In data odierna, con sentenza n. 132/2025, la Corte costituzionale dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 579 del codice penale, sollevata dal Tribunale di Firenze, e discussa all’udienza dell’8 luglio scorso. La questione era stata sollevata perché l’art. 579 del codice penale, punendo l’omicidio del consenziente, vieta l’atto eutanasico compiuto dal terzo nei confronti della persona che si trova nelle condizioni per accedere al suicidio assistito, ma per impossibilità fisica o mancanza degli strumenti, non può procedervi in autonomia e chiede sia un terzo a darle la morte. 

La Corte dichiara la questione inammissibile dal momento che il Giudice di Firenze «non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti e per tale ragione le questioni sono inammissibili». 

Gli avvocati Mario Esposito e Carmelo Leotta, difensori della signora Maria e del signor Vanny, intervenienti affetti da patologie irreversibili e sottoposti a trattamenti di sostegno vitale, contrari all’introduzione dell’eutanasia e ammessi come parti al processo costituzionale all’udienza dell’8 luglio scorso, manifestano soddisfazione per la decisione. La Corte, infatti, non solo ha dichiarato la questione inammissibile e non ha introdotto l’eutanasia in Italia, ma nella sua decisione ha tenuto in alta considerazione i rilievi fatti dagli stessi malati che, a seguito del suicidio assistito del Sig. Daniele Pieroni, avvenuta in Toscana per via endovenosa, avevano rappresentato con le memorie difensive depositate alla Corte, che fosse del tutto incerta e non pienamente verificata l’indisponibilità della pompa infusionale per fare il suicidio, circostanza di fatto su cui si fondava la questione di legittimità costituzionale, oggi dichiarata inammissibile. 

Nonostante l’esito del giudizio, gli intervenienti ritengono che possa e debba essere oggetto di un complessivo ripensamento critico l’affermazione contenuta nella sentenza oggi depositata, secondo cui la persona che intenda accedere alla morte medicalmente assistita sarebbe titolare di un «diritto di essere accompagnata dal Servizio sanitario nazionale nella procedura di suicidio medicalmente assistito, diritto che, secondo i principi che regolano il servizio, include il reperimento dei dispositivi idonei, laddove esistenti, e l’ausilio nel relativo impiego». Tale affermazione, assente nelle sentenze n. 242/2019, 135/2024 e 66/2025 della Corte Costituzionale, si palesa, infatti, in evidente contraddizione con le disposizioni della legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, che, per legge, «è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio». 

Roma, 25 luglio 2025 

Avv. Prof. Mario Esposito marioesposito@mac.com 

Avv. Prof. Carmelo Leotta avvocato@carmeloleotta.it (mob. 3487152626) 

Share