Con il parere del 15 aprile 2020, “Covid 19: la decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del “triage in emergenza pandemica”, il Comitato Nazionale di Bioetica è intervenuto sul tema della possibile selezione per l’accesso alle cure di terapia intensiva e rianimazione in una fase di emergenza come quella in corso. Il documento merita particolare attenzione per più ragioni.
1. Esso si inserisce nell’importante dibattito bioetico nato intorno al contrasto al Covid19. Va tenuta presente la funzione dei pareri del CNB che, quale organo consultivo, indica a Governo e Parlamento, ai fini della predisposizione degli atti legislativi, le possibili soluzioni per affrontare problemi di natura etica e giuridica (che possono emergere con il progredire delle ricerche, con la comparsa di nuove possibili applicazioni di interesse clinico o con situazioni eccezionali), avuto riguardo alla salvaguardia dei diritti fondamentali e della dignità dell’uomo e degli altri valori espressi dalla Costituzione e dagli strumenti internazionali ai quali l’Italia aderisce. Il parere, assunto con 25 voti favorevoli e un solo contrario, è di tipo prescrittivo (e non descrittivo): esprime cioè un’opinione prevalente nel tentativo di esercitare una auctoritas verso i destinatari.
Non per ultimo, il parere in questione in qualche modo tiene conto del documento della SIAARTI-Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva, “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili” del 6 marzo 2020, che ha suscitato un vivace dibattito nell’opinione pubblica e tra gli addetti ai lavori in quanto, come immediatamente rilevato anche dal nostro Centro Studi, esprime raccomandazioni di carattere generico che prescindono dalla specificità del caso concreto, rischia di favorire l’abbandono preventivo di alcuni pazienti in attesa di pazienti più meritevoli, nonché un’ulteriore riduzione in futuro delle risorse curative in favore della popolazione, ovvero di determinare l’applicazione a regime (e tutt’altro che emergenziale) della c.d. “medicina delle catastrofi”.
Le raccomandazioni SIAARTI sostenevano l’ammissibilità di criteri di criteri extra clinici per la proprietà nell’accesso alle cure intensive (ovvero, al contrario, per la dimissione) affermando che potrebbe rendersi necessario «porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva». Il CNB assume invece una posizione contraria: nessun criterio extra clinico è accettabile per decidere come allocare le risorse disponibili. Il CNB fissa, dunque, il «criterio clinico come il più adeguato punto di riferimento, ritenendo ogni altro criterio di selezione, quale ad esempio l’età, il sesso, la condizione e il ruolo sociale, l’appartenenza etnica, la disabilità[1], la responsabilità rispetto a comportamenti che hanno indotto la patologia, i costi, eticamente inaccettabile». Solo questa prospettiva per il CNB è coerente con i principi fondamentali di cui agli art. 2, 3 e 32 della Costituzione e con legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, per la quale la cura va assicurata secondo un criterio universalistico ed egualitario: tali fonti costituiscono un valido orientamento in ambito bioetico, punti di riferimento irrinunciabili per la relazione di cura, pur in condizioni così critiche quali quelle attuali.
2. Il CNB parte dalla considerazione per cui è stata sottovalutata l’allerta sul rischio di pandemie globali lanciata da organismi internazionali, con conseguenti ritardi nella preparazione a fronteggiare le emergenze sanitarie. Il sistema sanitario è stato sottoposto a una pressione straordinaria per ragioni che il CNB dettagliatamente indica: i finanziamenti inadeguati; un’erronea programmazione nella formazione e nel reclutamento di medici, soprattutto specialisti, connessa anche al blocco del turn-over del personale sanitario; una struttura organizzativa con pesanti disomogeneità territoriali: nel tempo il nostro Servizio Sanitario Nazionale è andato trasformandosi di fatto in un insieme di Servizi Sanitari Regionali, oltre a quelli delle province autonome, con conseguente inaccettabile disuguaglianza tra i cittadini, a seconda della regione in cui risiedono; il mancato aggiornamento e la mancata implementazione, sia a livello nazionale che regionale, del “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale“, predisposto dopo l’influenza aviaria del 2003 dal Ministero della Salute e mai più aggiornato dopo il 2006; il ridimensionamento del ruolo della medicina di base e territoriale; la progressiva separazione tra politiche sanitarie e politiche socio-assistenziali, con la conseguente svalutazione di queste ultime. Rileva, poi, il CNB che ogni riflessione su una fase di emergenza non può prescindere dalla considerazione per cui le persone che necessitano di assistenza medica non sono solo quelle contagiate dall’epidemia, ma anche le altre colpite da patologie acute e croniche che improvvisamente vedono calare drasticamente personale e mezzi di cura fino ad allora disponibili e per loro essenziali.
Tanto premesso, il principio affermato dal CNB secondo il quale non è accettabile nessun criterio extra clinico per la allocazione delle risorse disponibili si fonda su un ripensamento del triage in emergenza pandemica, le cui linee fondamentali si basano su una premessa, la preparedness, e su due concetti chiave: appropriatezza clinica e attualità.
La preparedness[2] è necessità di anticipare la soluzione al dilemma del conflitto tra l’esigenza di curare ogni paziente e quella di curarne il maggior numero possibile attraverso la predisposizione di strategie di sanità pubblica in vista di condizioni eccezionali rispetto a emergenze causate da pandemie. In altre parole, ci si deve pensare prima: dalla individuazione di una “catena di comando” chiara, che si occupi del reperimento e della allocazione delle risorse, e dalla identificazione di strumenti operativi che rendano compatibile l’approvvigionamento di risorse con le tempistiche dettate da un’emergenza. Ma, trattandosi di decisioni importanti, che impattano pesantemente su vita e morte delle persone in comunità rese fragili da un’epidemia, il CNB chiarisce opportunamente come i criteri di priorità nella allocazione delle risorse «non devono costituire precedenti da applicare in un futuro tornato alla normalità».
Il primo pilastro del triage in emergenza pandemica è l’appropriatezza clinica, ovvero la valutazione medica dell’efficacia del trattamento rispetto al bisogno clinico, concreto, di ogni singolo paziente, con riferimento al grado di urgenza, alla gravità del quadro clinico in atto, alla comorbilità, al quadro di terminalità a breve, alla possibilità prognostica di guarigione, considerando la proporzionalità del trattamento. L’età, dunque, entra nella valutazione, ma non come criterio extra-clinico unico e principale bensì solo in regione della inevitabile correlazione con la valutazione clinica concreta attuale e prognostica.
In base a tutti questi fattori, in un consulto tra più medici – che il CNB caldeggia per garantire il confronto tra diversi punti di vista, assicurare una scelta più giusta possibile e consentire di condividere la responsabilità ed il peso di una decisione che sarà sempre lacerante – si valuta per quali, tra i pazienti, «il trattamento può ragionevolmente risultare maggiormente efficace, nel senso di garantire la maggiore possibilità di sopravvivenza. Non si deve cioè adottare un criterio in base al quale la persona malata verrebbe esclusa perché appartenente a una categoria stabilita aprioristicamente». Indicazione altrettanto importante è quella per la quale a chi non dovesse accedere alla struttura sanitaria o dovesse rinunciare ai trattamenti salvavita invasivi, andrà sempre garantita la cura con sistemi meno invasivi, e col ricorso alla terapia del dolore e alle cure palliative, ove necessario.
Quello della attualità è il criterio che forse maggiormente caratterizza il triage in emergenza pandemica suggerito dal CNB. Rispetto al triage in condizioni di normalità, per il quale gli operatori in un pronto soccorso hanno l’obiettivo di stabilire le priorità di accesso alle terapie componendo liste di attesa che riguardano solo i pazienti fisicamente presenti, nel triage in emergenza pandemica occorre considerare tra i pazienti anche coloro che sono stati valutati e osservati da un punto di vista clinico, delle cui condizioni critiche si è già consapevoli. Infatti, in una situazione di emergenza come quella pandemica ad aver bisogno di trattamenti sanitari salvavita sono non soltanto i pazienti in pronto soccorso, ma anche quelli ricoverati e non ancora sottoposti al sostegno vitale della ventilazione assistita (da quelli meno invasivi a quelli di terapia intensiva) nonché quelli già valutati clinicamente a domicilio o in altre strutture.
Il triage in emergenza pandemica inserisce la valutazione individuale del paziente nella prospettiva più ampia della “comunità dei pazienti”, analogamente a quanto accade per i trapianti d’organo, per i quali si costruiscono liste dinamiche di chi ha bisogno del trapianto, considerando non solo l’ordine di arrivo, ma criteri di appropriatezza clinica che comprano la periodica rivisitazione della lista sulla base della sempre mutata composizione della platea di pazienti. Allo stesso modo, il triage in emergenza pandemica richiede che si consideri logisticamente l’articolazione dei diversi dipartimenti all’interno di un complesso sanitario per favorire la ripartizione dei pazienti e delle specialità di cura fra le differenti strutture ospedaliere. Il CNB, infatti, ricorda «che non sono solo i pazienti Covid19 ad avere necessità della terapia intensiva o subintensiva. Ammalati con altre gravissime patologie ne hanno bisogno. Così come non possiamo dimenticare i pazienti cronici che in questi giorni si trovano in una sorta di doppio, pesante isolamento: per un verso devono prestare grande attenzione al rispetto delle norme restrittive stabilite, perché sono maggiormente esposti al virus; per un altro verso non possono sottoporsi ai consueti e periodici controlli medici, considerato che i contatti con i medici sono diminuiti, quando non sospesi». Questo peculiare triage organico risponde all’esigenza, eticamente doverosa, di evitare la formazione di categorie di persone che poi risultino svantaggiate e discriminate sulla base di automatismi e scelte aprioristiche nell’accesso ai diversi percorsi di cura.
3.- In chiusura, il CNB effettua ulteriori riflessioni pure di grande rilevanza.
In primo luogo, afferma che l’allocazione delle risorse sanitarie in condizioni di scarsità delle stesse necessita della massima trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica, perché le scelte dei pazienti siano davvero libere e informate. In questo contesto, tuttavia, è inserito un passaggio critico ed equivoco sulla possibilità di ricorrere agli strumenti delle disposizioni anticipate di trattamento: esso da una parte pare ribadire il primato del criterio personalistico nella scelte individuali, dall’altra, in verità, sembra non in linea anzitutto con quella attualità sopra declinata quale pilastro del triage in emergenza pandemica.
In secondo luogo, il CNB entra nel merito di un’altra questione all’attenzione della pubblica opinione, quella della responsabilità professionale degli operatori sanitari e del rischio dell’insorgenza di un contenzioso legale abnorme a seguito dell’emergenza pandemica. In proposito il CNB segnala con preoccupazione la proliferazione di procedimenti penali e di contenziosi giudiziari nei confronti dei medici, e prende in considerazione l’idea di limitare eventuali profili di responsabilità professionale degli operatori sanitari in relazione alle attività svolte per fronteggiare l’emergenza Covid19. Da più parti effettivamente viene questa sollecitazione, le ragioni della quale sono state ben articolate, tra gli altri, dal Prof. Mauro Ronco.
Infine, con un passaggio che merita di essere riportato per intero, il parere del CNB sollecita un’attenzione particolare e specifica per le persone più vulnerabili, che possono sentirsi a rischio di abbandono, in particolare le persone anziane, ricoverate nelle strutture dedicate, e auspica che a esse siano assicurate cure appropriate, protezione e attenzione al fine di evitare contagi: «la contagiosità di un’epidemia porta inevitabilmente con sé il rischio della solitudine per necessità sanitarie: le persone fragili – anziani, persone con disabilità, persone già malate – per evitare il pericolo di contagio possono essere allontanate dalle persone care e dagli ambienti familiari e, in caso di ricovero ospedaliero, trasferite in reparti ovviamente destinati all’isolamento, in cui è limitato l’accesso solo al personale specializzato: condizioni in cui anche ricevere una semplice telefonata può diventare un problema. Tra le tante persone vulnerabili, un’attenzione particolare va dedicata agli anziani. Va rimarcato il loro eguale diritto a ricevere cure adeguate e, quando in questo periodo sono ricoverati in strutture dedicate (es. RSA), ottenere dispositivi di protezione appropriati per il Covid-19, con indagini tempestive e numerose per isolare i pazienti affetti dal virus dagli altri degenti. Le sofferenze che si accompagnano alla morte causata dalla insufficienza respiratoria devono essere evitate attraverso l’adozione di protocolli adeguati, che includono ovviamente la terapia del dolore e la palliazione, quando necessarie.
Né si può dimenticare la prova terribile a cui sono sottoposti gli ammalati terminali, senza la possibilità di poter salutare per l’ultima volta i propri cari. Oltre a negare l’accompagnamento alla morte del malato, l’epidemia rende impossibile a chi è rimasto di poter condividere il proprio dolore, attraverso il rito del funerale. Anche queste ferite dolorose, oltre a molte altre, lasceranno il segno nel vissuto delle persone e delle comunità.
Il Comitato auspica che sia assicurato anche un sostegno di vicinanza e accompagnamento alle persone particolarmente vulnerabili, sul piano non solo clinico ma anche sociale e umano».
Con realismo e concretezza il Comitato Nazionale di Bioetica offre dunque indicazioni precise, utili ad affrontare in coerenza con l’ordinamento giuridico e principi morali fondamentali situazioni eccezionali quali quella che stiamo vivendo. Con l’auspicio che vengano recepite.
Francesco Cavallo
Avvocato – Dottore di ricerca di diritto costituzionale comparato nell’Università del Salento
[1] Questi richiami non devono destare stupore o apparire iperbolici. Negli Stati Uniti, alcune associazioni dei diritti delle persone con disabilità hanno denunciato l’adozione, da parte di alcuni Stati, di protocolli di razionamento delle cure salvavita discriminatori nei confronti delle persone con disabilità (le persone affette da atrofia muscolare spinale o i malati di cirrosi epatica ,malattie polmonari e scompensi cardiaci o i malati con gravi ritardi mentali, demenza avanzata o gravi lesioni cerebrali traumatiche). A seguito di tali segnalazioni, l’Ufficio per i diritti civili del Department of Health and Human Services ha aperto un’inchiesta, per garantire che a nessuno Stato, anche durante l’emergenza da pandemia, fosse permesso di discriminare i pazienti sulla base di disabilità, età, etnia. In Olanda gli over 70 hanno ricevuto un modulo da sottoscrivere in cui si impegnavano a non ricoverarsi in ospedale, in caso di coronavirus, per lasciare i posti ai più giovani. In Catalogna il governo regionale ha inviato a tutti gli ospedali una direttiva chiedendo di «rifiutare il ricovero a tutti gli ottantenni; convincere i loro parenti a non accettare l’ingresso nelle rianimazioni dove i ventilatori polmonari sono insufficienti». In Francia diversi ospedali hanno applicato un triage basato sulla “tipologia di decessi”:“le morti inevitabili” dovute alla gravità della malattia al di là di ogni intervento terapeutico; “le morti evitabili” con cure al top delle possibilità; “le morti accettabili” dei grandi anziani ( over 85) con polipatologie; “le morti inaccettabili” di giovani senza patologie. Analogamente nel Regno Unito.
[2] Nella definizione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, «Emergency preparedness is a programme of long-term development activities whose goals are to strengthen the overall capacity and capability of a country to manage efficiently all types of emergency and to bring about an orderly transition from relief through recovery and back to sustainable development».