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Nel dichiarare illegittima la norma che autorizza l’aborto in caso di malformazioni del feto[1], il Tribunale Costituzionale polacco ha scatenato un diluvio di polemiche.

Da un punto di vista squisitamente giuridico, al netto di ogni opzione ideologica, la decisione è ineccepibile: lungi dal limitare la tutela della salute psico-fisica delle gestanti, essa salvaguardia il diritto alla vita dei soggetti malformati. In tal senso la pronuncia si uniforma alle disposizioni internazionali che esplicitamente o implicitamente vietano il ricorso a pratiche eugenetiche, come l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea[2], l’articolo 11 della Convenzione di Oviedo[3], l’articolo 14 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo allorché vieta la discriminazione in base a qualunque altra condizione rispetto a quelle espressamente elencate[4].

L’eventuale possibilità di abortire in seguito alle malformazioni del feto causerebbe – nell’ordinamento polacco così come in ogni altro ordinamento – una discriminazione e una violazione del principio di uguaglianza, poiché la vita del nascituro sano sarebbe ritenuta più degna di tutela giuridica rispetto alla vita del nascituro non sano. Distinguere le vite che possono nascere da quelle che non possono in base alle malformazioni significa muoversi all’interno di una prospettiva di eugenetica “negativa”, che, come la storia insegna, è sempre prodromica per ulteriori scenari come l’eugenetica “positiva”.

In prospettiva, sarebbe difficile tracciare un confine identificato da criteri oggettivi, poiché alle patologie più gravi (idrocefalie, cardiopatie, malformazioni scheletriche …) verrebbero ben presto equiparate quelle meno gravi, o requisiti magari non voluti dalla coppia: si aprirebbe, insomma, il vaso di pandora della selezione eugenetica, trasformando il “desiderio di un figlio” in un “figlio del desiderio”. Perfino anche Corte di Cassazione in Italia è intervenuta sul punto[5], se pure in epoca non recente, sancendo con la sentenza n. 14488/2004 che «non è riconosciuto nel nostro ordinamento l’aborto eugenetico né come diritto della madre, né come diritto che il nascituro può far valere successivamente alla nascita, sotto il profilo risarcitorio, per il mancato esercizio».

La sentenza con cui in Polonia è stata finalmente riconosciuta l’illegittimità costituzionale dell’aborto eugenetico, lungi dal costituire un attentato a diritti e prerogative, risana quella “ferita” del diritto, nonché della democrazia[6], causata dalla norma precedentemente in vigore che consentiva l’aborto eugenetico in violazione del principio della dignità umana e del principio di uguaglianza. E rappresenta un esempio virtuoso per ordinamenti giuridici che intendano essere rispettosi della persona. Senza distinzioni di età e di condizioni di salute.

Aldo Rocco Vitale


[1] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/23/aborto-la-polonia-lo-vieta-anche-in-caso-di-malattie-e-malformazione-del-feto-federazione-donne-e-uninfamia-dello-stato/5976859/

[2] «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche…».

[3] «Ogni forma di discriminazione nei confronti di una persona in ragione del suo patrimonio genetico è vietata».

[4] «Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione».

[5] Cass. Civ. n. 6735/2002; Cass. Civ. n. 16123/2006; Cass. Civ. n. 10741/2009.

[6] «L’ottica eugenetica mina alle radici il concetto stesso di democrazia e, in particolare, il principio di uguaglianza, in quanto rompe l’assunto fondamentale secondo cui il rispetto dei diritti umani e, in particolare, del diritto alla vita, dipende esclusivamente dall’esistenza in vita di un certo individuo, e non dal giudizio sulle sue condizioni»: Luciano Eusebi, voce “Aborto”, in Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica, ESI, Napoli, 2009, Vol. I, pag. 44.

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