Il nuovo rito introdotto dalla riforma Cartabia (decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149), come è noto, si applicherà ai procedimenti promossi a far data dal 1° marzo, prevedendo un rito unico per tutti i procedimenti aventi ad oggetto lo stato delle persone, i minorenni e le famiglie unite in matrimonio, o basate su convivenze di fatto, attribuiti alla competenza del Tribunale ordinario, del Giudice Tutelare e del Tribunale per i minorenni, ai sensi del novellato art 38 disp. att. c.c.
Abbiamo letto entusiastici titoli su tante testate giornalistiche, che celebrano e salutano l’introduzione della riforma come l’atteso e liberatorio arrivo di una possibilità di avere giustizia in tempi rapidi, grazie anche al fatto che separazione e divorzio saranno più semplici e potranno essere introdotti con un’unica domanda giudiziale.
Si sono alzate pure voci di dissenso e di apprensione, anche molto autorevoli, come quella della Presidente del CNF, avv. Maria Masi, che ha lanciato l’allarme di fronte a “un inutile sacrificio delle garanzie di difesa e del contraddittorio” e a correttivi che “rischiano di dilatare ulteriormente la durata dei processi”, o quella della Presidente del Tribunale di Brescia, dott.ssa Maggia, la quale denuncia che le modifiche “produrranno difficoltà organizzative tali da determinare, non l’auspicata riduzione dei tempi processuali, ma un loro considerevole allungamento”
E’ noto che la riforma è stata strutturata con l’obiettivo di ridurre i tempi della giustizia, finalizzato all’adempimento delle condizioni poste dall’Unione Europea per erogare all’Italia i fondi PNRR.
1. Il rito unico
La riforma ha previsto un rito unico che cambia in modo profondo il procedimento che afferisce alla crisi della famiglia e che riduce la sua specificità, avvicinandolo a quello ordinario, come è evidenziato dalla scelta di inserire nel libro II del codice di procedura civile, che norma il processo di cognizione, il nuovo titolo IV bis titolato appunto: Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie.
Un rito unico, anche per i procedimenti relativi alle modifiche delle condizioni di separazione, divorzio, regolamentazione della responsabilità genitoriale, in precedenza strutturati nella forma del procedimento in Camera di consiglio, che ne consentiva un possibile svolgimento agile e breve anche in ipotesi contenziose, e che ora dovrà percorrere un iter molto più articolato e complesso.
Si prevede l’eliminazione della fase presidenziale, la quale consentiva una sollecita risposta alle esigenze della famiglia in crisi, per riservare l’intervento del magistrato solo in esito agli adempimenti imposti alle parti, in particolare al deposito degli atti, scanditi dalla necessità di rispetto di termini che comprimono in modo preoccupante il diritto di difesa.
La celerità / subitaneità dei provvedimenti è ora specificamente prevista nei casi di ‘pregiudizio imminente e irreparabile’ di cui all’art. 473-bis.15, di rifiuto del minore a incontrare un genitore art. 473-bis.6, e dalle disposizioni speciali previste per ipotesi di “violenza domestica o di genere”, di cui agli artt. 473 – bis.40 – 473-bis.46.
La riforma prevede che le parti debbano depositare da subito, come peraltro già accadeva per prassi in molti Tribunali, la documentazione attestante le rispettive condizioni reddituali e patrimoniali, compresa la titolarità di quote sociali ed estratti conto dei rapporti bancari e finanziari. Dovranno essere altresì allegati mezzi di prova e documenti e occorrerà indicare l’esistenza di altri procedimenti aventi ad oggetto le medesime domande, anche al fine di consentirne la riunione, rispetto a quelli prendenti eventualmente innanzi ad altro Tribunale.
E’ evidente che l’avvocatura e la magistratura dovranno avviare tavoli di confronto, per approfondire le tematiche della riforma e al fine di attivare buone prassi, da innestare poi in protocolli che consentano la maggiore uniformità possibile all’attività di interpretazione e attuazione.
2. I tempi per la difesa
I termini a difesa sono compressi in modo rilevante, quasi che dalla scansione ristretta di essi dipenda la velocità del processo, nonostante tutti gli operatori sappiano che così non è. Così, tra il ricorso e l’udienza (si rappresenta solo l’ipotesi di notifica in Italia) devono decorrere al massimo 90 giorni, tra la notifica e l’udienza almeno 60 giorni liberi. Il convenuto deve costituirsi 30 giorni prima dell’udienza e l’attore (ricorrente), in dieci giorni, e così 20 giorni prima dell’udienza, dovrà articolare le proprie difese conseguenti. Ancora, 10 giorni prima dell’udienza il convenuto potrà modificare domande ed eccezioni e indicare mezzi di prova contraria. Infine, l’attore ha solo 5 giorni per indicare mezzi di prova contraria.
Come raccogliere tutta la documentazione necessaria? Come avere il tempo di articolare le difese, inserendo documenti la cui reperibilità può richiedere tempi lunghi, a pena di preclusioni che pure sussisteranno per le domande aventi ad oggetto diritti disponibili?
Non si può non osservare che con il rito ante riforma, proprio per salvaguardare una più ampia possibilità di trovare accordi in udienza ai fini della trasformazione del rito contenzioso in consensuale/congiunto, i difensori, non avendo barriere preclusive, potevano tratteggiare i loro scritti difensivi nella prima fase con taglio più delicato, evitando di rappresentare da subito le ragioni più divisive della crisi, anche aspettando a depositare le allegazioni che potessero essere causa di più gravi tensioni. Il procedimento di famiglia, come è noto, entra in modo dirompente nella vita delle persone, riverberando i propri effetti sugli affetti più cari e, in presenza di figli, sulla relazione con e tra loro.
Così, l’obiettivo di dare al giudice la possibilità di giungere alla prima udienza, avendo già preso visione della situazione delle parti sotto i profili dei rapporti personali e patrimoniali, e così di velocizzare la parte successiva del processo, rischia di far esacerbare le tensioni all’interno della famiglia, si noti, ancora convivente. Lo stato sceglie di intervenire, avendo evidentemente deciso di bilanciare gli interessi in gioco, a favore dell’obiettivo di velocizzare i tempi del giudizio.
3. L’udienza di comparizione delle parti – artt. 473-bis.21 e 473-bis.22
All’udienza le parti compariranno personalmente e il giudice (non più necessariamente il Presidente, ma eventualmente il Giudice relatore, delegato) dovrà compiere molteplici e delicate attività: sentire le parti, tentandone la conciliazione, ascoltare il minore, nominare, ove necessario, il curatore speciale del minore (art 473-bis-7), emettere i provvedimenti temporanei e urgenti necessari, eventualmente formulando un piano genitoriale, provvedere sulle istanze istruttorie, redigendo il calendario del processo oppure, ove ritenuto, far precisare le conclusioni, ordinando la discussione anche, su istanza di parte, a udienza successiva, trattenendo la causa in decisione. Nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria il giudice potrà, come si è detto, esercitare poteri officiosi, garantendo comunque il contraddittorio, in base alla natura della disposizione assunta.
4. L’ascolto del minore
Il “Diritto del minore ad esprimere la propria opinione” nei procedimenti che lo riguardano, come è noto, è normato e prescritto dalla normativa internazionale, tra cui ricordiamo la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, il Regolamento Europeo n. 1111/2019, è stato oggetto della pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n 1 del 2002) e ora è inserito nel codice di procedura civile agli artt. 473-bis.4 e 473-bis.5.
Il giudice dovrà condurre l’ascolto del/dei minore/i “che ha compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. Ci si chiede: come potrà giungere alla prognosi relativa alla capacità di discernimento? Non è assolutamente pacifico che i minori siano seguiti da psicologi o dai servizi sociali, anzi, questa non è certamente l’ipotesi più frequente nei procedimenti di crisi della famiglia. Saranno i genitori a fornire nei loro atti tale indicazione? Con quale perizia o capacità di giudizio? Non si vorrà pensare, si auspica, di sottoporre i minori a una valutazione peritale ante ascolto.
Rilevante e delicatissimo è il tema della preparazione dei giudici all’ascolto del minore. Quest’ultimo sarà informato dell’adempimento dai genitori e il magistrato dovrà essere portatore di un bagaglio di competenza comunicativa che comporterà l’acquisizione di un linguaggio verbale e non verbale adeguato, nonché di lettura e decodificazione degli atteggiamenti e del “contegno del minore” (art 473 bis.5).
Ancora, il Giudice, eventualmente assistito da esperti e ausiliari, ascolterà “di regola… separatamente” i minori coinvolti dal procedimento, in orari compatibili con gli impegni scolastici. Quindi l’ascolto (l’udienza) dovrà avvenire, in momento successivo a quello dell’uscita da scuola, nel rispetto del tempo necessario al raggiungimento del Tribunale o altro locale ritenuto idoneo dal Giudice per l’incombente.
Il Magistrato non procederà all’ascolto, motivando la propria scelta, nelle ipotesi tipizzate nel secondo comma dell’art. 473-bis c.p.c.: 1) l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore; 2) l’ascolto è manifestamente superfluo; 3) sussiste un’ipotesi di impossibilità fisica o psichica del minore; 4) il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato.
Se vi sia accordo tra i genitori rispetto alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice, presone atto, procederà “soltanto se necessario” (art 473-bis.5).
Tale ultimo inciso ci dice che è il legislatore stesso a indicare, seppure molto velatamente, che, se non necessaria, l’esperienza dell’ascolto potrà essere evitata al minore.
Gli operatori della materia sanno molto bene che il minore, nella fase contenziosa di disgregazione della famiglia, in vista dell’incontro con il magistrato sarà molto probabilmente fatto oggetto di pressioni (involontarie o meno) da parte dei genitori che cercheranno di spiegargli, secondo il proprio punto di vista, il senso e le conseguenze dell’ascolto. Quanta libertà residuerà alla volontà? Quanto il minore sarà condizionato/suggestionato? Quanto sarà in grado di comprendere le ricadute sulla propria vita rispetto alle opinioni espresse?
Occorre comunque ricordare che la tutela preminente da perseguire, sempre e comunque, è quella dell’interesse del minore e ci si domanda se il giudice potrà decidere che il perseguimento di tale obiettivo si possa raggiungere solo tramite un esperto, effettuando l’ascolto, ad esempio, nel corso di una consulenza tecnica.
5. Procedimento di separazione e divorzio, di regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale e di modifica delle relative condizioni
Gli artt. 473-bis.47 – 473-bis.51 c.p.c. si innestano sui capi precedenti, cui fanno esplicito richiamo, in quanto il procedimento ripropone quello previsto e normato in materia di famiglia. Permane il regime delle preclusioni, nel caso in cui la controversia abbia ad oggetto diritti disponibili (quali, a titolo di esempio, la richiesta di assegno per il coniuge, o la domanda di addebito)
Si ricorda che non è più prevista “l’udienza presidenziale”, e la “gestione” della procedura spetta al giudice relatore (designato ai sensi dell’art. 473.bis.14, secondo comma).
Il procedimento, anche quello di separazione consensuale, si conclude con sentenza, non essendo più prevista l’omologazione.
6. Cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
L’innovazione che ha avuto ampia risonanza a livello mediatico è la possibilità di contemporanea proposizione della domanda di separazione giudiziale e di quella divorzile (art 473-bis.49). Tuttavia, subito viene precisato che il divorzio potrà essere pronunciato solo previa verifica dei presupposti richiesti dalla normativa vigente, cioè in presenza di sentenza di separazione passata in giudicato, decorsi i termini di legge (un anno dalla comparizione delle parti dinanzi al giudice nel procedimento in esame). La domanda divorzile può essere presentata anche dal convenuto nella comparsa di costituzione e risposta.
Non vi è dubbio che tale possibilità, di natura processuale, avrà una ricaduta significativa a livello sostanziale, nell’ambito del diritto di famiglia e sulla famiglia stessa, nella fase della crisi. Infatti, ove un coniuge proponga contemporaneamente domanda di separazione e di divorzio, sta significando che per lui la crisi è irreversibile, che non intende dare spazio a ripensamenti, che ha il desiderio di interrompere al più presto ogni legame giuridico e ogni conseguenza afferente al rapporto di coniugio. Di contro, l’altra parte, se economicamente più debole o se costretta a subire la scelta separativa, si troverà proiettata, con uno scarsissimo tempo di elaborazione, a prendere atto che l’impostazione di vita precedentemente pensata è completamente trasformata, poiché il coniuge ritiene irrimediabile la frattura e cessata ogni comunione materiale e spirituale.
La finalità del legislatore è quella di unificare l’istruttoria dei due procedimenti, ma non si può non considerare che i presupposti della domanda di separazione e di divorzio sono diversi: intollerabilità della convivenza per la separazione, cessazione della comunione materiale e spirituale, con assenza della ripresa di detta communio, in caso di divorzio.
Anche le domande correlate alla separazione, quali l’assegno di mantenimento e la domanda di addebito hanno presupposti diversi, rispetto a quelle relative all’assegno divorzile, il che determinerà necessariamente momenti differenti di avvio delle rispettive attività istruttorie, anche in considerazione del fatto che la domanda di divorzio e quelle connesse sono improcedibili fino al passaggio in giudicato della sentenza di separazione e al decorso del termine di legge.
Anche l’istruttoria relativa ai figli, seppure identica nei due tipi di procedimento, non pare esplicare alcuna funzionalità, rispetto alla durata derivante dal simultaneus processus. Infatti, i provvedimenti relativi alla prole non vengono modificati, rispetto a quanto statuito in separazione, se non a fronte di mutamenti di fatto, che possono comunque sempre determinarne la revisione.
7. Procedimenti su domanda congiunta
Nei procedimenti su domanda congiunta (art 473-bis.51) le parti devono presentare ricorso, dalle stesse sottoscritto, contenente le indicazioni di cui all’art 473-bis.12, a cui si devono allegare i documenti di natura economica, di cui all’articolo 473-bis.13, terzo comma. All’udienza il giudice, sentite le parti che non abbiano chiesto di sostituire la presenza con il deposito di note scritte, preso atto della loro volontà di non riconciliarsi, rimette la causa in decisione. Il procedimento si conclude con sentenza.
8. Considerazioni conclusive
Difficile il lavoro dell’interprete e davvero complesso il compito che viene assegnato all’avvocatura e alla magistratura. Siamo di fronte a una riforma di amplissima portata che si innesta nel nostro sistema giuridico, lasciando aperti problemi non irrilevanti da affrontare per i quali occorreranno competenza, studio, approfondimenti e confronto.
Permangono criticità rilevanti, quali la conduzione della prima udienza che, necessariamente, non potrà essere svolta in un unico contesto, stante gli adempimenti complessi e di natura diversa che il giudice sarà chiamato a svolgere, compresa l’attività delicatissima dell’ascolto del/dei minore/i. Si procederà a un frazionamento di detta udienza in momenti diversi? Quanto tempo dovranno attendere le parti per sentir pronunciare i provvedimenti temporanei e urgenti, in un momento in cui, anche in assenza di situazioni di pericolo o di violenza, la convivenza familiare diventa difficile perché la crisi è conclamata e l’iter giudiziale in essere?
Quanto peserà l’intervento di tanti soggetti esterni, (coordinatore genitoriale, curatore speciale del minore), figure che possono essere preziose in situazioni gravi, ma che, nella patologia della famiglia, rischiano di dare ai figli la percezione di inadeguatezza dei loro genitori che vengono considerati inidonei a rappresentarli? La soluzione adottata in precedenza di ricorrere all’affido esclusivo in determinate situazioni, non salvaguarderebbe l’immagine di un genitore, agli occhi del bambino?
E per quanto concerne la separazione e il divorzio, non merita maggior tutela il coniuge incolpevole che li subisce? Per quale motivo colui che li propone trae un vantaggio, e chi aveva fatto affidamento sulla prosecuzione del progetto di vita comune si trova più rapidamente e fortemente costretto a subire una scelta divisiva così deflagrante?
Rimane quindi solo il prendere atto di una scelta che sembra aver accantonato la finalità di favorire la salvaguardia della famiglia unita anche e soprattutto nell’interesse dei figli.
Margherita Prandi Borgoni