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Pubblichiamo il testo dell’audizione tenuta dal prof. Mauro Ronco, presidente del Centro Studi Rosario Livatino, innanzi alla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica, il 23 novembre 2022, in tema di nuove disposizioni in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali (cd. rave party).

Art. 5 Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali.

1. L’art. 434 bis c.p. prevede il nuovo reato di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. La disposizione è stata correttamente inserita nel Titolo VI, Delitti contro l’incolumità pubblica, Capo I, Delitti comuni di pericolo mediante violenza. Il bene tutelato è pertanto l’incolumità pubblica, come bene speciale rispetto al bene comune di categoria protetto dal Titolo e Capo menzionati.

2. La disposizione penale di contrasto ai cosiddetti rave party non sembra affatto in contrasto con i princìpi di politica criminale diretti a minimizzare i pericoli per l’incolumità e la salute pubblica.

Alla disposizione sono state mosse critiche molto accese sia per la formulazione tecnica, definita rozza e grossolana, sia per la indeterminatezza e vaghezza della disposizione, che violerebbe il principio di tassatività di cui all’art. 25 Cost., sia, infine, per la curvatura autoritaria della disposizione che potrebbe far scivolare l’applicazione della norma verso una limitazione dei diritti fondamentali di riunione e di manifestazione del pensiero garantiti dagli artt. 17 e 21 della Costituzione.

3. Il fenomeno dei rave party è molto concreto e denso di aspetti meritevoli di contrasto anche penale per molteplici ragioni. A fronte di tale fenomeno, molto concreto e reale, la disposizione non sembra averne colto pienamente il disvalore. Dunque, se un intervento penale era utile, o addirittura necessario, la fattispecie non soddisfa l’esigenza di una tutela razionale e proporzionata dei beni meritevoli di tutela.

4. Ciò premesso in via generale, occorre riformulare la norma eliminando il riferimento ai “raduni pericolosi per l’ordine pubblico”.

L’ordine pubblico è un bene di difficilissima percezione perché consiste, più che in un bene giuridico afferrabile empiricamente, in un valore essenziale che connota una vita sociale ordinata e rispettosa delle leggi; valore troppo ampio perché possa costituire oggetto di tutela di una specifica norma giuridica.

Occorre pertanto ricondurre la norma allo specifico ambito di tutela dell’incolumità e della salute pubblica, che costituiscono i beni di categoria tra i quali il delitto è stato inserito; beni costituzionalmente protetti ed empiricamente afferrabili.

5. Si suggerisce, pertanto, eliminato il riferimento all’ordine pubblico, la seguente formulazione della fattispecie:

Art. 434 bis (Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’incolumità pubblica o la salute pubblica). Chiunque, invadendo e occupando arbitrariamente terreni o edifici pubblici o privati, promuova od organizzi spettacoli o manifestazioni musicali destinate a un pubblico indeterminato, che provochino una situazione di concreto pericolo per la incolumità pubblica o la salute pubblica per l’inosservanza delle misure di sicurezza o di igiene relative agli spettacoli, ovvero per la vendita di sostanze stupefacenti, è punito con la pena da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.

Ai semplici partecipanti si applica la pena di cui all’art. 633 c.p.

Rimane invariata la norma relativa alla confisca, nonché il comma 2 relativo alla ricomprensione dell’art. 434 bis c.p. nel catalogo previsto all’art. 4 co. 1 codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

6. In questo modo la norma diventa assolutamente determinata; tutela i beni dell’incolumità e della salute pubblica, che sono messi a repentaglio dai rave party, il cui pericolo è sotto gli occhi dell’intera popolazione.

Si tenga presente che alla base del nuovo reato, come già delineato nel decreto nonché nella formulazione oggetto di proposta, sta la commissione di un delitto contro la proprietà pubblica o privata. Per gli organizzatori e i promotori si aggiunge alla commissione di tale reato una condotta che mette concretamente in pericolo l’incolumità e la salute pubblica. Per i partecipi è invece sufficiente il rinvio alla pena prevista dall’art. 633 c.p., mancando di regola  nel loro comportamento il disvalore aggiuntivo.

7. E’ noto a tutti che in forza delle norme di pubblica sicurezza, volte alla tutela della safety, cioè dell’incolumità pubblica, ogni manifestazione o spettacolo pubblico o aperto al pubblico, di carattere musicale o meno, può essere tenuto soltanto in forza dell’autorizzazione del Sindaco del luogo in cui si svolge l’evento.

Inoltre ogni manifestazione o spettacolo pubblico deve essere pre-valutato nella sua fattibilità pratica da una Commissione di Vigilanza comunale o provinciale istituita presso la Prefettura. La Commissione è composta da un esponente del Comune ove l’evento si svolge; da esponenti del settore sanitario per il rispetto delle norme di igiene; da esponenti del genio civile per l’adeguatezza delle strutture rispetto ai canoni di sicurezza; da esponenti dei vigili del fuoco per evitare rischi di incendio, nonché da esponenti della Questura per verificare l’assenza di pericoli per l’ordine pubblico.

8. I rave party sono manifestazioni o spettacoli prevalentemente di carattere musicale organizzati nell’inosservanza più completa delle disposizioni a tutela dell’incolumità, dell’igiene e della salute pubblica. Sotto il profilo dell’igiene, ogni manifestazione deve essere supportata da misure dirette a evitare rischi per la salute dei partecipanti e per l’integrità dell’ambiente. Né va trascurato il pericolo concreto per la salute che sorge dalla vendita di sostanze stupefacenti vietate dalla legge.

9. Concludendo sul punto, una disposizione penale di contrasto ai rave party è opportuna per porre un argine alle iniziative di chi organizza o promuove eventi nell’inosservanza delle norme di sicurezza e di igiene.

La formulazione della fattispecie tuttavia merita una rivisitazione in sede di conversione in legge del decreto da parte del Parlamento affinché non divenga ammissibile un’interpretazione che limiti irragionevolmente i diritti costituzionali di libertà di riunione e di manifestazione del pensiero.

Mauro Ronco

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