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Nota alla sentenza Dobbs, State Health Officer of the Mississippi Department of Health, et al. v. Jackson Women’s Health Organization et. al. del 24 giugno 2022.

(Seconda parte)

Cosa ha detto la Corte Suprema in Dobbs: opinione maggioritaria, concorrenti e dissenso.

  1. L’opinione della Corte

Il caso che ha dato origine alla sentenza in esame è da solo sufficiente a mostrare l’assurdità della situazione che la corte stessa aveva generato nel tentativo di salvare Roe e il diritto all’aborto. In questione vi era la legalità di una legge del Mississippi[1], secondo la quale l’aborto non poteva effettuarsi successivamente al termine di quindici settimane (quarto mese di gravidanza), salvo casi di emergenza medica o di grave deformità. Tale legge, che certo non sembra imporre misure draconiane, non era che l’ennesima legge statale “limitativa” della pratica abortiva che giungeva all’attenzione della corte. Si noti, leggi regolatrici, non proibitive: teoricamente lecite. Tuttavia, il menzionato vago parametro dell’undue burden stabilito da Casey era stato a lungo incapace di fornire agli stati indicazioni adeguate. Lo stesso parametro, invero, non aveva consentito il sopravvivere, solamente due anni prima, di una legge della Louisiana che imponeva ai dottori che praticavano aborti di essere anche titolari di privilegi di ammissione in vicini ospedali. Ciò, chiaramente, al fine di proteggere la salute delle pazienti.[2]

Nel redigere l’opinione della corte lo scorso giugno, il giudice Samuel Alito ha certamente posto in luce questo primo aspetto, rilevando come Casey non avesse definito concetti fondamentali quali quello di onere giusto o ingiusto, o di “substantial obstacle[3]. Con rare precisione e chiarezza, invero, il giudice redattore ha provveduto ad esporre sistematicamente e dettagliatamente tutte le ragioni per cui Roe prima e Casey poi erano state decisioni errate ed illegittime, e su tali ragioni, alcune delle quali anticipate, ci soffermeremo più in dettaglio. Come lo stesso giudice ha fatto, tuttavia, vogliamo qui anticipare le conclusioni di questa coraggiosa ma umile corte: umile perché ha saputo riconoscere un errore e tornare sui propri passi; coraggiosa perché conscia della confusione e del panico che ciò ha generato nei media di tutto il mondo.

Anzitutto:

“La costituzione non fa riferimento alcuno all’aborto e nessun diritto di tale specie è implicitamente protetto da qualsivoglia norma costituzionale, inclusa quella cui maggiormente si rifanno oggi i sostenitori di Roe e di Casey—la due process clause del quattordicesimo emendamento. Tale norma è stata ritenuta garantire alcuni diritti non menzionati nella costituzione, ma tali diritti debbono essere “profondamente radicati nella storia e nella tradizione di questa nazione ed impliciti al concetto di “ordinata libertà””.[4] 

Tuttavia,

“Il diritto all’aborto non rientra in questa categoria. Fino all’ultima parte del ventesimo secolo, tale diritto era del tutto sconosciuto al diritto americano. Invero, al momento dell’adozione del quattordicesimo emendamento, tre quarti degli stati consideravano l’aborto un crimine a qualsiasi stadio della gravidanza”.[5]

Pertanto, per le ragioni già anticipate e per quelle di seguito approfondite, e nelle parole di un Alito che cita il dissenso del fu giudice Antonin Scalia in Casey:

Roe fu egregiamente erronea sin da principio. La sua argomentazione era straordinariamente debole e la decisione ha avuto conseguenze deleterie. (…) È tempo ­di rispettare la costituzione e restituire il tema dell’aborto ai rappresentati eletti dai cittadini. ‘La liceità dell’aborto, e delle relative limitazioni, debbono risolversi come accade per le più importanti questioni nella nostra democrazia: per mezzo di cittadini che tentano di convincersi l’un l’altro e poi con il voto.’”[6]

Al voto, come noto, l’aborto è tornato. A comprovare l’erroneità di chi riteneva che la sentenza Dobbs avesse posto fine ai “diritti riproduttivi” delle donne americane bastino i risultati dei voti del novembre 2022 in Vermont[7], Michigan[8] e California[9]. Tre stati che hanno recentemente dichiarato, e in vario modo aggiunto, la sussistenza di un diritto alla “autonomia riproduttiva” entro le proprie costituzioni statali, emendandole (con ciò forse anche suggerendo l’insussistenza originaria di tale diritto). A tale proposito, prendendo ad esempio il Michigan, è interessante notare come il nuovo testo costituzionale non dichiari l’aborto diritto illimitato: il nuovo testo dispone, invece, che lo stato possa limitare tale pratica successivamente alla viabilità del feto.[10]

Ma tornando a Dobbs, la giustificazione della sua fermezza nel dichiarare Roe una decisione errata, non limitandosi alla domanda che il caso Dobbs aveva originariamente posto—ovvero se tutte le restrizioni all’aborto volontario precedenti al termine della viabilità fossero incostituzionali—può riassumersi secondo i seguenti argomenti.

La corte ha dapprima guardato alla possibilità che un diritto all’aborto fosse realmente radicato in quel concetto di “libertà” (di “ordered liberty”) protetto dal quattordicesimo emendamento, posto che ogni altra opzione—inclusi il diritto alla privacy o le “penombre” di altri emendamenti—erano già stati esclusi dalla corte medesima nel 1992. Tale punto merita forse reiterazione: che il diritto alla “privacy” non possa giustificare un fondamentale diritto all’aborto non fu escluso qualche mese fa, da parte di una corte conservatrice, ma trent’anni prima, da una maggioranza favorevole all’aborto ed al permanere di un “diritto” in tal senso.

L’indagine in merito alla “libertà” protetta dal quattordicesimo emendamento ed al suo significato ha poi costretto la Corte Suprema ad occuparsi ampiamente di storia—e di storia giuridica in particolare. Come si diceva, infatti, il contenuto di tale “libertà” deve stabilirsi, per opinione costante della giurisprudenza costituzionale[11], guardando alla storia ed alle tradizioni della nazione e verificandone “le profonde radici”[12]. Ebbene, dopo anni di confusione[13], l’opinione della corte ha chiarito come né in common law né nel diritto nordamericano l’aborto fosse “diritto”. Non prima del 1973.

In common law, l’aborto costituiva crimine almeno in alcuni stadi della gravidanza. Negli stati americani, la punibilità fu estesa nel corso del 1800.[14]Al tempo dell’approvazione del quattordicesimo emendamento, tre quarti degli stati consideravano l’aborto un crimine a qualsiasi stadio della gravidanza.[15]

“Questo consenso durò fino al giorno in cui Roe fu decisa. Roe ha ignorato oppure contraffatto la storia, e Casey si rifiutò di riconsiderare l’erronea analisi storica di Roe”,[16] scrive Alito.

Il motivo per cui Dobbs ha dedicato ampia parte della decisione alla minuziosa citazione delle fonti che confermano la criminalizzazione dell’aborto ante 1973, che parrebbe ovvia, è inoltre di particolare interesse. La corte ha infatti voluto così rispondere e rimediare alla gravemente erronea comprensione di quella stessa storia che Roe v. Wade aveva trasformato in “nuova ortodossia.”[17]

In particolare, a causare la confusione storica che persuase il giudice Blackmun e la sua corte, e troppe corti dopo di loro—confusione che Dobbs denuncia apertis verbis e che risolve—fu assai probabilmente uno scritto del 1968 del professore Cyril Means, secondo il quale (diversamente da quanto sostenuto dai giuristi pro-choice prima di lui) i crimini di aborto del passato non proteggevano la vita nascente ma le donne e la loro salute. Qualche anno più tardi, lo stesso autore scrisse un articolo nel quale sostenne, in maniera assai originale, che l’aborto non fosse nemmeno un crimine in common law. Quel che Means mancò di rivelare, fu che tale secondo articolo era indirizzato a consiglio della organizzazione pro-aborto NARAL[18]. Non sorprenderà, peraltro, che tale “storia dell’aborto” non fosse corretta. Come Dobbs documenta in dettaglio, citando numerosi studi, e come Alito conclude, infatti:

[N]onostante le fonti di common-law differiscano quanto alla gravità della pena inflitta per aborti commessi in diversi momenti della gravidanza, nessuna approvava la pratica. Inoltre, non siamo a conoscenza di alcun caso o fonte di common law, né le parti ne hanno indicato alcuno, che lontanamente suggeriscano l’esistenza di un “diritto positivo” al procurare un aborto in qualunque stadio della gravidanza”.[19]

In common law, in particolare, numerose fonti confermano la natura criminale dell’aborto quantomeno successivamente al “quickening”: ovvero alla possibilità di percepire movimenti del nascituro, solitamente collocato tra la sedicesima e la diciottesima settimana[20]. Tale è l’opinione di tutte le massime autorità di common law, come Blackstone, Coke e Hale, riporta la Corte Suprema. Quanto al diritto nordamericano, Dobbs non manca di elencare le fonti a conferma della criminalizzazione dell’aborto anche nel nuovo mondo; criminalizzazione durata sino alla decisione in Roe e vera già nei pochi casi pervenuti di epoca coloniale.[21] “In questo Paese”, scrive Alito, “nel corso del XIX secolo la grande maggioranza degli stati approvarono leggi che rendevano l’aborto crimine per tutta la durata della gravidanza”[22] (ed anche prima del quickening). Inoltre, lo stesso trend, che estendeva la punizione ai primi stadi della gravidanza—grazie a una scienza medica capace ora di determinare l’avvenuto concepimento molto prima, e forse anche a un maggior rispetto per la vita nascente all’interno della classe medica—si verificava nei territori che sarebbero poi divenuti gli ultimi tredici stati.[23] Conclude quindi Alito, che:

“Questo sovrabbondante consenso durò fino al giorno in cui Roe fu decisa. A quella data, e per ammissione della stessa corte in Roe, una maggioranza sostanziale—30 stati—ancora proibivano l’aborto ad ogni stadio salvo esso si rendesse necessario per salvare la vita della madre.”[24]  

Si noti, infine, che come rilevato da Joseph Dellapenna, studioso citato ampiamente in Dobbs quale autore di un libro che già nel 2006 aveva diffusamente denunciato e corretto i falsi storici di Roe e Casey[25], vi è addirittura prova di un memorandum che uno degli avvocati coinvolti nella questione di legittimità che portò alla pronuncia di Roe v. Wade, l’attivista per il diritto all’aborto Roy Lucas, ricevette da un collega. Il memorandum (o nota) definiva le conclusioni storiche di Cyril Means “difficili da credere”, aggiungendo:

Tuttavia, posto che ciò che conta è vincere il processo, non importa come, suppongo di essere d’accordo con la tecnica di Means: cominciare con un tentativo erudito di ricerca storica; se non funziona, falsificarlo il necessario; scrivere un pezzo talmente lungo che altri ne leggeranno solamente introduzione e conclusione; poi continuare a farvi riferimento fino a che le corti stesse non lo citino. Questo preserva le parvenze di un sapere imparziale promuovendo al contempo giusti scopi ideologici.”[26]

Chiaritasi la non difendibilità storica del diritto all’aborto proposta in Roe, la  Corte ha sottolineato che, sotto diverso profilo, il “mystery passage” di Casey “proverebbe troppo”. Se davvero ogni uomo fosse titolare del diritto di decidere per se stesso e senza limite, “in base a un proprio concetto di esistenza”, cosa sia lecito e cosa non lo sia, difficile sarebbe proibire o limitare fenomeni quali la prostituzione, la pornografia, o l’utilizzo di stupefacenti, tanto a livello federale quanto all’interno dei singoli stati.[27]

Esclusa quindi l’ampia interpretazione del quattordicesimo emendamento proposta in Casey, e costantemente ribadita dalla corte nei casi successivi[28], Dobbs doveva procedere a provare l’inapplicabilità al caso del diverso principio giurisprudenziale dello “stare decisis”, ovvero del “rispetto del precedente”.

Tale principio, assai importante nella decisione del 1992, non è infatti privo di pregnante valore, sia giuridico che istituzionale. Come lo stesso Alito sottolinea, esso serve molteplici e nobili scopi, proteggendo il legittimo affidamento dei cittadini, incoraggiando giudizi imparziali, costringendo e limitando un’hubris giudiziale che non voglia considerare il passato e la storia. Tuttavia, “non si tratta di comando inesorabile”, ricorda lo stesso giudice citando precedenti della stessa corte. Com’è noto, tra le più famose e “giuste” sentenze della Corte Suprema vi sono proprio dei “ribaltamenti”: si pensi, fra tutte, a Brown v. Board of Education, del 1954,[29] sentenza che sconfessando la vergognosa Plessy v. Ferguson[30]del 1896 pose fine alla segregazione razziale. [31]

Per giungere alla recente pronuncia, ed al “ribaltamento” di Roe, la corte si è quindi soffermata su tutti i fattori che giustificano l’abbandono di un precedente giurisprudenziale, identificandone cinque in particolare: la natura dell’errore commesso, la qualità dell’argomentazione, la “operabilità” (“workability”) della regola posta dal precedente, il suo effetto in altre aree del diritto e il legittimo affidamento.

Quanto al primo criterio, Dobbs ha ritenuto che l’errore commesso in Roe fosse stato così grave da causare un vero e proprio corto-circuito nel processo democratico[32]. A partire dal 1973, i cittadini americani erano stati privati della possibilità di persuadere i propri rappresentanti e i propri concittadini rispetto al valore della difesa della vita prenatale. L’opinione del 1992, in seguito, ritenne ed affermò di aver restituito la questione ai cittadini, ma aveva invece deciso quale fosse la parte vincitrice del dibattito.[33]

Relativamente alla qualità dell’argomentazione giuridica, poi, Dobbs non mostra misericordia. La corte del 1973 si era resa colpevole non solo dell’invenzione di un diritto inesistente, ma aveva anche redatto un vero e proprio pezzo di legislazione[34]: aveva predisposto uno schema trimestrale non desumibile dal testo costituzionale o da qualsivoglia altra fonte legittima; ed aveva fornito spiegazioni che dovrebbero attendersi da parte di un organo o di una commissione legislative. Nel 1992, in Casey, aveva riproposto il termine della viabilità quale momento di discrimine: termine che non ha tuttavia fondamento giuridico, filosofico o scientifico[35]; che dal punto di vista medico è labile e mobile nel tempo e geograficamente.[36]  In Casey, infine, la corte si era “rifiutata di riaffermare o aveva negato importanti aspetti dell’analisi di Roe, aveva mancato di rimediare a lampanti mancanze del suo argomentare, supportato quello che definì il giudizio centrale di Roe suggerendo al contempo che una maggioranza non lo trovasse corretto, fornito nessun altra giustificazione per il diritto all’aborto che il permanere di Roe quale precedente ed imposto un nuovo e problematico test [quello dell’undue burden]senza solido fondamento nel testo costituzionale, nella storia, o nel precedente”[37].

Il terzo criterio individuato dalla corte, ritenuto non soddisfatto nel caso concreto, consiste nella “workability” del precedente—ovvero nella misura in cui la regola in esso contenuta sia o possa essere compresa ed applicata in maniera coerente, oggettiva e prevedibile. A tale riguardo, come già si diceva, “i problemi cominciano con il concetto stesso di undue burden”[38] che è inerentemente “privo di standard”[39]; e peggiorano se si guarda alle regole sussidiarie delineate dalla stessa corte in Casey, secondo la quale l’incostituzionalità di una legge restrittiva dell’accesso all’aborto sarebbe derivata dal suo costituire “ostacolo sostanziale”—senza però precisare cosa sia “sostanziale” e cosa no—ovvero per l’imporre “regole mediche non necessarie”: anche qui senza stabilire se o come definire cosa sia necessario e cosa no. “L’esperienza delle Corti d’Appello”, corti federali adite prima che un caso possa giungere alla Corte Suprema, “fornisce ulteriore prova che la demarcazione stabilita da Casey tra limiti permissibili e incostituzionali si è rivelata impossibile da delineare con precisione” [40].

In quarto luogo, per poter ribaltare un precedente la corte deve valutare l’effetto che esso ha generato e genera in altre aree del diritto. Da questo punto di vista, Dobbs ha rilevato che Roe e Casey hanno distorto molte altre dottrine giurisprudenziali. In particolare, i casi relativi all’aborto hanno: 1) diluito il rigido standard delle questioni costituzionali dirette, 2) ignorato la dottrina della corte relativa alla capacità di terze parti di stare in giudizio, 3) violato i principi standard della res judicata, 4) disprezzato le regole ordinarie sulla scindibilità delle norme incostituzionali e sul dovere di evitare una lettura delle norme che ne comporti l’incostituzionalità; 5) distorto il significato del primo emendamento.[41]

Infine, quinto criterio è quello che in italiano chiamiamo “legittimo affidamento”, il reliance interest: il modo e la misura in cui i cittadini americani abbiano già determinato le proprie scelte in base alla regola posta dal precedente. Anche qui, Dobbs non lascia spazio a dubbi. Già Casey, invero, aveva concesso che di vero e proprio “affidamento” non si potesse parlare. Secondo costante giurisprudenza costituzionale, infatti, detto affidamento si ritiene sussistente solo nei casi in cui “programmi anticipati di grande precisione sono necessari”, mentre l’aborto è notoriamente scelta non programmata. Casey aveva tuttavia ritenuto sussistente un affidamento “indiretto”, sostenendo che gli americani basassero le proprie scelte “intime” contando comunque sulla possibilità di abortire nel caso in cui la contraccezione fallisse. A ciò Casey aggiunse il triste riferimento all’affidamento delle donne che potevano partecipare alla vita economica della Nazione grazie al controllo della propria riproduttività. Come se i figli fossero solo delle donne—e come se l’aborto fosse sinonimo di uguaglianza. Nemmeno a questo proposito, tuttavia, Dobbs si è pronunciata in termini morali.

La Corte di Alito ha invece ritenuto che tanto chi è a favore della vita quanto chi è a favore dell’aborto disponga di argomenti convincenti.

Pertanto, non esistendo un diritto federale all’aborto, e poiché “la Corte non possiede ne’ le conoscenze ne’ l’autorità per decidere tali questioni” – riguardo all’effetto dell’aborto sulla vita delle donne o allo status del feto – “la nostra decisione restituisce il tema dell’aborto a quei corpi legislativi, e consente alle donne di entrambi gli schieramenti di cercare di esercitare il proprio effetto sui processi legislativi influenzando l’opinione pubblica, facendo lobbying sui legislatori, votando e facendosi votare.”[42]

Una volta stabilito che lo “stare decisis” non merita rispetto nel caso concreto, la corte si è anche occupata di chiarire che quanto paventato dai media del mondo intero non ha ragione di essere. In particolare, checché ne dicano le televisioni, questo capovolgimento non comporta dubbi in merito alla tenuta di altri precedenti e diritti. In particolare, la corte non ha di per sé rifiutato la disciplina del substantive due process (che come abbiamo spiegato anima di contenuto la “libertà” protetta dal quattordicesimo emendamento), che era servito anche a giustificare il diritto al matrimonio tra persone di razze diverse, prima, e tra persone dello stesso sesso, poi. Il rischio che tali diritti vengano negati non emerge quindi dalla sentenza—scrive Alito—aggiungendo che solamente l’aborto coinvolge due soggetti, ponendo termine a una vita.[43]

Dobbs ha infine ritenuto non ficcanti le considerazioni riguardanti il potenziale significato “politico” della decisione, sollevate da chi riteneva che un cambio di rotta avrebbe minato il ruolo istituzionale della corte e il prestigio dei giudici. Pur concedendo l’importanza di come le decisioni siano percepite dai cittadini, la Corte Suprema ha sottolineato che essa non può fondare i propri giudizi sulle reazioni del pubblico. Ha inoltre rilevato che ben ventisei stati avevano già chiesto il capovolgimento di Roe e di Casey, a conferma che negli Stati Uniti non vi sarebbe “una” opinione pubblica che la corte dovrebbe rispettare. 

In conclusione, poiché l’aborto non costituisce diritto costituzionale fondamentale, i singoli stati sono oggi nuovamente liberi di regolarlo e di proibirlo per ragioni legittime e tali leggi sono sottoposte non già allo “strict scrutiny”, che si applica a tutti i diritti fondamentali quali quello di libera espressione o religione, ma soltanto a una “rational basis review”.[44] In altre parole, norme statali proibitive o limitatrici dell’aborto saranno valide ove a) animate da un legittimo interesse statale e b) sussista una logica connessione tra gli strumenti adottati ed il fine delle prescrizioni.

Ciò chiarito, la corte ribadisce, e si spera che anche i media italiani comprendano, che essa in nessun modo nega agli stati la potestà di attribuire alle donne il diritto di abortire. Semplicemente, restituisce ai cittadini il potere di decidere in merito a una questione morale tanto delicata.

2. Le opinioni concorrenti e il dissenso.

Merita a questo punto dedicare qualche breve riflessione a quel dissenso che abbiamo in qualche modo menzionato ed evocato, a firma dei giudici Stephen Beyer, Sonia Sotomayor, ed Elena Kagan; alle opinioni concorrenti dei giudici Clarence Thomas e Brett Kavanaugh, ed a quella concorrente nel giudizio soltanto del Chief Justice John Roberts. Da queste ultime cominceremo ed in particolare da quella del Chief Justice: carica giudiziaria più prestigiosa d’America, di nomina presidenziale e con mandato a vita.

Cominciamo da Roberts anche perché le sue posizioni in tema d’aborto, e soprattutto di rispetto del precedente, erano assai temute da chi auspicava questo ribaltamento. Nel recente caso del 2020, infatti, il già citato June Medical Services,[45]il giudice cattolico si era schierato a favore del precedente, concorrendo al giudizio di incostituzionalità della legge della Louisiana che richiedeva ai medici che praticassero aborti di essere in possesso di licenze di ammissione in vicini ospedali. Anche in Dobbs, invero, Roberts non ha mancato di affermare che egli avrebbe preservato Roe e Casey, optando per una soluzione meno radicale. In particolare, egli ha sostenuto l’esistenza di un diritto costituzionale all’aborto; ma un diritto che sarebbe “ridotto” rispetto a quello proclamato da tali pronunce: limitato cioè alla “ragionevole opportunità di decidere” da parte della donna[46]. In cosa consista e come debba definirsi tale ragionevole opportunità, tuttavia, non è meglio chiarito: più o meno come l’undue burden. L’opinione maggioritaria, in effetti, affronta direttamente la posizione di Roberts ed afferma che la sua adozione avrebbe comportato l’insorgere di un ulteriore fiume di questioni costituzionali.[47] Roberts, infine, si dichiara insicuro circa l’equivalenza costituzionale di un divieto di abortire che cominci alla quindicesima settimana ed uno che valga dal momento del concepimento.[48]

Diversamente da Roberts, l’opinione concorrente del giudice Kavanaugh abbraccia e conferma ogni aspetto della decisione redatta da Alito, limitandosi a specificare che la pronuncia della Corte è fondata su un principio soltanto: quello di neutralità della Costituzione in tema di aborto[49].

A mio parere, in tema di aborto, la Costituzione non è né pro-life né pro-choice. La Costituzione è neutrale e questa Corte deve allo stesso modo essere scrupolosamente neutrale.[50]

Neutralità che la Corte deve rispettare e che Dobbs ha restaurato. Egli chiarisce, inoltre, un aspetto della pronuncia troppo spesso sfuggito agli occhi inesperti menzionati all’inizio e che si deve qui ribadire: la Corte Suprema non ha in alcun modo reso illegale o proibito l’aborto negli Stati Uniti.

Rispetto chi si batte per tale posizione”, scrive Kavanaugh, “così come rispetto chi sostiene che questa corte dovrebbe ritenere che la costituzione rende leciti in tutti gli Stati Uniti gli aborti anteriori alla viabilità. Entrambe le posizioni sono errate in termini di materia costituzionale.”[51]

E ancora:

“La costituzione non attribuisce a nove membri non eletti di questa corte l’autorità unilaterale di riscrivere la costituzione per creare nuovi diritti e libertà basati sulle nostre opinioni morali o politiche.”[52]

Merita infine rilevare come il giudice Kavanaugh abbia ribadito sia la non tenibilità di precedenti stabiliti da decisioni “egregiamente erronee” sia l’infondatezza delle paure riguardanti la fine di “altri diritti”—e in particolare di quello al matrimonio tra persone dello stesso sesso:

“Enfatizzo quel che la Corte oggi ha sancito: il ribaltamento di Roe non significa ribaltamento di quei precedenti e non minaccia né mette in dubbio la loro tenuta.”[53]

È piuttosto e soltanto la posizione del giudice Thomas, la più discussa, quella che potrebbe in qualche modo spaventare gli attivisti dei “nuovi diritti”[54]. Anche in questo caso, tuttavia, i timori vanno mitigati alla luce della verità. Se è vero, infatti, che il giudice Thomas non ha mai ritenuto che il diritto, fra gli altri, al matrimonio tra persone dello stesso sesso fosse desumibile dalla costituzione, ciò non significa, e lo stesso vale in tema di aborto, che esso debba anche essere impedito all’interno degli stati membri. Lungi dall’esprimere giudizi morali, infatti, il giudice Thomas critica soltanto “la fonte” di tali diritti, ovvero quella dottrina del “substantive due process” di cui già si è parlato. Dottrina che ha consentito il riconoscimento di diritti non menzionati nella Bill of Rights e che rischia di essere strumento “legislativo” nelle mani della corte.

Thomas ritiene tale dottrina un ossimoro, priva di base costituzionale[55],  ed individua tre pericoli derivanti dalla sua adozione. Il primo consiste nel fatto che essa “esalta” il ruolo dei giudici alle spese del Popolo da cui essi derivano i propri poteri. In secondo luogo, tale dottrina distorce altre aree del diritto, divenendo strumento per imporre o promuovere particolari diritti, ritenuti fondamentali dalla corte ma non necessariamente tali. Infine, essa è spesso destinata a condurre a tragiche conclusioni, come era stato in tema di schiavitù[56] e come è vero nel caso dell’aborto, avendone legittimati milioni. La costituzione federale, ritiene Thomas, tutela “un giusto processo”, non dei contenuti di libertà.[57] Tutela la libertà, la vita e la proprietà privata, imponendo agli stati di adottare misure “giuste” ma non definendo quella libertà ed i suoi contenuti.

Lo stesso giudice stesso conferma e ribadisce, tuttavia, che Dobbs non minaccia la tenuta degli altri precedenti, relativi a diversi diritti[58]. Egli invita, invece, la corte a rivedere tale dottrina in casi futuri. E forse fotografando in maniera perfetta la realtà giuridica degli ultimi cinquant’anni, definisce il diritto all’aborto “uno scopo di politica sociale alla disperata ricerca di una giustificazione costituzionale[59].

Da ultimo, sia pur brevemente, merita guardare al dissenso a firma dei giudici pro-choiceBreyer, Sotomayor e Kagan.

I tre giudici in particolare, e come è logico, ritengono che l’aborto sia diritto costituzionale: essi mancano però di offrire argomenti prettamente legali a giustificazione di tale tesi. In vario modo, i giudici dissenzienti si riferiscono alla uguaglianza delle donne, ed alle libertà che questa sentenza negherebbe alle meno abbienti[60]: che non potranno abortire e che quindi non potranno liberamente “partecipare alla vita economica della Nazione”[61]:

“Senza la possibilità di decidere se e quando avere figli, le donne non possono decidere—nel modo in cui gli uomini danno invece per scontato—come vivere la propria vita, e come contribuire alla società che le circonda[62].

Sembra interessante, a tale proposito, il parallelo tra queste tesi ed il diritto a una vita familiare ed alla maternità sanciti dall’articolo 37 della nostra Costituzione: soprattutto dove essa afferma che “Le condizioni di lavoro devono consentire [alla donna] l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.” Non viceversa.

Come ancora è prevedibile, essi ampiamente e strenuamente difendono l’idea che il precedente, lo “stare decisis” debba essere rispettato[63]; e condannano l’idea che il quattordicesimo emendamento debba leggersi attraverso gli occhi ed in base alle intenzioni di chi lo aveva ratificato.[64] In altri termini, essi negano la validità di quella dottrina interpretativa della costituzione che è ora forse dominante in America: il cosiddetto “originalismo”[65]. Il dissenso non ritiene, inoltre, che l’opinione maggioritaria sia “neutrale”: “la corte non agisce neutralmente quando lascia tutto in capo agli stati. Al contrario, la corte agisce con neutralità quando protegge i diritti da qualunque intruso.”[66] Concentrandosi sull’importanza dell’autonomia della donna e sull’importanza dei suoi “diritti riproduttivi”, tuttavia, i giudici dissenzienti non si preoccupano di tutelare il frutto del concepimento, impedendo anche agli stati di schierarsi a favore di quest’ultimo. È dunque in qualità di figli, ben prima che di giuristi, che ci si potrebbe sentire trascurati. Come lo stesso dissenso sottolinea—al fine di difendere il diritto all’aborto—solamente il 45% delle nascite in America sono “programmate”. Se immaginiamo che questo dato sia vero, un facilissimo accesso all’aborto potrebbe eliminare quasi la metà di coloro che, grazie ad Alito e alla sua maggioranza, leggeranno la sentenza.[67]

Quanto poi alla possibilità di affidare ad altri i figli non voluti, dandoli in adozione, o addirittura di abbandonarli senza incorrere in alcun illecito, grazie all’esistenza, in tutti cinquanta gli stati americani, delle cosiddette “Safe Havens Laws,”[68] il dissenso sottolinea, in una nota, che solamente il 9% delle donne cui è stato negato di accedere all’aborto e che abbia partorito darebbe il figlio in adozione.[69] A parere di chi scrive, il dato non sembra suggerire un “detrimento” … ma l’esistenza di una relazione tra madre e figlio che supera le difficoltà economiche, emotive, psicologiche o sociali.

Conclusione.

Questo scritto non può concludersi se non ponendo al lettore le due seguenti domande: cosa abbia reso possibile un capovolgimento giurisprudenziale tanto epocale in una nazione tanto progressista; e come sia possibile tanta confusione a livello mediatico e politico in merito a quanto realmente avvenuto a Washington D.C. lo scorso giugno.

Quanto alla prima questione, la risposta è al tempo stesso ovvia e difficile da accettare in un’Europa tanto burocratizzata e spersonalizzata. Il capovolgimento di Roe v. Wade è stato infatti reso possibile da legioni di cittadini—professionisti, insegnanti, medici, giuristi, madri, infermiere, attori, cantanti di ogni credo, colore ed estrazione sociale—che per quarantanove ininterrotti anni hanno continuato a leggere e parlare di aborto, di giurisprudenza costituzionale e di diritto alla vita. Individui e famiglie che hanno donato tempo, denaro e risorse alla restaurazione di un ordine democratico, che non hanno smesso di testimoniare in ogni possibile consesso non soltanto il loro favore alla vita, ma anche al rispetto di stretta legalità e sovranità statali. Legalità e sovranità che sarebbero assai utili anche in Europa. Quanto alla seconda, la riposta potrebbe echeggiare il testo del memorandum relativo alla ricostruzione della storia dell’aborto proposta da Cyril Means… Oppure servire da richiamo: ricordandoci di non credere a tutto ciò che i media raccontano.

Resta da chiedersi, come menzionato in apertura, se la Corte avrebbe potuto o dovuto spingersi oltre e dichiarare che la vita del concepito è bene giuridicamente tutelato anche negli Stati Uniti dalla stessa costituzione federale[70]. Tema che merita ulteriore approfondimento e discussione, ma che per ora è doveroso rimandare.

Marianna Orlandi, Ph.D.*


[1] Mississippi Gestational Age Act, Miss. Code Ann. §41-41-191(4) (b) (2018).

[2] Supreme Court of the United States, June Medical Services L. L. C. et al. v. Russo, 591 U.S. (2020).

[3] Dobbs, 597 U.S. (2022), in part. pp. 56-59.

[4] 597 U.S. (2022), 5, con riferimento a Washigton v. Glucksberg, 521 U.S. 702, 721, (1997).

[5] Ibidem.

[6] Ibid, p.6.

[7]Vedi in proposito: https://ballotpedia.org/Vermont_Proposal_5,_Right_to_Personal_Reproductive_Autonomy_Amendment_(2022).

[8] Vedi: https://ballotpedia.org/Michigan_Proposal_3,_Right_to_Reproductive_Freedom_Initiative_(2022)

[9]California voters enshrine right to abortion and contraception in state constitution”, 9.11.2022, NPR, online: https://www.npr.org/2022/11/09/1134833374/california-results-abortion-contraception-amendment-midterms.

[10] In particolare, vedi Articolo 1, Sezione 28, Right to Reproductive Freedom, recentemente aggiunto all Articolo I della Costituzione del Michigan, e in particolare par. 3: “Notwithstanding the above, the state may regulate the provision of abortion care after fetal viability, provided that in no circumstance shall the state prohibit an abortion that, in the professional judgment of an attending health care professional, is medically indicated to protect the life or physical or mental health of the pregnant individual.”

[11]In deciding whether a right falls into either of these categories, the Court has long asked whether the right is “deeply rooted in our history and tradition” and whether it is essential to our Nation’s “scheme of ordered liberty”, Dobbs, 597 U.S., 12 (2022)

[12] Una libertà protetta dalla Due Process Clause del XIV emendamento si ritiene fondamentale se “implicita al concetto di ordered liberty” (Palko v. Connecticut, 302 U. S. 319, 325 (1937)) in Snyder v. Massachusetts, 291 U. S. 97 (1934), la corte menzionava un “principio di giustizia talmente radicato nelle tradizioni e nella coscienza della nostra gente da essere ritenuto fondamentale” (id., 105). La stessa espressione fu utilizzata in Michael H. v. Gerald D., 491 U. S. 110, 122 (1989).

[13] Confusione che gli accademici avevano messo in luce ormai da molti anni. Vedi, tra tutti, J.W. Dellapenna, Dispelling the Myths of Abortion History, 2006, citato dalla stessa majority opinion in Dobbs, 597 U.S. (2022), p. 27.

[14] La rilevanza del common law vigente nel Regno Unito deriva dal fatto che il diritto nordamericano ne è evoluzione storica diretta.

[15] 597 U.S. 2022, pp. 16 – 30.

[16] Ibid, p. 16.

[17] L’espressione “The ‘New Orthodoxy’ of Abortion History” è presa da J. Keown, A Review of Dispelling the Myths of Abortion History, di J. Dellapenna, Journal of Law, Medicine & Ethics, Summer 2007, p. 325. 

[18] Vedi, Dellapenna, op. cit; e J. Keown, The Law and Ethics of Medicine: Essays on the Inviolability of Human Life, Oxford, 2012; in part. cap. 5, Back to the future of abortion law: Roe’s rejection of America’s history and legal traditions, pp. 109-144.

[19] 597 U.S. (2022) pp. 19, 20, traduzione nostra (l’originale recita: “In sum, although common-law differed on the severity of punishment for abortions committed at different points in pregnancy, none endorsed the practice. Moreover, we are aware of no common-law case or authority, and the parties have not pointed to any, that remotely suggests a positive right to procure an abortion at any stage of pregnancy”.)

[20] Ibid, p. 16-20, con riferimenti ulteriori in note.

[21] Ibid, p. 21.

[22] Ibid, p.23.

[23] Ibid, p. 24.

[24] Ibidem.

[25] J. W. Dellapenna, Dispelling the Myths of Abortion History, supra nota 51.

[26] Ibid., p. 684. Traduzione nostra.

[27] Dobbs, 597 U.S. (2022), p. 32.

[28] Vedi, in particolare,il caso Webster v. Reproductive Health Services, del 1989,in cui 281 professori di storia firmarono una amicus curiae titolata “Historians’ Brief” (“memoria degli storici”), che supportava la ricostruzione storica proposta da Blackmun e che citava i lavori di Means e di James Mohr. Brief of 281 American Historians as Amici Curiae Supporting Appellees in Webster v. Reproductive Health Services, 492 U.S. 490 (1989).

[29] 347 U.S. 483 (1954).

[30] 163 U.S. 537 (1896).

[31] Riferimenti agli altri capovolgimenti giurisprudenziali della Corte Suprema si trovano nella stessa Dobbs, 597 U.S. (2022), in particolare nota 48, p. 41. La lista non è esaustiva.

[32] Ibid, p. 44 (“Roe was on a collision course with the Constitution from the day it was decided, Casey perpetuated its errors, and those errors do not concern some arcane corner of the law of little importance to the American people”).

[33] Ibidem.

[34] Ibid, pp. 47-49.

[35] Termine proposto anche in Roe e che il professore Laurence Tribe, favorevole all’aborto volontario, ritenne ingiustificato e definite nei termini di un sillogismo. Ibid, p. 50.

[36] Ibid, pp. 51-53 (“The most obvious problem with any such argument is that viability is heavily dependent on factors that have nothing to do with the characteristics of a fetus. One is the state of neonatal care at a particular point in time (…) Viability also depends on the ‘quality of the available medical facilities’”, p. 53).

[37] Ibid, p. 56, traduzione nostra.

[38] Ibid, P. 57.

[39] Ibidem, con riferimento alle parole di Antonin Scalia in Casey e del giudice Gorsuch nella piu’ recente June Medical Services, 591 U.S., 2020.

[40] Ibid, p. 60, riferimenti omessi.

[41] Ibid, p. 63.

[42] Ibid, p. 65.

[43] Ibid, p. 66 (“Unable to show concrete reliance on Roe and Casey themselves, the Solicitor General suggests that overruling those decisions would threaten the Court’s precedents holding that Due Process Clause protects other rights (…) That is not correct for reasons we have already discussed. As even the Casey plurality recognized, “abortion is a unique act” because it terminates “life or potential life” (…). And to ensure that our decision is not misunderstood or mischaracterized, we emphasize that our decision concerns the constitutional right to abortion and nor other right. Nothing in this opinion should be understood to cast doubt on precedents that do not concern abortion.” Traduzione nostra: “Incapace di mostrare diretto fondamento in Roe e Casey, l’Avvocato Federale suggerisce che il capovolgimento di tali sentenze minaccerebbe i precedenti della corte in base ai quali il due process protegge altri diritti (…). ciò non è esatto per ragioni che abbiamo già discusso. Come anche riconosciuto dalla pluralità in Casey, “l’aborto è atto unico nel suo genere” perché’ pone fine a una “vita attuale o potenziale” (…). Affinché la nostra decisione non sia erroneamente compresa o descritta, sottolineiamo che la nostra pronuncia concerne il diritto costituzionale all’aborto e nessun altro diritto. Niente in questa opinione può interpretarsi al fine di porre in questione precedenti che non abbiano a che fare con l’aborto.”)

[44] Ibid, p. 77.

[45] 591 U.S. (2020).

[46]That right should therefore extend far enough to ensure a reasonable opportunity to choose, but need not extend any further—certainly not all the way to viability,” Dobbs, 597 U.S., Roberts, C. J., concurring in judgment, pp. 1-2.

[47] Dobbs, 597 U.S. (2022), pp. 72,73.

[48] “I am not sure, for example, that a ban on terminating a pregnancy from the moment of conception must be treated the same under the Constitution as a ban after fifteen weeks.”, Dobbs, 597 U.S., Roberts, C. J.,p. 12.

[49] “In sum, the Constitution is neutral on the issue of abortion and allows the people and their elected representatives to address the issue through the democratic process.” 597 U.S. (2022), Kavanaugh, J., concurring, p. 5.

[50] Ibid, p. 12, traduzione nostra.

[51] Ibid, p. 3.

[52] Ibid, p. 5.

[53] Ibid., p. 10.

[54] 597 U.S. (2022), Thomas, J., concurring, pp. 1-7.

[55]As I have previously explained, “substantive due process” is an oxymoron that “lacks any basis in the Constitution”, ibid., p. 2, riferimenti omessi.

[56] Il riferimento è a una interpretazione del substantive due process secondo la quale il Congresso non avrebbe avuto il potere di emancipare gli schiavi condotti nei territori federali. Ibid, p. 6.

[57] Ibid, pp. 1,2 (“Because the Due Process Clause does not secure any substantive rights, it does not secure a right to abortion.”, p. 2).

[58]Thus, I agree that ‘nothing in the Court’s opinion should be understood to cast doubt on precedents that do not concern abortion’”, ibid, p. 3.  

[59] Ibid, p. 5.

[60] Ibid, Dissenting opinion, p. 50. Qui il dissenso fornisce numeri relativi all’aborto che dovrebbero allarmare proprio chi si batte per l’uguaglianza: negli Stati Uniti, la metà delle donne che richiedono l’aborto vive al di sotto della soglia di povertà.

[61] Ibid., pp. 23-24, citando Casey.

[62] Ibid, p. 24, traduzione nostra.

[63] Ibid, pp. 30-57.

[64] Ibid, pp. 14-15.

[65] Supra nota 34.

[66] 597 U.S. (2022), Breyer, Sotomayor, and Kagan, dissenting, p.20. Traduzione nostra.

[67] Ibid, p. 49.

[68] Le “Safe Haven Laws” – leggi dei porti sicuri—consentono ai genitori di abbandonare i figli senza rischio di essere processati. I criteri temporali e le modalità perché ciò possa avvenire variano da stato a stato, ma in ogni caso si tratta di leggi volte ad assicurare che, ove l’aborto non sia consentito, ciò che si chiede alla donna è soltanto di tollerare nove mesi di gravidanza. Su queste leggi vedi: H. Howard, Safe Haven Laws: An Invitation to Life, in On Point, Issue 71, Dicembre 2021, (aggiornato al 31.10.2022), Charlotte Lozier Institute: https://lozierinstitute.org/safe-haven-laws-an-invitation-to-life/.

[69] 597 U.S. (2022), dissenting opinion, p. 40, nota 17.

[70] Supra, nota 3. M. Orlandi, Italian–American Narratives of Abortion, op. cit., in particolare con riferimento alle tesi di W. Murphy, pp. 77 – 79.

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