fbpx
Il ddl Cirinnà non è stato discusso in Commissione Giustizia al Senato: e ciò benché – come ha più volte ribadito l’allora presidente della Commissione Nitto Palma – non sia mai stata attivato un ostruzionismo. Non è stato finora discusso nell’Aula del Senato: e ciò benché sia stato ritirato il 90% degli emendamenti presentati. Quanto prospettato dal Governo – un maxiemendamento sul quale porre la questione di fiducia – , invece che sanare rende ancora più evidente la violazione dell’art. 72 della Costituzione, delle norme regolamentari del Senato che di esso costituiscono attuazione e della prassi pluridecennale: secondo le quali la fiducia interviene sempre su un testo che è stato discusso e votato almeno in Commissione. La Corte costituzionale ha censurato leggi che non abbiano rispettato quest’iter. Ancora più singolare è che la questione di fiducia avvenga su un articolato per la prima volta presentato da un Governo che finora aveva dichiarato di non esprimere il proprio parere sugli emendamenti per rispetto della volontà del Parlamento. Non ci sono precedenti di un tale disprezzo per la volontà del Parlamento, che non è stata posta in condizione di esprimersi neanche sul 1° comma del 1° articolo del ddl. Il matrimonio fra persone dello stesso sesso viene imposto per diktat e senza il minimo confronto nel merito. Lo dichiara il prof. Filippo Vari, a nome del Centro studi Livatino di cui è vicepresidente: il Centro studi nei giorni scorsi ha raccolto 600 firme di giuristi in calce a un appello fortemente critico del ddl Cirinnà.
 
Share