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Il Tar del Lazio ha accolto l’istanza cautelare promossa dal Comitato cura domiciliare Covid 19, nei confronti del Ministero della salute e di Aifa, “di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”.

Con ordinanza del 2 marzo scorso, pubblicata il 4, il TAR del Lazio-sezione terza quater ha accolto l’istanza cautelare promossa dal Comitato cura domiciliare Covid 19, nei confronti del Ministero della salute e di Aifa-Agenzia Italiana del Farmaco, e pertanto ha sospeso la nota AIFA del 9 dicembre 2020 recante “principi di gestione dei casi covid19 nel setting domiciliare” (ne pubblichiamo il testo a seguire)

La nota Aifa prescriveva raccomandazioni sul trattamento farmacologico domiciliare nella fase iniziale della malattia da Sars-Covid, consistenti unicamente in una “vigile attesa” e nella somministrazione di fans o paracetamolo, mentre l’uso di antibiotici, idrossiclorochina, supplementi vitaminici e aerosol erano non raccomandati. L’uso di corticosteroidi era ammesso solo in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici tali da richiedere ossigenoterapia; l’uso delle eparine era consentito solo nei confronti di soggetti allettati.

Il Comitato cura domiciliare Covid 19, costituito da centinaia di medici di Medicina generale e specialisti, che su Facebook ha raggiunto i 75mila iscritti (#terapiadomiciliarecovid19), ha elaborato uno schema terapeutico domiciliare per contrastare il virus, che ha permesso di curare migliaia di persone, riducendo in maniera significativa l’ospedalizzazione e i decessi. Nella fase iniziale della malattia, il virus inizia la replicazione e può evolvere rapidamente verso una seconda fase, contraddistinta da polmonite interstiziale e insufficienza respiratoria. Proprio per evitare lo sproporzionato aggravamento della malattia, il protocollo messo a punto dal Comitato prevede un intervento tempestivo nella fase iniziale e l’uso di farmaci che sino a ora hanno dato una buona risposta sul campo, quali i corticosteroidi, gli antibiotici e l’idrossiclorochina. Esattamente il contrario di quanto indicato nella nota dell’Aifa impugnata.

L’ordinanza del Tar, pur con la valutazione sommaria tipica della fase cautelare, ha riconosciuto il diritto/dovere dei medici “di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza (…) che non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”. Il provvedimento si incanala nel solco già tracciato dai giudici amministrativi con il provvedimento del 10/12/2020 con il quale il Consiglio di Stato sospendeva la nota AIFA del 22/07/2020, consentendo ai medici di prescrivere l’idrossiclorochina ai pazienti affetti da SARS-CoV- 2 nella fase iniziale della malattia (cf. https://www.centrostudilivatino.it/idrossiclorochina-per-covid-19-contro-il-divieto-aifa/; https://www.centrostudilivatino.it/covid-19-e-idrossiclorochina-oggi-la-pronuncia-cautelare-del-consiglio-di-stato/; https://www.centrostudilivatino.it/covid-19-e-idrossiclorochina-il-consiglio-di-stato-da-torto-ad-aifa/).

Che dire del fatto che, a distanza di un anno dall’inizio della pandemia, con 100.000 morti per Covid accertate, molte delle quali cagionate proprio dal ritardo nel contrastare la malattia durante il periodo di “vigile attesa”, i medici siano costretti a rivolgersi alla magistratura per tutelare la salute dei loro pazienti e il loro diritto ad operare in scienza e coscienza, contribuendo così a ridurre i ricoveri in ospedale?

Claudio Borgoni

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