libertà dell’uomo, Bompiani, Milano, 2010, pag. 105.

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