di Marco Respinti*
Il 6 maggio 2016 la Commissione Europea ha nominato Ján Figeľ, uomo politico slovacco ed ex Commissario europeo, alla carica di «Inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo fuori dall’Unione Europea (UE)» dando seguito a una risoluzione del Parlamento Europeo del febbraio precedente. Prima della nomina di Figeľ, dunque, quella carica nemmeno esisteva. Ora il mandato di Figeľ è scaduto e lo stesso ruolo da lui brillantemente ricoperto sino a oggi rischia seriamente di scomparire, lasciando la UE priva di una figura istituzionale di alto prestigio che si occupi di contribuire a salvaguardare il diritto fondamentale alla libertà religiosa nel mondo.
Figeľ ha sempre svolto il proprio incarico con determinazione e con passione. Il diritto alla libertà religiosa è il primo dei diritti anche politici della persona umana e la sua garanzia è indice imprescindibile di civiltà. Figeľ lo ha sempre compreso perfettamente e, nonostante le difficoltà e i pochi mezzi a disposizione, si è sempre prodigato. Ma, appunto, tutto questo rischia adesso di diventare soltanto un ricordo.
È per questo motivo che International Family News (“iFamNews”) il sito d’informazione quotidiana in più lingue a difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale, della famiglia e della libertà religiosa, che mi onoro di essere stato chiamato a dirigere, promuove una petizione in più lingua indirizzata al presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, chiedendolo di riconfermare Figeľ in quel ruolo fino al 2024, pure potenziandone gli strumenti. Ad “iFamNews” siamo certi che la Commissione Europa, i suoi componenti e i suoi vertici non vorranno mancare questo appuntamento storico con la civiltà. Così come siamo grati al Centro Studi Rosario Livatino di ospitare questo nostro appello.
A “iFamNews” abbiamo del resto ben chiara una cosa. Dire «libertà religiosa» non significa dire che tutte le religioni siano la medesima cosa, che tutto vada comunque bene, che le fedi siano interscambiabili come un soprabito, che esista un “diritto all’errore” (come si diceva un tempo) teologicamente inesistente. Dire «libertà religiosa» significa prendere atto oggettivamente che, su un argomento così alto, altro e diverso qual è la religione, il potere politico e la legge positiva non hanno voce in capitolo se non per difenderne la massima libertà di espressione personale e pubblica, nella convinzione che non siano né il potere né la legge positiva i soggetti titolati a porvi limiti, ma che lo è semmai il diritto naturale e ultimamente Dio stesso. Oggi la persecuzione religiosa è la cristianofobia in alcuni Paesi a maggioranza non cristiana, la persecuzione delle fedi nei sistemi (neo)totalitari, l’illiberalità in certi Paesi democratici.
Non essendo la libertà religiosa il relativismo sul piano religioso, affermare la libertà religiosa significa dire che il fatto religioso, l’esperienza religiosa, il senso religioso, il rapporto fra uomo e Dio è e non può non essere il primo punto all’ordine del giorno sempre, la prima norma della politica, il parametro basilare dei rapporti internazionali e che i governi altro non possono fare che portare rispetto. Ciò implica per esempio che se perseguita i propri cittadini a motivo della fede che essi professano un Paese dovrebbe essere messo in mora.
Se lo pensate anche voi, firmate la nostra petizione per Ján Figeľ e per questa battaglia di civiltà nell’Unione Europea a vantaggio del mondo intero.
*Marco Respinti, giornalista, è il direttore di International Family News