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A margine delle polemiche sollevate dopo la consegna della Nota verbale della S. Sede al Governo italiano sul d.d.l. Zan, ancora una riflessione sullo strumento giuridico del Concordato per regolare le relazioni tra due autorità indipendenti e sovrane, inteso non già quale negazione, ma quale affermazione del principio di laicità.

L’intervento della Santa Sede sul d.d.l. Zan ha sollevato polemiche non solo sul merito, ma anche sul metodo, tanto che vi è chi ha parlato di ingerenze indebite nell’attività del Parlamento e di violazione della laicità dello Stato. Il tema concordatario[1] è vasto come quello della laicità[2], articolato e complesso. L’occasione può tuttavia essere colta per formulare riflessioni di carattere generale, a fronte dei più comuni fraintendimenti.

Il presidente del Consiglio, intervenendo brevemente sul punto, ha richiamato la ‘laicità’ dell’ordinamento italiano. Ora, se autorevole ma minoritaria dottrina[3] ha ritenuto che lo Stato italiano sia liberale e democratico, ma non laico, stante la ineludibile fondazione della laicità nel principio del separatismo assoluto tra Stato e Chiesa, che nell’ordinamento italiano non sarebbe attuato proprio in virtù della presenza del Concordato e degli articoli 7 e 8 della Costituzione, va detto però che il principio di laicità può essere interpretato in due accezioni distinte, una delle quali vira verso il laicismo[4], e l’altra converge sulla effettiva natura della laicità[5].

Il principio di laicità non comporta l’esclusione della religione o della Chiesa dalla vita pubblica, politica, giuridica, sociale, e non significa riduzione al silenzio nel campo etico e antropologico che precede le scelte politiche e legislative: sia in ragione dei principi fondanti del sistema democratico – all’interno del quale nessuno, neanche la Chiesa, può essere silenziata se articola la propria posizione –, sia in ragione della missione della Chiesa che è e rimane costante nel tempo, cioè la salus animarum al di là di ogni epoca storica e oltre ogni conformazione politica e istituzionale.

Diversamente da quanto è stato di recente suggerito dal Prof. Alessandro Giovannini, la laicità non è da intendersi in modo negativo, ma positivo, così come del resto ha chiarito – nell’unica occasione esistente – la Corte Costituzionale specificando come “il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”[6]. All’interno di una tale concezione di laicità, posto peraltro che la laicità come principio e come prassi nasce proprio nell’alveo dell’esperienza cristiana in genere e cattolica in particolare[7], si inscrive il Patto concordatario.

Al fine di evitare la commistione della sfera temporale e di quella spirituale, come è nel caso dell’Islam[8], o la rigida esclusione di qualunque istanza spirituale tipica dei regimi totalitari novecenteschi di matrice socialista[9], la prassi giuridica della Chiesa ha sperimentato con successo lo strumento concordatario tramite il quale definire le competenze, i limiti, i ruoli e i rapporti con il potere politico e statale di volta in volta storicamente determinato.

Come ha osservato il prof. Carlo Cardia, tramite il concordato “si è data stabilità al rapporto tra Stato e Chiesa, tra cattolicesimo e società civile, indirizzandolo su un cammino idoneo a seguire l’evoluzione dei tempo e dei costumi”[10]. Il concordato trova legittimità giuridica nella tutela più generale e fondamentale della libertà. Il prof. Giuseppe Dalla Torre ha ricordato come “il concordato può avere la funzione di realizzare un’esperienza più avanzata di democrazia, nella misura in cui esprime la partecipazione della società ecclesiastica alla formazione delle norme di cui essa sarà poi destinataria; così come può servire a raggiungere l’obbiettivo di garantire alla Chiesa, nell’ordinamento statale, un regime giuridico rispettoso della sua identità, senza cadere in ingiustificati privilegi e senza ledere il principio, fondamentale in una democrazia, di eguale libertà di tutte le confessioni religiose”[11].

Il concordato quindi non è violazione del principio di laicità, ma sua manifestazione più genuina, non è intromissione dello Stato nella Chiesa, né ingerenza della Chiesa nello Stato, bensì delimitazione delle sfere, delle competenze, dei ruoli, dei rapporti. È ancora adesso è la soluzione giuridica più adeguata per far sì che Chiesa e Stato siano distinti senza opposizioni, delimitati senza conflitti, liberi senza oppressioni, autonomi senza autoreferenzialità.

Aldo Rocco Vitale


[1] Ex plurimis cfr.: Salvatore Bordonali, Problemi di dinamica concordataria, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, giugno 2010; Carlo Cardia, Concordati e diritto comune, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1/1999; Ombretta Fumagalli Carulli, Il Concordato lateranense: libertà della Chiesa e dei cattolici, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, aprile 2009; Giuseppe Dalla Torre, Il sistema di accordi con la Chiesa cattolica

e l’incidenza delle fonti unilaterali statuali, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, marzo 2010; Jean Gaudemet, Laicità e concordato, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1/1999; Aldo Rocco Vitale, Elementi per la ridefinizione della libertà religiosa tra paradossi e antinomie, in Diritto e religioni, 2/2013.

[2] Ex plurimis cfr.: AA. VV., Lessico della laicità, Roma, 2007; Salvatore Amato, Dio, Stato, diritto, in Iustitia, 1/1996; Dario Antiseri, Laicità. Le sue radici. Le sue ragioni, Soveria Mannelli, 2010; Maria Gabriella Belgiorno De Stefano, Le radici europee della laicità dello Stato, in Stato, chiese e pluralismo confessionale, 2007/3; Andrea Bettetini, Umano e divino nel diritto della Chiesa, in Il diritto ecclesiastico, 2003/1; Francesco Botturi – Gian Enrico Rusconi, La laicità alla prova della democrazia, in Vita e Pensiero, 4/2003; Remi Brague, Fede e democrazia, in Aspenia, 42/2008; Paolo Cavana, Laicità dello Stato: da concetto ideologico a principio giuridico, in  Stato, chiese e pluralismo confessionale, 9/2008; Paolo Cavana, Laicità, politica e religioni in Francia, in Iustitia, 4/1998; Nicola Colaianni, La laicità al tempo della globalizzazione, in Stato, chiese e pluralismo confessionale, 6/2009; Nicola Colaianni, Quale laicità, in  Stato, chiese e pluralismo confessionale, 9/2007; Randall Collins, The rise and fall of modernism in politics and religion, in Acta sociologica, 3/1992; Raffaele Coppola, La Chiesa e la laicità, in  Stato, chiese e pluralismo confessionale, 5/2010; Franco Cordero, Pensare laico, in Stato, chiese e pluralismo confessionale, 12/2008; Francesco D’Agostino, Laicismo, costituzionalismo e religioni, in Percorsi costituzionali, 2/2013; Maria D’Arienzo M., La laicità francese secondo Nicolas Sarkozy, in  Stato, chiese e pluralismo confessionale, 7/2008; Giuseppe Dalla Torre, Laicità: un concetto giuridicamente inutile, in Persona y Derecho, 53/2005; Giuseppe Dalla Torre, Le laicità e la laicità, in Archivio giuridico, 2007/1; Carlo Del Bo’, Laicismo, neutralismo e legal enforcement of morals, in Ragion pratica, 28/2007; Emilio Dolcini, Laicità, sana laicità e diritto penale. La chiesa cattolica maestra ( anche ) di laicità?, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 3/2009; Sara Domianello, Alle radici della laicità civile e della libertà confessionale, in Stato, chiese e pluralismo confessionale, 4/2007; Jean-Dominique Durand, Tra laicità e laicismo, in Il diritto ecclesiastico, 2005/1; Francesco Finocchiaro, Alle origini della laicità statale, in Il diritto ecclesiastico, 2002/4; Paolo Heritier, La sacra laicità, in  Stato, chiese e pluralismo confessionale, 2/2009; Emmanuel Levinas, La laicità e il pensiero d’Israele, in Filosofia e teologia, 2/1998; Carlo Luzzati, Il lessico della laicità, in Stato, chiese e pluralismo confessionale, 1/2009; Fabio Macioce, Una filosofia della laicità, Torino, 2007; Jlia Pasquali Cerioli, La laicità nella giurisprudenza amministrativa: da principio supremo a simbolo religioso, in Stato, chiese e pluralismo confessionale, 3/2009; Vittorio Possenti, Le ragioni della laicità, Soveria Mannelli, 2007; Stefano Rodotà, Valori, laicità, identità, in Costituzionalismo.it, 15/01/2007; Horst Seidl, Il laico davanti a Dio. Risposta filosofica al laicismo di oggi, Soveria Mannelli, 2010; Francesco Zini, Il recente dibattito sulla laicità, in Archivio giuridico, 2/2008.

[3] «Lo Stato è laico quando professa, quanto meno, indifferenza nei confronti del fenomeno religioso. Se non è indifferente, né è avverso, sarà liberale e pluralista, come sembra essere la nostra Repubblica, ma non laico»: Francesco Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna, 2007, pag. 27.

[4] Pietro Dubolino, Dallo Stato laico alla sua caricatura: il laicismo di Stato, in Centro Studi Livatino, 21 giugno 2021.

[5] Aldo Rocco Vitale, Laicità e laicismo: sinonimia, dicotomia o antinomia?, in Gregorianum, 98-1/2017.

[6] Corte Costituzionale n. 203/1989.

[7] «Non dimentichiamo che il laico è laico nella Chiesa. Oggi in Italia si usa il termine laico per indicare chi è fuori della Chiesa, ma il concetto di laico ha senso solo nella Chiesa»: Sofia Vanni Rovighi, Fondazione critica del concetto di laicità, in AA.VV., Laicità: problemi e prospettive, Milano, 1977, pag. 244.

[8] «Per i musulmani l’Islam non è soltanto un sistema di fede e di culto[…], esso indica piuttosto il complesso della vita e le sue norme comprendono elementi di diritto civile, di diritto penale e persino di quello che noi chiameremmo diritto costituzionale[…]. Nella storia islamica classica non avrebbe mai potuto verificarsi uno scontro fra il papa e l’imperatore, perché il califfo, cioè il capo riconosciuto dello Stato e della comunità islamici, riassumeva in sé tanto l’autorità religiosa quanto quella politica[…]. Fra Chiesa e Stato non avrebbe potuto esservi né conflitto né collaborazione, né separazione né unione, dal momento che l’istituzione di governo dell’Islam riassumeva entrambe le funzioni»: Bernard Lewis, L’Europa e l’Islam, Bari, 1999, pag. 6-7.

[9] Alexandr Zinov’ev, Vivere. Storia ordinaria di un cattolico sovietico, SugarCo, Milano, 1981.

[10] Carlo Cardia, Principi di diritto ecclesiastico, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 213.

[11] Giuseppe Dalla Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Giappichelli, Torino, 2007, pag. 137.

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