1. La scansione dei provvedimenti è nota:
- il 22 agosto 2020 il Presidente della Regione Siciliana adotta una ordinanza contingibile e urgente con la quale, sulla premessa della necessità di prevenire il contagio da Covid 19, dispone che entro la mezzanotte del 24 i migranti presenti negli hotspot e nei centri di accoglienza dell’Isola siano ricollocati in altre strutture fuori dal territorio della Regione Siciliana, e pone a disposizione delle Autorità nazionali il personale necessario ai controlli sanitari per il trasferimento dei migranti in sicurezza. Al medesimo fine, in assenza di strutture di accoglienza adeguate, vieta l’ingresso, il transito e la sosta nel territorio regionale dei migranti che raggiungano le coste dell’Isola con qualsiasi tipo di imbarcazione;
- il 26 agosto il Governo, tramite l’Avvocatura dello Stato, propone ricorso al TAR per la Sicilia contro l’ordinanza e fa richiesta di misure cautelari monocratiche;
- il 27 il Presidente del TAR per la Sicilia, con decreto monocratico, sospende l’esecutività dell’ordinanza impugnata e fissa la trattazione collegiale, sempre in via cautelare, alla camera di consiglio del 17 settembre (il testo in all. 1).
Questa nota non intende affrontare – se non incidentalmente – il merito della controversia fra Stato e Regione siciliana: un merito di grande importanza poiché interessa due voci rilevantissime quali la disciplina dell’immigrazione e l’applicazione delle regole a tutela della salute in periodo di pandemia, non ancora superato; e neanche il delicato equilibrio delle competenze fra Stato e Regioni, reso ancora più complesso dallo statuto speciale della Sicilia, e dal peso che questa Regione ha in Italia.
2. Intende fermarsi su un dato di sistema, che emerge dalla vicenda. L’ordinanza impugnata si era data un arco temporale di efficacia dal 23 agosto al 10 settembre. Il ricorso del Governo su di essa:
- è stato deciso da un unico magistrato amministrativo, in via cautelare,
- senza sentire la Regione,
- disponendo che la trattazione da parte del TAR nella sua composizione collegiale avvenga il 17 settembre.
Poiché il 17 settembre la Regione non ha più interesse alla discussione su un proprio provvedimento che era efficace fino al 10, ciò vuol dire che di fatto una vicenda di tale peso istituzionale, politico e sociale ha trovato non già la sua definizione provvisoria dettata dall’urgenza, in attesa di un più accurato vaglio, bensì il suo esito giudiziario definitivo nel decreto di un unico giudice, che ha deciso in poche ore senza attivare un contraddittorio, neanche informale.
Non è una novità: il 14 agosto 2019 il Presidente del TAR del Lazio (il testo in all. 2) accolse, con un decreto egualmente monocratico e senza contraddittorio, il ricorso promosso dalla ong Open Arms contro il provvedimento del 1° agosto 2019 del Governo dell’epoca – il Conte 1 – di divieto di ingresso, transito e sosta della nave Open Arms nel mare territoriale nazionale, e con ciò di fatto autorizzò l’approdo dell’imbarcazione in Italia; e fissò la trattazione in camera di consiglio per l’udienza del 9 settembre successivo, quando lo sbarco dei migranti presi in carico dalla ong era avvenuto da settimane: anche in quel caso non vi era più interesse alla prosecuzione del processo amministrativo, nemmeno per via cautelare.
3. Ricordare che la questione è di sistema ha come corollario che, nonostante le continue polemiche che attraversano da sempre il controllo dell’immigrazione, e più di recente la prevenzione dal Covid 19, essa non andrebbe catalogata, a secondo di come la si affronta e degli esiti che ha, “di destra” o “di sinistra”. Dovrebbe presumersi, salva prova contraria, che ogni Governo centrale, qualunque sia la composizione della maggioranza che lo sostiene, tenga alla piena assunzione e all’esercizio delle responsabilità politiche e istituzionali collegate a nodi così complessi; e non intenda delegarne la soluzione, nemmeno in via provvisoria, all’autorità giudiziaria. Perché tale delega, a prescindere dai colori politici di riferimento, coincide con una tanto volontaria quanto arbitraria cessione di sovranità verso la giurisdizione.
Da tempo una delle voci di crisi del sistema democratico è lo sconfinamento della giurisdizione in ambiti attribuiti ad altri poteri dello Stato: uno sconfinamento teorizzato prima ancora di essere praticato. Giustificato dall’assioma secondo cui, mentre le istituzioni rappresentative sono poco adeguate alla risoluzione dei conflitti, perché divise al loro interno – trascurando che la dialettica e il confronto fra posizioni differenti costituiscono la sostanza della democrazia -, il procedimento giudiziario garantirebbe l’asetticità e la neutralità delle decisioni. Accompagnato dall’altro assioma, secondo cui la frequente confusione e sovrapposizione delle norme non impone necessariamente una più accurata ricerca dell’articolo di legge da applicare nel caso concreto: talora è preferibile quell’esegesi creativa che va oltre lo stretto dettato legislativo.
4. La realtà dimostra quotidianamente l’infondatezza e la pericolosità di tali assiomi: è inevitabile che un giudice che adotti provvedimenti ad elevato tasso di discrezionalità politica, riversi negli atti i propri condizionamenti in senso lato culturali, se non ideologici. Ancor di più se – come è accaduto col decreto del TAR Sicilia del 27 agosto – quel giudice opera in solitudine, rifiuta il contraddittorio attivabile perfino nella fase cautelare monocratica, ed è consapevole che quanto deciderà sarà di fatto definitivo, benché formalmente provvisorio, per la materia sulla quale interviene. La motivazione del decreto del TAR Sicilia è in tal senso emblematica, perché non si limita a valutare i presupposti di un provvedimento giudiziario cautelare monocratico – il c.d. periculum in mora -, cioè la necessità di bloccare l’ordinanza della Regione perché in tesi causa di danni immediati; al contrario, entra nel merito e rende affermazioni che lo stesso Governo ricorrente ha smentito nei fatti subito dopo: quando per es. sostiene che i tempi indicati dalla Regione per lo sgombero degli hotspot sono troppo stretti, e per questo l’esecuzione della relativa ordinanza va sospesa. Nel giro di poche ore il Governo centrale ha provveduto allo sgombero, confermando che era fattibile velocemente: come è peraltro nella logica degli hotspot, la cui funzione è solo quella di un primo screening, con rapida dislocazione dei migranti in centri più adeguati.
Nella scelta del Governo nazionale di rivolgersi al TAR invece che trattare la questione con pazienza politica, efficacia operativa e unità di intenti con la Regione Sicilia vi è la ricerca nell’immediato di ottenere ragione nei confronti non già di un avversario politico, bensì di una istituzione. Nella risposta del Presidente del TAR di Palermo vi è una assunzione di fatto di responsabilità politica, con l’esplicitazione nella motivazione della linea di bilanciamento fra la gestione dell’immigrazione e la tutela della salute, ben oltre quanto richiesto dalla natura di un decreto monocratico cautelare.
Ma è difficile scorgere vincitori: certamente non vince l’ordinamento costituzionale italiano, per il quale vicende come questa coincidono con ulteriori crepe nelle mura.
alfredo mantovano
all. 1
Pubblicato il 27/08/2020
N. 00842/2020 REG.PROV.CAU.
N. 01259/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
Il Presidente
ha pronunciato il presente
DECRETO
sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2020, proposto da
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale n. 6;
contro
Regione Siciliana – Presidenza e Presidente della Regione Siciliana, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Siciliana n. 33 del 22 agosto 2020;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista l’istanza di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm.;
Considerato che, con il ricorso in trattazione, notificato in data 26.8.2020 e depositato nella serata del medesimo giorno, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato l’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Siciliana n. 33 del 22 agosto 2020, nella parte in cui è stato disposto quanto segue:
“Art. 1 – (Ordine immediato di sgombero degli hotspot e dei Centri di accoglienza dei migranti)
Entro le ore 24 del 24 agosto 2020, tutti i migranti presenti negli hotspot ed in ogni Centro di accoglienza devono essere improrogabilmente trasferiti e/o ricollocati in altre strutture fuori dal territorio della Regione Siciliana, non essendo allo stato possibile garantire la permanenza nell’Isola nel rispetto delle misure sanitarie di prevenzione del contagio.
La Regione Siciliana, mediante le A.S.P. territorialmente competenti, mette a disposizione delle Autorità nazionali il personale necessario ai controlli sanitari per consentire il trasferimento dei migranti in sicurezza.
Art. 2 – (Divieto di ingresso, transito e sosta nel territorio della Regione Siciliana di ogni migrante)
Al fine di tutelare e garantire la salute e la incolumità pubblica, in mancanza di strutture idonee di accoglienza, è fatto divieto di ingresso, transito e sosta nel territorio della Regione Siciliana da parte di ogni migrante che raggiunga le coste siciliane con imbarcazioni di grandi e piccole dimensioni, comprese quelle delle O.N.G.. …”;
Considerato che la parte ricorrente ha contestualmente formulato istanza di adozione della misura cautelare monocratica di cui all’art. 56 c.p.a.;
Considerato che il ricorso è stato regolarmente notificato all’amministrazione regionale tramite pec in data 26.8.2020, come comprovato in atti, avuto riguardo al disposto di cui all’art. 28, co. 1, lett. c) del D.L. n. 76/2020 e all’invio del ricorso agli indirizzi pec della Presidenza della Regione Siciliana tratti dal registro IPA;
Considerato che, allo stato, l’amministrazione regionale non si è costituita in giudizio;
Considerato che, sulla base della valutazione sommaria propria della presente fase cautelare, sussistono i presupposti per l’accoglimento della proposta istanza di adozione del decreto cautelare monocratico:
– quanto alla “estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio” di cui al comma 1 dell’art. 56 c.p.a.:
— il provvedimento impugnato ha dichiaratamente “validità dal 23 agosto 2020 e fino al 10 settembre 2020 compreso” e, pertanto, è destinato a esaurire integralmente i suoi effetti in data antecedente alla prima camera di consiglio utile, per la trattazione collegiale della predetta istanza cautelare, fissata per la data del 17.9.2020, come da calendario della sezione;
— le misure urgenti che sono state disposte nel provvedimento impugnato (immediato sgombero degli hotspot e dei centri di accoglienza dei migranti entro le ore 24 del 24 agosto 2020 con trasferimento e/o ricollocazione in altre strutture fuori dal territorio della Regione Siciliana e divieto di ingresso, transito e sosta nel territorio della Regione Siciliana da parte di ogni migrante che raggiunga le coste siciliane con imbarcazioni di grandi e piccole dimensioni, comprese quelle delle O.N.G.) – attesi, da un lato, quanto allo sgombero, l’inadeguatezza del brevissimo termine assegnato per l’esecuzione, in considerazione della natura e della complessità delle attività necessarie a tal fine, e, quanto agli sbarchi, l’immediata operatività, nonché, dall’altro, la mancanza di specifiche e adeguate misure organizzative e di coordinamento e ancora, a monte, di una preventiva verifica di fattibilità/sostenibilità delle medesime (essendosi il provvedimento limitato a disporre sul punto che “per gli adempimenti di legge, viene trasmessa al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, ai Prefetti, ai Comuni e alle ASP”) – sono idonee, da un lato, a ingenerare difficoltà di coordinamento tra le autorità deputate alla gestione delle relative attività, avuto riguardo alle competenze rispettivamente spettanti a ciascun attore istituzionale, e, dall’altro, le predette misure potrebbero proprio esse stesse creare le condizioni di potenziale pericolo per la salute e l’incolumità pubblica che avrebbero, invece, inteso scongiurare, attesa l’evidente difficoltà di organizzare nei ristretti tempi indicati l’attività di sgombero, in condizioni di sicurezza, di un consistente numero di migranti ospitati in diverse strutture situate nell’intero territorio della Regione siciliana e il loro trasferimento sul territorio nazionale, in modo tale da contenere l’ulteriore trasmissione del virus sia tra di loro che nella popolazione locale e, infine, nei confronti degli stessi operatori chiamati all’attuazione concreta delle misure di cui trattasi;
– quanto al merito delle censure avanzate:
— il provvedimento impugnato è dichiaratamente un’ordinanza contingibile e urgente finalizzata alla tutela della salute umana come si evince dal preambolo del provvedimento che fa riferimento alla diffusione del virus Covid-19, che è stata adottata come strumento di prevenzione dei contagi, vista l’alta incidenza degli stessi tra i migranti e la difficoltà di garantire adeguate misure di contenimento nei relativi centri, sulla base degli ivi indicati presupposti normativi:
— l’art. 32 la legge 23 dicembre 1978, n. 833, laddove dispone che “il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni” e che “nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile e urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”;
— l’art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, relativamente alle funzioni attribuite alle regioni per la tutela della salute umana;
— l’articolo 11, comma 1 ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, secondo cui “il Ministro dell’interno … può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica”;
— l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020, che individua nel Presidente della Regione Siciliana il Soggetto Attuatore delle misure emergenziali connesse allo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri;
— i presupposti normativi invocati, tuttavia, appaiono inidonei a sorreggere il provvedimento impugnato, avuto riguardo alla natura delle concrete misure urgenti disposte:
— non l’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in quanto nel settore specificatamente disciplinato dal D.L. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e successivamente in parte novellato dal D.L. 30 luglio 2020, n. 83, (e concernente appunto la gestione dell’emergenza connessa al diffondersi del Covid-19, ossia la specifica situazione emergenziale presa a fondamento dell’impugnato provvedimento) il relativo potere regionale risulta essere stato limitato e conformato, quanto ai relativi presupposti, limiti e oggetto, come di seguito specificato, proprio dalla sopravvenuta e speciale normativa di pari rango primario contenuta nell’art. 3, co. 1, del predetto D.L., come, peraltro, espressamente confermato dall’art. 3, co. 3, del medesimo, a chiusura del sistema (laddove è ulteriormente specificato appunto che “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”), e in relazione ai quali presupposti, limiti e oggetto il provvedimento impugnato si presenta esorbitante;
— la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dei conseguenti interventi di profilassi e di tutela della salute della cittadinanza è, infatti, attualmente disciplinata dal predetto D.L. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e successivamente in parte novellato dal D.L. 30 luglio 2020, n. 83;
— l’art. 1 del D.L. richiamato dispone, al co. 1, che “1. Per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto, una o più misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 15 ottobre 2020, termine dello stato di emergenza, e con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus.” e, al co. 2, individua, tra le suddette misure, le “c) limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale”;
— il successivo art. 2 del predetto D.L. specifica che “1. Le misure di cui all’articolo 1 sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale. I decreti di cui al presente comma possono essere altresì adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia.”;
— il successivo art. 3 dispone, quindi, che “1. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle attualmente vigenti, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale.” e, a chiusura, che “3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”;
— dal delineato quadro normativo si evince che la disciplina emergenziale in atto ha inteso attrarre allo strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e all’esito del procedimento delineato dal comma 1 dell’art. 2, la competenza all’adozione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in atto e che, invece, è rimessa alla responsabilità delle regioni esclusivamente l’adozione di eventuali misure interinali e di ulteriore profilassi, che si rendano necessarie e siano giustificate da specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario a livello locale, su cui possono provvedere, tuttavia, soltanto in via di urgenza e nelle more dell’adozione di un nuovo D.P.C.M. in materia, e sempre che attengano esclusivamente all’ambito delle attività di competenza delle regioni stesse;
— entrambe le misure adottate con l’impugnato provvedimento sembrano esorbitare dall’ambito dei poteri attribuiti alle regioni dalle disposizioni sopra richiamate, laddove, sebbene disposte con la dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da Covid-19 sul territorio regionale, involvono e impattano in modo decisivo sull’organizzazione e la gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano, che rientra pacificamente nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. b), della Cost, e, peraltro, sono certamente idonee a produrre effetti rilevanti anche nelle altre regioni e, quindi, sull’intero territorio nazionale, nel quale dovrebbero essere trasferiti, nell’arco delle 48 ore decorrenti dalla pubblicazione dell’ordinanza, i migranti allo stato ospitati negli hotspot e nei centri di accoglienza insistenti sul territorio regionale;
— la disposta chiusura dei porti all’accesso dei natanti di qualsiasi natura trasportanti migranti sembra esorbitare parimenti dalla competenza regionale;
— peraltro, ai sensi dell’art. 1, co. 4, del D.L. 16 maggio 2020, n. 33, convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, qualsiasi intervento limitativo della circolazione delle persone da e verso l’estero è riservato allo strumento del D.P.C.M., previsto dal richiamato art. 2;
— né la circostanza che il Presidente della Regione Siciliana sia stato individuato quale Soggetto Attuatore delle misure emergenziali connesse allo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri con l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020, assume valenza dirimente ai fini che interessano, atteso che l’ordinanza n. 626 del 27.2.2020, che ha nominato il Presidente della Regione siciliana Soggetto attuatore per la Regione Sicilia, testualmente dispone, all’art. 1, co. 2, che “Il Soggetto attuatore di cui al comma 1 opera sulla base di specifiche direttive impartite dal Capo del Dipartimento della protezione civile oltre che in stretto raccordo con la struttura di coordinamento del Dipartimento della Protezione civile attivata per la gestione dell’emergenza di cui in premessa, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020 e successive disposizioni emergenziali.” e ciò comporta che le misure adottate con il provvedimento impugnato non possono ritenersi rientranti nell’ambito dell’esercizio dei poteri delegati dall’autorità del Governo centrale, in mancanza delle predette necessarie previe direttive in materia;
— quanto, poi, comunque, ai presupposti fattuali dell’adozione dell’impugnato provvedimento, non è dato ricavare, dalla lettura testuale dello stesso nella sua interezza, che sia stata svolta un’idonea istruttoria al riguardo a supporto del provvedimento, in mancanza di specifici riferimenti o richiami agli accertamenti svolti e alle relative risultanze;
— in definitiva, l’esistenza di un concreto aggravamento del rischio sanitario legato alla diffusione del Covid-19 tra la popolazione locale, quale conseguenza del fenomeno migratorio, che, con il provvedimento impugnato, tra l’altro, si intende regolare, appare meramente enunciata, senza che risulti essere sorretta da un’adeguata e rigorosa istruttoria, emergente dalla motivazione del provvedimento stesso e altrettanto sembra potersi affermare anche in relazione alla diffusione del contagio all’interno delle strutture interessate;
Considerato che, pertanto, per le valutazioni tutte sopra esposte, sussistono i presupposti per l’adozione del richiesto decreto cautelare monocratico con conseguente sospensione dell’esecutività degli effetti dell’impugnato provvedimento fino alla prossima c.c. del 17.9.2020, che si fissa fin da ora, ai fini della trattazione collegiale della predetta istanza cautelare;
P.Q.M.
Accoglie l’istanza cautelare monocratica e, per l’effetto, sospende l’esecutività del provvedimento impugnato.
Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 17 settembre 2020, ore di rito.
Il presente decreto sarà eseguito dall’Amministrazione ed è depositato presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Palermo il giorno 27 agosto 2020.
Il Presidente
Maria Cristina Quiligotti
all. 2
REPUBBLICA ITALIANA
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)
Il Presidente ha pronunciato il presente DECRETO sul ricorso numero di registro generale 10780 del 2019, proposto da Foundacion Proa (Pro – Activa Open Arms), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Salerni, Mario Antonio Angelelli, Maria Rosaria Damizia, Giuseppe Nicoletti, Gaetano Mario Pasqualino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore non costituiti in giudizio;
per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, anche monocratica – del provvedimento reso dal Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’1 agosto 2019, comunicato a mezzo e mail, con cui si dispone “sin da ora” il divieto di ingresso, transito e sosta della nave Open Arms “nel mare territoriale nazionale”, e di ogni altro comunque connesso, anche se non conosciuto dalla ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista l’istanza di misure cautelari monocratiche proposta dalla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm.;
Considerato, quanto al fumus, che il ricorso in esame non appare del tutto sfornito di fondamento giuridico in relazione al dedotto vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti e di violazione delle norme di diritto internazionale del mare in materia di soccorso, nella misura in cui la stessa amministrazione intimata riconosce, nelle premesse del provvedimento impugnato, che il natante soccorso da Open Arms in area SAR libica – quanto meno per l’ingente numero di persone a bordo – era in “distress”, cioè in situazione di evidente difficoltà (per cui appare, altresì, contraddittoria la conseguente valutazione effettuata nel medesimo provvedimento, dell’esistenza, nella specie, della peculiare ipotesi di “passaggio non inoffensivo” di cui all’art. 19, comma 1 [recte, comma 2], lett. g), della legge n. 689/1994);
Ritenuto, quanto al periculum in mora, che sicuramente sussiste, alla luce della documentazione prodotta (medical report, relazione psicologica, dichiarazione capo missione), la prospettata situazione di eccezionale gravità ed urgenza, tale da giustificare la concessione – nelle more della trattazione dell’istanza cautelare nei modi ordinari – della richiesta tutela cautelare monocratica, al fine di consentire l’ingresso della nave Open Arms in acque territoriali italiane (e quindi di prestare l’immediata assistenza alle persone soccorse maggiormente bisognevoli, come del resto sembra sia già avvenuto per i casi più critici);
P .Q.M.
Accoglie, nei sensi di cui in motivazione, la suindicata istanza di misure cautelari monocratiche. Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 9 settembre 2019. Il presente decreto sarà eseguito dall’Amministrazione ed è depositato presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma il giorno 14 agosto 2019.
Il Presidente
Leonardo Pasanisi