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In questi giorni è in discussione nella Repubblica di San Marino un complesso testo di legge che, facendo seguito alla legittimazione referendaria avvenuta nel settembre 2021 con oltre il 70% dei consensi favorevoli, si pone l’obiettivo di legalizzare l’aborto nel piccolo Stato.

1. La proposta di legge spazia su varie materie e distinti argomenti, andando dal tema dei consulti psicologici sull’orientamento di genere all’accesso delle minorenni alla c.d. contraccezione d’emergenza (art. 2), dall’educazione sessuale nelle scuole (art. 3) all’accesso agevolato ai contraccettivi post-coitali (art. 13), dall’equiparazione dell’aborto a una ordinaria patologia, ai fini del rilascio della certificazione per l’astensione dall’attività lavorativa (art. 10) alla punibilità del professionista che fornisce informazioni false per dissuadere la donna dal richiedere l’ivg (art. 15).

Al di là delle contingenze socio-storiche con cui cerca di legittimare l’aborto secondo una visione empirico-sociologica del diritto, la proposta va vagliata – almeno nei tratti essenziali – alla luce della razionalità e dell’universalità del diritto, dismettendo filtri ideologici e assumendo soltanto le risultanze del diritto e della scienza.

2. Non è fuori luogo ribadire il dato scientifico troppo spesso alterato, mistificato, nascosto da artificiosità che, in quanto tali, cercano di ribaltare la realtà: il soggetto che viene abortito, diversamente da quanto si ripete senza sosta dai sostenitori anti-scientifici dell’ivg, non è semplicemente una appendice del corpo della donna, è piuttosto un tutto geneticamente autonomo, che merita riconoscimento di individuo, con suoi propri diritti, in primis il diritto alla vita, e quindi il diritto di venire a esistenza tramite la nascita.

Per fugare i dubbi ancora ampiamente orientati in tale direzione, dalla radice esclusivamente ideologica, è sufficiente riferirsi ai più accreditati e autorevoli manuali scientifici per la formazione medica in cui, appunto, si chiarisce quanto segue:«Lo sviluppo umano comincia in corrispondenza della fecondazione, quando un gamete maschile o spermatozoo si unisce con un gamete femminile o oocito per formare una singola cellula, lo zigote. Questa cellula totipotente altamente specializzata segna l’inizio di ciascuno di noi come un individuo unico»[1].

3. Oltre il dato scientifico emerge soprattutto il dato giuridico che a San Marino, come in Italia, negli USA o altrove nel mondo e nel tempo, non può che interrogare la coscienza di tutti e di ciascuno, se cioè sia davvero consentito allo Stato disporre di un diritto non disponibile quale è quello alla vita, per di più prima della nascita. Un livello minimo di civiltà non può più permettersi di ignorare questo tipo di domanda, poiché fugarlo significa evitare il confronto con la propria stessa umanità, cioè, in definitiva, fuggire sé stessi e la propria stessa coscienza.

Un profilo che troppo spesso viene trascurato è quello relativo alla natura del diritto, che nel caso dell’aborto – come alla vicenda speculare dell’eutanasia – viene a essere violato e negato: diventando strumento di formalizzazione e legalizzazione di un atto di violenza contro la vita umana, una normativa del genere si ritorce contro quella natura relazionale che invece dovrebbe contraddistinguerla quale medium humanitatis.

Sergio Cotta ricordava come «il diritto non può violare il principio della inviolabilità dell’innocente senza negare la propria essenza di regola giusta per trasformarsi in violenza. Là dove per legge diventa lecito uccidere un innocente, s’instaura l’arbitrio, ossia la licenza di compiere o di non compiere a proprio piacimento un atto dannoso per altri[…]. E questo arbitrio è, concettualmente ed esistenzialmente, la negazione della regola e della vita secondo la regola»[2].

4. Ecco perché – smentendosi così l’enunciazione ideologica iniziale della proposta di legge sanmarinese secondo cui la legalizzazione dell’aborto si inscrive nell’alveo della vocazione laica delle istituzioni pubbliche – un filosofo laico come Norberto Bobbio sottolineava che non occorre essere cattolici o credenti per avvertire la radicale contrarietà all’umano dell’aborto:«Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere»[3].

In definitiva, non c’è nulla di più laico, razionale e giuridico della difesa del diritto alla vita, specialmente dell’essere umano più debole, cioè il nascituro: i legislatori sanmarinesi hanno ancora tempo per rendersi conto di ciò prima di compiere lo stesso identico errore compiuto in passato dai loro colleghi in giro per il mondo.

Aldo Rocco Vitale


[1] Keith Moore – T.V.N. Persaud, Lo sviluppo umano prenatale dell’uomo. Embriologia ad orientamento medico, EdiSes, Napoli, 2009, pag. 15; così anche nel celebre manuale di Pasquale Rosati in cui si spiega che la fecondazione, cioè la fusione della cellula maschile, spermatozoo, e di quella femminile, oocita, è indispensabile «per dar vita al nuovo individuo»: Pasquale Rosati, Embriologia generale dell’uomo, Edi-Ermes, Milano, 2004, pag. 5.

[2] Sergio Cotta, Perché il diritto, La Scuola, Brescia, 1979, pag. 100.

[3] Norberto Bobbio, Ecco perché sono contro l’aborto, in Corriere della sera, 8 maggio 1981.

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