Con un’ultima ora del 10 febbraio scorso l’ANSA ha diffuso la notizia che Mons. Rolando Alvarez è stato condannato a ventisei anni di carcere: «Un tribunale nicaraguense ha condannato il vescovo cattolico Rolando Alvarez a 26 anni di carcere, il giorno dopo che si era rifiutato di imbarcarsi su un aereo diretto negli Stati Uniti che trasportava in esilio 222 prigionieri politici. Una sentenza letta da un giudice della corte d’appello ha dichiarato Alvarez, 56 anni, vescovo di Matagalpa, “un traditore della patria” e ha stabilito che non uscirà di prigione fino al 2049»[1].
1. Mons. Rolando Alvarez è stato condannato. Il clamore suscitato dalla notizia ha indotto le reazioni della gran parte delle autorità politiche e morali di tutto il mondo; lo stesso Papa Francesco alla fine dell’Angelus di domenica 12 febbraio ha ricordato «con preoccupazione il Vescovo di Matagalpa, Mons. Rolando Álvarez, a cui voglio tanto bene, condannato a 26 anni di carcere, e anche le persone che sono state deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti quelli che soffrono in quella cara Nazione, e chiedo la vostra preghiera»[2].
In una nota consegnata alla stampa, S.E. Mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e Presidente delle Conferenze Episcopali d’Europa ha poi evidenziato che dal momento dell’arresto nell’agosto 2022«non è stato chiaro quali fossero le accuse contro il vescovo Álvarez, se non quelle ufficiali di tradimento, minaccia all’integrità nazionale e diffusione di false informazioni. È stato impossibile seguire il processo nei dettagli, per comprendere come le accuse venivano sostenute e provate. Si è avuta solo notizia della condanna. Condanna, si è appreso, che non ci sarebbe stata se il vescovo avesse invece accettato di lasciare il Paese con più di 200 prigionieri politici, imbarcati gli scorsi giorni verso gli Stati Uniti»[3].
Le notizie che giungono dal centro America deprimono chiunque voglia affrontare il caso di Mons. Alvarez in termini di stretto diritto. Come Centro studi impegnato sui temi della tutela dei diritti umani, della libertà religiosa e del giusto processo, proviamo comunque a fornire ai lettori un quadro informativo del contesto nel quale è maturata la decisione in commento.
2. Il contesto politico nicaraguense. Nonostante la Costituzione espressamente proclami il rispetto della dignità umana e dei valori cristiani, così come la libertà di coscienza, di pensiero e di religione, negli ultimi anni la questione nicaraguense è prepotentemente assurta agli onori della cronaca, per il susseguirsi delle gravi violazioni conseguite alla crisi politica ed economica in cui il paese è precipitato dall’aprile 2018; da quando, cioè, il Presidente Daniel Ortega e i filogovernativi hanno avviato una violenta repressione nei confronti dei dissidenti.
La gravità della crisi ha spinto la Chiesa cattolica e altre organizzazioni a esprimere pubblicamente preoccupazione per la situazione e a criticare la politica repressiva del governo. Una presa di posizione che Ortega non ha evidentemente gradito: «le tensioni tra Chiesa e governo sono aumentate quando il 18 aprile 2018 i Vescovi, nella loro opera di mediazione del dialogo nazionale, hanno proposto come soluzione alla crisi sociale e politica che il paese attraversa la rinuncia al potere da parte del presidente Daniel Ortega al quale inoltre hanno chiesto di anticipare la data delle elezioni. Inoltre, da quando quello del Nicaragua è diventato uno dei regimi più repressivi dell’America latina, la Chiesa ha incominciato a dare rifugio ai dissidenti e in tutto il paese sacerdoti e vescovi si sono trovati in prima linea, disposti a salvare i dimostranti che fuggivano in chiesa per sfuggire alla polizia e alle truppe paramilitari pesantemente armate e a confortare i genitori angosciati dei ragazzi arrestati. Il presidente Ortega ha accusato i leader religiosi di essere complici dei cospiratori del tentato colpo di stato di cui i giovani dimostranti sono stati accusati. I sostenitori del capo dello stato tentano di infiltrarsi nelle parrocchie, le forze di sicurezza circondano le chiese durante la messa. I sacerdoti subiscono intimidazioni e maltrattamenti e ricevono minacce di morte»[4].
D’altro canto, il difficile equilibrio nei rapporti tra Stato e Chiesa non è una novità di questi giorni nel paese caraibico. Già agli albori degli anni Ottanta gli entusiasmi del clero progressista, che aveva appoggiato la rivoluzione sandinista, si erano ben presto spenti nella deludente consapevolezza che la ricerca della sua liberazione storica aveva condotto il Nicaragua ai piedi di un nuovo faraone[5], con il progressivo delinearsi della questione religiosa in un paese dove il 94.8% della popolazione è di fede cristiana[6]. Una questione che oggi si ripropone in tutta la sua drammaticità.
La condizione di vita dei membri del clero e dei fedeli cristiani è severamente compromessa da continue aggressioni, violenze, profanazione di luoghi sacri e, su un piano più strettamente politico, da iniziative legislative volte a contrarre la libertà di espressione, oltre che dalla recente chiusura di alcune emittenti radiofoniche cattoliche per ordine dell’Instituto nicaraguense de Telecomunicaciones y Correos (TELCOR).
Frattanto, nella prima metà del 2022, si è forse definitivamente consumato lo strappo con il mondo cattolico, poiché il governo di Ortega ha prima espulso il Nunzio Vaticano a Managua, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag, già promotore nel 2018 di una serie di iniziative per la riconciliazione nazionale e, quindi, costretto le suore dell’Associazione delle Missionarie della carità di Madre Teresa all’esilio in Costarica.
Si giunge così, nell’agosto del 2022, all’arresto di Mons. Alvarez: «il 19 agosto 2022 la polizia nazionale nicaraguense ha fatto irruzione con la forza nella curia episcopale di Matagalpa per arrestare arbitrariamente il vescovo Rolando Álvarez dopo due settimane di resistenza, insieme a cinque sacerdoti, due seminaristi e un cameraman, attualmente detenuti nel carcere di El Chipote; … il vescovo Álvarez ha svolto un ruolo importante come mediatore nel dialogo nazionale del 2018 e ha chiesto costantemente un dialogo pacifico e motivato in Nicaragua, criticando la chiusura di sette stazioni radiofoniche cattoliche gestite dalla diocesi di Matagalpa il 1º agosto 2022; … la dichiarazione della polizia non ha fornito alcuna motivazione per gli arresti, ma ha affermato che essi rientravano in un’indagine avviata il 5 agosto 2022 in relazione ad attività “destabilizzanti e provocatorie” nel paese; che la polizia ha successivamente confermato che erano in corso “indagini legali”; che, ore più tardi, la vicepresidente del Nicaragua Rosario Murillo ha dichiarato in un discorso che la polizia aveva ripristinato l’ordine a Matagalpa e che l’arresto del vescovo era “necessario”»[7].
La successiva condanna è notizia di questi giorni.
Mons. Álvarez è stato condannato a 26 anni e 4 mesi di carcere effettivo all’interdizione a vita dalle cariche pubbliche, alla perdita perpetua dei diritti di cittadinanza. L’accusa è quella di “tradimento della Patria, compromissione dell’integrità nazionale, propagazione di notizie false attraverso la tecnologia dell’informazione, ostruzione delle funzioni, disobbedienza aggravata o disprezzo per l’autorità, tutti commessi in reale concorrenza e a danno della società e dello Stato della Repubblica”. Quale la condotta illecita? L’aver rifiutato di lasciare il Paese e di salire sull’aereo con cui, il giorno prima della sentenza, il regime aveva deportato negli Stati Uniti ben 222 prigionieri politici.
3. Le preoccupazioni del resto del mondo. Il Rapporto 2021 sulla libertà religiosa, elaborato da Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS, così descrive la situazione socio politica nicaraguense: «nel Paese guidato dal presidente Daniel Ortega si è assistito ad una profonda crisi socio-politica, accompagnata da numerosi crimini ai danni di religiosi. Tra questi, l’omicidio di un pastore evangelico e della sua famiglia, le aggressioni, molestie e persecuzioni ai danni di membri del clero e l’annullamento dei permessi di soggiorno dei sacerdoti stranieri.
In questo clima esplosivo, la Chiesa cattolica ha cercato senza successo di mediare tra il governo e l’opposizione e successivamente è divenuta bersaglio di attacchi e rappresaglie per aver dato rifugio nei suoi edifici a manifestanti che chiedevano il rilascio dei prigionieri politici.
La Chiesa e le organizzazioni internazionali hanno condannato il contesto di paura e violenza, denunciando le violazioni dei diritti umani, inclusa la libertà religiosa. Lo stato di questo diritto fondamentale è visibilmente peggiorato in Nicaragua e le prospettive per il futuro sono sconfortanti»[8].
La rielezione di Ortega nel novembre 2021 ha aperto la via a «un nuovo periodo terribile per i diritti umani»; secondo quanto riferisce Amnesty International nei mesi che hanno preceduto le elezioni almeno n. 39 persone accusate di opporsi a Ortega, tra le quali sette candidati alla presidenza, sono state arrestate. Alcune di loro sono state sottoposte a sparizione forzata e trattenute per mesi in località segrete prima di poter contattare avvocati e familiari[9].
Della questione nicaraguense si interessa da alcuni anni anche l’Unione Europea, che con la risoluzione del Parlamento dell’8 luglio 2021 aveva preso atto «che la situazione dei diritti umani e della democrazia in Nicaragua si è ulteriormente e gravemente deteriorata in seguito alla violenta repressione delle proteste civili nell’aprile 2018; che, da allora, almeno 130 persone sono state private della libertà per motivi politici, mentre gli oppositori del governo e i loro familiari sono esposti alla costante minaccia di vessazioni, sia fisiche che online, da parte della polizia e di sostenitori del governo; che la detenzione arbitraria è stata sempre più utilizzata, dopo le proteste del 2018, come strumento per punire gli attivisti e i dissidenti; che gli attivisti sono particolarmente a rischio di subire violenze, compresa la violenza sessuale e di genere; che i detenuti subiscono maltrattamenti in carcere, si vedono negare le cure mediche e l’accesso agli avvocati e sono vittima di attacchi e aggressioni sessuali, mentre le persone che protestano contro il governo sono rinchiuse in celle di massima sicurezza, dove devono far fronte a una maggiore sorveglianza, a perquisizioni e all’isolamento; che desta particolare preoccupazione la situazione delle donne e degli anziani che sono privati della libertà» e aveva chiesto al governo del Nicaragua di «revocare quello che è di fatto uno stato di assedio»[10].
In questo quadro dai contorni drammatici, la condanna di Mons. Alvarez non può essere analizzata in termini di solo diritto; occorre piuttosto prendere atto che oggi in Nicaragua non esiste la garanzia di essere sottoposti a un giusto processo, come denunciato dallo stesso Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 49/3 del 31 marzo 2022, con cui ha espresso allarme «at the democratic backsliding and continuing sociopolitical and human rights crisis in Nicaragua, as well as the erosion of the rule of law, the independence of the judiciary and the separation of powers, and their multidimensional impact on the enjoyment of civil, political, economic, social and cultural rights»[11] e ha espresso grave sconcerto «at recent reports of trials of persons who were arbitrarily detained, which have been held without respect for due process or legal guarantees, including the rights to be presumed innocent until proven guilty, to a fair and public hearing by a competent, independent and impartial tribunal, and to adequate time and facilities for the preparation of a defence».
Una posizione non troppo diversa da quella espressa dal Parlamento europeo con la risoluzione del 9 giugno 2022 sulla strumentalizzazione della giustizia come strumento di repressione in Nicaragua[12], ove viene denunciata la mancanza di separazione dei poteri e il controllo totale delle istituzioni da parte del regime nicaraguense, con conseguente sottomissione della magistratura e della procura alla volontà del regime, il che determina la cancellazione dello Stato di diritto, dell’indipendenza della magistratura e delle organizzazioni della società civile, in uno alla libertà di coscienza che è il fondamento di ogni autentica società democratica.
Angelo Salvi
[1] Notizia reperibile al seguente link: https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2023/02/11/nicaragua-vescovo-rifiuta-esilio-condannato-a-26-anni_0bb48f90-5fd5-406b-a970-26aa6a4b1333.html
[2] Discorso reperibile al seguente link: https://www.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2023/documents/20230212-angelus.html
[3] Il menzionato comunicato stampa è reperibile al seguente link: https://www.ccee.eu/la-vicinanza-e-la-solidarieta-dellepiscopato-europeo-alla-chiesa-del-nicaragua/
[4] A. Bono, Il regime sandinista intensifica la persecuzione contro la Chiesa cattolica, in La Nuova Bussola Quotidiana del 18 ottobre 2019, consultabile al seguente link: https://lanuovabq.it/it/pdf/il-regime-sandinista-intensifica-la-persecuzione-contro-la-chiesa-cattolica.
[5] Per un approfondimento su punto rimando a P. Capanema Ferreira e Melo, Nicaragua: una ennesima lezione per i cattolici di tutto il mondo, in Cristianità, n. 75-76 (1981), reperibile al seguente link: https://alleanzacattolica.org/nicaragua-una-ennesima-lezione-per-i-cattolici-di-tutto-il-mondo/
[6] Il dato è estratto dal Rapporto 2021 sulla libertà religiosa elaborato da Aiuto alla Chiesa che soffre ONLUS.
[7] La ricostruzione storica della vicenda è tratta dai considerando della risoluzione del 15 settembre 2022 del Parlamento europeo, avente specificamente a oggetto la vicenda in commento e reperibile al seguente link: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0322_IT.html.
[8] Documento reperibile al seguente link: https://acs-italia.org/sites/default/files/PDFlr2021/NICARAGUA.pdf
[9] Nel documento in menzione (reperibile al seguente link: https://www.amnesty.it/nicaragua-la-rielezione-di-ortega-inaugurera-un-nuovo-periodo-terribile-per-i-diritti-umani/) si legge anche «durante la giornata elettorale, secondo quanto denunciato dall’osservatorio civico “Urne aperte”, vi sono stati oltre 200 casi di violenza politica e di forti pressioni soprattutto nei confronti di lavoratori e lavoratrici perché si recassero a votare».
[10] Documento reperibile al seguente link: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0359_IT.html
[11] Documento reperibile al seguente link: https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G22/303/66/PDF/G2230366.pdf?OpenElement
[12] Documento reperibile al seguente link: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0238_IT.html