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Pubblichiamo il resoconto stenografico, con le dichiarazioni di voto, della seduta dell’11 maggio, conclusa dalla votazione sulla fiducia posta dal Governo sulla legge c.d. Cirinnà. Da segnalare – pur essendo fino all’11 maggio componenti della maggioranza – il voto contrario in dissenso (motivato coraggiosamente con i loro interventi) degli on. Gigli, Pagano e Sberna.

XVII LEGISLATURA

 

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 622 di mercoledì 11 maggio 2016

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 12,30.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 2081 – D’iniziativa dei senatori: Cirinnà ed altri: Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze (Approvata dal Senato) (A.C. 3634) (ore 12,36).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n.3634: D’iniziativa dei senatori: Cirinnà ed altri: Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.
Ricordo che, nella seduta di ieri, il Governo ha posto la questione di fiducia sull’approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico della proposta di legge n.3634, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (Per l’articolo unico della proposta di legge, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, e per le relative proposte emendative, vedi l’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 10 maggio 2016 – A.C. 3634).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 3634)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia da parte dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Il gruppo Socialista voterà a favore della fiducia al Governo, anche se ci lascia perplessi l’uso di questo strumento, perché ci sembra improprio per provvedimenti che riguardano più o meno direttamente i temi etici, ancor più quando questi si intrecciano con i diritti civili. Nel merito del testo uscito dal Senato, non ci soddisfa perché contiene alcune misure che discriminano sulla base dell’orientamento sessuale e non ne contiene altre, come l’adozione del figlio biologico o della partner, che avrebbe qualificato il provvedimento.
Siamo consapevoli del fatto che, apportando modifiche al testo e quindi rimandandolo al Senato, i tempi si sarebbero allungati all’infinito – e già siamo in ritardo –, soprattutto avremmo rischiato un impantanamento che abbiamo già sperimentato nel passato con i Pacs, i Dico, i Cus, i Didoré. Non possiamo permettercelo. Sono anni che si parla di una legge sulle unioni civili senza mai concludere nulla, oggi abbiamo il percorso, anche se è difficile, lo ripeto, accettare nella legge la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e lo stralcio della stepchild adoption, il che mette in second’ordine quello che doveva essere primario: l’interesse dei e delle minori.
Ci costa questo voto ? Sì, abbastanza, ma ci costa anche l’essere tra i Paesi d’Europa che non hanno alcun tipo di tutela per le coppie omosessuali, mentre quasi la metà dei ventotto membri UE riconoscono il matrimonio gay. Con questo voto ci collochiamo in una fascia intermedia dei Paesi che hanno superato il tabù di legiferare in tema di omosessualità: è un avvio, un primo passo a cui speriamo ne seguano presto altri, tanti altri, e per questo impegniamo il Governo e Parlamento a farne presto uno, e cioè la legge organica sulle adozioni. Naturalmente voteremo la fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Eugenia Roccella. Ne ha facoltà.
Prima di intervenire, onorevole Roccella, mi permetta di salutare, a nome della Presidenza, gli studenti e gli insegnanti dell’Istituto superiore «Einstein-Bachelet» di Roma, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi), insieme agli studenti e agli insegnanti del liceo scientifico «Marinelli» di Udine, che sono presenti in tribuna e che oggi svolgono una giornata di formazione a Montecitorio (Applausi).
Prego, onorevole Roccella.

EUGENIA ROCCELLA. Grazie, Presidente. Lunedì, quando abbiamo svolto il dibattito generale, l’Aula era deserta, particolarmente deserta rispetto al nostro solito. Questo perché, nonostante il tema sia di quelli che stimolano il confronto, si sapeva che era già tutto deciso, che era una finzione scenica il dibattito: allora perché accalorarsi e discutere, quando si sa che si metterà il voto di fiducia ?

Questa legge è andata avanti così, passerà, è passata già al Senato, senza che si sia potuto votare un solo emendamento in Aula. Al Senato ci sono state numerose violazioni della Costituzione, le abbiamo segnalate e come parlamentari abbiamo fatto ricorso, un conflitto di attribuzione. È stato trasformata una legge di iniziativa parlamentare in una legge governativa, è stata messa la fiducia già lì e viene messa anche qui, nonostante ci sia una maggioranza, qui, assolutamente indiscutibile.
La verità è che questa legge è fatta contro il Paese, che notoriamente è diviso su questo tema, ma anche contro il Parlamento, perché si è voluto impedire ai parlamentari di esprimersi, di dibattere davvero, di poter incidere sulla legge e di cambiare anche solo una virgola di questa legge; è fatta contro il Paese, che è contrario, in particolare alla stepchild adoption, quindi all’accordo che è stato fatto, l’accordo Renzi-Alfano, che apparentemente stralcia la stepchild ma in realtà, nel comma 20, inserisce una sostanziale delega ai tribunali, tant’è vero che nell’ultimo mese cinque sono state le sentenze che hanno riconosciuto l’adozione alle coppie gay; ed è, quindi, fatta contro il Parlamento, come ho già detto.
È chiaro, a questo punto, che l’Aula del Parlamento è vuota, ma le piazze sono piene, perché cresce la protesta: per due volte si sono riempite grandi piazze – San Giovanni e il Circo Massimo – di persone che protestavano contro il merito e contro il metodo con cui è stata condotta questa legge. Lo striscione «Renzi ci ricorderemo» è uno striscione, è uno slogan, che, secondo me, avrà un seguito: la questione non finisce qui, come sbrigativamente si sta cercando di fare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Renate Gebhard. Ne ha facoltà.

RENATE GEBHARD. Grazie, Presidente. I deputati di SVP e PATT voteranno la questione di fiducia posta dal Governo al fine di approvare in via definitiva la proposta di legge per il riconoscimento delle unioni civili. Con il «sì» definitivo della Camera si compie un atto lungamente atteso in Italia e dall’Europa, e si colma così una lacuna più volte denunciata dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea di Strasburgo sui diritti dell’uomo e che ha visto l’Italia isolata rispetto agli altri Paesi europei, i quali hanno da tempo regolato la materia, come per esempio la Germania ormai quindici anni fa.
Si possono avere diverse opinioni su una materia così sensibile e ogni giudizio merita il nostro rispetto, tuttavia credo mai il legislatore possa esimersi dal dovere di legiferare: sarebbe una prova di incapacità da parte del Parlamento che non potremo mai condividere. Se ogni opinione appare legittima nel confronto, riteniamo siano comunque infondate le contrapposizioni avverse al provvedimento, perché è stata mantenuta la distinzione fondamentale fra l’istituto del matrimonio e l’istituto dell’unione civile.
Particolarmente positiva, a nostro avviso, è la salvaguardia dei diritti del convivente di fatto, fino a oggi non tutelato dalla legge, che ha contribuito con il proprio lavoro all’impresa familiare, e auspichiamo che il Governo accolga un ordine del giorno a mia prima firma, con il quale chiediamo di valutare l’opportunità di garantire, anche ai conviventi di fatto, l’accesso alla pensione di reversibilità del convivente defunto. Con la legge sulle unioni civili si introducono tutele e garanzie anche per le coppie di fatto: è, dunque, una scelta di civiltà, affinché ogni individuo non si senta più escluso e abbia piena cittadinanza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Luca D’Alessandro. Ne ha facoltà.

LUCA D’ALESSANDRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, il provvedimento che ci accingiamo a votare ha avuto una gestazione complicata e non poteva essere altrimenti, vista la delicatezza dei temi affrontati e la portata delle norme introdotte. Una riforma tanto attesa, parafrasando Tolkien, dato che gli ultimi ritocchi al diritto di famiglia risalgono a circa trent’anni fa: tre decenni che hanno registrato enormi mutamenti sociali e che hanno introdotto novità in numerosi ambiti. Tra questi, la venuta allo scoperto di nuove formazioni sociali, fino ad allora rimaste nascoste all’ombra del pregiudizio, e di uno spirito del tempo chiuso ad ogni elemento, in contraddizione con il pensiero dominante.
L’estensione del concetto di libertà ha fortunatamente condotto ad un allargamento dello spettro visivo cui, giocoforza, deve seguire un’estensione sul piano dei diritti. Sì, perché, checché se ne dica, vi sono fenomeni sociali che esistono a prescindere dai gusti e dalle opinioni personali. Il compito della politica è non già pretendere di cancellarli o fingere che non ci siano, ma governarli, introducendo norme chiare, senza lasciare il compito di legiferare alla Corte costituzionale o ai tribunali.
È nostro compito, quindi, dimostrare di essere un Paese finalmente moderno, al pari delle altre democrazie occidentali. Ecco la ragione del nostro voto di fiducia al provvedimento sulle unioni civili, un voto che, così come è accaduto – non senza polemiche – al Senato due mesi e mezzo fa, non è dettato da ragioni di opportunità politica ma dall’intima convinzione che il provvedimento su cui siamo oggi chiamati ad esprimerci sia una legge sì necessaria, sì giusta per le ragioni prima illustrate, ma anche e soprattutto buona. Salutiamo con un certo favore anche lo stralcio della stepchild adoption, non perché confidiamo in un rinvio sine die di una normativa al riguardo, ma perché siamo convinti che sia irrinunciabile affrontare globalmente la disciplina dell’adozione e dell’affido, valutandone ogni singolo aspetto, dai soggetti cui si riconosce la possibilità di adottare, siano essi single, coppie eterosessuali, non sposate, coppie omosessuali, alla complessità dell’iter che devono seguire – per meglio dire, subire – coloro che intendono adottare un bambino, dal ruolo svolto dalle strutture (case-famiglia, comunità) a quello svolto dai tribunali dei minori e dai giudici onorari minorili, alle circostanze che favoriscono quel che potremmo definire «turismo adottivo». Siamo infatti di fronte a un fenomeno che coinvolge migliaia di bambini e di famiglie, spesso vittime di un estenuante iter fatto di frequenti controlli ed esami, a volte con il risultato di concedere adozioni a soggetti sbagliati, altre di negarla a coppie che invece sarebbero meritevoli. E a chi è pronto a stracciarsi le vesti per il voto di fiducia che esprimerà ALA, ribadiamo, con gli stessi concetti che andiamo ripetendo sin dalla nascita della nostra formazione parlamentare, che quel che ci interessa è la bontà dei singoli provvedimenti, siano essi il disegno di legge costituzionale o la disciplina delle unioni civili. Ci riteniamo parte di una maggioranza per le riforme e questa in definitiva è una riforma strutturale, che riguarda un tema che da trent’anni attendeva risposta.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 12,45)

LUCA D’ALESSANDRO. Siamo una formazione liberale in un Paese che auspichiamo liberale, quindi diciamo convintamente sì alle unioni civili, sì ai diritti e doveri per le coppie omosessuali, sì a una legge che riconosca loro dignità e rispetto, sì perché l’unica diversità che condanniamo è quella di chi si pone al di fuori del vivere civile, discriminando persone che hanno la sola colpa di amare senza barriere o steccati di sorta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Maestri. Ne ha facoltà.

ANDREA MAESTRI. Signora Presidente, Alternativa Libera Possibile voterà contro la fiducia posta dal Governo su questo provvedimento e non voterà la legge sulle unioni civili, legge che meritava un dibattito serio e approfondito in Aula, l’esatto contrario di un voto di fiducia arrogante e sgrammaticato come quello posto ieri frettolosamente dal Ministro Boschi. Nessuno in quest’Aula ha preso le difese dei bambini, non li difende chi, votando contro questa legge, li considera figli di famiglie minori, ma non li difende nemmeno chi vota a favore di una legge già vecchia e odiosamente discriminatoria. A questi bambini avete gridato in faccia un «no» che è come uno schiaffo, senza stepchild adoption private i bambini di un genitore agli occhi della legge e negli ospedali quando stanno male; in caso di separazione negate loro l’assegno di mantenimento, l’eredità in caso di morte dell’altra mamma o dell’altro papà, la libertà di raccontarsi e di essere visti nella realtà dei loro affetti. Li private di nonni e di zii, togliete loro le parole di fronte alle loro maestre e ai loro compagni di scuola. Siete entrati nel territorio sacro dei diritti dei bambini con le scarpe sporche, col cuore pavido, col cinismo della mediazione, con il rumore indecente della propaganda. Noi non siamo disposti a scrivere nero su bianco una discriminazione. La componente politica Alternativa Libera-Possibile da oggi si mette a disposizione per aiutare legalmente le coppie che chiedono il riconoscimento dei diritti dei loro bambini di fronte alla legge (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signora Presidente, i pochi minuti a disposizione non consentono neppure di avviare un principio di discussione nel merito del provvedimento, che ancora una volta il Governo impone agli italiani con un voto di fiducia. Del resto appare chiaro che ogni tentativo di avviare un qualunque confronto non avrebbe alcuna utilità, considerato che questo Governo e questa maggioranza non hanno nessuna volontà di aprirsi al confronto. Non basterà neppure per poter esprimere pienamente, come vorremmo, le nostre considerazioni; un Governo che continua a dimostrare totale disprezzo per questo Parlamento. Ormai andiamo avanti solo a colpi di decretazione d’urgenza e di fiducia.
Comprendiamo che vi dia fastidio che qualcuno possa avere idee diverse dalle vostre; del resto le recenti dichiarazioni del Ministro Boschi, riferite a chi intende votare «no» al referendum costituzionale, non lasciano spazio a dubbi sul livello di arroganza che questo Governo ha ormai raggiunto. Avremmo voluto discutere nel merito di un provvedimento che richiede una necessaria e approfondita valutazione per le significative ricadute che può avere e che avrà nella costruzione stessa della nostra società del futuro. Avremmo voluto e dovuto parlare di diritti di tutti i cittadini, che non intendiamo tutelare fino in fondo. Sia chiaro, qui non c’è chi tutela i diritti e chi vuole negarli; c’è chi vuole un confronto e chi vuole imporre le proprie decisioni. Avremmo voluto una discussione aperta, con una disponibilità ad accogliere le istanze di tutti, senza alcuna esclusione, ricercando il giusto e necessario equilibrio tra le varie posizioni e tutte da rispettare e invece, ancora una volta, su un tema sensibile come questo si pone la fiducia. E perché si pone la fiducia ? Si pone la fiducia semplicemente perché questa maggioranza, che è lacerata al suo interno per le continue fibrillazioni da congresso permanente del suo partito di maggioranza relativa, non ha alcuna certezza di poter approvare diversamente il provvedimento se non attraverso la fiducia. Un Governo debole, insicuro, che ancora una volta, alla vigilia di importanti appuntamenti elettorali, utilizza la forza per imporre un provvedimento che serve solo a garantirgli qualche consenso in più. Un tema come quello delle unioni civili non può passare attraverso la fiducia; la società italiana, per la sua storia, cultura e tradizione, presenta sensibilità diverse su argomenti che riguardano la coscienza di ciascuno e la coscienza, caro Presidente, non si può regolamentare per legge, tanto meno con atti di forza – concludo – come quello che oggi si sta consumando in quest’Aula. Ci attendiamo che il prossimo passo sia quello di approvare, con lo stesso metodo, le adozioni per le coppie omosessuali, anzi ci meravigliamo che non l’abbiate ancora già inserito. Sul provvedimento, il gruppo dei Conservatori e Riformisti lascerà ampia libertà di coscienza, ma è ovviamente scontato che non voteremo mai la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell’Istituto comprensivo Garibaldi, di Genazzano di Roma, e il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Federico II di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti in quest’Aula.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Signora Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, a nostro giudizio siamo in presenza di un vero e proprio Stato dirigista e illiberale, altro che, guidato da un Governo abusivo, questo lo sappiamo, un Governo che è incapace di risolvere i nodi strutturali che stanno soffocando l’Italia. Ne abbiamo parlato tante volte: la tassazione asfissiante, il debito pubblico, lo strozzinaggio bancario, la svendita di aziende private e pubbliche, il crollo dei consumi, la disoccupazione, l’emigrazione di giovani e di talenti italiani, l’immigrazione selvaggia, la certezza della pena, la sicurezza, la dignità per le Forze dell’ordine e potremmo andare avanti a lungo. Un Governo che tuttavia, claudicante com’è, riesce a trovare la sfrontatezza per regolamentare i sentimenti, perché questo sta accadendo, con l’aggravante della posizione del voto di fiducia, che mortifica il Parlamento su una questione immateriale, che afferisce al profilo dei valori spirituali e ideali cui dovrebbero ispirarsi partiti, movimenti, forze politiche e sociali. Si tratta della delicata vicenda della famiglia, dello stato di famiglia, delle dinamiche e del mutamento della famiglia stessa, del suo futuro, del futuro del matrimonio eterosessuale e delle unioni omosessuali come se si trattasse, che so, delle lenzuolate di bersaniana memoria, le liberalizzazioni, o dell’ultima marchetta alle banche amiche di Renzi e della Boschi. Con il voto di fiducia Renzi stabilisce l’equiparazione tra famiglie tradizionali e coppie omosessuali, elude la Costituzione con una delle sue solite, dalle nostre parti a Roma si dice «mandragate», invece di modificarla come avrebbe dovuto, perché si può avere un’idea diversa della Costituzione e allora bisogna assumersi la responsabilità di modificarla, attivando tutte le procedure complesse e tutto il dibattito culturale che necessita.
Il Presidente del Consiglio, il furbastro di Firenze, finge di ignorare che la nostra suprema Carta delle regole intende per matrimonio una unione tra persone di sesso differente, un ente sociale intermedio, cui è demandato il compito della filiazione. E così accadrà che il passo successivo non potrà che essere il diritto da parte dei contraenti l’unione civile ad adottare bambini, tema che fino a un paio di anni fa sembrava intoccabile anche a sinistra e non si radicava: chiunque ne parlasse lo negava come prospettiva possibile, che oggi invece è dietro l’angolo. L’abbiamo appena, con lo stralcio della stepchild adoption, scantonata, ma tornerà, non fosse altro perché la nostra Costituzione prevede l’impossibilità della discriminazione anche al contrario, quindi, se tutti i diritti delle unioni civili corrispondono a quelli del matrimonio tradizionale previsto dalla nostra Carta costituzionale, è di tutta evidenza che non si potrà negare a una coppia omosessuale la possibilità di adottare dei bambini. Ecco, questo accadrà una volta aperto un pertugio e ciò che, solo due anni fa, appunto era impensabile rientrerà. Il diritto dei bambini ad avere due genitori di sesso diverso, biologicamente diversi, da poter chiamare papà e mamma è ormai diventato un optional, un elemento per dotte conversazioni nei salotti radical-chic frequentati abitualmente dalla sinistra. Il punto è esattamente questo. La dichiarazione davanti a un ufficiale di stato civile e due testimoni, la registrazione nell’Archivio centrale dello Stato, tutti gli articoli mutuati dal diritto di famiglia, ovvero dalle norme che regolano il matrimonio, civile o religioso che sia, un’unione civile tra persone dello stesso sesso che comporta l’acquisizione degli stessi diritti e doveri individuali, la derivazione dell’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione senza obbligo di fedeltà – misteriosamente, senza obbligo di fedeltà – e in caso di morte la reversibilità della pensione e del TFR. Idem per la regolamentazione delle convivenze di fatto, etero o omosessuali che siano. Sono norme, quelle citate, insieme a tante altre che vi risparmio, prese di sana pianta dal diritto di famiglia. Giù la maschera: voi non state regolamentando delle unioni tra persone dello stesso sesso, ma state di fatto equiparando il matrimonio, cioè la famiglia tradizionale a una famiglia composta da una coppia di persone dello stesso sesso e questo è culturalmente inaccettabile perché una famiglia tradizionale è la cellula primordiale su cui si fonda la società. Non lo dice soltanto la Costituzione italiana, che ha un approccio prepolitico, quando determina nella famiglia l’ente sociale intermedio su cui appunto si riconosce e si fonda lo Stato italiano. Questo è un dato di fatto. La famiglia si carica i costi sociali della crescita dei propri figli, la famiglia ha un costo economico oltre che sociale, ma ha anche un costo «spirituale» nella formazione dei bambini e in questo c’è una differenza mastodontica che voi provate a ignorare, ma che non riuscirete a ignorare fino in fondo, perché quel che voi, alla maniera ideologica che ha caratterizzato il dibattito degli anni Settanta, volete imporre con le vostre astrazioni e con le derivazioni da un’impostazione materialista della vita e del mondo, è ampiamente diffuso e radicato nella sensibilità del popolo italiano.
Noi siamo contrari a qualsivoglia discriminazione, siamo assolutamente pronti a fare qualunque battaglia, la più energica possibile, per contrastare ogni tentazione omofobica, ma lo Stato deve garantire, da un lato, il pieno diritto agli omosessuali di vivere per intero i propri sentimenti e, dall’altro, alla famiglia tradizionale il diritto di distinguersi e di essere riconosciuta nelle proprie prerogative citate fin qui, che sono evidenti al genere umano.
Ecco, Presidente, colleghi, abbiamo velocemente enucleato le ragioni per le quali noi, senza ombra di dubbio, voteremo contro la fiducia richiesta dal Governo. Siamo indignati perché un dibattito così importante, ancora una volta, viene sacrificato e tradotto in una logica di contrapposizione tra maggioranza e opposizione, perché chi comunque volesse sviluppare i propri ragionamenti e apportare degli emendamenti e dei miglioramenti a questo provvedimento non lo può fare attraverso il voto di fiducia che voi avete imposto al Parlamento. Penso che contrasteremo fino in fondo questa vostra decisione e ci stiamo interrogando sulla possibilità – lo stabiliremo nei prossimi minuti – se partecipare alla raccolta di firme per abrogare la norma che vi apprestate con il voto di fiducia a varare, con un quesito referendario, ma certamente siamo spaventati dalla vostra sfrontatezza e dalla imprudenza con la quale, ancora una volta, invece di preoccuparvi di tutelare, promuovere e incoraggiare la formazione di nuove famiglie, invece di preoccuparvi di contrastare un crollo demografico che non è ormai neanche più bilanciato dalla immigrazione selvaggia che vi si deve, ancora una volta, ascrivere, insieme alle altre terribili nefandezze che vi contraddistinguono, invece di dare priorità alla famiglia tradizionale, con l’introduzione del quoziente familiare, andando incontro alle famiglie numerose, voi vi state distinguendo in questa rincorsa per la distruzione della famiglia tradizionale. E siccome è questo – e concludo – che leggiamo tra le righe, e siccome è questo tentativo – tra qualche mese vedrete se non sarà così – di giungere qui a dire che due persone dello stesso sesso avranno il diritto, perché la Costituzione lo prevede anche in quanto famiglie equiparate alle unioni civili, di adottare bambini, noi vi fermiamo qui. Noi vi fermiamo qui e andremo direttamente a interpellare il popolo italiano, affinché questa terribile notizia che state portando possa essere cancellata.

PRESIDENTE. La invito, onorevole Rampelli, comunque a evitare espressioni colorite per definire il Presidente del Consiglio, sia pur nel dissenso.
Prima di dare la parola al deputato Guidesi, volevo salutare un’altra scuola, gli studenti e i docenti dell’Istituto di istruzione superiore «Luigi di Savoia», di Rieti, che stanno seguendo i nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti !
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Iniziamo dal metodo che avete utilizzato. Oggi, si vota la fiducia a questo Governo su un provvedimento che non è governativo, ma è un provvedimento che deriva da un’iniziativa parlamentare al Senato ed è un provvedimento che riguarda principi costituzionali in materia di famiglia e matrimonio, principi costituzionali che riguardano prevalentemente la coscienza di ognuno di noi e, proprio per questo motivo, il dibattito in questa Aula avrebbe dovuto essere aperto e molto lungo, ma soprattutto tale che ognuno di noi potesse esprimere la propria opinione liberamente, proprio perché riguarda la propria coscienza individuale. Così non è stato: ponete la questione di fiducia – ci dice il Ministro per i rapporti con il Parlamento – per una scelta politica, ma badate che, quando la politica supera la coscienza, quando gli interessi della politica superano la coscienza, non si è più in una democrazia parlamentare, ma si entra in un’altra fase. Questo lo dico anche a coloro i quali hanno espresso dissenso rispetto a questo provvedimento e che fanno parte della maggioranza.
Ci avete detto e il Presidente del Consiglio ci dice: «Oggi l’Italia avrà finalmente una legge sui diritti civili». Ma se si parla di diritti civili, nel contenitore dei diritti civili c’è solo questo o c’è tanto altro ? Perché se nel contenitore dei diritti civili, come noi pensiamo, c’è tanto altro, noi oggi pensiamo che in quest’Aula avremmo dovuto discutere e parlare di qualcos’altro, delle priorità vere dei cittadini. Allora, vi chiedo: fanno parte dei diritti civili il diritto alla certezza della pena ? Il diritto di difendersi in casa propria e di sentirsi sicuri fuori dalla propria casa ? Il diritto di sedersi al tavolo con il braccio armato dello Stato, Equitalia, alla pari ? Il diritto al lavoro, il diritto per le imprese di continuare la propria attività, il diritto ad una paga decente, il diritto alla programmazione per gli enti locali e i cittadini, il diritto ad avere un mutuo per le giovani coppie per metter su famiglia, il diritto all’assistenza per i disabili, per gli incapienti e per i non autosufficienti ? Pensate se di quei tre miliardi e mezzo di euro che avete investito nel businessdell’immigrazione clandestina l’anno scorso ne aveste destinati qualcosa per questa gente che fa parte delle priorità di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
C’è poi il diritto alla tutela dei risparmiatori al cospetto, invece, della tutela che voi fate degli amministratori delle banche che hanno truffato i cittadini; il diritto ad andare in pensione dopo quarant’anni di lavoro è un diritto civile o no ? Il diritto a capire che tipo di normative ci sono e che tipo di leggi ci sono in questo Paese, senza servirsi magari di un consulente; il diritto ad avere la certezza dell’importo mensile della propria pensione, senza che l’INPS ogni tre mesi mandi lettere di pseudo-conguagli di cui nessuno riesce a capire i calcoli; il diritto dei lombardi, per esempio, a servirsi di quello che pagano e del proprio residuo fiscale e il diritto, perciò, all’autonomia dei territori. Questi non fanno parte dei diritti civili, queste non sono le vere priorità dei cittadini ? Noi abbiamo subito la globalizzazione economica; oggi voi state costruendo una globalizzazione socio-culturale interna a questo Paese. Prendo per spunto le tante aperture all’Islam, di cui qualche vostro amministratore locale, inconsapevole o incosciente, fa un’invasione totalmente incontrollata; la depenalizzazione dei reati, la riforma costituzionale che accentra tutti i poteri allo Stato, facendoci tornare indietro di cinquant’anni, e una legge elettorale che darà priorità a quelli che si candideranno e avranno tanti soldi da spendere in campagna elettorale. Voi – e utilizzo le vostre parole – avete aumentato a dismisura il divario tra i poveri e i ricchi. Oggi i ricchi si possono ancora curare, mentre i poveri non lo possono più fare. Avete fatto delle altre scelte e avete abbandonato completamente quelli che erano i vostri ideali, perlomeno a parole.
Oggi consegnate, con questa ciliegina sulla torta, alle nuove generazioni una società priva di valori e priva di regole, con tutto quello che avete fatto precedentemente. Noi non capiamo se voi siete consapevoli di quello che state combinando, se c’è una strategia da questo punto di vista e, se c’è, se state costruendo un cambio socio-culturale, allora ce lo dovete spiegare. Ma se non c’è una strategia e siete inconsapevoli di tutto quello che state combinando, allora tutto questo lo fate solo ed esclusivamente a fini elettorali. Oggi di questa legge qualcuno se ne gioverà e, magari, voi pensate che vi voterà la prossima volta. Qualcuno che è agevolato e che ha la possibilità attraverso lo ius culturae di votare voterà per voi (probabilmente pensate questo). Ma vale la pena, a fini elettorali, distruggere tutto quello che siamo e che siamo stati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini) ? Questa è la domanda che oggi noi vi poniamo.
Allora, se non siete consapevoli o se magari qualcuno di voi lo è, fermatevi prima che sia troppo tardi.
Fermatevi, prima di consegnare alle nuove generazioni un mondo e una società priva di regole e di valori, dove ognuno potrà fare assolutamente quello che vuole. Questo non è il Paese che noi vogliamo e non è quello che vogliamo consegnare ai nostri bambini.
Ai parlamentari, che sono in giro nelle campagne elettorali, per le parrocchie, e che chiedono il voto alle parrocchie, chiedo oggi di avere un sussulto di coerenza e di dignità e che tentino di fermare questo scempio. Oggi viene lesa la sacralità del matrimonio e viene impressa una maternità surrogata indiretta in questo Paese e qualcuno di voi se ne assume la responsabilità. Oggi a quei parlamentari chiediamo un sussulto di dignità, chiediamo, insieme a noi, di fermare questo scempio, di fermare questo Governo, altrimenti saranno gli elettori sicuramente a fermarvi, nella speranza che però non sia troppo tardi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Mazziotti Di Celso. No, non ha chiesto di parlare il deputato Mazziotti Di Celso, ma il deputato Monchiero. Prego. Non ci era stata comunicata questa sostituzione.

GIOVANNI MONCHIERO. Presidente, l’ho comunicata io personalmente cinque minuti fa.

PRESIDENTE. Va bene. Prego, deputato Monchiero.

GIOVANNI MONCHIERO. Presidente, a parte questo piccolo incidente, io vorrei rassicurare il collega Guidesi, di cui sempre apprezzo la lucidità e anche la calma, sul fatto che siamo consapevoli di quello che oggi andiamo a votare. Noi siamo consapevoli che la legge sulle unioni civili è una buona legge, che colma una lacuna fra il nostro Paese e gli altri Paesi d’Europa, che viene a incidere su situazioni giuridicamente sino ad oggi non tutelate, che riporta il concetto di eguaglianza alla generalità dei cittadini.
Si tratta di una buona legge perché è una legge equilibrata, è una legge che riconosce alle coppie omosessuali diritti simili – alle coppie omosessuali che lo richiederanno, naturalmente – a quelli riconosciuti alle coppie sposate, senza fare una clonazione dell’istituto del matrimonio e, quindi, chiamando cose diverse con un nome diverso. Soprattutto, questa legge riconosce anche una tutela giuridica più esplicita a tutte quelle forme di convivenza che riguardano le persone legate da un legame affettivo, siano eterosessuali o siano omosessuali.
Si tratta di una legge equilibrata, che noi abbiamo apprezzato nel testo del Senato, anche perché ha stralciato la questione delle adozioni. Ora è chiaro che nella polemica politica spesso si tende ad esagerare i concetti, ma non si può ignorare il contenuto del comma 20, cioè della norma che andiamo ad approvare, che esplicitamente esclude, dall’assimilazione operata per tante altre norme fra coniugi e membri dell’unione civile, la materia delle adozioni, materia che sarà opportunamente rinviata ad una rinormazione complessiva, che noi sinceramente auspichiamo.
La scorsa settimana, discutendo di alcune mozioni in materia di maternità surrogata, il nostro gruppo ha presentato una posizione molto ferma nel respingere queste ipotesi. Noi non consideriamo che la maternità surrogata sia un diritto; noi consideriamo che sia una pratica giustamente oggetto, oggi, di divieto di norma penale e questo divieto vogliamo che rimanga. Ma proprio perché abbiamo questa convinzione, non possiamo non riconoscere che la norma attuale non tocca questo problema e perciò giudichiamo la norma attuale per quello che contiene: giudichiamo la norma attuale per l’apertura che dà alle unioni civili; giudichiamo la norma attuale per un insieme di tutele più forti, più utili e più opportune per tutte le forme di convivenza oggi comunemente e diffusamente praticate nel nostro Paese. Per cui, noi riteniamo che sia una buona legge.
Detto questo, la questione della posizione del voto di fiducia: onestamente, può sembrare abbastanza strano che il Governo ponga la questione di fiducia su una proposta di legge di iniziativa parlamentare. Ma a questa scelta il Governo è giunto proprio, dopo anni di discussioni parlamentari inutili, per ottenere finalmente che questo problema, così complesso, trovasse una soluzione adeguata. La fiducia è stata posta al Senato; la fiducia posta oggi alla Camera ha una funzione puramente strumentale. Ha la funzione di far sì che il testo approvato al Senato non venga modificato e che, quindi, questa proposta di legge possa essere approvata e promulgata.
Noi siamo assolutamente favorevoli a promulgare questa proposta di legge. È un terreno sul quale ogni rinvio apparirebbe capzioso; ogni rinvio sarebbe un insulto nei confronti delle molte persone che da anni attendono questa norma. E, pertanto, con convinzione, in questo spirito e in questo contesto, noi voteremo la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l’Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Calabrò. Ne ha facoltà.

RAFFAELE CALABRÒ. Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono diversi i motivi per cui Area Popolare ritiene che vada votata la fiducia al Governo su questa legge. Innanzitutto, il testo definitivo è la definizione ultima di un patto di maggioranza ottenuto proprio grazie al forte impegno di Area Popolare, che rivendica come successo politico l’aver modificato sostanzialmente il testo presentato originariamente in Senato ed aver determinato l’attuale contenuto. Il patto di maggioranza è un patto biunivoco e va assolutamente rispettato. E, se oggi noi votiamo la fiducia, è perché siamo certi che il Governo rispetterà anche in futuro i risultati raggiunti nell’accordo, ben cosciente che la rottura del patto rappresenterebbe la rottura e la fine di ogni fiducia.
Non si illudano alcuni colleghi che con questo testo siamo al primo passo verso altre modifiche. Ribadisco: è il risultato ultimo e definitivo raggiunto. Ma vediamo da dove siamo partiti: non possiamo dimenticare che ci siamo trovati di fronte ad un testo di legge Cirinnà che rappresentava un’estensione dei diritti familiari alle unioni gay; che prevedeva la possibilità di adozione per le coppie omosessuali, l’istituzione della stepchild adoption, che nei fatti avrebbe portato il Paese verso l’utero in affitto, una pratica degradante per la donna, ridotta a incubatrice dei desideri altrui. Un cavallo di Troia per inserire nel nostro ordinamento la maternità surrogata.
Dobbiamo ammettere che il cosiddetto testo Cirinnà scimmiottava la disciplina adottata da altri Paesi, che hanno culture e radici giuridiche diverse dalle nostre. Un Parlamento sceglie di legiferare in un determinato ambito non per essere alla moda, ma perché glielo chiede la società civile, che invece fin dall’inizio del dibattito si è mostrata profondamente divisa sul testo Cirinnà.
Oggi stiamo finalmente riconoscendo le unioni civili nel modo più equilibrato possibile. Un iter iniziato oltre dieci anni fa, che ha visto almeno 44 proposte di legge presentate in Parlamento e mai discusse in Aula. Abbiamo inventato sigle dai nomi improbabili (DICO, PACS, CUS) destinate a morire in un cassetto. Una vacatio legis che ha visto sindaci affetti da sindrome di protagonismo istituire registri delle unioni civili privi di ogni fondamento giuridico, che, dopo un iniziale boom avvenuto negli anni Novanta, ha visto registrarsi appena poche migliaia di coppie di fatto: poco più di 2 mila su oltre 900 mila.
Questo Governo ha ritenuto che i tempi fossero maturi per approvare una legge, partendo, però, con il piede sbagliato; partendo dal testo Cirinnà, che si caratterizzava per una visione adultocentrica, cioè puntava a soddisfare quel diritto al figlio che appartiene alla logica del desiderio, secondo la quale ogni pretesa diventa diritto.
Noi crediamo che il figlio non sia un diritto. Siamo convinti che ogni bambino che viene al mondo ha il diritto di crescere in una famiglia con un papà e una mamma. Riteniamo che dobbiamo sempre prestare principalmente particolare attenzione ai bambini, ai più deboli. Riteniamo che non si debba privare un bambino delle sue origini, del diritto inalienabile a conoscere suo padre e sua madre. Siamo nati tutti da un padre e da una madre: perché privare di questo diritto un bambino ? Siamo davvero sicuri che i bambini nati con la maternità surrogata non avrebbero finito per domandarsi la ragione del loro abbandono ? Non possiamo perpetuare casi di bambini con tre madri: quella che ha donato l’ovulo, la gestante e quella che lo adotta. Tutto ciò è inumano.
Questo Governo merita la fiducia perché, grazie a un delicato lavoro di mediazione all’interno della maggioranza e all’impegno di Area Popolare, si è riusciti a migliorare un testo dalle conseguenze sociali incalcolabili. Questo voto di fiducia non intende discriminare le unioni civili anche omosessuali; non siamo retrogradi, né medievali, ma semplicemente e nettamente riteniamo che una cosa sia l’istituto matrimoniale, altra cosa sia il sacrosanto riconoscimento delle unioni civili, cui spettano diritti individuali che oggi stiamo mettendo per iscritto, nero su bianco.
Stiamo disciplinando diritti sociali e patrimoniali: casa, assistenza reciproca, residenza comune, pensione di reversibilità, che così possono essere raggiunti attraverso le norme, senza alcun bisogno di giungere a un’equiparazione tra coppie di fatto e matrimonio.
Tra l’altro, l’ultimo rapporto elaborato in Francia dall’Istituto nazionale di statistica e studi economici evidenzia una diminuzione importante dei matrimoni tra persone omosessuali: mentre sono state celebrate nel 2014 10.500 unioni omosessuali, ce ne sono 8 mila nel 2015. Questo risponde a una diminuzione del 24 per cento.
Colleghi, noi discipliniamo e riconosciamo diritti, non seguiamo mode e trend per il rischio di apparire retrogradi. Troppe volte, durante il dibattito che ha accompagnato questa legge, abbiamo sentito parlare di rispetto dei diritti fondamentali, della libertà di scelta, mettendo da parte le ragioni opportunistiche e il rispetto della Costituzione italiana.
Ebbene, che piaccia o no, la nostra Carta costituzionale stabilisce che la famiglia è quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e, se violiamo la nostra Costituzione con tanta superficialità e spregiudicatezza, ogni diritto, ogni certezza giuridica è destinata a crollare.
Sappiamo bene che, su un tema che attiene alla sfera dei principi e dei diritti, il ricorso allo strumento della fiducia non è quello che ci saremmo augurati, ma mai come in questo caso la fiducia mi fa pensare al detto «di necessità virtù». Senza la fiducia, davanti a noi si sarebbero aperte due opzioni, entrambe a questo punto difficilmente praticabili. Questo provvedimento si sarebbe andato ad aggiungere alle tante proposte di legge ferme su un binario morto, in barba a quanto richiesto dalle istituzioni europee e da una buona parte della società civile; oppure, l’alternativa sarebbe stata l’approvazione di un testo fortemente ideologico, sotto molti profili incostituzionale, che avrebbe fatto da apripista a pratiche vietate anche dalla legge n.40. Avrebbe provocato una lacerazione nella maggioranza di Governo e rimpasti su molti altri provvedimenti che il Paese ci chiede.
Come tante altre leggi che attengono alla sfera più personale, abbiamo visto una partecipazione viva dell’opinione pubblica e, in particolare, del mondo cattolico. Come tutti voi ho ricevuto mailche mi invitano a votare contro questa legge, a non dare la fiducia a questo Governo, nemico della famiglia, da parte di cittadini, ritengo, incolpevolmente disinformati, convinti che questa legge condurrà inevitabilmente verso la maternità surrogata e alle varie forme di simil-matrimonio. Allo stesso tempo, leggo di parlamentari che non voteranno la fiducia perché ritengono che questo testo sia lesivo dei diritti delle persone omosessuali. Proteste, minacce provenienti da mondi e pensieri opposti non possono che convincerci che questa è davvero una buona legge. Da cattolico convinto, posso affermare che esprimo questo voto di fiducia con serenità assoluta, perché è un testo equilibrato, che argina la destrutturazione della famiglia, che dice «no» ad ogni forma di mercimonio del corpo della donna, che tutela i bambini. Posso affermarlo con onestà, avendo votato contro le leggi che, a mio avviso, indeboliscono la famiglia e mi riferisco alla legge sul divorzio breve. Da politico e da cattolico posso dire che questa è la migliore delle leggi possibili, perché è frutto di una lunga e faticosa mediazione, che riesce a intercettare le diverse istanze provenienti dalla società e sposa posizioni progressiste, senza cadere in estremismi, e la politica, colleghi, è l’arte del buonsenso.
Area Popolare sa di poter esprimere la fiducia senza avere neanche per un attimo il dubbio di aver tradito i principi e i valori in cui crede, avendo lottato – e di questo ringrazio in particolare il presidente Lupi – per aver ottenuto che, prima di oggi, il Parlamento si esprimesse ufficialmente con l’approvazione della mozione sulla maternità surrogata contro la stepchild adoption, anche per evitare che la sua mancata previsione nella legge venisse poi di fatto bypassata dalle sentenze dei giudici e proprio per questo Area Popolare ha depositato una proposta di legge contro l’utero in affitto.
Oggi abbiamo una legge chiara su quello che è ammesso e quello che non è ammesso, proprio perché adozione e stepchild sono state stralciate dal testo originario dopo un lungo dibattito parlamentare. E proprio l’iter parlamentare sarà un riferimento chiaro anche per evitare fantasiose interpretazioni giurisprudenziali, che non possono più trovare cittadinanza.
C’è chi nella maggioranza esprime in queste ore perplessità, ma, insisto: ritengo che la fiducia va accordata guardando al futuro, a quanto ancora dobbiamo fare per rimettere in sesto il Paese, a quanto ancora dobbiamo fare per continuare a difendere i valori in cui crediamo, a cominciare dalle politiche di sostegno alle famiglie e al welfare familiare, perché, tutto sommato, se non sosteniamo economicamente e fiscalmente la famiglia, se non aiutiamo i nostri giovani a restare in questo Paese, se non invertiamo il tasso di natalità, a chi consegneremo questo Paese moderno che oggi stiamo contribuendo a costruire (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)) ?

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nicola Fratoianni. Prego, ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI. Grazie, signora Presidente. Signori del Governo, Sinistra Italiana non voterà la questione di fiducia che voi avete posto; non voterà la fiducia a un Governo che non la merita, che non la ha da parte del Paese; non voterà la fiducia a un Governo che confonde l’Associazione nazionale dei partigiani italiani con CasaPound; non voterà una questione di fiducia che, ancora una volta, si pone come uno strumento di coercizione del dibattito parlamentare. Vedete, signori del Governo, potevate consentire una discussione in questa Camera, potevate consentire a questa Camera la possibilità di lavorare al miglioramento di una legge che arriva dal Senato largamente menomata rispetto alla sua versione originale.
Invece, avete scelto uno strumento, quello della fiducia, che ha in sé tutta la cifra del coraggio che vi è mancato, ancora una volta, ossia il coraggio che vi è mancato nel superare definitivamente l’arretramento di cui questo Paese soffre da troppi anni; il coraggio che vi è mancato nel riconoscere fino in fondo quel diritto fondamentale di bambini e bambine che, ancora oggi, con questa legge, non vedranno riconosciuto il loro diritto fondamentale ad essere cittadini e cittadine pieni, pari a tutti gli alti, a quelli con cui vanno a scuola, con cui giocano, con cui costruiscono il loro percorso di vita.
Vi è mancato quel coraggio necessario a fare in modo che una legge come questa, che pure fa un passo avanti sul terreno dei diritti, potesse rompere fino in fondo quel muro di ipocrisia che vi ha costretto a disegnare una scatola giuridica nella quale lo sforzo, perfino ossessivo, è parso concentrato sull’eliminazione di ogni riferimento, di ogni allusione tesa a riconoscere nelle unioni tra persone dello stesso sesso la dimensione dell’affetto e la dimensione dell’amore, ridotte a una condizione perfino asettica, quella di un contratto.
Vedete, in quell’ipocrisia c’è la natura delle vostre contraddizioni, c’è la natura di una mancanza di coraggio che va oltre l’equilibrio dei numeri di questo Parlamento, di questa Camera, del Senato, da cui proviene questa legge. C’è l’ipocrisia di una cultura politica che, ancora oggi, non fa i conti fino in fondo con la storia, con il mondo nel quale viviamo, che non ha avuto il coraggio e la capacità fino in fondo di misurare uno scontro, un conflitto con quelle posizioni che ancora pensano, dichiarandolo o meno, che l’orientamento sessuale non sia fonte di una differenza, ma sia fonte legittima di una discriminazione sul piano dei diritti. Infatti, la verità, signori del Governo, è che questa legge, ancora una volta – pur dentro un avanzamento, che, ripeto, riconosciamo e vediamo e che motiverà il nostro voto a proposito del provvedimento, su cui verrò tra poco –, ancora oggi, costruisce una insopportabile discriminazione in questo Paese.
Avremmo voluto – ci siamo battuti nelle Aule di questo Parlamento, lo abbiamo fatto nelle Commissioni, ovunque è stato possibile – una legge che riconoscesse una parità piena, i matrimoni egualitari, non per una particolare affezione all’istituto del matrimonio, ma per una insopprimibile resistenza ad ogni forma insopportabile di discriminazione.
Vedete, avete perfino trovato il modo di togliere da questa legge, a proposito delle unioni tra persone dello stesso sesso, il vincolo di fedeltà. Sia chiaro, non è un tema che mi appassiona o mi entusiasma; anche in quello c’è qualche vena di un’ipocrisia familistica, retaggio di un passato dal quale forse dovremmo emanciparci. Tuttavia, l’averlo eliminato – quello sì – è il segnale non di un elemento di maturazione generale, di un processo culturale che avanza nel Paese e nella società, che si mette in linea con una società, ancora una volta, più avanti delle classi dirigenti che pensano di rappresentarla, ma è il segno, appunto, di un’ipocrisia della costruzione di condizioni di serie A e di serie B, che a noi paiono ancora un retaggio insopportabile di una condizione che andrebbe definitivamente superata.
Tuttavia, signori del Governo, Sinistra Italiana voterà a favore di questo provvedimento. Voterà a favore di questo provvedimento, perché siamo capaci di distinguere quando si discute della vita di persone in carne ed ossa, della vita di persone che, troppo spesso, hanno consumato la loro esistenza nell’attesa e nel ritardo di una politica ignava e incapace di guardare la realtà.
Siamo capaci di distinguere, quando si parla della vita vera delle persone, la differenza che passa tra il nulla del Medioevo dei diritti e un avanzamento, che pure consideriamo insufficiente. Voteremo a favore perché in quegli avanzamenti c’è anche il nostro lavoro, c’è anche la nostra battaglia politica, quella che abbiamo fatto qui e quella che abbiamo fatto nelle piazze. Voteremo a favore soprattutto perché riconosciamo in quegli avanzamenti, signori del Governo, molto più della vostra pretesa di rappresentarvi come il Governo della modernizzazione e delle riforme, quanto il coraggio, la forza e la determinazione di migliaia di uomini e di donne che, in questo Paese, nei movimenti LGBTQ (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà) hanno, con coraggio e con determinazione, continuato a battersi perché la loro condizione fosse sottratta all’oscuramento insopportabile della discriminazione, della negazione, del tentativo di costruire elementi di separazione e di marginalità.
Per queste ragioni noi voteremo «sì» a questo provvedimento, ma sappiate che in questo voto, ancora una volta, non c’è una delega. Non ci fidiamo, saremo lì: saremo lì con i movimenti, saremo lì in Parlamento, saremo lì vigili perché, dal giorno dopo, i decreti attuativi di questa legge vengano rapidamente messi in campo, perché non ci sia qualcuno che tenti, ancora una volta, di rallentare, magari con altri strumenti, quello che è già un ritardo insopportabile. Saremo lì perché continuino a farsi, dentro quest’Aula e in questo Paese, passi avanti necessari, perché venga tirata fuori dal cassetto – da qualche cassetto, non so quale –, dove è sparita, la legge contro l’omofobia, che ancora questo Paese aspetta e che fa ancora di questo Paese, su questi terreni, un elemento di grave arretratezza. Saremo qui per fare in modo che sul tema delle adozioni, del diritto dei bambini si possa – qui sì – uscire da un Medioevo nel quale, invece, purtroppo, anche con questa legge, siamo ancora confinati.
Noi ci saremo: ci saremo per continuare quella che per noi è, innanzitutto, una battaglia di civiltà. Ho sentito molte volte in quest’Aula, in questi giorni, discutere, a proposito di questa vicenda e di questa legge, di temi sensibili. Sono parole che tornano: «temi sensibili», «temi delicati». Trovo che di sensibile ci sia solo una cosa, di cui dovremo tutti, tutti e tutte, ricordarci con più coraggio di quello che anche oggi siamo nella condizione di mettere in campo. Di sensibile c’è l’insopprimibile e l’irriducibile rispetto verso la libertà di ciascuno e di ciascuna di amare un’altra persona e di costruire con quella persona un percorso di autonomia, un percorso di cittadinanza. Di irriducibile c’è la libertà di ciascuno e di ciascuna di costruire un proprio percorso di cura, di essere genitore, sapendo che essere genitore non significa semplicemente svolgere una funzione biologica, ma significa essere capaci di cura, di rispetto, di amore ed essere capaci anche, talvolta, di farsi di lato, di farsi da parte per garantire gli spazi di autonomia di una persona che viene al mondo e che nel mondo costruisce i passi di un futuro cittadino. Noi di questo siamo consapevoli e, per questo, continueremo a batterci, anche dopo questa giornata (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Grazie, Presidente. In questa sede io ho il mandato, da parte del mio gruppo, di rappresentare le nostre buone ragioni per il «no» alla fiducia su questo provvedimento. Il mio gruppo ha una posizione chiara, a seguito di un dibattito serio e approfondito al proprio interno, cioè quella del «no» su questa legge, ma, altrettanto, considera un valore aggiunto la libertà di coscienza, della quale pure diversi colleghi si avvarranno, in relazione al voto finale. Dico questo anche per definire quanto, su questo tema, da oltre vent’anni in questo Paese, ci si divide: ci si divide nelle piazze; ci si divide nei partiti, in cui si discute; ci si divide anche all’interno delle famiglie stesse. Io credo che questo sia legittimo. Io non sono un amante dei fanatismi né da un lato né dall’altro; io non considero chi è contro questa legge un omofobo pericoloso e non considero chi è a favore di questa legge qualcuno che vuole distruggere la famiglia.
Credo che si debba riflettere, confrontarsi nel merito, io non so neanche dire se siano maturi oggi, o meno, i tempi per questa norma, so però che io ho una storia di referendario, che sono uno di quelli che amano che su temi come questi addirittura si pronuncino gli elettori, si pronunci il popolo. Ma, evidentemente, c’è chi è e appartiene a tradizioni altre rispetto alla mia. Certamente il nostro gruppo, così come altri, è fortemente contrario a questa questione di fiducia. Una questione di fiducia grave: ieri in Aula è stato stigmatizzato – anche con toni e parole molto lontane da me e dalla nostra sensibilità, ma ferme – il metodo che questo Governo, che questa maggioranza ha voluto utilizzare in questa sede. Porre la questione di fiducia è un fatto di una gravità democratica, Presidente Boldrini, enorme.
Vede, in questo Parlamento ci sono gruppi che voteranno «sì» alla fiducia e voteranno «no» al provvedimento; ci sono gruppi che voteranno «no» alla fiducia e voteranno «sì» al provvedimento; ci sono gruppi che voteranno «no» alla fiducia e che, magari, hanno una posizione dubbiosa su questo provvedimento; ci sono gruppi che non sono in maggioranza e che, grazie alla fiducia su questo provvedimento – penso alla componente di ALA, al gruppo che fa capo al Senatore Verdini – entreranno a cambiare la composizione della maggioranza, e su questo, Presidente, un invito al Presidente del Consiglio di fare due passi verso il Quirinale, a comunicargli che viene a cambiare la maggioranza originaria che dà origine a questo Governo, perché questo è quello che accade in questa sede della fiducia, perché la fiducia di per sé delimita il perimetro della maggioranza. E insito in questo è la gravità del porre la questione in fiducia su un tema, etico per un verso e divisivo per l’altro, come questo: talmente importante che il Governo ha pensato bene, non di lasciare la possibilità a questo ramo del Parlamento di discutere, alla relatrice Campana di poter presentare neppure un emendamento, visto che sono in tanti nei corridoi a mormorare quanto questa legge sia stata scritta con i piedi soprattutto tra coloro che votano «sì».
Ma vi sembra possibile che l’unico voto che somigli un poco ad un pronunciamento sul merito di questa legge sia stato quello di ieri sullo stralcio della parte delle convivenze eterosessuali, su cui in molti, tra chi vota «sì» e chi vota «no», ci siamo accorti di un problema e che la risposta sia stata una blindatura senza entrare nel merito, quando solleviamo la questione sostenuta anche da figure autorevoli come l’avvocato Bernardini De Pace, che dice che questa legge sposa di fatto le coppie conviventi eterosessuali e con il contenzioso che questo comporterà ? Si è voluti andare avanti, si è voluta mettere la fiducia. Dice il Presidente del Consiglio: oggi è un giorno di festa, non sono possibili altri rinvii dopo anni di ritardi. Quali altri rinvii, Presidente Boldrini, ci deve spiegare il Presidente del Consiglio ? Il rinvio di sette ore e un quarto che le opposizioni avevano nel contingentamento di questo provvedimento, Presidente ? Il rinvio della votazione di qualche decina di emendamenti in più ? Il mandato al relatore di questo provvedimento al Senato è stato dato nell’ottobre 2015. Questo provvedimento, come tutti sanno, è un disegno di legge di iniziativa parlamentare. Questo provvedimento, Presidente Boldrini, non scade. Questo provvedimento, se poteva essere migliorato, avrebbe potuto essere approvato anche una settimana, dieci giorni dopo, senza che in questo Paese ci si potesse trovare mai di fronte a folle protestanti.
In questo Paese, purtroppo, non ci si trova di fronte a folle protestanti neanche con milioni di giovani disoccupati o dal futuro incerto, o con lavoratori che perdono il lavoro. Allora forse si poteva permettere a questo Parlamento la prerogativa per cui questo Parlamento nasce, cioè quella di discutere, di approfondire. Non è mai successo su un tema così divisivo, così importante, e anche lì, probabilmente, Presidente, di che cosa parliamo quando parliamo dei provvedimenti di eccezionale rilevanza, atteso che attiene alla parte dei principi e non alla prima parte della Costituzione ? È un sofisma, Presidente, perché poi alla fine vogliamo dire che poi la famiglia omosessuale non è una famiglia ? Secondo me, forse, è una famiglia anche quella, se le si riconoscono diritti, e allora forse anche quello poteva avere un senso, ma se non valgono per questi temi etici, le norme ad esempio sul voto segreto, noi ci rendiamo conto che su questi temi, dove i partiti, più delle regole del nostro Regolamento, vanno avanti nel dare la libertà di voto, noi abbiamo un Regolamento che su temi divisivi ed etici subisce spesso e volentieri la disciplina di partito.
Non è una critica alla Presidenza, che giustamente si attiene alle regole che ci sono, ma su questo una riflessione forse tutti insieme dobbiamo farla.
E poi una questione ancora pregiudiziale: guardate, imporre con un colpo di fiducia, espropriando dal dibattito la possibilità di modificare anche una virgola di questo provvedimento, avendo già messo la fiducia nell’altro ramo del Parlamento su un tema così importante, dove c’erano anche, secondo me, e io forse sono anche tra questi per storia personale e per i dubbi più che per le certezze politiche che io ho su questo stesso provvedimento, aver posto la fiducia, certamente, per quella che è la mia personale valutazione politica, fa pendere la barra, fa pendere la bilancia sul lato del «no» rispetto a un «sì» su un provvedimento come questo.
È un fatto di una tale gravità e, soprattutto, il Presidente del Consiglio vanta questo provvedimento come una cosa che bisognava fare, che c’era nell’aria, che lui aveva il mandato di fare, ma il mandato di fare da parte di chi ? Governi che erano stati scelti da una maggioranza votata dagli elettori hanno avuto la sensibilità di portare nel dibattito del Paese le loro tesi, a partire dal Governo Berlusconi, dove pure c’erano tesi diverse, così come c’erano tesi diverse nel Governo Prodi e negli altri, c’era il rispetto dell’altra metà del Paese, dell’altra piazza, e c’era il rispetto di non pensare neanche lontanamente che un tema del genere potesse essere imposto – con una cosa che va a metà tra la rappresentazione messianica di se stessi, da un lato, e il bullismo parlamentare, dall’altro – a colpi di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) in un ramo del Parlamento e nell’altro !
Su mandato di chi – vi chiediamo –, su mandato di chi questo Governo e questa maggioranza, unilateralmente, pensano di poter cambiare la Costituzione o la legge elettorale mettendo la fiducia ? Il perimetro della cittadinanza: ma noi ci rendiamo conto che in questo Parlamento la maggioranza, sostanzialmente da sola, ha approvato un cambio del concetto di cittadinanza, che poi è il diritto di elettorato, che poi è l’entrare a essere membri della nostra comunità, della nostra nazione, introducendo lo ius soli e lo ius culturae ? Da sola ! Sulla base di quale mandato, di quale programma presentato agli elettori ? Sulla base di quale mandato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), di quale programma presentato agli elettori si riscrivono le norme sul conflitto di interessi che permettono l’accesso alle cariche pubbliche ? Sulla base di quale profilo, di quale scelta che gli elettori hanno fatto ? Sulla base di quale mandato si decide che i partiti – e questo accadrà – dovranno essere in un modo o nell’altro, escludendo magari un po’ più quelli come il MoVimento 5 Stelle o un po’ più quelli come Forza Italia ? Sulla base di quale mandato chi non ha vinto le elezioni, chi governa con una maggioranza fatta da pezzi di gruppi dell’opposizione che sono traslocati armi e bagagli dall’altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) e da un premio incostituzionale può pensare di imporre unilateralmente le regole ?
Io sono un laico; credo che nel merito ci si debba confrontare e considero una violazione di un diritto, che in Parlamento, in casi come questo, dovrebbe essere sempre garantito, il fatto che questo merito, che questo confronto sia stato sottratto. Allora credo che, se è vero quello che il Presidente del Consiglio vuole dire quando dice che oggi è un giorno di festa per quelle tante persone che aspettavano questa legge, ed è possibile, e io queste persone che aspettano questa legge le rispetto, nella diversità anche delle posizioni, certamente Presidente Boldrini, certamente Ministro Boschi, certamente colleghi del Governo e della maggioranza, oggi non è – e fateci la cortesia di non festeggiare con un applauso, in questo Parlamento, dopo aver messo la fiducia, con questo metodo, questa legge – non è un giorno di festa, né per la democrazia e né per il Parlamento, e di questo vi dovrete ricordare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni) !

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Silvia Chimienti. Ne ha facoltà.

SILVIA CHIMIENTI. Grazie, Presidente. Ci apprestiamo oggi a votare l’ennesima fiducia, la cinquantaduesima posta in poco più di due anni dal solo Governo Renzi. Andando avanti di questo passo, se la legislatura dovesse arrivare a scadenza naturale, il Governo potrebbe sfondare quota cento fiducie, stracciando e di parecchio ogni precedente record della nostra storia repubblicana; veramente complimenti, Ministro Boschi. Verrebbe da pensare che, a prescindere dal referendum di ottobre, si sia già pienamente immersi in una dittatura dell’Esecutivo, senza bisogno di stravolgere la Costituzione. Ma non è di questo che oggi vorrei parlare, perché in questo caso specifico, su questo disegno di legge, emergono ulteriori punti di discussione. Innanzitutto la questione di fiducia viene posta su un disegno di legge di iniziativa parlamentare, dunque su un atto normativo che, per sua stessa natura, necessiterebbe appunto di un dibattito, di una dialettica tra le parti che invece è stata strozzata sul nascere dai timori dell’Esecutivo, che vive sotto il ricatto ormai costante di Denis Verdini e di Angelino Alfano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). In secondo luogo, fattore ancor più rilevante, la fiducia viene posta su un tema che è diverso da tutti gli altri. Impedire qualunque discussione in Aula sui diritti delle persone, Presidente, sulla vita dei cittadini, di famiglie e di bambini, per commissariarne la disciplina al volere del solo Esecutivo, è profondamente sbagliato. Se poi entriamo nel merito della storia di questo disegno di legge e del suo iter confuso e travagliato, dobbiamo constatare con assoluto sgomento che non c’è stato un solo voto nei suoi due passaggi alle Camere, non un voto, non un emendamento messo in votazione, Presidente. Questo disegno di legge, radicalmente modificato al Senato dall’ennesimo compromesso al ribasso tra le forze di maggioranza, verrà approvato senza che ancora una volta si sia potuti andare alla prova dei voti, per vedere pubblicamente e alla luce del sole chi è a favore di una legge necessaria e chi invece è solo vittima della paura di rendere il nostro Paese un po’ più giusto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il Ministro Boschi parla di traguardo storico, di svolta epocale, ma oggi è solo il giorno in cui, apponendo la fiducia, si sciupa un’occasione storica. Non è una vittoria di questo Governo, Presidente. Porre la questione di fiducia persino su un tema da molti definito «etico» è solo una sconfitta, l’ennesima sconfitta per questo Governo, incapace di discutere perfino delle migliorie fondamentali da apportare a questo testo arraffazzonato. Avete avuto paura, una paura folle di discutere, non con le opposizioni ma al vostro interno. Lo scempio di questa fiducia è frutto dei vostri timori, è frutto delle contraddizioni di un partito che di democratico conserva solo più il nome. Dunque, Presidente, si è preferito blindare al Senato un testo sbagliato, con numerosi punti controversi e a rischio di incostituzionalità per il semplice fatto che il PD e la maggioranza erano e restano spaccati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Siamo all’assurdo, il Paese si dà oggi una legge incompleta e giuridicamente discutibile solo perché vittima dei difficili equilibri di una maggioranza abusiva. Si è preferito per esempio far finta che le famiglie arcobaleno non esistessero, che fossero un’invenzione. Si è preferito non discutere un nodo cruciale, come quello della stepchild adoption, lavandosi le mani del proprio compito di legislatori per rimpallare la responsabilità di decidere sulla vita dei bambini ai tribunali dei minori. A prescindere dal merito, avete preferito delegare tutto ai giudici, creando il caos, ma dal 25 febbraio ad oggi ci sono già state cinque sentenze di giudici che hanno sancito l’adozione in famiglie omogenitoriali. Ma non è questo il solo punto controverso, la legge regolamenta anche le convivenze di fatto, oltre all’istituto delle unioni civili. Ad esempio, è previsto solo per il secondo istituto l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione; di fatto e per legge si discrimineranno i partner della prima categoria che, diversamente da quelli della seconda, nel penale rischieranno addirittura l’accusa di omicidio o lesioni personali per l’eventuale medesima condotta di mancata prestazione di cure o di alimentazione. Per questi e per altri motivi avremmo avuto la necessità e il dovere di entrare nel merito del testo, per renderlo davvero un momento storico e non l’ennesima bandierina dietro a cui purtroppo si nasconde un pasticcio incompleto e senza coraggio. Il MoVimento 5 Stelle voterà «no» alla fiducia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Morani. Ne ha facoltà.

ALESSIA MORANI. Signora Presidente, membri del Governo, ci sono voluti più di trent’anni dalla presentazione del primo progetto di legge ed una serie di sigle e di acronimi buoni solo per far litigare i politici per arrivare oggi, in quest’Aula parlamentare, ed approvare una legge di civiltà.
Li hanno chiamati in molti modi, ma non hanno mai detto la cosa più importante: avere un progetto di vita comune e perseguirlo non può e non deve essere un fatto che rimanda ad alcuna questione di libertà di coscienza, riguarda invece il grado di civiltà di un Paese, riguarda il senso di una comunità che riconosce a tutti e dà a ciascuno il diritto di costruirsi una famiglia e di partecipare giorno dopo giorno al progresso della propria nazione. Da oggi possiamo cominciare a dire con orgoglio che non c’è più una parte della nostra comunità abbandonata a sé stessa, abbandonata all’oblio. È proprio questo il punto, le unioni civili non sono un tema etico, non ci interrogano sulla nostra coscienza, sulle convinzioni religiose e culturali, ma hanno a che fare invece con l’estensione dei diritti a tutti i cittadini, a prescindere dall’orientamento sessuale. La legge sulle unioni civili ha a che fare con la rimozione di una grande discriminazione, è la legge che non permetterà più l’esistenza di distinzioni tra famiglie di serie «a» e famiglie di serie «b». Oggi iniziamo un percorso che punta ad annullare ogni tipo di discriminazione, è proprio questo il punto politico del disegno di Legge Cirinnà, mettere la parola fine a diritti negati, e voglio qui, a nome mio e del gruppo che rappresento, abbracciare Monica, ringraziandola per il suo impegno di testimonianza civile che è andato ben oltre il mandato parlamentare e ricordare anche l’impegno di un amico e di un sottosegretario, che si chiama Ivan Scalfarotto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che ha lavorato sin dall’inizio con grande passione al buon equilibrio di questo testo, mediando tra mondi che sembrava impossibile far dialogare. È questo stesso motivo il punto che ha fatto la differenza sostanziale nel goal che oggi facciamo sulle unioni civili e che non è stato invece fatto con i Dico, i Pacs, i Cis, i Didorè, tutte sigle purtroppo mai diventate legge, dibattiti infiniti basati su una qualche presunta superiorità morale di una categoria su un’altra, che ho ascoltato, ahimè, anche oggi negli interventi di alcuni colleghi della Lega e di Fratelli d’Italia, mentre si trattava semplicemente di estendere dei diritti che sono stati negati a milioni di italiani in questi anni. Ragazze e ragazzi che sono cresciuti sentendosi diversi e che hanno spesso scelto la via dell’estero per cercare e trovare quei diritti che nel loro Paese erano negati, una sorta di generazione Erasmus per necessità d’amore, la voglio chiamare così. La loro scelta di vita li ha spinti fuori dai nostri confini e noi in questi anni abbiamo perso talenti, creatività, futuro insieme a loro. Adesso li stiamo richiamando in Italia e gli stiamo dicendo che da oggi l’Italia è un Paese migliore, è un Paese più giusto. Oggi stiamo restituendo quelle famiglie a quei genitori che hanno visto i figli andarsene via la possibilità di tornare in un Paese che finalmente potrà dirsi civile. È a loro che dedichiamo il voto di fiducia di oggi, a chi, per troppo tempo, si è visto sottrarre il diritto a una vita dignitosa in coppia, a coloro che hanno dovuto cambiare Paese per realizzare quello che per ciascuno di noi è intimamente una priorità: la sicurezza delle nostre fragili esistenze. La famiglia, qualunque essa sia, è a suo modo felice o diversamente infelice, parafrasando il bellissimo incipit di Anna Karenina di Tolstoj, ma comunque è un luogo dell’anima oltre che l’impalcatura della nostra società. Il passaggio del voto sulle unioni civili si presenta come storico, lo dico ai colleghi di Sinistra Italiana, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista politico. È la più grande riforma del diritto di famiglia dagli anni Settanta ad oggi. Tecnicamente stiamo colmando un vuoto che ci è stato segnalato con ben due sentenze della Corte costituzionale, nel 2010 e nel 2014, e con un monito della Corte europea dei diritti dell’uomo. Certo, non potevamo imbrigliare oltre la legge sulle unioni civili, in un rimpallo estenuante di sedute parlamentari, sfiancate da migliaia di emendamenti inutili e offensivi per l’intelligenza delle persone – colleghi, gli interventi di alcuni in Senato hanno toccato livelli di bassezza inarrivabili – e osteggiata da continui voltafaccia che hanno reso impossibile un percorso normale. Ci abbiamo provato, non è andata bene, non per colpa nostra però. C’era stato detto dal MoVimento 5 Stelle che potevamo portare a casa la legge già in Senato, ma alla fine hanno voltato le spalle non a noi – e per noi non sarebbe neppure una novità, ci siamo abituati – ma chi è là fuori e ha dovuto aspettare, ancora una volta, che fosse la volta buona ed è storico che, dal punto di vista politico, si scelga di porre la questione di fiducia sul disegno di legge Cirinnà.
Questo Governo è orgoglioso di mettere questa legge tra le sue priorità. Fare le riforme per cambiare l’Italia significa agire sul progresso civile e culturale di un Paese, non significa solamente far quadrare i conti e i bilanci e farlo crescere economicamente. Ha ragione il Presidente Renzi quando dice che questa è una legge che vale una legislatura intera. Io dico che questa è una legge che vale l’impegno politico di una vita e lo dico con la commozione e con l’emozione che mi porto dentro da questa mattina. E se tutti questi anni e queste sigle vi sembrano pochi per rimediare a questo vulnus, allora forse non abbiamo la stessa concezione dei diritti che sono sanciti nella nostra Carta costituzionale o quanto meno del trascorrere del tempo. Questo perché la Costituzione recita che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, impegnando tutti noi alla rimozione delle discriminazioni, e perché il tempo ci dice che dobbiamo dare seguito ai cambiamenti della società, possibilmente interpretandoli, non inseguendoli continuamente.
Per fortuna, dopo decenni oggi stiamo rimediando. Per questo, mi domando come si possa ancora oggi che a distanza di ben 27 anni dalla Danimarca e tra gli ultimi in Europa, colmiamo un vuoto di diritto per alcuni cittadini, ascoltare frasi aberranti, come quelle pronunciate da due candidati sindaci alla nostra Capitale d’Italia. Meloni e Marchini hanno entrambi detto che, da primi cittadini, non applicherebbero la legge dello Stato unendo coppie gay, come dire che, se fossero eletti sindaci, si renderebbero colpevoli di togliere un diritto ad alcuni cittadini. È gravissimo che candidati a sindaco annuncino che non rispetteranno una legge dello Stato, ma noi siamo certi che i romani sono molto più avanti dei loro candidati sindaci e li bocceranno nelle urne.
Per questo, mi domando quale possa essere la motivazione nel voler rimandare ancora una volta una legge che rende giustizia doverosa a milioni di persone. Sanno che stanno votando contro le sentenze della Corte di giustizia europea e della nostra Corte costituzionale, ma soprattutto sanno che stanno respingendo le istanze di quanti aspettano e combattono da troppo per vedersi riconosciuti i diritti sacrosanti: una casa da condividere, un progetto di vita, assistenza nella buona e nella cattiva sorte (lo dico sottovoce, per rispetto di queste persone). Oggi più che mai vedremo in quest’Aula quanti si schierano a favore di un’Italia che, con coraggio e determinazione, sta affrontando nodi irrisolti da anni e quanti continuano invece a resistere al cambiamento e al riformismo, volendo respingere il nostro Paese nel secolo scorso. È un derby che preferiremmo non giocare, soprattutto perché riguarda la vita delle persone. Ci abbiamo provato in prima lettura al Senato, cercando la più ampia convergenza politica, lavorandoci insieme, fidandoci, e poi, all’ultimo, essendo traditi nella fiducia, non noi ancora una volta, ma le persone qua fuori, nelle piazze, nelle strade, nelle loro famiglie all’estero, a guardare l’ennesimo telegiornale, in TV, che diceva che, anche per questa volta, in Italia non si portava a casa la legge sulle unioni civili.
Ed ecco spiegate le ragioni del voto di fiducia: un gesto politico, che vuole mettere al centro dell’azione riformista del Governo i diritti delle persone, la vita delle persone, sottraendole ai trabocchetti dei voti segreti ed all’ennesimo rinvio. È una scelta importante, impegnativa per questa maggioranza, che ha saputo trovare una mediazione alta e che dice «sì» alle istanze di una comunità che la politica e le istituzioni hanno dimenticato per troppo tempo. C’è chi continua a dire «no», andando contro la storia per farci stare in un eterno passato, c’è chi dice «no» al futuro. Noi invece siamo quelli del «sì», del voltare pagina e dell’andare avanti, siamo quelli che stanno facendo entrare, ancora una volta, in quest’Aula il profumo dell’uguaglianza e della libertà. È per questo che annuncio il «sì» convinto e orgoglioso del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gian Luigi Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente, Ministro Boschi. La coscienza non è solo il foro del giudizio interiore, ma anche lo spazio per l’esercizio della libertà. Un parlamentare cattolico poi deve votare secondo la propria coscienza ben formata e dico ben formata, perché non è la coscienza del «quello che mi pare», così dice Papa Francesco.
Ora, se io parlamentare, vado a formare la mia coscienza, nella recente esortazione, Amoris Laetitia, al n.52, trovo scritto che nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale, fondata sul matrimonio, sia qualcosa che giova alla società. E sul tema del voto di oggi, al n.251, il Papa aggiunge: «Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e la famiglia».
Da questo orizzonte, dico al Presidente del Consiglio che la mia coscienza, a differenza della sua, non può prescindere e, diversamente che per altri, il contentino dello stralcio della stepchild adoption, non basta a soddisfarne le esigenze.
Mi dispiace che il Governo abbia rivendicato la paternità di questa legge e abbia posto la fiducia. Giudico questa scelta una forzatura, finalizzata a restringere lo spazio per il voto di coscienza all’interno della maggioranza.
Prima di un voto che stravolgerà la famiglia, pilastro della società, voglio ancora sperare che i parlamentari, con cui so di condividere questi pensieri, non rinunceranno a preservare per sé lo spazio di libertà del voto di coscienza, che non faranno prevalere su di essa gli ordini di scuderia, che non avranno paura delle liste di proscrizione in cui ha avuto modo di distinguersi il consulente ingaggiato pochi giorni fa da Palazzo Chigi. Questa legge è iniqua perché, per dirla come don Milani, con essa si fanno parti uguali tra disuguali e io non posso rinunciare al primato della coscienza su ogni valutazione politica.
Thomas Moore, patrono dei politici – ho finito, Presidente –, che per la sua coscienza salì sul patibolo, scrisse: «È già un pessimo affare perdere la propria anima per il mondo intero; figuriamoci per la Cornovaglia»; io potrei parafrasare: figuriamoci per la Toscana ! È per questi motivi che non voterò la fiducia al Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. Voterò contro la fiducia al Governo perché non lo ritengo meritevole, specie con riferimento a un argomento così alto, come valore etico e sociale, quali siano appunto le unioni civili, che comporteranno una sicura deriva antropologica.
Per anni, quasi tutti i componenti di questo Governo ci hanno riempito la testa che la famiglia è fra i temi principali di azione del Governo; di fatto, abbiamo assistito invece a un disinteresse totale. Persino le modifiche apportate al DEF dello scorso anno sono rimaste lettera morta. Abbiamo assistito solo a un’azione costante di battute, di dichiarazioni di intenti, ma mai nulla di concreto si è realizzato. Anzi, abbiamo assistito a una strategia nella lotta contro la sacralità della vita e il valore della famiglia naturale, prova concreta che esisteva ed esiste un disegno, oserei dire diabolico, molto ampio: «la disgregazione dell’umano». Provo a ricordare a quest’Aula e al Paese che l’Italia ha il più basso indice di natalità al mondo e che nulla si sta facendo per risolvere questo problema. Come non ricordare ancora che nella legge sulle tossicodipendenze fu ribadita la differenziazione fra droghe leggere e droghe pesanti e di fatto ci fu la liberalizzazione delle cosiddette droghe leggere, specie cannabinoidi di ultima generazione, con devastanti THC, che distruggono il cervello ai nostri giovani ? Come non ricordare l’approvazione del divorzio breve, che rende oggi più facile cancellare un matrimonio che cambiare gestore telefonico ? Come non ricordare che in Italia c’è la più grande pressione fiscale dell’OCSE a livello familiare ? Le università di Utrecht e Linz dicono che abbiamo il 68,8 per cento di pressione fiscale. Come non ricordare che sono già state calendarizzate la proposta di legge sull’eutanasia, e che nel frattempo si discute sul divorzio breve-express, la totale liberalizzazione delle droghe, le teorie gender a scuola ? E infine come non ricordare proprio in queste ore la vergognosa mercificazione delle donne che la logica dell’utero in affitto prevede e che ancora continua ad albergare nella mente di tutto il Partito Democratico. E che addirittura è stata oggetto di una pesante polemica interna, un autorevole membro del partito, l’onorevole Cimbro ?
Ritornando a noi – chiudo Presidente – non posso votare la fiducia a un Governo che, anziché pensare a risolvere i problemi della famiglia, ha avvertito invece l’esigenza di mettere due fiducie su un tema così divisivo, come quello delle unioni civili, e che ha voluto proprio approvare tutto quello che ho appena detto.
Spiego anche il «no».

PRESIDENTE. No. Deve concludere, deputato, mi spiace.

ALESSANDRO PAGANO. E spiace che il partito – chiudo –, il mio partito, il 7 dicembre 2013, nato con una genesi ben precisa, la difesa della vita e la famiglia, architrave fondamentale della società, se lo sia dimenticato. Per tutti questi motivi, voterò «no».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mario Sberna. Ne ha facoltà.

MARIO SBERNA. Grazie, signora Presidente. Il provvedimento su cui il Governo ha messo la fiducia è un provvedimento libertario e liberista e ha a che fare certamente con la coscienza e con l’etica e il fatto che il Governo abbia voluto porre la fiducia significa togliere di fatto la coscienza libera dei deputati che, per esempio, sugli emendamenti e nei voti segreti avrebbero potuto dire quel che più pensano e, cioè, che è in atto un cambiamento – può piacere o non piacere, a me non piace evidentemente – e si vuole un cambiamento antropologico della società. Su questo poi interverrò quando sarà il momento del provvedimento, ma certamente la modalità con la quale questo provvedimento è stato approvato e verrà approvato – quindi con due fiducie – mi trova assolutamente contrario e, dunque, per questo voterò contro.

PRESIDENTE. Colleghi, sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Prima di sospendere per alcuni minuti, perché dobbiamo riprendere alle 14,10, come è stato deciso nella Conferenza dei presidenti di gruppo, estraggo il nome del deputato dal quale avrà inizio la chiama, che è Rampi.
Sospendo la seduta, che riprenderà tra qualche minuto.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,10.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

(Votazione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 3634)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per appello nominale dell’articolo unico della proposta di legge in esame, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
Avverto che, in considerazione dell’elevato numero di richieste di anticipazione del voto variamente motivate in relazione ad esigenze di natura istituzionale o a motivi personali, la Presidenza, come da prassi, al fine di garantire un ordinato svolgimento della votazione, accoglierà un numero di richieste fino ad un massimo del 3 per cento della consistenza numerica di ciascun gruppo.
Ricordo che, prima della sospensione della seduta, la Presidenza ha già provveduto ad estrarre a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama. La chiama avrà inizio dal deputato Rampi. Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama)

PRESIDENTE. Colleghi, per favore vi pregherei di sgombrare la parte dell’emiciclo dove devono passare i colleghi, per votare. Grazie ! Colleghi, non mi ascoltate: pregherei, per favore, di sgombrare la parte dell’emiciclo…

(Segue la chiama)

PRESIDENTE. Colleghi, pregherei gentilmente coloro che non devono votare di liberare la parte dove si deve transitare per votare la fiducia.

(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 14,20)

(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 14,21)

(Segue la chiama)

PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei di lasciare libero il passaggio per chi deve votare. Grazie.

(Segue la chiama)

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 564
Votanti 562
Astenuti 2
Maggioranza 282
Hanno votato sì 369
Hanno votato no 193.

La Camera approva (Vedi votazioni).

Si intendono così respinte tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Abrignani Ignazio
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Agostini Roberta
Aiello Ferdinando
Albanella Luisella
Albini Tea
Alfreider Daniel
Amato Maria
Amici Sesa
Amoddio Sofia
Antezza Maria
Anzaldi Michele
Argentin Ileana
Arlotti Tiziano
Ascani Anna
Baradello Maurizio
Barbanti Sebastiano
Baretta Pier Paolo
Bargero Cristina
Baruffi Davide
Basso Lorenzo
Battaglia Demetrio
Bazoli Alfredo
Becattini Lorenzo
Bellanova Teresa
Benamati Gianluca
Beni Paolo
Bergonzi Marco
Berlinghieri Marina
Bernardo Maurizio
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bianchi Dorina
Bianchi Stella
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bini Caterina
Biondelli Franca
Blazina Tamara
Bobba Luigi
Boccadutri Sergio
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boldrini Paola
Bolognesi Paolo
Bombassei Alberto
Bonaccorsi Lorenza
Bonifazi Francesco
Bonomo Francesca
Bordo Michele
Borghi Enrico
Borletti Dell’Acqua Buitoni Ilaria Carla Anna
Boschi Maria Elena
Bosco Antonino
Bossa Luisa
Braga Chiara
Bragantini Paola
Brandolin Giorgio
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Bruno Franco
Bruno Bossio Vincenza
Bueno Renata
Burtone Giovanni Mario Salvino
Calabrò Raffaele
Camani Vanessa
Campana Micaela
Cani Emanuele
Capelli Roberto
Capodicasa Angelo
Capone Salvatore
Capozzolo Sabrina
Capua Ilaria
Carbone Ernesto
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carloni Anna Maria
Carnevali Elena
Carocci Mara
Carra Marco
Carrescia Piergiorgio
Carrozza Maria Chiara
Caruso Mario
Casellato Floriana
Casero Luigi
Cassano Franco
Castricone Antonio
Catalano Ivan
Catania Mario
Causi Marco
Cenni Susanna
Censore Bruno
Cesaro Antimo
Chaouki Khalid
Cicchitto Fabrizio
Cimbro Eleonora
Coccia Laura
Colaninno Matteo
Cominelli Miriam
Coppola Paolo
Coscia Maria
Costa Enrico
Cova Paolo
Covello Stefania
Crimì Filippo
Crivellari Diego
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
Currò Tommaso
D’Agostino Angelo Antonio
D’Alessandro Luca
D’Alia Gianpiero
Dallai Luigi
Dal Moro Gian Pietro
Dambruoso Stefano
Damiano Cesare
D’Arienzo Vincenzo
Del Basso De Caro Umberto
Dellai Lorenzo
Dell’Aringa Carlo
De Maria Andrea
De Menech Roger
De Micheli Paola
Di Gioia Lello
Di Lello Marco
Di Maio Marco
D’Incecco Vittoria
Di Salvo Titti
Di Stefano Marco
Donati Marco
D’Ottavio Umberto
Epifani Ettore Guglielmo
Ermini David
Fabbri Marilena
Faenzi Monica
Falcone Giovanni
Famiglietti Luigi
Fanucci Edoardo
Faraone Davide
Farina Gianni
Fauttilli Federico
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Alan
Ferro Andrea
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fontana Cinzia Maria
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Fossati Filippo
Fragomeli Gian Mario
Franceschini Dario
Fregolent Silvia
Fusilli Gianluca
Gadda Maria Chiara
Galgano Adriana
Galli Giampaolo
Galperti Guido
Gandolfi Paolo
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasparini Daniela Matilde Maria
Gebhard Renate
Gelli Federico
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacobbe Anna
Giacomelli Antonello
Ginato Federico
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giorgis Andrea
Gitti Gregorio
Giuliani Fabrizia
Giulietti Giampiero
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Greco Maria Gaetana
Gribaudo Chiara
Guerini Giuseppe
Guerini Lorenzo
Guerra Mauro
Gutgeld Itzhak Yoram
Iacono Maria
Iannuzzi Tino
Impegno Leonardo
Incerti Antonella
Iori Vanna
Lacquaniti Luigi
Laforgia Francesco
La Marca Francesca
Lattuca Enzo
Lauricella Giuseppe
Lavagno Fabio
Lenzi Donata
Leva Danilo
Librandi Gianfranco
Locatelli Pia Elda
Lodolini Emanuele
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lotti Luca
Lupi Maurizio
Madia Maria Anna
Maestri Patrizia
Magorno Ernesto
Malisani Gianna
Malpezzi Simona Flavia
Manciulli Andrea
Manfredi Massimiliano
Manzi Irene
Marantelli Daniele
Marazziti Mario
Marchetti Marco
Marchi Maino
Mariani Raffaella
Mariano Elisa
Marotta Antonio
Marrocu Siro
Marroni Umberto
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Marzano Michela
Massa Federico
Matarrese Salvatore
Mattiello Davide
Mauri Matteo
Mazziotti Di Celso Andrea
Mazzoli Alessandro
Melilli Fabio
Meloni Marco
Meta Michele Pompeo
Miccoli Marco
Migliore Gennaro
Minardo Antonino
Minnucci Emiliano
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misuraca Dore
Mognato Michele
Molea Bruno
Monaco Francesco
Monchiero Giovanni
Mongiello Colomba
Montroni Daniele
Morani Alessia
Morassut Roberto
Moretto Sara
Moscatt Antonino
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Mura Romina
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nardi Martina
Narduolo Giulia
Nicoletti Michele
Oliaro Roberta
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orfini Matteo
Ottobre Mauro
Pagani Alberto
Palladino Giovanni
Palma Giovanna
Paris Valentina
Parisi Massimo
Parrini Dario
Pastorelli Oreste
Patriarca Edoardo
Pelillo Michele
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pes Caterina
Petrini Paolo
Piazzoni Ileana Cathia
Piccione Teresa
Piccoli Nardelli Flavia
Piccolo Giorgio
Piccolo Salvatore
Piccone Filippo
Piepoli Gaetano
Pilozzi Nazzareno
Pini Giuditta
Pinna Paola
Pisicchio Pino
Pizzolante Sergio
Plangger Albrecht
Pollastrini Barbara
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Preziosi Ernesto
Prina Francesco
Quartapelle Procopio Lia
Quintarelli Giuseppe Stefano
Rabino Mariano
Raciti Fausto
Ragosta Michele
Rampi Roberto
Realacci Ermete
Ribaudo Francesco
Richetti Matteo
Rigoni Andrea
Rocchi Maria Grazia
Romanini Giuseppe
Romano Andrea
Rosato Ettore
Rossi Domenico
Rossi Paolo
Rossomando Anna
Rostan Michela
Rostellato Gessica
Rotta Alessia
Rubinato Simonetta
Rughetti Angelo
Sammarco Gianfranco
Sanga Giovanni
Sani Luca
Sanna Francesco
Sanna Giovanna
Santerini Milena
Sbrollini Daniela
Scalfarotto Ivan
Scanu Gian Piero
Schirò Gea
Schullian Manfred
Scopelliti Rosanna
Scuvera Chiara
Senaldi Angelo
Sereni Marina
Sgambato Camilla
Simoni Elisa
Sottanelli Giulio Cesare
Speranza Roberto
Stumpo Nicola
Tabacci Bruno
Tacconi Alessio
Tancredi Paolo
Taranto Luigi
Taricco Mino
Tartaglione Assunta
Tentori Veronica
Terrosi Alessandra
Tidei Marietta
Tinagli Irene
Tullo Mario
Valente Valeria
Valiante Simone
Vazio Franco
Vecchio Andrea
Velo Silvia
Venittelli Laura
Ventricelli Liliana
Verini Walter
Vezzali Maria Valentina
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Zampa Sandra
Zan Alessandro
Zanetti Enrico
Zanin Giorgio
Zappulla Giuseppe
Zardini Diego
Zoggia Davide

Hanno risposto no:

Agostinelli Donatella
Airaudo Giorgio
Allasia Stefano
Altieri Trifone
Artini Massimo
Baldassarre Marco
Baldelli Simone
Baroni Massimo Enrico
Basilio Tatiana
Battelli Sergio
Bechis Eleonora
Benedetti Silvia
Bergamini Deborah
Bernini Massimiliano
Bernini Paolo
Bianchi Nicola
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Bonafede Alfonso
Bordo Franco
Borghese Mario
Borghesi Stefano
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brescia Giuseppe
Brignone Beatrice
Brugnerotto Marco
Brunetta Renato
Busin Filippo
Busto Mirko
Capezzone Daniele
Carfagna Maria Rosaria
Cariello Francesco
Carinelli Paola
Caso Vincenzo
Castiello Giuseppina
Catanoso Genoese Francesco Detto Basilio Catanoso
Centemero Elena
Cesaro Luigi
Chiarelli Gianfranco Giovanni
Chimienti Silvia
Ciprini Tiziana
Ciracì Nicola
Cirielli Edmondo
Civati Giuseppe
Colletti Andrea
Colonnese Vega
Cominardi Claudio
Corda Emanuela
Costantino Celeste
Cozzolino Emanuele
Crimi Rocco
Crippa Davide
Dadone Fabiana
Daga Federica
D’Ambrosio Giuseppe
D’Attorre Alfredo
Da Villa Marco
De Girolamo Nunzia
Del Grosso Daniele
De Lorenzis Diego
De Rosa Massimo Felice
Di Battista Alessandro
Dieni Federica
D’Incà Federico
Distaso Antonio
Di Stefano Fabrizio
Di Stefano Manlio
Di Vita Giulia
Duranti Donatella
D’Uva Francesco
Fantinati Mattia
Farina Daniele
Fava Claudio
Fedriga Massimiliano
Ferrara Ciccio
Ferraresi Vittorio
Fico Roberto
Fontana Gregorio
Fraccaro Riccardo
Fratoianni Nicola
Frusone Luca
Gagnarli Chiara
Galli Carlo
Gallinella Filippo
Gallo Luigi
Gallo Riccardo
Garnero Santanchè Daniela
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gigli Gian Luigi
Giordano Giancarlo
Giordano Silvia
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Gregori Monica
Grillo Giulia
Grimoldi Paolo
Guidesi Guido
Gullo Maria Tindara
Iannuzzi Cristian
Invernizzi Cristian
Kronbichler Florian
L’Abbate Giuseppe
Laffranco Pietro
La Russa Ignazio
Latronico Cosimo
Liuzzi Mirella
Lombardi Roberta
Longo Piero
Lorefice Marialucia
Lupo Loredana
Maestri Andrea
Mannino Claudia
Mantero Matteo
Marcolin Marco
Martelli Giovanna
Marti Roberto
Martino Antonio
Marzana Maria
Matarrelli Toni
Melilla Gianni
Meloni Giorgia
Micillo Salvatore
Milanato Lorena
Molteni Nicola
Nesci Dalila
Nicchi Marisa
Nuti Riccardo
Occhiuto Roberto
Pagano Alessandro
Paglia Giovanni
Palazzotto Erasmo
Palese Rocco
Palmizio Elio Massimo
Pannarale Annalisa
Parentela Paolo
Pastorino Luca
Pellegrino Serena
Pesco Daniele
Petraroli Cosimo
Petrenga Giovanna
Pili Mauro
Piras Michele
Pisano Girolamo
Piso Vincenzo
Placido Antonio
Polidori Catia
Polverini Renata
Prataviera Emanuele
Prestigiacomo Stefania
Prodani Aris
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Ricciatti Lara
Rizzetto Walter
Rizzo Gianluca
Roccella Eugenia
Romano Paolo Nicolò
Rondini Marco
Russo Paolo
Saltamartini Barbara
Sannicandro Arcangelo
Sarro Carlo
Sarti Giulia
Savino Elvira
Savino Sandra
Sberna Mario
Scotto Arturo
Secco Dino
Segoni Samuele
Sibilia Carlo
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Spessotto Arianna
Squeri Luca
Taglialatela Marcello
Terzoni Patrizia
Tofalo Angelo
Toninelli Danilo
Totaro Achille
Tripiedi Davide
Turco Tancredi
Vacca Gianluca
Valente Simone
Valentini Valentino
Vallascas Andrea
Vella Paolo
Vignaroli Stefano
Villarosa Alessio
Vito Elio
Zaccagnini Adriano
Zolezzi Alberto

Si sono astenuti:

Labriola Vincenza
Marguerettaz Rudi Franco

Sono in missione:

Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Alli Paolo
Amendola Vincenzo
Brambilla Michela Vittoria
Calabria Annagrazia
Caparini Davide
Castiglione Giuseppe
Causin Andrea
Dell’Orco Michele
Galati Giuseppe
Merlo Ricardo Antonio
Orlando Andrea
Picchi Guglielmo
Pini Gianluca
Spadoni Maria Edera

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16 con l’esame degli ordini del giorno, seguiranno poi le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale. La seduta è sospesa.