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Articolo di Alfredo Mantovano apparso su Tempi l’8 febbraio 2016

Una piazza civile. È la definizione più adatta al Family Day del 30 gennaio. Civile perché non si è ascoltata una sola parola fuori dalle righe, e con tante persone poteva scappare. Civile perché, pur essendo la gran parte dei partecipanti di fede cattolica, a sostegno del matrimonio fra un uomo e una donna si sono ascoltate le ragioni più che i richiami confessionali. Civile in una ulteriore prospettiva: il Circo Massimo sorge in uno dei luoghi più antichi di Roma, a ridosso del primo agglomerato dell’Urbe, a poche decine di metri dal colle Palatino, dove la tradizione individua la tomba di Romolo.

Nel corso dei millenni, e ancora adesso, tanti ordinamenti giuridici sparsi per il globo mutuano i loro istituti fondamentali dal diritto romano, le cui radici muovono dal selciato calpestato sabato scorso dal popolo della famiglia. La più chiara e sintetica definizione di famiglia nel diritto romano si deve a Modestino, vissuto nel III secolo d.C., uno dei cinque giuristi le cui massime hanno costituito per secoli una delle fonti del diritto: «Coniunctio maris et foeminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris comunicati». C’è veramente tutto: la distinzione fra i sessi, il destino di vita unico, il fondamento non solo umano del vincolo coniugale. È una nozione che non viene da un concilio ecclesiale, ma da un testo di diritto civile; il suo autore non era nemmeno cattolico. A conferma che ci si trova di fronte a una realtà di natura, che lo Stato, come ricorda la Costituzione all’articolo 29, può solo “riconoscere”, poiché preesiste alle istituzioni e alle leggi positive. Il cristianesimo di suo vi ha aggiunto il riscatto della dignità della donna, che nello stesso diritto romano era umiliata da istituti come il concubinato o dal rilievo pubblico della prostituzione, ma i dati salienti della famiglia erano già chiaramente percepibili col retto uso della ragione. Una piazza retrograda, allora? Il contrario: un popolo consapevole che la partita che si sta svolgendo chiama in causa l’essenza di una civiltà che ha millenni di vita perché è radicata nella natura dell’uomo.

Di fronte al Palatino, dall’altro lato del Circo Massimo c’è un altro colle, l’Aventino: che, come tutti sanno, fu occupato da una parte del popolo di Roma, quella meno abbiente, per protesta contro le angherie dei patrizi. La rivolta dei plebei fu superata dal celebre apologo di Menenio Agrippa, senatore di rango consolare, con la splendida analogia fra il corpo umano e il corpo sociale, base per il riconoscimento della dignità e dell’importanza di ogni articolazione della comunità civile. Tanto vera da essere ripresa dall’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Il popolo del 30 gennaio non è salito sull’Aventino: e non solo perché le strade di quel colle non lo avrebbero contenuto; perché ha deciso di impegnarsi in prima persona.

Ha preso in mano il proprio destino, proprio perché le guide di oggi si mostrano molto meno sensibili al bene comune rispetto ai patrizi del 494 a.C. (che invece si affrettarono a mandare ai plebei il saggio senatore per ricomporre la frattura). Si è fatto sentire giungendo da ogni angolo d’Italia: senza una organizzazione centralizzata, facendo ognuno – persona, famiglia, comunità – per proprio conto; dotandosi di mezzi propri, visto che i media sono quasi tutti schierati sul fronte della barbarie antropologica e le guide istituzionali sembrano voler proseguire la demolizione di ciò che, nonostante tutto, continua a tenere in piedi la nostra realtà nazionale.

Fra gli elementi che dovrebbero far riflettere chi oggi ha le redini delle istituzioni c’è che quasi due milioni di persone, appena sette mesi dopo piazza San Giovanni, raddoppiando le presenze del 20 giugno, sono tornate a Roma senza essere intruppate da nessuno: tutto questo avrà a che fare con un sentire di popolo che attende seguito e risposta?

Recita una massima cinese che «Dio ci ha dato due orecchie e una sola bocca per ascoltare almeno il doppio di quanto diciamo». E se dalle parti del governo e del parlamento la mettessero in pratica prima di continuare a distruggere?

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