Il numero del 23 marzo 2020 del New England Journal of Medicine[1] pubblica un contributo dal titolo Fair allocation of scarce medical resources in the time of Covid-19, nel quale gli autori – come sta accadendo un po’ ovunque nel mondo – si interrogano su quale sia la modalità migliore di allocazione delle scarse risorse sanitarie in un periodo di emergenza pandemica quale è quella attuale causata dalla diffusione del letale virus Covid-19.
Il problema non è nuovo, essendo tanto risalente quanto ricorrente nella letteratura delle cosiddette “questioni bioetiche”[2]: la diffusione del Covid-19 lo ha reso più attuale e “virale”[3], come dimostrano anche le recenti linee guida redatte dalla SIAARTI per stabilire i criteri di priorità con cui scegliere i pazienti da sottoporre alle cure di terapia intensiva.[4]
Alla vetustà della tematica, tuttavia, si contrappone la novità della soluzione proposta, almeno da parte degli autori dell’articolo pubblicato su NEJM, cioè la possibilità non soltanto di sospendere la ventilazione per i pazienti Covid-19 che non hanno lunghe prospettive di vita, ma perfino di prescindere dal loro consenso, senza che ciò sia considerata una azione eticamente, giuridicamente e deontologicamente problematica.[5]
Con un approccio sostanzialmente economicistico e utilitaristico viene in sostanza soppresso non soltanto il diritto alla salute, ma anche il diritto di autodeterminazione, pur così rilevante nell’odierno contesto giuridico,[6] come emerso da ultimo nella sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 sul cosiddetto “caso Cappato-DJ Fabo”.[7]
Per quanto sia ovvio che a una situazione di emergenza si debba far fronte con norme e comportamenti emergenziali, occorre anche tener presente che la gestione dell’emergenza non può mai travalicare i principi generali del diritto e dell’ordinamento, i diritti fondamentali costituzionalmente riconosciuti e tutelati, lo spirito di giustizia in se stessa considerata.
Così, la eventuale carente disponibilità delle risorse – con il problema relativo alla esatta loro allocazione tanto in un quadro macro-allocativo quanto in un quadro micro-allocativi [8] – non può mai legittimare la compressione, o perfino la soppressione del diritto alla salute prima, e del diritto alla vita poi, di coloro che hanno necessità di accedere ai servizi sanitari essenziali.
Il diritto alla salute, se è davvero un diritto fondamentale, come del resto affermano norme sovranazionali e la stessa Costituzione[9], nonostante qualche contraria opinione[10], non può trovare limitazioni di carattere economico-contabilistico che ne comportino non tanto una minore tutela o una gradazione della stessa, quanto un vero e proprio completo sacrificio.
In questa direzione va considerato anche il contributo della giurisprudenza, almeno di quella costituzionale, che ha avuto modo di esprimersi più volte[11] : per la Consulta il diritto alla salute è «riconosciuto e garantito dall’art. 32 della Costituzione come un diritto primario e fondamentale che impone piena ed esaustiva tutela»[12].
Dalla ricostruzione che del diritto alla salute compie la Corte Costituzionale si ricavano i tre elementi costitutivi che lo determinano: 1) si articola in situazioni giuridiche soggettive diverse, in dipendenza della natura e del tipo di protezione che l’ordinamento costituzionale assicura al bene dell’integrità e dell’equilibrio fisici e psichici della persona; 2) è un diritto erga omnes immediatamente garantito dalla Costituzione, dunque azionabile e tutelabile direttamente dai soggetti legittimati nei confronti degli autori dei comportamenti illeciti; 3) conferisce in concreto il diritto ai trattamenti sanitari dei quali la determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi è rimessa all’attuazione da parte del legislatore.
Gli interrogativi che sorgono sono almeno i seguenti: in una situazione di emergenza come quella imposta dalla pandemia del coronavirus i diritti fondamentali, come quello alla salute e all’autodeterminazione, possono essere ridimensionati, affievoliti o perfino negati? Il diritto all’autodeterminazione che sta vivendo una nuova stagione di vitalità e riconoscimento – pur con le sue obiettive incoerenze nella stessa giurisprudenza costituzionale – può incontrare nell’emergenza sanitaria l’unica vera forza in grado di contrastarne l’espansione, col paradosso di limiti teorizzati dalle medesime sponde ideologiche che lo hanno configurato? L’approccio economicistico è davvero l’unico in grado di poter dare una soluzione all’emergenza sanitaria? La prospettiva utilitarista è davvero compatibile con la struttura personalistica della Costituzione e dell’ordinamento giuridico italiani? Il calcolo economico dei costi-benefici può davvero assurgere a cifra ermeneutica dell’intera realtà giuridica? È l’economia che deve regolare il diritto o, piuttosto, è il diritto che deve regolare l’economia? È il risultato economico che deve disciplinare la vita delle persone o è il principio di intangibilità della persona che deve disciplinare il risultato economico?
Purtroppo il contesto che viviamo ci dice che non si tratta di domande retoriche.
Aldo Rocco Vitale
Visiting professor presso la Facoltà di bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
[1] DOI: 10.1056/NEJMsb2005114
[2] John Harris, QALYfying the value of life, in “Journal of Medical Ethics”, 1987, 13, 117-123; Laura Palazzani, Teorie della giustizia e allocazione delle risorse sanitarie, in “Medicina e morale”, 1996/5, 901-921; Adriano Bompiani, Economia ed etica nello sviluppo del Sistema sanitario italiano, in “Medicina e morale”, 1996/5, 923-934; Liss Per-Erik, Hard choices in public health: the allocation of scarce resources, in “Scandinavian Journal of Public Health”, 2003, 31, 156-157; AA.VV., Principles for allocation of scarce medical interventions, in “The Lancet”, 2009, 373, 423-431.
[3] Cfr. Antonio D’Aloia, Costituzione ed emergenza. L’esperienza del coronavirus, in “Rivista di biodiritto”, 2/2020, 14 marzo 2020; Caterina Di Costanzo, Vladimiro Zagrebelsky, L’accesso alle cure intensive fra emergenza virale e legittimità delle decisioni allocative, in “Rivista di biodiritto”, 2/2020, 15 marzo 2020.
[4] «L’allocazione in un contesto di grave carenza (shortage) delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la maggior speranza di vita»: SIAARTI, Raccomandazioni di etica clinics per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, 06/03/2020 disponibile presso il seguente indirizzo internet: http://www.siaarti.it/News/COVID19%20-%20documenti%20SIAARTI.aspx. Su di esse il Centro studi Livatino ha pubblicato su questo sito la nota https://www.centrostudilivatino.it/emergenza-covid19-e-risorse-disponibili-perplessita-sulle-raccomandazioni-siaarti/ ed è intervenuto Francesco Cavallo https://www.centrostudilivatino.it/immunita-di-gregge-e-rischi-di-applicazione-a-regime-della-medicina-delle-catastrofi/
[5] Proprio per la preoccupazione suscitata da un tale orientamento il New York Times ha riportato l’allarme divampato nelle associazioni che rappresentano le persone affette da disabilità che in una simile prospettiva si vedrebbero negato il diritto all’assistenza sanitaria: https://www.nytimes.com/2020/03/23/us/coronavirus-washington-triage-disabled-handicapped.html; in questo senso anche una dichiarazione dell’ONU: https://www.onuitalia.it/covid-19-aggiornamenti-sul-lavoro-delle-nazioni-unite-onu-il-nuovo-coronavirus-mette-a-rischio-i-gruppi-piu-vulnerabili/
[6] «L’utilitarismo si presta all’instaurazione di una forma di paternalismo da parte di burocrazia ed esperti, i quali tengono in poco conto l’ideale liberale di autonomia individuale e gli altri valori liberali ad esso connessi, come l’offerta della possibilità di scelta»: Max Charlesworth, L’etica della vita. I dilemmi della bioetica in una società liberale, Donzelli Editore, Roma, 1996, pag. 88.
[7] «Con l’entrata in vigore della Costituzione, tuttavia, il bene della vita dovrebbe essere riguardato unicamente in una prospettiva personalistica, come interesse del suo titolare volto a consentire il pieno sviluppo della persona, secondo il disposto dell’art. 3, secondo comma, Cost. Di qui la maggiore attenzione verso la libertà di autodeterminazione individuale, anche nelle fasi finali della vita, specie quando si tratti di persone che versano in condizioni di eccezionale sofferenza»: così il suo § 3.1. Il principio di autodeterminazione era già stato affermato dalla Consulta in relazione alla possibilità di avere un figlio, con la sentenza n. 138/2014, che ha reso legittima la fecondazione artificiale c.d. eterologa.
[8] Cfr. Eugenio Lecaldano, voce “Risorse sanitarie”, in Eugenio Lecaldano, Dizionario di bioetica, Laterza, Bari, 2002, pag. 267-269.
[9] «Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana»: art. 35 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo»: art. 32 Cost. Cfr. A. Oddenino, Profili internazionali ed europei del diritto alla salute, in “Trattato di biodiritto, Salute e sanità”, Giuffrè, Editore, Milano, 2010, pag. 65-145.
[10] «Un fondamentale diritto umano morale e laico all’assistenza sanitaria non esiste, e non esiste nemmeno un diritto ad un minimo decente di assistenza sanitaria»: H. Tristram Engelhardt, Manuale di bioetica, Il Saggiatore, Milano, 1999, pag. 391.
[11] Corte Costituzionale sentenze n.: 88/1979; 184/1986; 559/1987; 992/1988; 1011/1988; 307/1990; 282/2002; 338/2003.
[12] C. Cost. n. 455/1990.