Legislatura 17ª – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 576 del 11/02/2016
SENATO DELLA REPUBBLICA —— XVII LEGISLATURA ——
576a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
GIOVEDÌ 11 FEBBRAIO 2016
(Antimeridiana)
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Presidenza della vice presidente FEDELI,
indi del vice presidente CALDEROLI
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(2081) CIRINNA’ ed altri. – Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze
(14) MANCONI e CORSINI. – Disciplina delle unioni civili
(197) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Modifica al codice civile in materia di disciplina del patto di convivenza
(239) GIOVANARDI. – Introduzione nel codice civile del contratto di convivenza e solidarietà
(314) BARANI e MUSSOLINI. – Disciplina dei diritti e dei doveri di reciprocità dei conviventi
(909) PETRAGLIA ed altri. – Normativa sulle unioni civili e sulle unioni di mutuo aiuto
(1211) MARCUCCI ed altri. – Modifiche al codice civile in materia di disciplina delle unioni civili e dei patti di convivenza
(1231) LUMIA ed altri. – Unione civile tra persone dello stesso sesso
(1316) SACCONI ed altri. – Disposizioni in materia di unioni civili
(1360) FATTORINI ed altri. – Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso
(1745) SACCONI ed altri. – Testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto
(1763) ROMANO ed altri. – Disposizioni in materia di istituzione del registro delle stabili convivenze
(2069) MALAN e BONFRISCO. – Disciplina delle unioni registrate
(2084) CALIENDO ed altri. – Disciplina delle unioni civili
(ore 9,39)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2081, 14, 197, 239, 314, 909, 1211, 1231, 1316, 1360, 1745, 1763, 2069 e 2084.
Ricordo che nella seduta di ieri ha avuto luogo la replica del rappresentante del Governo ed è stata respinta una proposta di non passare all’esame degli articoli.
Comunico che sono pervenuti alla Presidenza – e sono in distribuzione – i pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verranno pubblicati in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Passiamo all’esame degli articoli del disegno di legge n. 2081.
Procediamo all’esame dell’articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
Sull’ordine dei lavori
CALIENDO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIENDO (FI-PdL XVII). Signora Presidente, ho chiesto di parlare perché c’è un’interpretazione difforme tra i vari senatori se l’illustrazione degli emendamenti di oggi riguardi soltanto l’articolo 1 o tutto il disegno di legge. Infatti, Presidente, se riguarda tutto il disegno di legge, ciò vuol dire avere trasformato l’illustrazione degli emendamenti in una discussione generale, con un’ulteriore forzatura – e ne abbiamo viste tanto su questo disegno di legge – del Regolamento.
Se è vero che avviene questa ulteriore forzatura, rinuncerei ad intervenire, perché – se ho capito bene – dovrei avere (mi riferisco a me, intendendo chiunque) dieci minuti per l’illustrazione di tutti gli emendamenti al provvedimento. Capisce benissimo che l’illustrazione in questo modo si trasforma in una farsa, in una discussione generale oppure nella scelta di illustrare forse uno o due emendamenti escludendo tutto il resto. Sarebbe sbagliato, se l’illustrazione fosse su tutti gli emendamenti. Vorrei capire come si intenda procedere.
PRESIDENTE. Fra poco chiarirò la questione.
PALMA (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALMA (FI-PdL XVII). Signora Presidente, l’oggetto del mio intervento è sostanzialmente lo stesso dell’intervento precedente e la ringrazio, prima di tutto, per aver manifestato la sua disponibilità al senatore Caliendo, a me e all’Assemblea se si intende che l’illustrazione degli emendamenti riguardi il complesso di tutti gli articoli e non solo l’articolo 1.
Signora Presidente, registro però delle anomalie, la prima delle quali è che vi è una deviazione dallo schema consueto che ha sempre assistito la discussione dei disegni di legge in Assemblea. Credo di essere alla terza legislatura al Senato e non ho mai visto, in tutto detto periodo, un’illustrazione degli emendamenti diversa da quella fatta articolo per articolo. Mi sembra singolare che ciò possa avvenire e avvenga – ove mai avvenga – su un provvedimento così delicato come quello sulle unioni civili, in ordine al quale – giova anche in questo caso fare chiarezza – vi è stata una compressione della fase istruttoria.
Ho ascoltato ieri l’intervento del senatore Marcucci, che credo però abbia detto una cosa non corrispondente al vero. Se è senz’altro vero che la Commissione giustizia è stata interessata per lungo tempo dal tema delle unioni civili, è altresì vero che il disegno di legge che oggi discutiamo, e che è stato oggetto solo di una relazione in Commissione giustizia, differisce per questioni di non poco conto rispetto al provvedimento precedente: un esempio tra tutti è l’articolo 5 del testo in esame.
Torno dunque al punto in discussione: dalla lettura del Resoconto della seduta di ieri emerge in termini chiari che il presidente Grasso ha affermato che, ai sensi dell’articolo 100 del Regolamento, vi sarebbe stata la fase dell’illustrazione degli emendamenti presentati ad uno stesso articolo. Questo è quanto si legge nel Resoconto. Altresì, signora Presidente, l’articolo 100 del Regolamento, che è stato richiamato dal presidente Grasso, parla, in termini chiari, dell’illustrazione degli emendamenti «presentati ad uno stesso articolo».
Siccome tutti noi sappiamo che il legislatore ubi voluit dixit, nel parlare di «uno stesso articolo» ha puntualizzato che l’illustrazione degli emendamenti non può riguardare il complesso di tutti quanti gli articoli. D’altronde, è evidente, signora Presidente, che l’illustrazione degli emendamenti deve precedere di poco la fase del voto e non può essere una ripetizione della discussione generale e avvenire a distanza di giorni e giorni dal momento in cui si procederà con la votazione. In tal modo si ripeterebbe la discussione generale, l’illustrazione degli emendamenti perderebbe completamente la sua ragione e tutto verrebbe lasciato alla dichiarazione di voto.
Infine, signora Presidente, lei sa meglio di me che su questo tema vi è un notevole contrasto su due punti. Sa meglio di me che si tratta di un tema particolarmente delicato, perché riguarda dei temi etici, per taluno particolarmente sensibili. Credo, dunque, che una compressione della fase dell’illustrazione degli emendamenti non giovi e non gioverà alla serenità, che dovrà assistere i lavori dell’Assemblea, proprio in ragione della particolare delicatezza del provvedimento.
VOLPI (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Intanto invito tutti i colleghi a rileggere correttamente il Resoconto stenografico della seduta di ieri.
VOLPI (LN-Aut). Signora Presidente, lei ha già anticipato che darà una risposta chiarificatrice sui temi sottoposti dai colleghi a lei e alla Presidenza.
Indubbiamente è necessario un chiarimento, perché la consequenzialità degli emendamenti, come lei mi insegna, ha una sua logica. Potrebbero essere illustrati emendamenti che non saranno mai posti ai voti, perché risulteranno preclusi dall’esito della votazione di altri emendamenti e, per loro stessa conseguenza, non avrebbero più significato. Credo che questo sia un tema inevitabile.
C’è poi un altro punto, signora Presidente. Tutti i colleghi di maggioranza ed opposizione si appresteranno ora ad illustrare gli emendamenti e ci dirà poi lei qual è l’interpretazione giusta dello speech che ha poc’anzi letto, che comunque non abbiamo ancora visto. C’è, però, un aspetto importante: noi cominciamo un dibattito sull’illustrazione degli emendamenti senza conoscerne l’ammissibilità. Guardo la mia collega Stefani e la vedo munita di molti grandi volumi, come credo tutti i colleghi interessati a seguire in maniera diretta il provvedimento. Credo che, prima di iniziare l’illustrazione degli emendamenti, sarebbe estremamente opportuno sapere quali sono quelli ammissibili. Proprio per andare incontro alle esigenze di fretta della maggioranza, che vedo però arenata in altre cose – e, quindi, ci porterà al voto la prossima settimana – non vogliamo perdere tempo ad illustrare emendamenti che poi non saranno dichiarati ammissibili. Credo non sia una domanda polemica quella di sapere quali sono ammissibili e quali non lo sono, essendo volta semplicemente ad ottenere un’agibilità parlamentare che consenta a tutti di fare bene il proprio lavoro.
Negli interventi precedenti è stato evidenziato anche un elemento qualitativo della spiegazione. Svolgendo un’illustrazione articolo per articolo si adotta una logica di merito nello spiegare il contenuto di un emendamento nello specifico rispetto all’articolato che vorremmo eventualmente modificare. Illustrando invece tutti gli emendamenti insieme, si rischierebbe di svolgere un’altra discussione generale. In teoria, a prescindere da quelli che vogliono illustrare o no e a prescindere dal fatto che abbiamo in qualche modo già calendarizzato l’inizio delle votazioni, mi domando con quale attenzione lo stesso Governo potrebbe esprimere un parere su due quintali di carta.
Credo di avere esplicato in maniera chiara la mia posizione. E ci tengo a sottolineare ancora che noi vorremmo sapere quali sono gli emendamenti ammissibili.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Signora Presidente, non vedo gli altri Capigruppo che ieri hanno partecipato alla Conferenza dei Capigruppo, a parte il senatore Centinaio. Ieri, signora Presidente, non si è assolutamente deciso quello che invece, questa mattina, sembra che voi riteniate si sia deciso.
Il comma 9 dell’articolo 100, ma anche la stessa lettura del Resoconto stenografico della seduta di ieri, stabilisce con assoluta chiarezza che «su tutti gli emendamenti presentati ad uno stesso articolo si svolge un’unica discussione». Il problema di ieri era costituito dal fatto di non votare oggi, non di svolgere l’illustrazione di tutti gli emendamenti. Era esattamente l’inverso: in Conferenza dei Capigruppo si è convenuto che oggi non si sarebbe proceduto al voto e si sarebbe cominciato a votare martedì della settimana prossima.
Le procedure non possono essere ribaltate ed invertite, come si sta cercando di fare questa mattina. Sapevamo perfettamente che la giornata di oggi sarebbe stata dedicata all’illustrazione degli emendamenti. Ma questo non vuol dire contraddire il comma 9 dell’articolo 100 del Regolamento e soprattutto quanto è scritto nel Resoconto stenografico della seduta di ieri, che è stato pronunciato dal presidente Grasso.
Ritengo, quindi, che la Presidenza debba verificare con solerzia e sollecitudine cosa si sia deciso ieri. Ero presente e ribadisco che non si è assolutamente mai e in nessun momento detto che oggi si sarebbero concluse le illustrazioni di tutti gli emendamenti del provvedimento in questione. Si è solamente detto che oggi non si sarebbe proceduto alle votazioni e che, quindi, si sarebbe proceduto con quanto abitualmente si fa quando non si vota, ovvero l’illustrazione degli emendamenti.
Prego la Presidenza di riflettere, altrimenti quello che si è deciso in Conferenza dei Capigruppo ed è stato illustrato dal presidente Grasso non viene poi ribadito in Aula esattamente come ieri è stato definito.
BONFRISCO (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONFRISCO (CoR). Signora Presidente, il mio intervento spero possa essere utile al nostro dibattito di questa mattina, che si svolge su una parte formale, ma che in questo caso, come in molti altri, diventa anche sostanziale.
Ieri pomeriggio ho partecipato alla Conferenza dei Capigruppo e la proposta del presidente Grasso ai Capigruppo di dedicare la seduta odierna all’illustrazione degli emendamenti la ritengo in totale conformità con quanto prevede il nostro Regolamento. Di questo sono certa. A tal proposito, il chiarimento che le chiedo – come ha già accennato il collega Volpi – riguarda gli emendamenti che noi non sappiamo nemmeno se siano ammissibili o no. Le chiedo, allora, se la loro illustrazione abbia o no (ritengo di no) un senso e, quindi, se un tale lavoro possa essere svolto solo dopo la dichiarazione di ammissibilità.
In secondo luogo, come posso illustrare gli emendamenti all’articolo 5 se non so come si è votato sugli emendamenti presentati all’articolo 1? Ritengo dirimente la discussione sull’articolo 1, perché rischia di cambiare – e noi auspichiamo che possa cambiare – profondamente il testo che poi va di seguito discusso articolo per articolo sulla base degli emendamenti, e sempre solo quelli ammissibili e soprattutto quelli che sopravvivono alla votazione sull’articolo 1.
Quindi sulla procedura penso che sia necessario non solo un chiarimento, che lei – sono certa – ha tutti gli strumenti per poterci fornire, ma anche un’ulteriore riflessione su come intendiamo procedere.
Aggiungo, dal punto di vista politico (se in questa vicenda procedurale è consentito), che non possiamo immaginare di strozzare un dibattito su articoli fondamentali di questo provvedimento, perché non abbiamo sufficientemente chiarito come si svolge l’illustrazione e la votazione degli emendamenti: corriamo il rischio di generare confusione; sono certa che la Presidenza innanzitutto e nessuno di noi lo voglia.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Signora Presidente, intanto informo l’Assemblea – è attinente a questo argomento su cui intervengo – che questa mattina 51 – lo dico con ironia – azzeccagarbugli hanno presentato alla Corte costituzionale conflitto d’attribuzione rispetto a un provvedimento che è partito malissimo, nel senso che ha saltato la fase della Commissione. Si tratta di una forzatura che abbiamo denunciato la sera stessa del 12 ottobre, quando avveniva materialmente, e che abbiamo denunciato di nuovo in Aula il giorno 14, e continuiamo a denunciare oggi, perché siamo in questa sede a discutere un provvedimento diverso da quello che è stato discusso in Commissione.
È stata fatta un’istruttoria su Tizio e noi la usiamo per fare il processo a Caio, cioè una cosa del tutto diversa. Siamo qui senza relatore e senza la formale posizione del Governo, anche se l’ha espressa ad abundantiam attraverso il Presidente del Consiglio, il Ministro dei rapporti con il Parlamento e il sottosegretario Scalfarotto, che ha addirittura fatto lo sciopero della fame su questo provvedimento. Quindi, ripeto che siamo senza relatore, senza Governo e senza sapere quali sono gli emendamenti ammissibili sui quali dobbiamo discutere.
Ci viene chiesto di esprimerci in dieci minuti su un provvedimento mai discusso in Commissione, mai istruito, che nel primo articolo dà una definizione generale su cos’è l’unione civile, il matrimonio solo per omosessuali, e poi continua negli altri articoli a fare tutta una serie di considerazioni che coinvolgono anche questioni di adozioni, la stepchild adoption, delicatissime, e nella seconda parte un ulteriore istituto, relativo alle coppie eterosessuali, che sono diverse da quelle omosessuali, in cui pende un maxiemendamento…
PRESIDENTE. Senatore Giovanardi, si attenga alla ragione per cui le ho dato la parola, e cioè sull’ordine dei lavori.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). In questo contesto…
AIROLA (M5S). Non c’è nessuna ragione nelle sue argomentazioni!
PRESIDENTE. Senatore Airola, per favore.
Prosegua, senatore Giovanardi.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Detto questo, si tratta dell’ennesima forzatura che si aggiunge a tutto un procedimento di palese violazione dell’articolo 72 della Costituzione (violazione che continua), e che vuole obbligare non a procedere come sarebbe giusto oggi, ossia a dibattere sugli emendamenti all’articolo 1, ammesso che vada avanti. Il primo emendamento all’articolo 1 è, infatti, un emendamento canguro – chiamiamolo così – che, se passa, “cancella” tutti gli altri e, quindi, espropria l’Assemblea, e non solo la Commissione, del potere di discutere nel merito il provvedimento in esame.
Io insisto e, leggendo quanto ha detto il Presidente – mi riferisco all’articolo 100 del Regolamento – credo che questa mattina l’Assemblea possa discutere sugli emendamenti all’articolo 1 dichiarati ammissibili e poi via via sugli altri. Ritengo non si debba discuterli tutti e poi, tra dieci o quindici giorni, se non passa il cosiddetto emendamento canguro, arrivare a discutere non so cosa. Se passano infatti gli altri emendamenti, quelli di cui discuto io stamattina sono totalmente inutili, sia se vengono dichiarati inammissibili sia se si modificano perché, modificando gli articoli 1 e 2, di conseguenza decadono automaticamente.
MAURO Mario (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURO Mario (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Signora Presidente, il senso del mio intervento è semplicemente di illustrare all’opinione pubblica la dinamica di questa operazione di regime, ma soprattutto ai membri del Movimento 5 Stelle. Fermo restando che sulla materia di merito abbiamo opinioni profondamente differenti, vorrei che fosse chiaro nel merito della dinamica costituzionale che, nel momento in cui si consente di svolgere una discussione su emendamenti che non verte su di essi ma è la ripetizione della discussione generale, si crea un precedente che ucciderà il dibattito parlamentare su qualsivoglia argomento. Nel momento in cui non si illustrano gli emendamenti, ma più semplicemente si permette alla Presidenza del Senato, e quindi alla maggioranza e al Governo che intende intestarsi questa norma, di uccidere la discussione sugli emendamenti, non sarà mai più possibile in alcun altro tipo di discussione illustrare gli emendamenti nel merito.
È una cosa gravissima per la vita della Nazione. È una cosa attraverso la quale si stravolge il senso stesso del parlamentarismo. Quello che stiamo facendo oggi non attiene – credetemi – immediatamente alle tematiche del disegno di legge Cirinnà. È un qualcosa che uccide in re ipsa la stessa dinamica del fare le leggi. Intendo dire che in questa maniera non avremo mai più la possibilità di discutere emendamento per emendamento e, quindi, di poter modificare qualcosa che non sia già precotto.
Cosa è precotto in questa situazione? È l’emendamento del senatore Marcucci, che sarà modificato, cosa assurda anche questa. Sarà consentita una estensione di quell’emendamento, senza che sia presente un relatore e senza che ufficialmente ci sia una posizione del Governo su questa materia che è considerata parlamentare. Pertanto, stravolgendo ulteriormente la nostra Costituzione, si consentirà ancora una volta di far vertere tutto il dibattito e il voto su un solo emendamento. Questa è un’operazione di regime.
Le responsabilità della Presidenza del Senato sono gravissime e vanno sottolineate e dette con chiarezza di fronte alla Nazione. Quello che resta del Parlamento dopo questa discussione è nulla. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
FORMIGONI (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FORMIGONI (AP (NCD-UDC)). Signora Presidente, mi lasci dire che sono un po’ stupito del fatto che lei non abbia interrotto da subito questa discussione, chiarendo al primo collega che ha sollevato la questione, e cioè al senatore Caliendo, che la Presidenza intende rispettare il Regolamento del Senato. Sono un po’ stupito che lei non abbia tagliato subito ogni nostro tentativo di spiegare quello che è già evidente a tutti, dicendo che la Presidenza del Senato si impegna a rispettare il Regolamento del Senato. Infatti, se c’è una cosa chiara, è l’articolo 100, comma 2, del nostro Regolamento, che impone che ogni provvedimento sia esaminato articolo per articolo e che gli emendamenti ad esso presentati vengano illustrati tutti insieme nel momento in cui si esamina l’articolo. D’altra parte, se non leggo male, è anche ciò che dice il testo del Resoconto stenografico di ieri che, a pagina 29, riprende esattamente detto articolo.
Pertanto, signora Presidente, mi permetto umilmente di suggerire alla Presidenza di voler tener conto del nostro Regolamento, che parla molto chiaro, e del Resoconto di ieri, altrettanto molto chiaro. D’altra parte, è sufficiente il Regolamento: se fossero presenti altri passaggi del Resoconto equivoci o equivocabili, sarebbero stroncati dal Regolamento, che è legge sacra ed inviolabile.
Le osservazioni che tanti colleghi hanno fatto mi sembrano assolutamente di buonsenso, oltre che garantiste per lo svolgimento dei nostri lavori. Il senatore Volpi ha detto giustamente che intende illustrare gli emendamenti che saranno dichiarati ammissibili, senza perdere il tempo a sua disposizione, che è già poco (sono dieci minuti). Un senatore potrebbe aver presentato un numero congruo di emendamenti: perde alcuni minuti a illustrare qualcosa che è già caduto nel nulla? Dica la Presidenza quali sono gli emendamenti ammissibili e discuteremo su quelli.
La senatrice Bonfrisco ha aggiunto che quando esaminiamo un articolo vogliamo anche sapere quali emendamenti sono già stati esaminati dall’Assemblea negli articoli precedenti, quali sono stati approvati e quali no. Infatti, in forza dell’approvazione o della non approvazione di certi emendamenti, potremmo anche ritirare alcuni nostri presentati agli articoli successivi e non perderemmo così il tempo a illustrarli.
Signora Presidente, mi sembra veramente che siamo di fronte a una questione di purissimo buon senso che, in un’Aula parlamentare, è la garanzia che ogni singolo parlamentare, in ogni Gruppo, possa svolgere il proprio lavoro nelle migliori condizioni. In caso contrario, non rendiamo un buon servizio al Parlamento e al Paese.
Il mio invito alla Presidenza è, quindi, di riconsiderare quella che sembra essere la sua opinione tendenziale. (Applausi del senatore Volpi).
CALDEROLI (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LN-Aut). Signora Presidente, è vero che in passato, nel corso di questa legislatura, si sono compiute forzature procedendo all’illustrazione globale e complessiva dei vari emendamenti presentati ai vari articoli. Ma ho parlato di forzatura e purtroppo, con queste prassi, rischiamo di calpestare il nostro Regolamento.
Lei giustamente ha fatto riferimento a quello che abbiamo approvato ieri che – purtroppo per la Presidenza – è estremamente chiaro. Si dice: «La seduta antimeridiana di domani sarà dedicata all’illustrazione degli emendamenti al disegno di legge sulle unioni civili, con le modalità previste dal nono comma dell’articolo 100 del Regolamento, il quale stabilisce che su tutti gli emendamenti presentati ad uno stesso articolo si svolge un’unica discussione nel corso della quale ciascun senatore può intervenire una sola volta anche se proponente di più emendamenti. Le votazioni sugli emendamenti avranno inizio la prossima settimana».
Bisognerebbe, però, leggere, visto che è richiamato, non solo il primo pezzo del comma 9 dell’articolo in oggetto, ma anche quello che viene dopo: «Esaurita la discussione» – stiamo parlando dell’unica discussione relativa a tutti gli emendamenti a un unico articolo – «il relatore e il rappresentante del Governo si pronunciano sugli emendamenti presentati».
È evidente a questo punto che, illustrati gli emendamenti all’articolo 1, in base al comma 9 dell’articolo 100 del nostro Regolamento, noi abbiamo la necessità di conoscere le ammissibilità e i pareri del relatore e del Governo.
Voglio ricordare all’Assemblea che la richiesta di non procedere alle votazioni nel corso di questa mattina è stata avanzata da un Capogruppo di maggioranza. Per quanto ci riguarda, quindi, esposti gli emendamenti all’articolo 1 e sentiti i pareri, siamo pronti e disponibili a iniziare a votare. (Applausi del Gruppo LN-Aut e del senatore Gasparri).
Ma una cosa è certa: non si può prendere solo un pezzettino del Regolamento e non leggere tutto il resto. Si applichi il Regolamento. Stiamo parlando dell’illustrazione degli emendamenti. Mi pare di aver sentito troppa logica nelle parole dei senatori Volpi e Formigoni. Se su cento emendamenti la Presidenza non ne ammette neanche uno, cosa illustro a fare? Oppure, cosa sto a illustrare gli emendamenti all’articolo 5 se non ho ancora valutato cosa accade all’emendamento dei senatori Lepri e Collina all’articolo 3, che dice sostanzialmente delle cose opposte?
Signora Presidente, diamo un ordine e un buonsenso ai nostri lavori. (Applausi dal Gruppo LN-Aut e del senatore Formigoni).
CASTALDI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTALDI (M5S). Signora Presidente, è ben chiaro che l’illustrazione degli emendamenti si fa un articolo alla volta e poi si passa alle votazioni. Non posso che convenire con chi è intervenuto precedentemente.
Ma qui chi ha le responsabilità se le deve prendere.
Io ricordo che ieri in quest’Aula si è alzato il Capogruppo del PD per chiedere la convocazione della Conferenza dei Capigruppo, quindi per rinviare il provvedimento. Cominciano a venirmi dei dubbi se questo Partito Democratico voglia veramente portare avanti il provvedimento o no. (Applausi dai Gruppi M5S, FI-PdL XVII e LN-Aut).
Questo passaggio non lo facciamo in Aula; ricordo che Zanda ieri ha richiesto una Capigruppo, e lo dico ai cittadini che non conoscono tutti questi giochi regolamentari. Voglio, quindi, spiegare che se Zanda non avesse chiesto quella convocazione, ieri si sarebbe iniziato a illustrare gli emendamenti e a votare. Quindi, tutte quelle persone che aspettano i diritti, e soprattutto quei bambini che aspettano qualcuno – dal nostro punto di vista, ovviamente – che prenda a cuore la loro vita in alcuni casi (quello che chiede la stepchild adoption), non possono sottostare a questi giochi d’Aula fatti dal Partito Democratico che – come mi sembra oggi – è il partito che vuole affossare questo disegno di legge. (Applausi dal Gruppo M5S, LN-Aut e della senatrice Rizzotti).
MALAN (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI-PdL XVII). Signora Presidente, sarò molto breve.
L’ha già fatto qualcun altro, ma vorrei sottolineare che mi limito a leggere – senza fare considerazioni regolamentari e di opportunità – quello che il presidente Grasso ha detto ieri in Aula. Cito dall’inizio per cui non ometto il contesto.
«La Conferenza dei Capigruppo ha approvato il nuovo calendario dei lavori dell’Assemblea fino al 25 febbraio. La seduta antimeridiana di domani» – cioè quella attuale – «sarà dedicata all’illustrazione degli emendamenti al disegno di legge sulle unioni civili, con le modalità previste dal nono comma dell’articolo 100 del Regolamento, il quale stabilisce che su tutti gli emendamenti presentati ad uno stesso articolo si svolge un’unica discussione nel corso della quale ciascun senatore può intervenire una sola volta anche se proponente di più emendamenti». Questo, quindi, vale per l’articolo 1, poi per l’articolo 2: ciascun senatore presentatore di emendamenti potrà intervenire. Se oggi diciamo una cosa diversa, qui non è un problema di Regolamento e di democrazia, ma di vita civile. Se non si rispetta quanto detto poche ore fa, mi spiegate perché un datore di lavoro dovrebbe poi rispettare il contratto che ha fatto con il suo dipendente? Perché un dipendente pubblico dovrebbe andare a lavorare – visto che le regole dicono questo – se si contraddice quello che è stato detto, che, per di più, nel nostro caso, è pienamente conforme al Regolamento, oltre che al buon senso? (Applausi dei senatori Rizzotti e Formigoni).
GASPARRI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (FI-PdL XVII). Signora Presidente, visto che c’è anche il presidente Zanda, vorrei rivolgermi pubblicamente lui.
Questo provvedimento deve essere discusso e votato. Forza Italia ha presentato 270 emendamenti – e credo che in queste ore li abbia ridotti in maniera significativa -proprio perché noi fin dall’inizio non abbiamo affrontato il tema con intenti ostruzionisti. La nostra posizione è stata di favore ad una regolamentazione dei diritti delle persone omosessuali nelle convivenze mentre abbiamo talune contrarietà – che, penso, abbiamo tutto il diritto di esprimere – sul tema adozioni e sull’equiparazione matrimonio-unioni civili, su cui anche il Gruppo del Partito Democratico ha presentato emendamenti.
Leggo oggi i giornali e vedo che il senatore, presidente emerito Napolitano, avanza dei dubbi; quindi, ammesso che non si riconosca a noi il diritto – ma sarebbe assurdo, lo dico per divertissement – di sollevare alcune questioni, vedo che le sollevano tante personalità.
Senatore Zanda, ieri nella Capigruppo – alla quale io ho partecipato come Vice Presidente – si è deciso di non votare oggi, ma questo non è stato chiesto da nessuno dei Gruppi di opposizione, ovvero quelli più critici verso il testo Cirinnà. Non voglio dire che il tempo è stato chiesto perché ho letto di un dibattito importante – non voglio dire lacerante – all’interno del PD e di altri partiti, ma ieri alcuni Gruppi di maggioranza hanno detto che l’indomani si sarebbero illustrati gli emendamenti e che si sarebbe iniziato a votare da martedì. Noi eravamo pronti a votare da ieri pomeriggio, da questa mattina: questo si prevedeva. Poi ognuno, nella discussione, sosterrà le sue tesi, e questo – vivaddio – mica può essere impedito.
Noi non abbiamo fatto alcuna attività ostruzionistica e sappiamo che, da un lato, è in ballo anche una discussione per ridurre gli emendamenti – perché il Gruppo Lega Nord ne ha presentati numerosi – ed evitare i famosi canguri, dall’altro, perché – lo dico in particolare al presidente Zanda, oltre che al Presidente dell’Assemblea – una questione così importante che divide i partiti, le famiglie e il dibattito pubblico, non si può risolvere a colpi di canguro e contro canguro; sarebbe assolutamente antidemocratico. Mi pare, quindi, che le questioni siano state richiamate dai colleghi che hanno parlato in precedenza e che siano riportate nel Resoconto stenografico. Stiamo quindi discutendo del nulla, perché il comma 9 dell’articolo 100 del Regolamento stabilisce come si fa l’illustrazione: articolo per articolo. Il Resoconto stenografico della seduta di ieri lo scrive e cita il comma 9 dell’articolo 100 e le modalità da esso previste, per cui possiamo adesso illustrare gli emendamenti all’articolo 1.
La decisione di non votare gli stessi emendamenti non è stata proposta dai più critici nei confronti del testo, ma dalla maggioranza. Altrimenti, si potrebbero anche illustrare gli emendamenti e cominciare a votare quelli all’articolo 1, ma sappiamo che vi è una volontà di evitare uno scontro frontale ed entrare nel merito della discussione.
Il nostro Gruppo così si è atteggiato nell’ambito di questa discussione (parla una persona che le opinioni critiche su questo provvedimento le ha espresse). Inoltre, personalmente, io di quei 270 emendamenti ridotti ne ho presentati 27, quindi, figuriamoci se qui uno vuole allungare i tempi.
Attenzione, però, perché se si dovesse procedere all’illustrazione degli emendamenti, oggi illustreremo gli emendamenti all’articolo 1 e poi martedì riscoppierà la questione. Infatti, alla fine, se martedì si voterà l’articolo 1, quando poi si passerà all’articolo 2, io e anche altri colleghi vorremo illustrare gli emendamenti ad esso presentati, per le ragioni che tra l’altro sono state anche dette. Questi emendamenti possono essere ritirati o dichiarati inammissibili; c’è la questione dei voti segreti e possono anche operarsi sintesi, visto che alcuni dubbi provengono da vari Gruppi. Io voglio valutare alcuni emendamenti di senatori del Partito Democratico e ascoltare la loro illustrazione. Se il senatore Lumia ha proposto di cancellare alcuni richiami al diritto di famiglia, può darsi che io possa condividere, ma voglio giudicare e valutare momento per momento.
Adesso dovremmo procedere all’illustrazione degli emendamenti all’articolo 5 o all’articolo 10, che io però non so quando si voteranno. Noi dunque siamo pronti a votare questa mattina, se così si fosse deciso, dopo l’illustrazione dell’articolo 1. Riteniamo però questa illustrazione globale impraticabile per ragioni regolamentari. Accantoniamo dunque tale questione, cari colleghi, perché non esiste. Altrimenti, nelle fasi successive la forzatura che si fa adesso la ritroveremo dopo. Lo dico con trasparenza, anche perché ieri abbiamo dovuto ascoltare il discorso di don Rodrigo, don Abbondio e Azeccagarbugli fatto ieri dal presidente Grasso sui voti segreti e su tante altre forzature. In questo modo la questione si complica e il tempo che ci si illude di guadagnare questa mattina lo si perde dopo. Lo dico con chiarezza: non vi illudete.
Quindi, è meglio dire che questa mattina si illustrano gli emendamenti all’articolo 1 e poi, saremo siamo in grado di votarli, li si voterà. Se, come la maggioranza ha chiesto, si voterà martedì, voteremo martedì, ma non siamo stati noi a chiederlo.
Attenzione, però, signora Presidente, perché tanto c’è un dato di fatto scontato. Noi adesso illustriamo gli emendamenti all’articolo 1, e quelli all’articolo 2 li illustreremo a partire da martedì, e nessuno ce lo potrà impedire, ai sensi del comma 9 dell’articolo 100 del Regolamento, come richiamato nel Resoconto stenografico della seduta di ieri. È una questione che anche un bambino delle scuole elementari potrebbe risolvere in maniera molto chiara. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
CARRARO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARRARO (FI-PdL XVII). Signora Presidente, volevo farle notare che alcuni senatori, tra i quali il sottoscritto, stanno vivendo un momento un po’ kafkiano.
C’è il Resoconto stenografico, letto chiaramente dal senatore Malan, ma l’interpretazione autentica di tale resoconto, signora Presidente, lei forse l’ha fatta con cenni del capo, ma non ha preso la parola. Qui tutti discutono su un’interpretazione autentica che lei non ha dato. Forse, se lei ci dicesse esattamente come stanno le cose almeno commenteremmo qualcosa di concreto. Altrimenti, parliamo tutti in una direzione ma non è chiara la questione.
SANTANGELO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANTANGELO (M5S). Signora Presidente, da un punto di vista del metodo quanto sollevato questa mattina è assolutamente esatto. Non ha senso, anche nel rispetto dell’importanza del lavoro che si sta svolgendo in questa Aula, illustrare tutti gli emendamenti senza sapere quali verranno ritirati o saranno dichiarati decaduti e non saranno discussi.
La prego, con un po’ di buon senso, signora Presidente, quantomeno di consentire un’illustrazione articolo per articolo; così si avrà un lavoro più omogeneo e più opportuno.
Infine, e non lo dico per senso di polemica nei confronti di qualcuno, ieri il Movimento 5 Stelle è stato l’unico Gruppo a chiedere all’Assemblea di lavorare anche il venerdì e il lunedì, perché questa situazione era già prevedibile. Quindi, ai colleghi che magari stanno facendo questi interventi per allungare i tempi, chiederei la cortesia di svolgere in maniera ottimale il loro ruolo, anche con un minimo di coerenza. Ieri tutti quanti avete votato contro questa proposta. Quindi, nel rispetto dell’urgenza del lavoro, la pregherei, signora Presidente, dal punto di vista del metodo, di non consentire situazioni di questo tipo, simili a quelle che si sono verificate anche con le riforme costituzionali. Questo è soltanto un invito.
ZANDA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signora Presidente, vorrei anzitutto cercare di capire e mi scuso perché non ero presente in Aula quando questa discussione è iniziata.
Capisco la posizione del senatore Gasparri: la capisco e non potrebbe essere diversa. Ieri la sua proposta di non passaggio all’esame degli articoli è stata respinta con 195 voti contrari e 101 voti favorevoli e quindi capisco che ora egli ponga altre questioni. Riassumiamo però prima i fatti e diamo poi anche una valutazione politica di questa fase dei nostri lavori.
I fatti sono i seguenti. Ero in Conferenza dei Capigruppo, dove era presente anche il senatore Gasparri che ha ricordato quello che il Presidente del Senato ha comunicato: si è discusso di varie questioni e, con riferimento alla materia dell’organizzazione dei lavori, la Conferenza dei capigruppo è stata unanime. Non c’è stato alcuno che ha sollevato obiezioni. (Commenti dei senatori Catalfo e Santangelo). Sulla questione relativa all’organizzazione dei nostri lavori nessuno ha sollevato questioni.
SANTANGELO (M5S). Non è vero, che stai dicendo! (Richiami del Presidente).
ZANDA (PD). Tu non c’eri. (Commenti dei senatori Catalfo e Santangelo).
PRESIDENTE. Senatore Santangelo e senatrice Catalfo, per cortesia.
Prego, senatore Zanda.
ZANDA (PD). Fatemi dire quello che io ricordo; se ricordo male c’è la Presidenza del Senato che può correggere, tuttavia io ricordo bene che non ci sono state obiezioni su questo punto. Sul provvedimento in esame si è svolta una lunghissima discussione generale alla quale non sono stati posti termini e nessuno in Conferenza dei Capigruppo ha chiesto che venissero fissate delle date per il termine. In Conferenza dei Capigruppo l’accordo era esplicito e questo valeva perché non vi erano tattiche ostruzionistiche. Nessuno prevedeva tattiche ostruzionistiche e finora tutti noi abbiamo onorato questo impegno.
Ieri in Conferenza dei capigruppo il Presidente del Senato ha proposto – e nessuno ha obiettato – che nella giornata di oggi iniziassimo l’illustrazione degli emendamenti a tutto il provvedimento, con l’intesa che chi sarebbe intervenuto avrebbe illustrato le proposte emendative presentate all’intero provvedimento. (Commenti dal Gruppo FI-PdL XVII).
PALMA (FI-PdL XVII). Che stai dicendo!
ZANDA (PD). Nessuno ha detto una parola, nessuno ha fiatato. Questa è stata la decisione. (Commenti dei senatori Caliendo e Malan).
CALIENDO (FI-PdL XVII). Allora Grasso se l’è inventato!
PRESIDENTE. Colleghi, non interrompete per favore. C’è anche una Presidenza. (Commenti del senatore Malan).
Senatore Malan, la invito a consentire a ciascuno di dire la propria opinione. Senatore Caliendo, lei ha già parlato. La invito ad accomodarsi al suo posto.
ZANDA (PD). Naturalmente cito a memoria e posso essere impreciso, però, senatore Malan, cito in buona fede. Io ero presente e cito a memoria quello che ricordo. Le assicuro che cito in buona fede.
MALAN (FI-PdL XVII). Allora Grasso era in malafede! (Richiami del Presidente).
ZANDA (PD). Voglio dire una cosa e desidero farlo in questa sede rivolgendomi alla Presidenza del Senato, perché mi fa piacere che venga ascoltata dall’Assemblea: questi sono atteggiamenti e comportamenti ostruzionistici. (Commenti dal Gruppo FI-PdL XVII e del senatore Giovanardi). Noi vogliamo la legge…
PALMA (FI-PdL XVII). State esagerando!
ZANDA (PD). Noi vogliamo la legge. Se pensate di tenerci qua mesi a discutere state sbagliando. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dai Gruppi FI-PdL XVII e LN-Aut e dei senatori Di Maggio e Giovanardi).
PRESIDENTE. Senatore Giovanardi, per cortesia. Se permettete, adesso anche la Presidenza vorrebbe parlare.
Prego, senatore Zanda, concluda.
ZANDA (PD). Signora Presidente, mi faccia dire… (Commenti del senatore Giovanardi).
PRESIDENTE. Un attimo, senatore Zanda. Chiedo a tutti di ascoltare. (Commenti dal Gruppo LN-Aut. Vivaci proteste della senatrice Bonfrisco).
La prego di non avere questi atteggiamenti; senatrice Bonfrisco, non minacci per favore. Ci sono altri due Capigruppo che hanno chiesto la parola in modo civile e gli verrà data perché questa è un’Aula in cui bisogna comportarsi in modo civile. Concluda, per favore, senatore Zanda. (Applausi dal Gruppo PD).
ZANDA (PD). Se mi fanno finire, Presidente, cercherò di concludere.
Noi abbiamo avuto nove mesi di ostruzionismo in Commissione ed è a causa di quell’ostruzionismo…
PALMA (FI-PdL XVII). Non fare la vittima!
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Bugiardo!
PRESIDENTE. Adesso basta! Senatore Giovanardi. Si sieda al suo posto! Lei deve rispettare le parole degli altri.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Sei un bugiardo! (Applausi della senatrice Rizzotti).
PRESIDENTE. Senatore Giovanardi, lei non dà del bugiardo a nessuno in quest’Aula. Si assuma le sue responsabilità.
Continui senatore Zanda.
ZANDA (PD). Presidente, lasci parlare il senatore Giovanardi perché se egli nega di aver fatto ostruzionismo è veramente qualcosa di straordinario. (Proteste del senatore Giovanardi. Commenti dei senatori Caliendo e Malan).
PRESIDENTE. Adesso basta, senatore Giovanardi!
ZANDA (PD). Il senatore Giovanardi nega di aver fatto ostruzionismo: questa è una notizia veramente straordinaria. (Applausi dal Gruppo PD).
Noi abbiamo avuto nove mesi di ostruzionismo in Commissione ed è questa la ragione per cui abbiamo il dovere…
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Bugiardo!
PRESIDENTE. Senatore Giovanardi, la richiamo all’ordine! (Proteste del senatore Giovanardi. Commenti dal Gruppo PD).
ZANDA (PD). Noi abbiamo il dovere di regolare questa materia perché siamo arrivati in Aula senza relatore e giustamente il Governo si rimette all’Aula, ma come facciamo a dare ordine ai nostri lavori se in ogni momento vengono sollevate delle questioni che non hanno mai a che vedere con il merito dei problemi e mai a che vedere con la legge ma solo con cavilli che servono solo a prendere tempo?
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Ma cosa stai dicendo?
MALAN (FI-PdL XVII). Si chiama democrazia! Si chiamano regole!
PRESIDENTE. Senatore Malan, la richiamo all’ordine. Le ricordo che lei è anche un senatore Questore!
CALIENDO (FI-PdL XVII). Ricordi anche al senatore Zanda lo stenografico, il verbale!
PRESIDENTE. Mi lasci il tempo di leggerlo, senatore Caliendo, lei ha già sollevato la questione. Per favore, smettetela di interrompere.
ZANDA (PD). È talmente evidente, e mi meraviglio dei senatori del Movimento Cinque Stelle che affermano di sostenere il provvedimento, che c’è un pezzo del Senato che questo provvedimento non lo vuole…
ENDRIZZI (M5S). Ed è là… (Indica i banchi del Gruppo PD).
PALMA (FI-PdL XVII). Non ne possono più anche loro!
ZANDA (PD). E sta facendo tutto ciò che può per evitare che il provvedimento venga approvato. (Commenti dei senatori Caliendo e Palma).
PRESIDENTE. Colleghi, adesso basta, le opinioni si possono esprimere senza essere interrotti. È sempre valso per tutti e deve potere valere anche per il senatore Zanda!
ZANDA (PD). Presidente, io smetterò di parlare perché in questo clima non è possibile farlo.
PALMA (FI-PdL XVII). Non fare la vittima.
PRESIDENTE. Senatore Nitto Palma, non interrompa; senatore Zanda parli alla Presidenza. Non dovete avere questi atteggiamenti!
ZANDA (PD). Senatore Nitto Palma, non sono in grado di contare le volte in cui lei ha preso la parola e io non ero d’accordo con ciò che lei diceva. Mi citi una sola occasione in cui avrei fatto dei numeri come quelli che sta facendo lei. (Applausi dal Gruppo PD). Non è mai accaduto.
PALMA (FI-PdL XVII). Io non ho mai partecipato a compromissioni del Regolamento!
ZANDA (PD). Se lei non è in grado di dare reciprocità, senatore Palma, è lei nel torto.
PALMA (FI-PdL XVII). La prego, non faccia la vittima!
ZANDA (PD). Concludo il mio intervento.
Aggiungo solo che francamente questo clima che una parte dell’Assemblea sta determinando con il suo comportamento non è quello che ci siamo tutti quanti reciprocamente impegnati a creare, perché tutti abbiamo detto di volere questo provvedimento. Alcuni erano più sinceri di altri! (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Bencini. Applausi ironici del senatore Palma).
PRESIDENTE. Vedo che nessuno è ancora interessato a quanto può dire la Presidenza, però i Capigruppo hanno facoltà di intervenire nella discussione.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Signora Presidente, mi auguravo che il senatore Zanda buttasse acqua sul fuoco e, invece, oggi – non so come mai: probabilmente si sarà svegliato male – ha pensato di buttare benzina sul fuoco. (Applausi del senatore Calderoli). È la seconda volta che mi capita di raccontare cosa è accaduto nella Capigruppo; francamente pensavo che fosse un rito da non ripetere. Ieri è stata chiesta dalla maggioranza, ovvero dal senatore Zanda, la convocazione della Capigruppo per procedere alla «regolazione» – mi pare abbia usato questo termine – del dibattito e per il suo prosieguo e, quindi, ci siamo riuniti. Nella Capigruppo il problema principale che è venuto fuori, sul quale c’è stata assoluta chiarezza, è che si cominciasse a votare martedì prossimo. Dopodiché, abbiamo chiesto e ribadito, come abbiamo fatto nel passato, che non volevamo un punto di caduta, una deadline o una tagliola che chiudesse il dibattito all’esame degli articoli. Abbiamo chiesto in tanti interventi delle cosiddette minoranze, e anche di un pezzo di maggioranza che è diventato minoranza in questo caso, che si desse all’esterno un’immagine del Palazzo in sintonia con il Paese. Nel Paese e nelle piazze si confrontano milioni di cittadini dell’una e dell’altra parte. Una volta tanto diamo l’esempio di come anche nel Palazzo, nel Senato in questo caso, ci si confronta sui contenuti. Quindi, caro senatore Zanda, non c’è alcuna volontà ostruzionistica di alcun tipo. Abbiamo solo la necessità di confrontarci sui contenuti. È inutile che lei oggi ci voglia provocare. Ribadisco: si sarà svegliato male perché da parte nostra – lo abbiamo detto in più di un’occasione – non c’è mai stata volontà ostruzionistica. C’è la volontà di concludere nei tempi che saranno necessari il dibattito su un argomento che è comunque controverso nel Paese e, quindi, è controverso anche nel Senato.
Fatta chiarezza sulla premessa, io non ho capito come si intenda procedere. Forse sarà stata una mia totale insufficienza o una mia disattenzione. Avevamo anche il problema di un altro Capogruppo che ha pensato bene di insultare tutta la classe qua rappresentata e alcuni Capigruppo di minoranza e abbiamo dovuto chiedere al capogruppo Barani che intervenisse in Aula, in maniera un po’ informe, chiedendo scusa al Senato e al Paese delle parole che ha detto e forse questo ci ha distratto, dato che noi siamo usciti quando il capogruppo Barani ha parlato in Conferenza perché non ci consentivamo di ascoltare le parole di un signore che dice che nei bagni di questo Senato ci sono circa 60 senatori che usano stupefacenti abitualmente (ha fatto, quindi, anche questa interpretazione straordinaria delle sue capacità). In quella sede confusa – glielo posso consentire – nessuno di noi ha capito che la giornata di oggi fosse dedicata all’illustrazione di tutti gli emendamenti. Non ritorno sugli argomenti svolti dai senatori Mario Mauro, Giovanardi e Formigoni. Come possiamo illustrare oggi tutti gli emendamenti quando non sappiamo quali saranno quelli sui quali si andrà effettivamente a votare?
Ho chiesto agli Uffici una corretta interpretazione sia del Resoconto, sia del comma 9 dell’articolo 100 e ho chiesto i precedenti. L’unico precedente è riferito ai famosi 85 milioni di emendamenti presentati, ovvero quando eravamo in piena e assoluta fase ostruzionistica dichiarata e palese che non c’è in questo caso. Io non ho voglia di stare qua tutto il giorno a parlare di Regolamento (era esattamente quello che volevamo evitare), voglio parlare dei contenuti del provvedimento. Mi pare che siamo in tanti a non aver capito con esattezza quello che ieri sembra essere stato deciso, ma che è contraddetto dal Resoconto che riporta le parole del presidente Grasso. Presidente, facciamola breve: oggi si illustreranno solo gli emendamenti all’articolo 1. Finiremo alle ore 11,30, invece che alle ore 14,30, come forse qualcuno aveva previsto, e poi proseguiremo in altra seduta, ribadendo il concetto che noi vogliamo esaminare il provvedimento senza tagliole e senza punti di caduta, ma senza perdere tempo. Questo è quello che abbiamo chiesto. Lo abbiamo detto sia in Capogruppo, sia nelle riunioni ufficiose nelle quali abbiamo dichiarato la disponibilità a ritirare le migliaia di emendamenti (ad esempio, da parte del Gruppo della Lega Nord) che non sono all’interno del ragionamento che mi sono permesso di fare adesso e, quindi, andiamo avanti in maniera virtuosa.
Senatore Zanda, non provochi l’Assemblea; è inutile provocarla, questa mattina: non cadiamo nella sua provocazione. Vogliamo parlare del provvedimento, ma non vogliamo nemmeno che il Regolamento venga contraddetto da un precedente che, guarda caso, è riferito ad una fase assolutamente ed esclusivamente ostruzionistica.
Presidente, prenda una decisione saggia: si illustrino oggi solo gli emendamenti all’articolo 1. Andremo avanti e vedrà che quest’Assemblea risponderà fino in fondo alla voglia di affrontare con serenità e pacatezza il provvedimento in questione. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII e del senatore Formigoni).
CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CENTINAIO (LN-Aut). Signora Presidente, ammetto di essere un Capogruppo distratto in Conferenza dei Capigruppo: ammetto che mi è capitato in più di un’occasione di pensare di aver deciso qualcosa in Capigruppo e poi ascoltare, quando il presidente Grasso dal banco della Presidenza comunica le decisioni della Conferenza dei Capigruppo, cose a mio parere diverse rispetto a quelle che ho votato in quella sede. Quindi, la proposta che farò alla prossima Conferenza dei Capigruppo è di avere in anticipo una nota di quello che verrà detto successivamente dal Presidente in Aula, in modo da poter decidere se votare o no a favore. Chiederò poi al Presidente di leggere in Aula esattamente la nota che verrà votata dalla Conferenza dei Capigruppo, ma questo per un problema mio, perché forse effettivamente sono io la persona distratta.
Oggi però mi sembra che eravamo distratti in tanti. Come ha detto giustamente il presidente Paolo Romani, è stata una Capigruppo indetta all’ultimo momento; c’era stato il problema Barani e tutta una serie di altri argomenti sul tavolo. Però mi ricordo una cosa, colleghi, e in particolar modo colleghi Presidenti: tutti hanno riconosciuto che su questo provvedimento non si stanno facendo pratiche ostruzionistiche. Tutti lo hanno riconosciuto e mi spiace vedere colleghi senatori che non erano presenti alla Conferenza dei Capigruppo applaudire il presidente Zanda nel momento in cui dice che si sta facendo ostruzionismo. Il problema, Presidente, è che molti nostri colleghi senatori là dentro non ci sono e vederli applaudire, non sapendo neanche di cosa stiamo parlando, fa alquanto sorridere.
Mi spiego meglio, così lo spiego anche ai senatori che continuano ad applaudire: in Conferenza dei Capigruppo ci siamo posti in modo talmente costruttivo e non ostruzionistico che, due Conferenze dei Capigruppo fa, il sottoscritto, non altri (e la Presidente se lo ricorda), aveva proposto il contingentamento dei tempi in discussione generale. È vero o no, Presidente? Questo lo ha proposto il sottoscritto che fa parte dell’opposizione, membro dell’unico movimento e Gruppo parlamentare che ha detto espressamente sin dall’inizio che questo disegno di legge lo vuole affossare. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Per noi questo disegno di legge deve essere ritirato e lo abbiamo detto sin dall’inizio. Ma vogliamo che sia ritirato in tempi brevi, non facendo ostruzionismo, in modo che si permetta al Parlamento di discutere di cose serie e non di stupidaggini, perché secondo noi questa è una stupidaggine. (Applausi dal Gruppo LN-Aut). Nel momento in cui c’è l’Italia in crisi e abbiamo famiglie che non arrivano a fine mese, ci permettiamo di perdere tempo a parlare di queste stupidate.
Siamo talmente convinti di quello che diciamo che rilanciamo la sfida, la stessa che ho lanciato ieri, ma non è stata accolta dal Partito Democratico. Rispettiamo il patto tra gentiluomini: io ritiro in questo momento 4.500 emendamenti, vengo giù adesso a ritirarli, e voi chiamate il senatore Marcucci e gli chiedete di ritirare il suo emendamento. (Applausi dal Gruppo LN-Aut e del senatore Malan). Rispettate il patto tra gentiluomini e nel giro di ventiquattr’ore magari ve lo votate il disegno di legge.
Il problema, cari colleghi, è che voi non sapete da che parte siete girati, perché ogni volta che ci presentiamo in trattativa per confrontarci sulla disponibilità a ritirare gli emendamenti tutte le volte alzate l’asticella. Se allora patto tra gentiluomini deve essere, sono disponibile a rispettarlo in questo momento. Se voi non siete in grado di rispettare il patto tra gentiluomini, allora le accuse di ostruzionismo le rimando alla vostra parte. Adesso applaudite perché siete voi quelli che stanno facendo ostruzionismo. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
DE PETRIS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-SEL). Signora Presidente, noi non riteniamo che quando si parla di allargamento e riconoscimento di diritti, queste siano stupidaggini o siano argomenti assolutamente secondari (Applausi dei senatori Fornaro e Simeoni), altrimenti faremmo un torto a noi stessi e anche al dibattito che abbiamo svolto, pur con posizioni articolate, in questi giorni.
Voglio ricordare con molta pacatezza che, in Aula, insieme agli altri Gruppi di opposizione, abbiamo chiesto non so quante volte di inserire in calendario il provvedimento sulle unione civili, ma puntualmente l’Aula non ha approvato la nostra proposta. Sappiamo però perfettamente che questo provvedimento è stato esaminato dalla Commissione in sede referente per mesi e mesi (per nove mesi circa), tant’è che ieri, nella riunione della Conferenza dei Capigruppo, da parte nostra e anche da parte del Capogruppo del Movimento 5 Stelle, è stato proposto di prevedere più giorni per il prosieguo degli nostri lavori. Vorrei ricordare che anche ieri la proposta della senatrice Catalfo di convocare il Senato anche di lunedì e venerdì è stata bocciata dall’Assemblea. La senatrice Catalfo ha avanzato questa proposta e noi l’abbiamo votata e lo dico a tutti i colleghi: bisogna avere onestà intellettuale, anche quando si fanno le battaglie.
Oggi si pone dunque la necessità di avere tempo e anche spazi di lavoro molto più ampi per la prossima settimana. La Conferenza dei Capigruppo – non mi pare di aver sentito voci diverse – ha deciso a maggioranza di concentrare il lavoro nelle giornata di martedì, di mercoledì – anche con un’interruzione per consentire le comunicazioni del presidente del Consiglio Renzi – fino a giovedì. Dunque si comincia certamente a votare nella seduta di martedì e, per quanto ho compreso, oggi è una giornata dedicata all’illustrazioni degli emendamenti.
A questo punto vorrei riproporre il ragionamento che ho fatto in sede di Capigruppo: credo che in questa Assemblea sia arrivato il momento di tornare a delle procedure ordinarie, chiamiamole così. Questo l’ho detto in riferimento ai vari tipi di emendamenti canguro proposti e anche per consentire un lavoro ordinato: lo dico facendo ancora una volta in questa sede un appello a tentare di trovare delle soluzioni che permettano di ridurre fortemente il numero degli emendamenti. Quindi, ognuno può anche articolare l’illustrazione degli emendamenti articolo per articolo, ma mi sembrava chiaro che la giornata di oggi fosse dedicata all’illustrazione degli emendamenti. Penso anche io che sia serio e più ordinato che nell’illustrazione degli emendamenti ci sia un ordine e per questo dico che si deve tornare a procedure assolutamente ordinarie. Questo lo dico perché durante l’esame delle riforme costituzionali (non nell’ultimo passaggio in Assemblea, ma in quello precedente) siamo stati costretti ad illustrare gli emendamenti di notte, anche nella solitudine totale, perché evidentemente questa fase dei nostri lavori viene considerata una pratica quasi del tutto inutile. Se però si ha davvero l’intenzione di andare avanti nel lavoro sul disegno di legge, anche articolando l’illustrazione articolo per articolo, ciò si può fare nella giornata di oggi, perché questo era chiaro e soprattutto è stato votato ieri anche dall’Assemblea rispetto alla diversa proposta di avere più giorni per poter lavorare. Era chiarissimo, nel momento stesso in cui avete votato, che oggi ci sarebbe stata l’illustrazione degli emendamenti; così almeno martedì mattina si sarebbe potuto far lavorare l’Assemblea e proseguire il lavoro (poi avete deciso di proseguire martedì pomeriggio). Io credo che tale decisione si possa articolare, ma certamente era evidente che l’illustrazione si sarebbe svolta all’interno della giornata di oggi.
CATALFO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CATALFO (M5S). Signora Presidente, il Movimento 5 Stelle ha da sempre detto che il provvedimento va bene così com’è, tant’è vero che non abbiamo presentato emendamenti; però certamente siamo e saremo attenti a seguire tutto il dibattito in Assemblea. Non vorrei che la discussione di oggi sul calendario dei lavori fosse strumentale all’uno e all’altro, perché non si è arrivati ancora ad alcun accordo riguardo alle migliaia di emendamenti presentati. Non vorrei che questo fosse un modo per rimandare ancora la discussione del provvedimento in Assemblea.
Ricordo a tutti i Capigruppo che erano insieme a me nel corso della riunione che in verità l’unanimità non c’è stata, nel senso che io, a nome del Movimento 5 Stelle, non ho approvato il calendario, in quanto pensavo che potesse essere una difficoltà affrontare la discussione in tempi così brevi. Ho pertanto proposto, ed ho ribadito tale proposta anche in Aula, di continuare la discussione anche nei giorni non stabiliti dal calendario, cioè il lunedì e il venerdì. Ricordo che, proprio a seguito della non unanimità, vi è stata una votazione in Aula, richiesta da me, per la variazione del calendario. In quella votazione la maggior parte dell’Assemblea si è espressa in senso contrario.
Se per caso, malgrado la votazione in Aula e malgrado la Conferenza dei Capigruppo, ancora ci sono delle difficoltà riguardo alla tempistica e all’allungare i tempi, perché chi si lamenta non chiede una Capigruppo per allungare i tempi e per lavorare il lunedì, il venerdì, il sabato e anche la domenica? (Applausi dal Gruppo M5S).
BONFRISCO (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONFRISCO (CoR). Signora Presidente, mi fa molto piacere poter parlare in successione dopo gli interventi delle senatrici De Petris e Catalfo. Premetto – visto che le premesse sono d’obbligo – che il Gruppo che rappresento ha presentato poche decine di emendamenti e che all’invito della settimana scorsa ha risposto immediatamente, ritirando anche quei pochi emendamenti che potevano essere di ostacolo ad una fluida e regolare discussione in Aula, con la relativa votazione. Fluida e regolare, perché io credo che quest’Assemblea meriti il rispetto, come ha richiamato benissimo la senatrice De Petris, di vedere sostanziato il proprio ruolo in un dibattito sereno e a viso aperto, che risponda al Paese e che risponda all’esigenza, che sale dalla società, di vedere regolato un intero mondo e una gamma di diritti che attendono da anni una loro regolamentazione.
È lontanissimo da me il pensiero di voler solo minimamente ostacolare questo dibattito. C’è però da ribadire alcuni concetti che sono fondamentali, non solo nella discussione democratica che in quest’Aula garantiamo ai cittadini, ma anche per quella verità senza la quale rischiamo di portare in quest’Assemblea elementi di sotterfugio ed ostruzionismi, non tanto all’approvazione della legge, quanto a quella verità che noi qua dentro dovremmo discutere limpidamente.
Non si può dire che il testo del disegno di legge della senatrice Cirinnà oggi sia quello che è stato per nove mesi in Commissione, perché è un altro testo; e non a caso arriviamo in quest’Aula senza il mandato al relatore.
Nella Conferenza dei Capigruppo di ieri, lei ricorderà senz’altro il mio intervento, che aderiva comunque alla possibilità di arrivare in Assemblea, illustrare gli emendamenti e giungere velocemente a una votazione, ma solo dopo quell’illustrazione che da Regolamento deve svolgersi. Il Regolamento, infatti, non è un’astrazione, ma è il modo attraverso il quale garantiamo i cittadini, soprattutto su questioni che attraversano le coscienze della società (e le piazze ci hanno parlato di questo). Dobbiamo giungere alla conclusione di questo dibattito seguendo non una prassi perché siamo improntati alla burocrazia, ma rispettando quelle regole che consentono a tutti i cittadini di riconoscersi nel lavoro di quest’Assemblea, con le posizioni diverse che i cittadini hanno espresso, con le posizioni diverse dell’opinione pubblica e anche le tante posizioni diverse rappresentate in quest’Assemblea.
Ma io aderisco alla interpretazione che ha dato la collega Catalfo. Non vorrei che, con la scusa di una banale contrapposizione, qualcuno, in particolare il partito di maggioranza, sia qua a sostenere una pratica dilatoria (Applausi del senatore Volpi). Invece noi dobbiamo arrivare presto e velocemente ad affrontare nel merito le questioni, perché conclusa una civile, civilissima discussione generale su questo disegno di legge, oggi entriamo nel cuore delle questioni: emendamento per emendamento, articolo per articolo, finalmente entriamo nel merito.
Tutti abbiamo convenuto che ci fosse un intervento per Gruppo che illustrasse gli emendamenti all’intero articolo, e infatti questa mattina, alle 9,30, sono venuta in Aula proprio per svolgere questo servizio alla democrazia, ai cittadini e infine a questa Assemblea, e per illustrare che all’articolo 1 ci sono modifiche tali per cui l’articolo 2 sarà senz’altro diverso, e l’articolo 5 ancora di più, se all’articolo 1 vengono approvate delle modifiche.
Dopodiché, oltre la polemica politica (vivaddio! Questo è il luogo deputato al confronto e quindi anche al rischio della polemica politica), resta il dato che prima cominceremo e prima finiremo. Ma questo non vuol dire innovare anche su un tema così delicato, come già avete fatto sulle riforme costituzionali, che non sono tema da meno. Qui in ballo ci sono la vita, il cuore, i sentimenti, i diritti delle persone, dei cittadini; in questo caso innovazioni di cangurate vi preghiamo di non farle. Ritirate i vostri canguri che strozzano il dibattito civile e democratico e altri, come già è stato detto in più occasione (dal Capogruppo della Lega, ad esempio), ritireranno i loro emendamenti, che voi definite ostruzionistici ma che sono invece gli strumenti della democrazia.
So che questa democrazia vi sta sempre più stretta; so che non riuscite più a sopportare i vincoli delle regole e delle procedure democratiche, che hanno accompagnato il Paese fin qua, ma fatevene una ragione: questa volta, su questa vicenda, vincerà la democrazia, vinceranno gli italiani. (Applausi dei senatori Giovanardi, Rizzotti e Volpi).
Ripresa della discussione sull’ordine dei lavori
SACCONI (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCONI (AP (NCD-UDC)). Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, credo che questa discussione sia la conseguenza del particolarissimo iter che hanno avuto i provvedimenti relativi alle unioni civili. Al senatore Zanda ricordo che in Commissione – lo ribadisco – il tempo dedicato all’esame degli emendamenti è stato nel complesso (credo il mio sia un calcolo molto corretto) di circa dodici ore e la Commissione non ha proceduto con particolare intensità di calendario, quella intensità di calendario alla quale spesso la senatrice Catalfo ci richiama. La decisione di ieri, qualunque sia stata, in ogni caso implica complicazioni non secondarie e soprattutto si caratterizza per insufficienza di dialogo.
Signora Presidente, nell’ipotesi che la discussione relativa ai singoli articoli e l’intera illustrazione degli emendamenti si svolga compattamente prima di passare alla fase di voto dei singoli emendamenti stessi, mi appello a lei affinché ci renda edotti sui modi in cui ciò potrebbe svolgersi senza ledere il diritto dei singoli parlamentari.
A questo proposito credo vi sia un solo precedente, caratterizzato però da un’assoluta condivisione da parte di tutti i Gruppi delle modalità adottate in via straordinaria. Anche sottovalutando per un attimo l’assenza di dialogo che si produce in una discussione prossima al momento del voto, credo tuttavia non si possa non immaginare che a ciascun parlamentare sia data la possibilità di intervenire su ciascun articolo per dieci minuti al fine di illustrare gli emendamenti presentati. Non è infatti possibile ricondurre ad un unico rappresentante di Gruppo questa fase di illustrazione, in quanto tra i presentatori dei vari emendamenti ritengo possa esservi una legittima distribuzione del compito di illustrarli. Inoltre, prima di passare all’articolo successivo, vi deve essere, oltre all’illustrazione, anche la fase di discussione generale, in cui deve essere consentito a ciascun parlamentare di intervenire su quello specifico articolo con le considerazioni complessive che egli vorrà rendere all’Assemblea. Pertanto, solo successivamente alla fase dell’illustrazione degli emendamenti all’articolo 1 e alla discussione generale sull’articolo 1 si potrà procedere analogamente sull’articolo 2 relativamente alla sua illustrazione e discussione. Non potremmo far altro che procedere in questo modo, qualora la decisione dei Capigruppo fosse interpretata nei termini sostenuti dal senatore Zanda.
Non sfuggirà a lei né all’Assemblea la complessità di questo modo di procedere; una complessità anche triste perché manifestamente viziata da carenza di dialogo per come inevitabilmente si dovranno susseguire gli interventi e per il contesto nel quale questi si svolgeranno, ossia lontani dal momento del voto.
Nel momento in cui si riscontra una non comune condivisione di questo metodo, il mio consiglio sarebbe di convocare nuovamente la Capigruppo per valutare il modo più condiviso di procedere. Infatti, come le ho detto, se non mi sbaglio e se la mia informazione è corretta, c’è un solo precedente con queste caratteristiche, ma in quel caso tutti le condivisero, proprio perché trattavasi di una procedura straordinaria e contraddittoria con la lettera e lo spirito del Regolamento. Pertanto, si possono fare percorsi con queste caratteristiche, ma in un clima che non può che essere di condivisione. Questo clima di condivisione oggi non c’è.
Noi non abbiamo realizzato alcuna pratica ostruzionistica, perché vogliamo il confronto nel merito. Fin dall’inizio abbiamo presentato gli emendamenti strettamente necessari a ricondurre il testo base al nostro disegno di legge. Tutti gli emendamenti sono disegnati affinché, tramite abrogazioni e sostituzioni, si possa stravolgere e trasformare il testo base per ricondurlo al testo che noi abbiamo depositato da tempo. Ma come non comprendere il diverso atteggiamento anche di coloro – il Gruppo Forza Italia e altri – che, diversamente da noi, hanno praticato una linea ostruzionistica?
Certo, questo testo non è per nulla condiviso e non è per nulla auspicata la sua approvazione. Pertanto, si cerchi la condivisione nel modo di procedere e non si aggiunga in questa Assemblea alle profonde divisioni di merito anche una pericolosa divisione sul metodo, sia di illustrare gli emendamenti che di discutere ciascuno articolo.
AUGELLO (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AUGELLO (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Signora Presidente, sono rimasto veramente colpito – e vi tornerò alla fine del mio intervento – dal modo in cui è stata interpretata, almeno da una parte dei Capigruppo, questa soluzione che sta guidando i nostri lavori in maniera abbastanza incerta e che dovrebbe condensare l’intero dibattito – se capisco bene – su tutti gli emendamenti in meno di tre ore. Sono rimasto colpito dal modo in cui il presidente Zanda si è davvero impegnato per complicare la situazione.
Mi sembra, infatti, assolutamente evidente che ci sono solo due possibilità. Se si ha molta fretta e si ritiene che si sia perduto tempo, si illustrano gli emendamenti all’articolo 1 e si comincia a votare l’articolo 1, circostanza che, però, temo desterebbe un certo allarme in questo momento nello stesso Gruppo del presidente Zanda. Oppure, se così non è, si procede in questo momento alla illustrazione degli emendamenti all’articolo 1 e si comincia a votare l’articolo martedì.
L’idea che, non potendo ancora votare l’articolo 1, ci leviamo dalla coscienza tutto il dibattito sugli emendamenti in tre ore, francamente può anche essere proposta ma, nella sostanza, deve essere per lo meno proposta con cautela. I nostri antenati dicevano: se non puoi essere casto, cerca almeno di essere cauto.
Aggiungo che, oltre tutto, è temeraria, nell’incursione che il presidente Zanda ha fatto in quest’Aula, la locuzione rivolta perfino ai colleghi del Movimento 5 Stelle. Colleghi del Partito Democratico, non do mai retta ai rumor nei corridoi, ma se fosse lontanamente vero che state almanaccando di preparare una specie di canguro alla terza, in un’Assemblea in cui non c’è relatore e non c’è Governo, assemblando tra loro emendamenti che non possono essere riformulati per Regolamento e che, quindi, state mettendo in piedi un trucco che qualunque opposizione non dovrebbe mai fare passare come precedente, almeno siate più gentili con i colleghi del Movimento 5 Stelle che vi devono votare questo imbroglio; siate più prudenti.
Davvero non riesco a capire come si possa intervenire in questo modo su un tema di tale delicatezza e di tale portata, che comunque divide il Paese, come si è visto, e lo vede fatalmente attento molto più ai lavori dell’Assemblea che a quelli della Commissione che, peraltro (come hanno ricordato il presidente Sacconi e, prima di lui, il Presidente della Commissione giustizia), non sono stati tecnicamente ostruzionistici. Infatti, molto semplicemente non si sono esaminati gli emendamenti e, non a caso, c’è un ricorso pendente davanti alla Corte costituzionale. In una situazione di questo genere, certe furbizie e certi toni mi sembrano francamente un fuor d’opera.
Voglio concludere, signora Presidente, cercando di chiarire un equivoco che mi dispiace sia accaduto. Alcuni giornali in rete nonché alcuni giornali nazionali hanno riportato la faccenda del nostro Presidente, un po’ indeciso, che sarebbe stato da me definito don Abbondio. Mi scuso perché in realtà si trattava semplicemente di una battuta che ho fatto al collega Gaetano Quagliariello, il quale auspicava, alla fine della conferenza stampa, un soprassalto del Presidente del Senato per rinviare il testo alla Commissione per l’esame, evitando così il ricorso alla Corte costituzionale. Gli ho detto, allora, scherzando: «Gaetano Quagliariello, è come se tu, divorando per la prima volta tutti i capitoli de “I promessi sposi”, arrivato all’ultimo capitolo, ti fossi fatto l’idea che don Abbondio sfida a duello don Rodrigo». Era semplicemente per prendere in giro Quagliariello; non era una cosa minimamente grave.
Quindi, se è stata percepita in maniera sgradevole mi dispiace, ma non bisogna neanche essere troppo permalosi in queste cose. Giacché ci siamo, però, la metafora giunge a proposito: io non so se davvero il carattere del presidente Grasso sia riconducibile al personaggio manzoniano di don Abbondio (certamente quello di Renzi è riconducibile a don Rodrigo), ma oggi in quest’Aula, colleghi del Partito Democratico, abbiamo capito chi è il capo dei bravi: il presidente Zanda.
PRESIDENTE. Magari evitare tutte queste metafore allusive ci aiuterebbe, comunque ringrazio. Intanto, solo per chiarezza nei confronti dell’Assemblea, informo che ci sono dei precedenti; non è un’innovazione.
Un’unica discussione sull’insieme degli emendamenti è avvenuta nella seduta n. 512 del 29 settembre 2015, in occasione della seconda lettura della riforma del testo costituzionale. Comunque sia, la Presidenza – lo dico per il dibattito che ho ascoltato – rispetta puntualmente il Regolamento e si conforma alle decisioni assunte dalla Conferenza dei Capigruppo, confermate dal voto dell’Assemblea, come comunicate dal Presidente del Senato nella seduta di ieri. Vado a leggere.
«La Conferenza dei Capigruppo ha approvato il nuovo calendario dei lavori dell’Assemblea fino al 25 febbraio. La seduta antimeridiana di domani» – cioè oggi – «sarà dedicata all’illustrazione degli emendamenti al disegno di legge sulle unioni civili», quindi al complesso degli emendamenti…
CALDEROLI (LN-Aut). No, Presidente, non è così. (Reiterate proteste dal Gruppo LN-Aut e dei senatori Giovanardi e Mauro Mario).
PRESIDENTE. «con le modalità previste dal nono comma dell’articolo 100 del Regolamento, il quale stabilisce che su tutti gli emendamenti presentati ad uno stesso articolo si svolge un’unica discussione, nel corso della quale ciascun senatore può intervenire una sola volta, anche se proponente di più emendamenti».
Cosa significa questo? Che si illustra l’articolo 1, poi si va avanti ad illustrare il 2, quindi il 3 e così via.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Non è così! (Vivaci e reiterate proteste dal Gruppo LN-Aut e dei senatori Mauro Mario e Giovanardi).
PRESIDENTE. Questo è quanto stabilito e letto.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 2081 , 14 , 197 , 239 , 314 , 909 , 1211 , 1231 , 1316 , 1360 , 1745 , 1763 , 2069 e 2084 (ore 11)
PRESIDENTE. Procediamo dunque con l’illustrazione degli emendamenti presentati all’articolo 1.
MAURO Mario (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Dovete avere il coraggio di votare. Bugiardi! (Proteste dai Gruppi LN-Aut e del senatore Giovanardi).
FORNARO (PD). Piantatela e abbiate rispetto! La dovete smettere!
PRESIDENTE. Per favore, colleghi, state tranquilli. Senatore Giovanardi, per favore. Chiedo ai senatori Questori di consentire l’illustrazione degli emendamenti all’articolo 1. Prego, senatrice Cantini.
VOLPI (LN-Aut). Non concede neanche un intervento sul Regolamento, Presidente? Venduta anche lei! (Proteste dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Prego di lasciar parlare la senatrice Cantini che intende illustrare.
CANTINI (PD). Signora Presidente, mi preme illustrare, seppur sinteticamente, l’emendamento 01.6000, che è stato discusso e indubbiamente già citato in molte occasioni, perché mi interessa guardare al merito. A noi interessa il merito di questo provvedimento. Ne abbiamo parlato molto in discussione generale. Abbiamo cercato, come Gruppo del Partito Democratico, in tanti interventi… (Alcuni senatori del Gruppo LN-Aut battono ripetutamente le mani sui banchi. Il senatore Candiani sta in piedi con una copia del Regolamento in mano. Vivaci proteste del senatore Giovanardi).
PRESIDENTE. Chiedo ai senatori della Lega Nord di smettere di disturbare la senatrice Cantini. E ricordo al capogruppo Centinaio, che a breve avrà la parola per illustrare i propri emendamenti all’articolo 1, che, se è coerente, ci sarà il momento dell’illustrazione. (Il senatore Centinaio fa un gesto di diniego all’indirizzo della Presidenza).
Senatore, non ho capito se ha appena rinunciato all’illustrazione oppure no. In ogni caso, consenta alla senatrice che sceglie di illustrare in quest’Aula gli emendamenti di poterlo fare. Prego, senatrice Cantini, la invito a riprendere la sua illustrazione.
CANTINI (PD). Signora Presidente, come stavo dicendo, nei nostri innumerevoli interventi, così come per gli altri Gruppi, abbiamo illustrato molto bene, e anche in maniera ampia, gli intenti che intendiamo portare avanti con questo disegno di legge.
Questo emendamento, tanto citato e che io inviterei tutti a leggere, nella sua semplicità elenca fondamentalmente tutti i diritti che intendiamo estendere a chi, come abbiamo detto, ancora oggi in Italia non li ha. Italia che resta l’unico Paese a non riconoscerli, o è comunque molto isolato rispetto agli altri Paesi in Europa.
L’emendamento elenca semplicemente le materie di cui ci occupiamo. Pertanto, in realtà, se andiamo a leggere l’emendamento, esso elenca esattamente gli intenti che noi abbiamo portato avanti in maniera ampia nella discussione generale, che naturalmente ripercorreva il testo Cirinnà, arrivato in Aula e che stiamo discutendo da giorni.
Perciò, se stiamo al merito, qualora dovessimo arrivare, come arriveremo, a votare gli emendamenti al termine dell’illustrazione, su questo emendamento legittimamente ognuno di noi deciderà se è d’accordo con l’estensione dei diritti alle coppie di fatto, alle coppie per le quali si è favorevoli alle unioni civili.
Naturalmente, in questo emendamento sono riepilogati i principi fondamentali e, ovviamente, sarà compito di ogni singolo senatore decidere quali saranno gli emendamenti preclusi o che verranno cassati dal disegno di legge. È la Presidenza a deciderlo ma, a mio avviso, per la modesta esperienza che ho potuto acquisire in quest’Assemblea in tre anni, molti saranno gli emendamenti che resteranno in vita.
Dico ciò perché si tratta di un emendamento generico. Potranno poi essere votati tanti emendamenti che andranno, da diverse posizioni, a introdurre e a specificare come questo diritto si potrà effettivamente applicare nei singoli aspetti che l’emendamento ripercorre, ivi compreso il tema, molto discusso in quest’Aula, riguardante le adozioni del figlio del partner.
Altri senatori del mio Gruppo illustreranno gli emendamenti concernenti questo argomento. Non lo faccio io, anche se li ho firmati (ma il primo firmatario è il senatore Lumia). Alcuni emendamenti, per esempio quelli sull’articolo 5, chiariranno e faranno ben capire che si può tranquillamente confermare il contenuto del testo Cirinnà, per esempio specificando e chiarendo che non c’è automatismo una volta fatta la richiesta dell’adozione del figlio del partner. Questa sarà poi eventualmente decisa in senso positivo solo dopo una serie di azioni ben descritte nell’emendamento.
Questo solo per dire che ogni emendamento, ivi compreso questo tanto discusso e che oggi presento, è una proposta emendativa di merito. Perciò è inutile discutere e fare la solita bagarre sul metodo usato, anche perché l’ammissibilità degli emendamenti è comunque decisa dalla Presidenza e ognuno di noi ne rispetta la decisione.
Occorre entrare nel merito. Cosa c’è di così eclatante in questo emendamento? Non voglio leggerlo, perché non voglio far torto a nessuno. Si tratta del primo emendamento del fascicolo: il fascicolo è molto nutrito, ma – ripeto – l’emendamento si trova nella prima pagina. Leggete il testo dell’emendamento e vedrete che esso, molto semplicemente, reca scritti i principi fondanti che siamo convinti debbano far diventare legge e, di conseguenza, i diritti acquisiti per i cittadini che oggi non li hanno. Legittimamente confermiamo questi principi con tutti gli emendamenti che abbiamo presentato al testo.
Altri emendamenti entrano invece nel merito del provvedimento, anche per chiarire gli aspetti che si sono sviluppati nella discussione degli ultimi giorni e per confermare che il testo in esame non solo non è blindato, ma aperto alla discussione e ad eventuali cambiamenti che siamo disposti a votare senza però stravolgere i principi fondanti, perfettamente ricompresi in maniera semplice e chiara in questo emendamento. (Applausi dal Gruppo PD).
CANDIANI (LN-Aut). Domando di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Senatore Candiani, la Presidenza dà la voce a tutti, ma adesso abbiamo iniziato l’illustrazione degli emendamenti. (Commenti del senatore Candiani). Dopo le darò la parola, senatore Candiani.
Chiedo al senatore Malan se intende illustrare gli emendamenti all’articolo 1. (Commenti del senatore Candiani). Dopo che il senatore Malan ha illustrato gli emendamenti, sarà la Presidenza a stabilire quando dare la parola. Siamo in fase di illustrazione degli emendamenti all’articolo 1.
CANDIANI. Desidero intervenire per un richiamo al Regolamento. Vuole darmi la parola?
PRESIDENTE. Senatore Candiani, la invito a sedersi.
CANDIANI (LN-Aut). È per un richiamo al Regolamento, non può negarmi la parola!
PRESIDENTE. Senatore Candiani, siamo nella fase procedurale di illustrazione degli emendamenti presentati all’articolo 1.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Prevale il richiamo al Regolamento. Senatore Candiani, poi parli tu.
Signora Presidente, le chiedo scusa, ma – glielo dico con molta cortesia – è inutile che forzi la mano al punto in cui siamo arrivati. C’è stato chiaramente un malinteso rispetto all’interpretazione di quanto deciso ieri in Conferenza dei Capigruppo. Non è possibile immaginare che 100 senatori, nella persona dei loro Capigruppo, abbiano capito una cosa ed altri esattamente il contrario. Il riferimento all’articolo 100, comma 9, del Regolamento del Senato, è ribadito anche nel testo che lei ha appena letto e lo avevamo ben chiaro ieri, quando si parlava della discussione ed illustrazione degli emendamenti. Senatore Zanda, lei stesso nella sua interpretazione ha ribadito che oggi si sarebbe dovuto procedere l’illustrazione di tutti gli emendamenti e che la settimana prossima si sarebbe votato e basta. C’è stato un malinteso fino in fondo.
Poiché in più di un’occasione abbiamo dichiarato di non avere intenzioni ostruzionistiche, perché oggi dobbiamo forzare la mano ed obbligare l’Assemblea ad esaminare emendamenti su cui probabilmente non si avrà alcuna possibilità di voto perché non ne conosciamo l’ammissibilità? Non sappiamo se voteremo con voto segreto, non sappiamo nulla. Buttiamo via una giornata a parlare del nulla.
La prego, signora Presidente, faccia sapere al presidente Grasso che su quanto deciso ieri c’è stato un problema: non abbiamo capito – lo dico in questi termini – quello che lui intendeva decidere. La lettura del testo non dà perfettamente ragione alla sua interpretazione.
Chiedo, quindi, che oggi ci si limiti all’illustrazione degli emendamenti all’articolo 1. Abbiamo ribadito in più di un’occasione che non faremo ostruzionismo nelle giornate a seguire, tanto che non ci siamo opposti alla continuazione della discussione sugli emendamenti nell’arco di tutta la giornata, prevedendo solo un’interruzione tecnica, fino a quando sarà necessario.
È possibile che oggi ci obblighiate a fare una cosa sulla quale, con chiarezza, non siamo d’accordo e sulla quale, con chiarezza, vi diciamo che c’è stato un malinteso? Non fatelo. Procedete sul percorso virtuoso che vi abbiamo proposto e oggi, nel tempo rimasto, illustrate gli emendamenti all’articolo 1, per poi cominciare a votarli la settimana prossima. Vedrete che, con riferimento ai successivi articoli, ci sarà discussione solo sui contenuti veri del provvedimento.
Se forzate la mano ci obbligherete a una reazione. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, diceva qualcuno, e quindi evitate questa cosa. Non fatelo. C’è stato chiaramente un malinteso e dunque ci si può anche mettere d’accordo. È inutile adesso prendere le carte e voler forzare la mano. Presidente, sia saggia.
PRESIDENTE. Senatore Paolo Romani, spero che la saggezza sia un po’ di tutti. Intanto la Presidenza, come lei sa, legge il verbale di ciò che è stato deciso. Non è un caso che se la volontà generale dell’Assemblea, come tutti – e sottolineo tutti – dite, è quella di voler proseguire, proseguiamo con l’illustrazione degli emendamenti presentati all’articolo 1 e vediamo dove arriviamo.
Senatore Paolo Romani, è evidente che tutti stanno ascoltando, compreso il Presidente. Andiamo avanti e dimostriamo a tutti che vogliamo proseguire con l’illustrazione degli emendamenti presentati all’articolo 1.
MALAN (FI-PdL XVII). Signora Presidente, illustro gli emendamenti e ordini del giorno che ho presentato all’articolo 1, intendendo che specialmente sugli ordini del giorno deve per forza esserci un parere da parte del rappresentante del Governo, dato che non abbiamo un relatore. Infatti, anche se si continua a dire che c’è un relatore, in realtà non c’è per scelta della maggioranza. C’è un filmato dell’onorevole Scalfarotto in cui si afferma che è stata una scelta del Partito Democratico non avere un relatore. Dunque, il relatore non c’è, ma c’è obbligatoriamente il rappresentante del Governo che può anche rimettersi all’Aula sugli emendamenti come ha fatto di solito in Commissione, ma sugli ordini del giorno dovrà per forza esprimere un parere.
Dato che parliamo di ordini del giorno, su quelli mi voglio esprimere. Ne ho presentati alcuni, insieme al presidente Gasparri, per ribadire determinati principi perché le norme contenute in questa legge toccano questioni estremamente delicate che riguardano la famiglia, l’educazione della prole, i rapporti tra genitori e figli e la relazione tra genitori e figli di fronte allo Stato. Ci sono alcuni ordini del giorno che peraltro, in forma molto simile, sono stati incredibilmente respinti in Commissione e tra questi quello che impegna il Governo a non violare i diritti fondamentali riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo quali la libertà di manifestare i propri valori religiosi nell’educazione e il diritto di priorità dei genitori nell’educazione da impartire ai propri figli e altri simili a questo.
Perché questi ordini del giorno c’entrano con il disegno di legge in esame? Perché se passa questo disegno di legge, ci saranno bambini che risulteranno figli di due donne o di due uomini e la famosa educazione gender (uso questa parola perché sintetica e di uso diffuso), ovvero quella secondo la quale non c’è differenza tra maschio e femmina perché sono questioni opinabili, passeggere e con mille sfumature, diventerà quasi un obbligo nelle scuole perché bisognerà spiegare come mai alcuni bambini hanno due padri o due madri e bisognerà quindi spiegare menzogne e cioè che i bambini non nascono da un uomo e una donna ma dall’affetto di due persone. Non è così! Certo, è meglio se c’è l’affetto. (Brusio).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Malan, è importante che si ascolti. Chiedo all’Assemblea di abbassare la voce, anche perché non siete neanche numerosi.
Prego, senatore Malan.
MALAN (FI-PdL XVII). Grazie Presidente. Dunque è importante stabilire che in questo contesto, nella forte mutazione sociale, direi mutazione antropologica che si vuole creare nella famiglia e nella società attraverso questo disegno di legge bisogna capire quali sono i confini per cui la posizione del rappresentante del Governo su questi emendamenti sarà molto importante.
Un altro ordine del giorno impegna il Governo ad impedire la predisposizione della modulistica scolastica, amministrativa e didattica: «in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari costituite anche da genitori omosessuali» che sono parole contenute nella strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto della discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere; documento che porta la firma del Governo ma che so che molti nel Governo non condividono. Il Governo, allora, si deve esprimere una buona volta, visto che sono due anni che non risponde alle mie interrogazioni su questo argomento, se questo orrendo documento che è la strategia nazionale per la prevenzione propone – lo dice proprio il documento – di cambiare il modo di esprimersi non solo degli esponenti degli enti pubblici ma, addirittura, degli esponenti ecclesiastici. Si ritorna all’imperatore che vuole imporre la sua legge alle confessioni religiose. Io voglio sapere in questo contesto – qui abbiamo un’attinenza molto precisa – qual è la posizione del Governo.
Ci sono poi invece diversi emendamenti volti ad inserire in questo disegno di legge, sottoforma di articolo premissivo, di comma aggiuntivo o sotto altre forme dal punto di vista tecnico, la precisazione che l’istituto delle unioni civili non sia considerato famiglia o matrimonio. Come ho illustrato ieri, purtroppo del matrimonio ha tutte le caratteristiche. Gli articoli citati nella prima parte di questo disegno di legge non solo sono riferiti al matrimonio (articolo 29 della Costituzione), ma non ce n’é neanche uno che possa essere riferito a qualunque delle formazioni sociali di cui all’articolo 2, a cui il Presidente si è appellato per non consentire il voto segreto. Ricordo che l’articolo 29 della Costituzione non parla solo di matrimonio, ma anche di famiglia. Quando allora con questo disegno di legge si pretende o si desidera – usiamo una parola neutra – dire che famiglia sono anche due uomini e due donne, si va a toccare comunque l’articolo 29, anche se non lo chiamate matrimonio, bensì unione civile. La potete chiamare con una sigla, con un numero che vi piace e che vi viene in mente, ma secondo questo disegno di legge è comunque famiglia. Come si fa dunque a dire che non è famiglia? C’è scritto. Potete dire che non è matrimonio perché non lo chiamate così, ma unione civile. Ma quando si dice che è famiglia; è famiglia. Avete sbagliato. Nell’ambito delle truffe dovevate sostituire alla parola «famiglia» un’altra parola truffaldina perché, guarda caso, la parola «famiglia» è nella Costituzione.
Dunque, con questi emendamenti chiedo che venga precisato in questo disegno di legge che questo non è famiglia perché c’è un problema. Se qualcuno pensa che prendere questo disegno di legge e toglierne l’articolo 5, che è quello riguardante l’adozione, faccia sì che poi alle unioni civili non vengano assegnate le adozioni vuol dire che non conosce la giurisprudenza in Italia e all’estero e che non ha ascoltato tutti gli esperti auditi in Commissione giustizia, sia quelli che in cuor loro sono favorevoli alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso, sia quelli contrari. Tutti hanno detto che se si produce una norma che sostanzialmente equipara quell’unione al matrimonio finirà che le adozioni verranno assegnate. C’è anche questa precisazione nei miei emendamenti. Vogliamo essere seri oppure vogliamo fare solo dell’ipocrisia? Se vogliamo essere ipocriti, andiamo avanti in questo modo. Se questo disegno di legge va avanti anche senza l’articolo 5, le adozioni per le coppie dello stesso sesso, l’utero in affitto, la strumentalizzazione della donna e la mercificazione dei bambini ci saranno. (Applausi del senatore Scilipoti Isgrò).
PRESIDENTE. Senatrice Stefani, intende illustrare gli emendamenti a prima firma del senatore Centinaio? E anche la proposta successiva? Fa l’en plein?
STEFANI (LN-Aut). Sì, alcuni emendamenti presentati dal senatore Centinaio. Inizierei da questi.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANI (LN-Aut). Signora Presidente, abbiamo proposto numerosi emendamenti e, se la Presidente me lo concede, potrei riuscire ad illustrarli tutti. Riteniamo che questi emendamenti abbiano l’obiettivo di introdurre in questo disegno di legge interventi necessari.
Come abbiamo ribadito più volte in discussione generale – cerco di fare una premessa che vale per tutti gli emendamenti – riteniamo che le unioni civili possano e debbano essere disciplinate, ma il disegno di legge proposto prevede un impianto che è, a nostro avviso, assolutamente inaccettabile. Per questa ragione, in particolare in relazione all’articolo 1, abbiamo proposto una serie di emendamenti volti a definire e ribadire il concetto di famiglia, quale si presenta non solo ad avviso della Lega Nord, ma quale si desume ed è cristallizzato all’articolo 29 della nostra Costituzione.
Quindi riteniamo che qualsiasi intervento fatto in relazione alla disciplina delle unioni civili non possa e non debba mai essere confuso o sovrapposto alla disciplina che riguarda il matrimonio. Quello che invece ha fatto il disegno di legge è fare dei richiami, utilizzando il metodo (che, tra l’altro, come tecnica giuridica crea non poche problematiche) del mero rinvio, quando invece si poteva benissimo stabilire un insieme di diritti, di doveri e di possibilità conseguenti ad una disciplina e alla previsione di un istituto qual è quello delle unioni civili.
Noi infatti abbiamo detto – e lo abbiamo sviscerato in tutte le formulazioni emendative all’articolo 2 – che cosa intendiamo e che cosa avremmo suggerito come disciplina, previsione e definizione delle unioni civili. Facendo ciò, abbiamo cercato soprattutto di ribadire un concetto che per noi è assoluto, quello dell’intangibilità del principio secondo il quale la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio. E quando diciamo «società naturale» intendiamo un istituto che è preesistente allo stesso diritto: è il nucleo e la base principale della nostra società e della nostra civiltà, perché prima di essere cittadini di un Comune, prima di essere cittadini di una Regione, prima di essere cittadini di uno Stato, prima di essere partecipanti di un’associazione o di essere alunni di una scuola, noi siamo una parte della nostra famiglia. Ed è in quella famiglia che nei primissimi anni di vita veniamo forgiati.
Per questa ragione riteniamo che interventi di tipo normativo non debbano e non possano assolutamente incidere sul sacrosanto valore della famiglia. O quantomeno – lo diciamo anche in maniera un po’ provocatoria in alcuni emendamenti – se intendete adottare una norma come questa sulle unioni civili allora, per l’entrata in vigore della medesima, che si passi attraverso la necessaria revisione della Carta costituzionale e la modifica dell’articolo 29. Questo deve essere fatto – come abbiamo proposto nei nostri emendamenti – con legge costituzionale e attraverso l’indizione di un referendum rispetto al quale deve essere chiamata tutta la popolazione italiana ad esprimersi, su quello che è un sentimento – lo si percepisce – diffuso presso tutti i nostri concittadini.
Infatti, non stiamo parlando di una norma o di una disciplina che riguardi una nicchia. Stiamo parlando di un argomento che ha sensibilizzato tutta l’Italia e in questo modo deve essere trattato e deve essere coinvolta tutta l’Italia. Non potete arrogarvi un potere, sebbene eletti in rappresentanza del popolo, che possa andare oltre quello che è il sentire degli italiani. Il sentire degli italiani – ne siamo convinti – è ancora quello di una tutela particolare della famiglia e di una tutela assoluta nei confronti dei bambini e dei minori. Un argomento come quello delle adozioni è stato inficiato, nel suo stesso nascere, in questo disegno di legge, senza aver aperto una discussione. Lo ribadiamo: in Commissione giustizia ci sono stati alcuni margini di trattazione, anche se non esattamente sul testo presentato in Assemblea, senza però mai coinvolgere la disciplina delle adozioni. Non si può intervenire con un mero e semplice articolo su un disciplina come quella che riguarda le adozioni dei minori.
Per questa ragione, intanto rinviamo l’illustrazione degli emendamenti che abbiamo proposto, sia all’articolo 3 che all’articolo 5 del disegno di legge. In questa sede ci soffermeremo su un’altra considerazione, che come Gruppo della Lega Nord abbiamo voluto portare avanti attraverso una serie di emendamenti che introducono una problematica molto seria. Visto che stiamo parlando di famiglia, non vogliamo farci travolgere da mere ideologie, che purtroppo vanno ad inquinare lo stesso lavoro che viene fatto in questa sede: si tratta di ideologie e, purtroppo, di pressioni mediatiche. Quando parliamo di famiglia, non lo vogliamo fare per riempirci la bocca, con ipocrisia, o magari facendoci portatori di qualcosa che può essere letto solo come retaggio di una vecchia società. Noi pensiamo proprio che la famiglia sia assolutamente fondamentale e per questo motivo abbiamo proposto una serie di emendamenti con cui aprire un dibattito sugli interventi che sarebbe doveroso fare, al fine non solo di tutelare la famiglia, appellandosi all’intangibile articolo 29 della Costituzione, ma al fine di agevolare e rafforzare il valore stesso della nostra famiglia e la possibilità che le famiglie vivano ed esistano.
Stiamo vivendo un problema di denatalità del nostro popolo, a fronte di migrazioni di ingente portata, come quelle che si verificano in questo periodo storico, in cui assistiamo allo spostamento di popoli interi da un’area geografica all’altra. Ci troviamo al contempo in una società in cui è difficile avere bambini, allevarli e curarli. In un momento di crisi appare difficile per un nucleo familiare riuscire ad affrontare le spese necessarie. In questo senso abbiamo presentato degli emendamenti che cercano di introdurre una riflessione su misure che possano costituire dei sostegni, delle sollecitazioni o delle agevolazioni, affinché la famiglia possa esistere e sentirsi salda e tutelata, per non vedere dei genitori che si sentono soli, nella società, con i loro bambini. Per queste ragioni abbiamo ad esempio presentato delle proposte in cui si suggerisce di favorire lo sviluppo di piani di edilizia residenziale pubblica, che già esistono ma che hanno bisogna di essere incrementati, tenendo presente che spesso, nella logica delle assegnazioni, ci sono delle problematiche. Purtroppo lo si sente dire ed è una questione su cui spesso si ragiona: nell’attribuzione della casa popolare spesso si guarda all’indice di reddito e accade spessissimo – anche nella provincia di Vicenza, da cui provengo – che moltissimi alloggi popolari siano assegnati a stranieri. Proponiamo dunque incentivi per l’acquisto o la locazione di unità immobiliari adibite a prima abitazione, per l’incremento del mercato delle stesse locazioni ad uso abitativo e anche la possibilità di assegnare mutui con tassi agevolati per le giovani coppie sposate – abbiamo inserito anche la previsione che siano sposate da un minimo di tempo, come uno, due o tre anni – e che abbiano anche dei bambini. Abbiamo previsto inoltre la possibilità di un contributo mensile, di importi variabili, per ogni figlio di età inferiore ai tre anni, perché i bambini sono una meraviglia, son un grande dono, ma a volte anche un costo.
Abbiamo previsto anche delle carte “buono famiglia”, per l’accesso ai servizi per la prima infanzia. Tale carta “buono famiglia” dovrebbe concedere di avere delle risorse da utilizzare per i servizi per la prima infanzia convenzionati.
Un’altra parte che riteniamo assolutamente fondamentale – ne abbiamo fatto anche una nostra campagna – è quella che prevede gli asili, perché questi ultimi hanno purtroppo dei costi. Noi riteniamo che l’asilo debba essere una struttura e per questo abbiamo proposto un vero e proprio riordino del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per l’infanzia, dove i genitori (purtroppo giocoforza, perché devono lavorare) possono lasciare i bambini per andare al lavoro. Abbiamo previsto che tali strutture siano assolutamente gratuite e che, fra i vari requisiti necessari per poter godere di questa agevolazione, debba esserci una residenza continuativa della famiglia nel territorio. Noi richiediamo che ci sia comunque una partecipazione attiva della rete parentale per raggiungere degli obiettivi educativi, perché non si vuole assolutamente che l’asilo, essendo gratuito, venga visto come una forma di parcheggio dei bambini. Vogliamo invece che i genitori siano sempre chiamati a seguire attivamente lo sviluppo e la cura dei loro bambini.
Abbiamo previsto anche la possibilità che ci siano dei servizi integrativi (dei nidi) all’interno dei luoghi di lavoro. Vi sono delle aziende che, a livello individuale, si sono attivate per avere questo tipo di struttura ed anche alcune amministrazioni lo hanno fatto. Ciò è veramente fondamentale ed importante e per questo abbiamo avanzato la proposta che le Regioni e i Comuni promuovano l’attivazione di servizi integrativi per gli asili nido, diversificati per modalità strutturali o quant’altro, al fine di permettere che vi sia un continuo servizio per le donne lavoratrici, visto che questo è un argomento che viene seguito e che sta creando una particolare sensibilità presso i nostri concittadini.
Sicuramente c’è oggi un cambiamento nella partecipazione alla cura dei figli da parte del padre. Una volta si pensava che essa spettasse soltanto alla madre. Invece oggi ci sono moltissimi padri che hanno la necessità e il dovere (è giusto così) di seguire i loro bambini. Questo rientra nella nostra ottica secondo cui un bambino deve avere un papà e una mamma.
Ci sono una serie di emendamenti che sono soprattutto soppressivi. Dispiace aver dovuto presentare degli emendamenti soppressivi, ma noi riteniamo che questo tipo di formulazione sia assolutamente inaccettabile. Abbiamo presentato delle proposte volte ad individuare una soluzione alternativa, perché riteniamo che così non si dovesse fare. L’intestazione, fin dall’inizio, ha voluto essere forse troppo esposta; c’erano delle possibilità diverse per affrontare la questione. Da questo si comprende che la motivazione alla base di questa disciplina delle unioni civili non è quella di regolamentare semplicemente i rapporti nella coppia omosessuale; l’obiettivo è quello di arrivare alle adozioni dei bambini, cosa che, a nostro avviso, non si deve assolutamente fare. Non è il momento e non è questa la modalità.
Mi si permetta di fare un riferimento all’emendamento Marcucci; so di non essere in dichiarazione di voto e comunque ripeterò queste cose anche in quella sede. Con questo emendamento si vuole arrivare addirittura oltre rispetto a quanto è previsto dal testo del disegno di legge. Un testo come quello proposto dal senatore Marcucci arriva a non essere nemmeno disciplinante: esso contiene un’argomentazione assolutamente fumosa, che creerà non pochi problemi nella pratica e nell’applicazione dello stesso diritto.
Ho ancora tempo, signora Presidente?
PRESIDENTE Le concedo ancora del tempo. Lei ha anche il suo, oltre a tutti quelli che sta illustrando.
STEFANI (LN-Aut). Non ho capito.
PRESIDENTE. Le sto concedendo tre minuti in più, visto che ne ha una serie e poi ha anche quelli a sua prima firma 1.2800 e 1.2801.
STEFANI (LN-Aut). Colgo l’occasione per lamentarmi dell’impaginazione del fascicolo degli emendamenti, che non ha nemmeno una numerazione progressiva. Mi è assolutamente impossibile trovare i miei stessi emendamenti e poterli esaminare. Non so in fase di voto che clima si verrà a creare.
In alcuni emendamenti che abbiamo proposto non c’è la volontà di creare dei paletti o delle forme di ostruzionismo alla modifica delle norme, come abbiamo detto anche in discussione generale. La sentenza della Corte costituzionale n. 138 del 2010 ha ribadito più volte che quando l’Assemblea costituente ha previsto le norme costituzionali sicuramente faceva riferimento a una società esistente a quel tempo e probabilmente i nostri Padri costituenti non immaginavano ancora che si potesse arrivare a discutere di un matrimonio omosessuale.
La sentenza della Corte costituzionale è fondamentale nel punto in cui dice che, pur non essendoci una assoluta cementificazione dei costumi, che sicuramente cambiano in una società che varia, non si deve mai incidere sul contenuto sostanziale della norma costituzionale. Noi riteniamo che tutte le norme della Carta costituzionale che prevedono il principio per cui la famiglia e la tutela del minore sono nuclei fondamentali della nostra società non possano essere modificate dagli usi e dai costumi e da cambiamenti in atto nella nostra società. Se ciò deve avvenire, allora si deve modificare la Carta costituzionale e non farlo con una semplice legge ordinaria.
Noi, come Gruppo, non intendiamo certamente arenarci su questioni che, come vi dicevo prima, possono essere tacciate di ipocrisia o di retaggi o di vetustà mentale. Abbiamo avanzato delle proposte che riteniamo essere molto serie e che introduciamo in questa sede, pur non essendo la sede naturale nella quale farlo; abbiamo parlato anche delle problematiche relative alle procedure di affidamento preadottivo e di adozione. Non è questa la sede, non doveva essere questa la sede in cui parlare di adozioni, ma visto che ne avete voluto parlare, noi abbiamo voluto introdurre degli emendamenti che vogliono dire: invece di parlare della questione dell’adozione del figlio del coniuge o della problematica di un’adozione in senso lato, perché non parlare dei grossi problemi che invece riguardano le procedure di adozione?
Ci sono migliaia di bambini che hanno bisogno di una famiglia in tutto il mondo, poiché vi sono aree afflitte da problemi di povertà, di miseria, di guerre terribili, dove si trovano bambini che perdono entrambi i genitori, la loro intera famiglia. E pensiamo a tutte quelle famiglie e a tutti quei genitori che invece vorrebbero tanto poter accogliere nelle loro case questi bambini e dar loro quella famiglia non che non hanno mai avuto. La disciplina dell’adozione è sempre stata giustamente rigorosa, proprio al fine di tutelare in particolare il minore; e tutte le verifiche, anche pesanti, sono fatte sulla stessa idoneità di genitori. Quello che si vuol fare adesso con questo disegno di legge è praticamente rendere più superficiale la verifica dell’idoneità dei genitori. L’idoneità dei genitori deve essere particolarmente verificata, perché se c’è la possibilità che un bambino possa avere una famiglia, è giusto che quella famiglia sia sana e che gli permetta effettivamente di superare il suo personale dramma dell’abbandono.
A tale scopo abbiamo presentato una serie di interventi emendativi volti a chiedere un’accelerazione, senza il venire meno delle garanzie, delle procedure di affidamento preadottive di adozione. Vi chiedo di valutare questi emendamenti. Sicuramente se ne dovrà parlare nel momento in cui si parlerà di adozioni in relazione alle norme che se ne occupano. Chiediamo e continuiamo ad insistere affinché di questa norma non si debba parlare e non si debba introdurre una tematica come questa. Dobbiamo avere veramente un grande senso di responsabilità.
Per l’illustrazione degli altri emendamenti mi riservo la possibilità di intervenire nuovamente quando mi sarà data la parola e sull’articolo successivo. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 11,45)
SACCONI (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCONI (AP (NCD-UDC)). Signor Presidente, come abbiamo avuto modo di sottolineare in sede di discussione generale, i primi tre articoli sono decisivi per la qualificazione di questo provvedimento. Sono gli articoli, a partire dal primo i cui emendamenti a mia firma intendo illustrare, che definiscono le modalità con cui i conviventi stabili possono regolare i rapporti tra di loro e, secondo il testo base, farlo attraverso un istituto pubblicisticamente rilevante, opponibile a terzi, con caratteristiche che possiamo definire similmatrimoniali. Proprio per questa ragione i nostri emendamenti hanno lo scopo opposto di ricondurre le unioni civili, nella sede della premessa di cui all’articolo 1, a quella formazione sociale specifica, a cui si fa peraltro formale riferimento, peraltro negandola con le caratteristiche che vengono assegnate alle unioni civili.
Ribadisco ancora una volta che, ove l’articolo 1 e poi ancor più gli articoli 2 e 3 venissero approvati secondo quanto disposto dal testo base, tutto l’esame successivo del provvedimento perderebbe significato. Come diceva poco fa il collega Malan, lo stesso articolo 5 tanto enfatizzato in realtà, una volta approvato l’articolo 3, e in particolare il suo quarto comma, nei termini del testo base, non avrebbe più significato perché l’adozione speciale, l’adozione del figliastro, è già in quella sede esplicitamente richiamata; inoltre, devo dire che anche la tanto da noi auspicata qualificazione dell’utero in affitto, della pratica odiosa della maternità surrogata quale reato universale perde di significato nel momento in cui la definizione similmatrimoniale delle unioni civili consente ragionevolmente alle coppie così unite di accedere generalmente al sistema delle adozioni con la implicita incentivazione alla produzione di figli attraverso quelle tecniche che consentono una procreazione indipendente dalla relazione affettiva naturale tra un uomo e una donna.
Noi proponiamo quindi all’articolo 1 tanto l’abrogazione dello stesso quanto l’abrogazione insieme all’articolo 1 dei 9 articoli successivi, con lo scopo di ricondurre il testo al nostro disegno di legge, quel testo unico dei diritti dei conviventi che le due manifestazioni del Family Day hanno assunto a proposta di riferimento per contrapporla a quella del disegno di legge di cui è prima firmataria la senatrice Cirinnà.
Allo stesso tempo abbiamo ipotizzato una sostituzione di questo articolo 2, affinché si dispongano i diritti dei conviventi in luogo dei diritti connessi alla coppia civil-unita, proprio per garantire in radice la separazione tra questa regolazione e quella dell’istituto della famiglia fondata sul matrimonio, di cui all’articolo 29 della Carta costituzionale. Tale separazione non è garantita da questo articolo 1; la incostituzionalità palese del provvedimento non è garantita dall’articolo 1. Noto come tutti gli emendamenti presentati dal Partito Democratico non concorrano in alcun modo alla distinzione tra le unioni civili e il matrimonio. Sono circolate osservazioni attribuite alla Presidenza della Repubblica; non so se ciò corrisponda al vero, ma è certo che queste osservazioni hanno ripetutamente individuato nel testo base motivi d’incostituzionalità e di prossimità della regolazione delle unioni civili all’istituto matrimoniale.
Con queste caratteristiche – ripeto – il testo si configurerebbe, quindi, in termini di assoluta incostituzionalità e, per parte nostra, determinerebbe l’inesorabile voto contrario; e non solo: determinerebbe anche tutte le azioni che, nel malaugurato caso di una sua approvazione, potremmo assumere, anche per consentire l’espressione popolare di fronte ad un testo così divisivo.
Il suo carattere divisivo inizia proprio dall’articolo 1, nella cosiddetta pecetta del richiamo alle formazioni sociali ivi contenuta e, quindi, all’articolo 2 della Carta costituzionale; in alcun modo essa toglie il carattere divisivo.
Ribadisco come lacerare la Nazione in questa stagione sia un errore politico, che toglie visione alle leadership che se ne assumono la responsabilità, che porta a sottovalutare la gravità di una rottura relativa ai principi stessi sui quali questa Nazione si è costituita; una lacerazione che comincia con questo testo dell’articolo 1 e che si esalta, poi, nei successivi articoli 2 e 3.
Con questo ribadisco la conclusione, rivolgendomi ai molti osservatori distratti che insistono per andare a parlare dell’articolo 5: qualora il testo venisse approvato nei termini conosciuti agli articoli 1, 2 e 3, la divisione si sarebbe già prodotta e la lacerazione della società – e io credo anche dei rapporti politici – sarebbe già compiuta.
DI BIAGIO (AP (NCD-UDC)). Signor Presidente, mi accingo a parlare in quest’Aula sorda: ci sono pochissimi colleghi. Non vi nascondo le mie perplessità per questa giornata e per la gestione di tutto il provvedimento, in generale.
Credo sia chiaro a tutti che abbiamo voluto portare una discussione sui valori in un Paese in cui è presente, ormai da anni, un bipolarismo muscolare. Mi sembra che, comunque, non si voglia uscire da questa ipocrisia; continuiamo ad esserci dentro, probabilmente per cercare la nostra affermazione.
Intervengo, quindi, in Assemblea per illustrare le mie proposte emendative all’articolo 1, a cominciare dall’emendamento 1.6002, con il quale si chiede di sopprimere il Capo I del provvedimento, che, al di là di qualsiasi argomento contrario, nei fatti, determina la sostanziale equiparazione, sotto il profilo giuridico, dell’unione civile tra persone dello stesso sesso con l’istituto del matrimonio.
Qualcuno potrebbe inquadrare una posizione di tale natura come provocatoria; non lo è, ma è l’esigenza di rettificare un percorso che, da pura regolamentazione, diventa incostituzionale equiparazione. Dovrebbe essere cosa prioritaria e trasversalmente condivisa. Alle unioni civili sono, infatti, estese, quasi interamente, le disposizioni del codice civile relative al matrimonio, come chiaramente evidenzia l’articolo 3.
Certo, a parte la disciplina di cui alla legge n. 184 del 1983 in materia di adozioni, peccato che le disposizioni in materia di adozioni in casi particolari siano poi derogate.
Ora, pur condividendo l’esigenza di intervenire per garantire diritti – e non ho mai mancato di evidenziare questa urgenza – tale esigenza non necessita di un’equiparazione sostanziale che di fatto, salvo il nome, il testo in esame prevede.
Sulla volontà di discutere e intervenire per garantire diritti, siamo tutti d’accordo; sulla modalità di farlo, discutiamone, ma purtroppo non mi sembra che ci vogliano essere o ci siano le condizioni per affrontare la questione in maniera matura.
La specificità del matrimonio come costituzionalmente definito quale unione tra un uomo e una donna, non rappresenta una discriminazione bensì il riconoscimento di una realtà di fatto che precede lo stato di diritto quale società naturale. Tale specificità è chiaramente ricordata nella sentenza della Corte Costituzionale n. 138 del 2010 – richiamata già da molti colleghi – nella quale la Corte ha ricordato espressamente alcuni elementi fondamentali che voglio qui richiamare: il rilievo costituzionale attribuito alla famiglia e la potenziale finalità procreativa del matrimonio, che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale. Lo dice la sentenza, specificando inoltre che, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, la censurata normativa del codice civile che, per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ciò sia perché essa trova fondamento nel citato articolo 29 della Costituzione, sia perché la normativa medesima non dà luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio. Questo lo dice la Corte costituzionale, signori; non lo dico io e non è oggetto di interpretazione.
In questi ultimi giorni c’è un po’ la tendenza a reinterpretare – lo stiamo facendo in molti casi – a seconda degli umori del momento, la ratio delle sentenze. Questo significa che non c’è alcuna discriminazione in atto che richieda di omologare un’unione tra persone dello stesso sesso al matrimonio. La stessa Corte ha ricordato che il diritto di vivere una condizione di coppia rientra tra le libertà individuali di cui all’articolo 2 della Costituzione, ed è in quella direzione che va declinato. Inoltre, è ancora la Corte a dire che la normativa europea non impone la piena equiparazione alle unioni omosessuali delle regole previste per le unioni matrimoniali tra uomo e donna. Si rischia, tra le altre cose, di trascurare le potenzialità in termini di riconfigurazione della genitorialità adottiva che deriveranno dalla omologazione tra unione civile e matrimonio, in caso di intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo, di cui non è difficile immaginare una futura pronuncia. Un tema troppo delicato e con implicazioni gravi per farne una banale strumentalizzazione ideologica, perché entra in causa il diritto del minore di avere una famiglia, di conoscere le proprie radici e quello di poter contare sulla stabilità dei rapporti e sulla complementarietà sacra ed ineludibile di una madre e di un padre. Una necessità riconosciuta da un’intera tradizione di studi e ricerche di psicologia evolutiva.
Qui non si intende disquisire, in maniera del tutto inutile, sulla capacità o no dei soggetti di essere genitori o sul desiderio di esserlo; entrambi elementi che non afferiscono allo scenario legislativo. Ciò che deve essere preminente, senza se e senza ma, sono le necessità oggettive dei minori, che hanno certamente bisogno di amore – che tutti sanno dare – ma non solo: hanno bisogno anche di altro.
Con queste premesse chiedo la soppressione dell’articolo 1 e l’abrogazione, dunque, dell’equiparazione totale. Voglio poi ricordare che la nostra legislazione nazionale prevede già moltissime tutele in relazione alle stabili convivenze. Tuttavia, queste tutele sono seminate in tante leggi differenti e dunque la normativa risulta frammentata e merita sicuramente una organica armonizzazione – che avremmo dovuto fare – che poteva e può essere definita attraverso un testo unico sulle convivenze. Questo è quello che abbiamo proposto con il testo unico sulle unioni di fatto presentato dal senatore Sacconi: questo è il nostro obiettivo.
Le proposte emendative che ho depositato e che seguiranno si collocano proprio nella prospettiva di armonizzazione, senza creare discipline ex novo prive dei più basilari rudimenti costituzionali e di logiche fondamentali.
Gli altri emendamenti presentati all’articolo 1 sono l’1.6019, l’1.6027, l’1.6038 e l’1.6039. (Applausi dal Gruppo NCD).
*MARINELLO (AP (NCD-UDC)). Signor Presidente, già da queste prime battute emergono le incongruenze del disegno di legge in questione. Disegno di legge che noi, evidentemente, con un atteggiamento non ostruzionistico, siamo intenzionati a modificare integralmente.
Ribadisco che si tratta di un atteggiamento non ostruzionistico perché voglio ricordare a quest’Aula, alla Presidenza ma anche al Governo, molto attento agli interventi che si svolgono in Aula, che il Gruppo di Area Popolare aveva inizialmente presentato un foltissimo numero di emendamenti. Poi, apprezzando le richieste che venivano dagli altri partiti, e in particolare dal Partito Democratico, per sgombrare il campo dagli equivoci, ha ridotto sensibilmente il numero degli emendamenti presentati, riducendoli di oltre il 50 per cento. Lo voglio ricordare proprio per ribadire che, per quanto ci riguarda, noi non siamo su una posizione ostruzionistica.
Ormai siamo arrivati a questo punto. Non ci piace il testo, perché siamo convinti che siano stati violati regole e regolamenti. Non ci piace perché siamo fondamentalmente convinti dell’incostituzionalità e delle numerose incongruenze contenute nel testo.
Avevamo chiesto, ed ero intervenuto io per conto del Gruppo, di sospendere l’esame del provvedimento per un nuovo esame, seppur a tempi predefiniti, in Commissione giustizia. Oggi siamo a questo punto ed è quindi giusto che l’Aula si confronti nel merito.
Nel confrontarsi nel merito, per passare subito al tema degli emendamenti all’articolo 1, devo subito dire che, per quanto ci riguarda, non soltanto l’articolo 1, ma tutti gli articoli dall’1 al 10 andrebbero a nostro avviso cassati. Un emendamento in tal senso, di cui sono anche sottoscrittore, esplicita questo concetto. E lo esplicita perché la nostra posizione è sempre stata, coerentemente, quella di trovare una soluzione alla disciplina delle convivenze, sia eterosessuali sia omosessuali, stabilendo esattamente diritti e doveri, nei confronti dei terzi e della società, ma anche nei confronti di se stessi.
Evidentemente, però, il nostro intendimento era – ed è – quello di contrastare fortemente l’omologazione delle unioni civili con l’istituto del matrimonio e soprattutto con la configurazione della famiglia così come stabilita all’articolo 29 della Costituzione.
Su questa linea e su questa direttrice noi ci siamo mossi. E ci siamo mossi non soltanto in maniera ostativa, ma anche in maniera propositiva, tanto è vero che il nostro Gruppo parlamentare ha presentato da tempo un disegno di legge, a prima firma del senatore Sacconi, che regolamenta interamente la questione.
Per andare al merito dell’articolo 1, devo anche spiegare perché noi fondamentalmente non lo condividiamo. L’articolo 1 recita che: «Le disposizioni del presente Capo istituiscono l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale».
Orbene, noi intendiamo innanzitutto sopprimere la definizione di unione civile come specifica formazione sociale, perché non comprendiamo la ratio dell’identificare l’unione civile quale formazione sociale specifica, in quanto essa può rientrare genericamente tra tutte le formazioni sociali tutelate e garantite dalla nostra Carta costituzionale, senza caratterizzazioni specifiche.
Altri emendamenti presentati, sempre all’articolo 1, sottolineano come il testo del provvedimento debba mirare alla tutela dei diritti individuali e dei doveri dei due maggiorenni conviventi, indipendentemente dal fatto che essi siano eterosessuali o omosessuali. Ed è questa la nostra corretta declinazione, tra l’altro ai sensi dell’articolo 3 della Carta costituzionale. Infatti, differenziare la tutela a seconda dell’orientamento sessuale può provocare una forma di discriminazione indiretta degli eterosessuali conviventi. Si pone oltretutto l’accento sui diritti dell’individuo e non della coppia. Nella concezione storico-liberista esiste l’individuo quale portatore di interessi e non la coppia o la società.
Altri emendamenti da noi presentati all’articolo 1 specificano che il presupposto necessario alla costituzione della nuova formazione sociale sia il perdurare della convivenza, che duri stabilmente da almeno qualche anno, soprattutto in presenza di figli comuni. Ciò, tra l’altro, permetterebbe di evitare la costituzione di unioni civili di comodo, fittizie e con intenti di mero opportunismo, cosa che peraltro non è nuova nel nostro Paese e che chi ha studiato la letteratura del Novecento sa essere rappresentata nella bellissima commedia di Pirandello «Pensaci, Giacomino!». Questa è la nostra posizione, che è strettamente costruttiva.
Approfittando dei tempi del mio intervento, desidero rivolgermi a tutta l’Assemblea, ma in particolare ai senatori del Partito Democratico. Quando si fa parte di una maggioranza e, soprattutto, quando si guida un Paese, si ha l’interesse a cercare i punti di unità e mai i punti o le situazioni divisive. Il crinale che oggi state percorrendo è scivoloso, pericolosissimo e punta assolutamente alla divisione.
Per quanto riguarda il Gruppo Area Popolare (NCD-UDC), abbiamo presentato delle proposte concrete che possono dare risposte a tutte le coppie etero ed omosessuali (facciamo questo non solo nel dibattito politico, ma anche attraverso la presentazione di emendamenti). Tuttavia, per quanto ci riguarda, alcuni punti rappresentano dei limiti invalicabili: mi riferisco all’omologazione con l’istituto della famiglia e alla questione dell’adottabilità dei figli, con tutte le conseguenze che ne derivano. Non vogliamo sottrarci al tema delle adozioni, ma riteniamo che il campo proprio sia quello di una modifica integrale alla normativa sulle adozioni.
Poiché c’è ancora un margine di tempo e di riflessione, cerchiamo di approfittarne per trovare dei punti che possano essere condivisi e concorrere alla formazione di una legge che dia delle risposte che i singoli individui – forse anche la società, non lo metto in discussione – aspettano e che non miri a qualcos’altro.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Ciò che temiamo è che l’intento di una parte del Partito Democratico e dell’Assemblea sia assolutamente diverso e il dibattito che nelle ultime settimane si è animato sui mezzi di informazione e sulle televisioni lo sta a dimostrare. Evidentemente c’è l’intento di una parte assolutamente minoritaria nel Paese di utilizzare questo provvedimento come un grimaldello per arrivare all’istituzione di nuovi modelli ed esempi familiari e alla costruzione di un uomo nuovo che non abbia nella sua genesi un padre e una madre.
Credo che tutti i parlamentari abbiano oggi ricevuto una lettera molto accorata, ma molto puntuale e fatta bene, dell’Associazione di genitori e amici di persone omosessuali (AGAPO), che specifica esattamente questo. Abbiamo anche letto gli articoli apparsi oggi sui giornali. In particolare, vi è un articolo apparso sulla prima pagina del quotidiano «Libero», a firma di Maurizio Belpietro. Io personalmente non amo parlare dei casi particolari e che riguardano i singoli, perché, essendo di matrice e cultura cattolica, non condivido l’errore – sono pronto a combattere contro l’errore – ma ho un atteggiamento diverso nei confronti di chi, dal mio punto di vista, sbaglia. Questo è assolutamente comprensibile. Il problema non è soltanto dei giornalisti che oggi fanno emergere determinate situazioni particolari, ma soprattutto di chi si è sovraesposto, magari perché mosso da un interesse particolare.
Signor Presidente, il tema è assolutamente delicato e può essere divisivo. Una soluzione poteva anche risiedere nell’essere più di manica larga nell’interpretare i nostri Regolamenti e in maniera corretta. Faccio carico a lei, presidente Calderoli, di parlare con il Presidente del Senato per riprendere il percorso dei voti segreti, che su una materia così delicata e di coscienza potrebbero consentire di trovare una strada ed un percorso di maggiore condivisione.
Ahimè, così non è stato.
Non voglio scomodare Manzoni e don Abbondio, non voglio nemmeno scomodare Pilato, del quale peraltro ho già parlato nel mio intervento in sede di discussione generale, ma purtroppo – e lo dico questa volta non da senatore ma da siciliano e con una punta di dispiacere – sono costretto a condividere (e non volevo farlo) il pensiero ed il giudizio di Pietrangelo Buttafuoco sull’attuale nostro Presidente del Senato. Voglio astenermi dal leggere il capitolo che dedica al presidente Grasso Pietrangelo Buttafuoco in «Buttanissima Sicilia» ma, evidentemente con il cuore che mi gronda di sangue, sono costretto questa volta a dire che, ahimè, forse Pietrangelo Buttafuoco ha ragione. (Presidente, vedo che lei non lo ha letto, sarà mia cura regalarle il libro, se non si offende. Il libro è a disposizione anche via Internet, per cui potete leggerlo).
Signor Presidente, si faccia interprete di questo messaggio e lo trasmetta al Presidente del Senato, affinché il Presidente Grasso non solo utilizzi le sue prerogative ma esalti il suo ruolo, che è quello di cercare la giusta mediazione nei tempi, nei modi e, perché no, anche nel contenuto. Questo è, dal mio punto di vista, il ruolo che corrisponde alla parola «arbitro». I Presidenti del Senato di un tempo, penso a Spadolini e a tanti altri, su questioni assolutamente spinose e particolari non si sarebbero limitati a fare i notai di qualcosa deciso da altri, né avrebbero affidato ai Capigruppo, ancorché di maggioranza, le mediazioni, né sui tempi, né sui modi.
Credo che questa sia non solo una violazione delle regole del gioco e della prassi, ma anche una brutta pagina e non soltanto per le persone ma altresì per le istituzioni in generale. (Applausi del senatore Formigoni).
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Signor Presidente, anzitutto devo dire che sono lieto che in tribuna siano presenti anche esponenti del mondo LGBT, ma lo sono un po’ meno quando provocano e tentano di baciarsi fra loro. E ciò vale per gli uomini, ma varrebbe anche tra uomo e donna, perché credo…
ALBANO (PD). Ma qual è il problema?
CARDINALI (PD). Ma basta!
PRESIDENTE. Senatore Giovanardi, stiamo in fase di illustrazione degli emendamenti.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Scusi, ma queste cose sono state rivolte a me e l’assistente parlamentare è dovuto… (Commenti della senatrice De Petris).
CARDINALI (PD). Ma sei ossessionato! Devi essere rispettoso!
PRESIDENTE. Senatore Giovanardi, si deve rivolgere alla Presidenza.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Presidente, ho detto che sono lieto che siano presenti in tribuna e seguano i nostri lavori. Ma, quando l’assistente parlamentare deve intervenire perché si baciano per provocare i senatori, fa bene a farlo, perché occorre un decoro in quest’Aula! (Commenti dai Gruppi PD e Misto-SEL).
PRESIDENTE. Colleghi! Ci sono gli assistenti parlamentari che sono deputati a gestire le tribune. Noi seguiamo i lavori.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Ed io ho ringraziato l’assistente parlamentare che è intervenuto, quando la provocazione era…
CARDINALI (PD). Ma su di te bisogna intervenire!
PRESIDENTE. Colleghi, se il senatore Giovanardi non trascende, ha diritto di dire quello che vuole, ad esclusione di quanto non rientra nella gestione del Regolamento o delle tribune. (Commenti dai Gruppi PD e Misto-SEL).
FORNARO (PD). Non può offendere il pubblico!
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Se loro sono d’accordo che due uomini vengano in tribuna a baciarsi per provocare il Senato, io dico che non è decoroso! È accaduto e ringrazio l’assistente parlamentare che è intervenuto. E credo che gli italiani che mi ascoltano capiscono che cosa voglio dire. (Commenti dai Gruppi PD e Misto-SEL).
PRESIDENTE. Adesso parliamo degli emendamenti.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Detto questo, veniamo all’articolo 1 che – si dice – è una specificazione delle unioni omosessuali uomo-uomo e donna-donna inquadrate in una specifica formazione sociale.
Intanto vorrei capire gli interventi di tante senatrici del PD quando si sono scandalizzate dicendo che è offensivo chiamare formazioni sociali le unioni civili tra due uomini e due donne. È scritto «specifica formazione sociale», perché la Corte costituzionale ci ha detto che il matrimonio – e, quindi, la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio – è esclusivamente tra uomo e donna e gli altri diritti vanno inquadrati tra le formazioni sociali.
Vorrei pertanto, capire le tante senatrici che hanno accusato come offensiva questa dizione cosa vogliano: se sono d’accordo con il testo, mai discusso in Commissione, che è stato presentato in Aula o se interpretano queste formazioni sociali come un matrimonio.
Cosa sono le formazioni sociali citate nella Costituzione che ho più volte richiamato? L’articolo 2 della Costituzione è chiarissimo e dice che la Repubblica garantisce i diritti individuali sia dei singoli sia nelle formazioni sociali dove si svolge la loro personalità. Questo articolo era entrato così alla Costituente? Assolutamente no. Il Costituente era entrato con il seguente testo: «La Repubblica garantisce i diritti individuali dei singoli e delle formazioni sociali in cui si sviluppa la loro personalità».
Aldo Moro, che non era l’ultimo arrivato, insieme ad Amintore Fanfani, a Nilde Iotti – forse una volta, a sinistra, c’erano donne che la pensavano diversamente da voi, immagino, e anche grandi personaggi – e ad Amendola, altro grande personaggio di quel mondo, presentarono un emendamento che venne approvato e che diceva non: «diritti dei singoli e delle formazioni sociali», bensì: «diritti dei singoli nelle formazioni sociali». E Moro spiegò da par suo – rileggete il suo intervento alla Costituente, che potete trovare ovunque su Internet – che non si poteva riconoscere personalità giuridica al sindacato come luogo titolare di diritti individuali o al partito o all’associazione. Ma si può riconoscere la garanzia dei diritti dei singoli che fanno parte di una formazione sociale.
Quindi, quando si parla di una specifica formazione sociale, è obbligatorio intendere che i diritti devono riferirsi ai singoli componenti dell’unione, perché la trappola che tutti conosciamo è che, se invece si scardina questo principio costituzionale e si parla di diritti della coppia, è evidente che tale formazione sociale verrà parificata al matrimonio. L’Europa ci ha detto un milione di volte che noi siamo liberissimi di disciplinare il diritto di famiglia come meglio ci aggrada. Se, però, riconosciamo non i diritti dei singoli nella coppia – e, cioè, una funzione come molti dicono, che poi sarebbe una famiglia – ma il diritto alla formazione sociale in quanto tale, è evidente, appunto, che quest’ultima verrà parificata al matrimonio. E, dunque, verranno permesse le adozioni, la possibilità di fare figli e, cioè, tutto ciò che l’80 per cento degli italiani, e anche la maggioranza di quest’Assemblea, dice di non volere, compreso il Presidente del Consiglio.
Come si esce, allora, da questa contraddizione dell’articolo 1? Se ne esce in una sola maniera: chiarendo quello che vogliamo fare.
In dicembre SEL e PD hanno esultato perché la Grecia, dopo le ultime due batoste prese con il matrimonio gay (in Slovenia, dopo un referendum, è stata bocciata la legge con il 64 per cento dei voti e anche in Croazia un referendum ha bocciato la legge a stragrande maggioranza), ha approvato una legge in tal senso. In Europa si dice che l’Italia sia l’ultimo Paese senza una legge in materia, e invece 12 Paesi europei non prevedono alcuna regolamentazione e ce ne sono 180 al mondo che non hanno nessuna regolamentazione e neanche voglia di introdurla. In ogni caso, hanno esultato perché la Grecia – parlo di Tsipras che è al Governo – ha approvato una legge in questo senso. Bene, io ho presentato come emendamento all’articolo 1 la formulazione della legge greca che, dal mio punto di vista, va benissimo, ed è quella che voi avete salutato con esultanza dicendo che era il progresso. A me la legge greca va benissimo, perché è conforme ad un progetto di legge che ho presentato già quattro anni fa intitolato «Contratti di solidarietà e convivenza».
La legge greca dice che due persone (uomo-uomo, donna-donna, donna-uomo e, dunque, vale per qualsiasi forma di convivenza) vanno dal notaio, stipulano un contratto di convivenza e solidarietà in cui disciplinano tutte le materie che ritengono utili – dall’assistenza all’ospedale, alle ultime volontà, all’appartamento, a tutto quello che ritengono sia necessario – lo depositano dall’ufficiale di stato civile ed è ostensibile anche a terzi. Io ho presentato questo emendamento e vorrei capire dagli amici del PD perché non va bene e chiedo per quale motivo dobbiamo invece metterci sul piano che le unioni civili valgono solo tra uomo e uomo e donna e donna, l’articolo 29 della Costituzione vale solo per uomo e donna, e la seconda parte del disegno di legge Cirinnà, che riguarda le convenzioni, vale solo per gli eterosessuali. Quindi, per una coppia uomo-uomo si avrà la reversibilità della pensione, mentre per una coppia formata da un uomo e una donna con uno, due o tre figli, e che magari sta insieme da quaranta anni, niente reversibilità. Ma non siamo tutti uguali, come dice l’articolo 3 della Costituzione? In tal modo una coppia di fatto, composta da un uomo, una donna e dei figli, viene discriminata rispetto alla coppia omosessuale.
Ma non finiamo qui, perché c’è il matrimonio dell’articolo 29; ci sono le unioni civili solo per gli omosessuali e le convenzioni solo per gli eterosessuali. Poi c’è una quarta categoria: ci sono gli uomini e le donne, omo o eterosessuali, che non vogliono né sposarsi, né stipulare quei tipi di contratto a cui la giurisprudenza dà una certa protezione. Ma non è ancora finita: ci sono anche le convivenze non more uxorio, ma di solidarietà come tra due vedove. Sono tanti i casi nella vita in cui delle persone si mettono assieme, convivono e condividono, e queste sarebbero trattate in una quinta maniera diversa dalle altre quattro. Poi c’è una sesta categoria, composta dai single, i quali vengono trattati a loro volta in maniera differente. Noi costruiamo un codice civile a sei spicchi, a seconda delle mutevoli situazioni perché chi fa l’unione civile può disdettarla facilmente e contrarre matrimonio ex articolo 29 e viceversa. La situazione giuridica può cambiare.
Vi racconto una chicca degli ultimi giorni. La Confedilizia ha segnalato all’Ufficio studi che una tale liquidità di rapporti fa sì che, se due persone facenti parte di un’unione entrano in un appartamento e una di esse muore, l’altra può rimanerci per circa tre anni. Se nel frattempo costituisce un’altra unione, il contratto si perpetua indefinitamente e chi ha dato quella casa in locazione non la vede più, ed è stato autorevolmente dimostrato. Mi dispiace per il presidente Grasso. Capisco negare l’evidenza, ma il collega Malan ha fornito tutti i richiami che le unioni civili fanno al codice civile e tutte le sovrapposizioni che le rendono identiche al matrimonio. Il collega D’Ascola ha parlato di truffa giuridica. Si chiama una cosa, che è uguale ad un’altra, con un nome diverso. Ricordo sempre l’indimenticabile Cossiga che diceva che, quando il venerdì era obbligatorio mangiare pesce, alcuni prelati prendevano una bella bistecca, la battezzavano come pesce e poi la mangiavano. Si tratta della stessa cosa: si scrive unione civile e si sovrappone. Ho ricordato che sei presidenti emeriti della Corte costituzionale di orientamento politico e culturale diverso hanno detto che il testo è totalmente incostituzionale. Non l’ho detto io, ma loro, perché è un imbroglio.
Colleghi, perché non avete fatto la battaglia per cambiare l’articolo 29? Era così semplice. Avrei accettato democraticamente. La Corte costituzionale ci ha detto che, finché l’articolo 29 è scritto in tal modo, è insuperabile perché il matrimonio è obbligatoriamente tra uomo e donna. Potevate fare una battaglia, visto che avete la maggioranza per cambiare l’articolo 29 e scrivere che il matrimonio in Italia è tra uomo e donna, ma anche tra omosessuali. Entrava in Costituzione e avremmo risolto tutti i problemi. Invece non avete toccato l’articolo 29 e vi siete inseriti nel meccanismo dell’imbroglio, scrivendo una cosa e pensandone un’altra, e dicendo che ne pensate un’altra. Almeno la collega Filippin è stata onesta nel dire, pur se scandalizzandoci, che per lei due uomini possono avere un bambino ed è loro diritto averlo; due donne possono avere un bambino ed è loro diritto. Do atto dell’onestà intellettuale, a differenza di altri suoi colleghi che ci hanno raccontato che non c’entra nulla quello di cui stiamo parlando negli altri articoli con l’adozione dei bambini e l’utero in affitto. Lei è stata onesta.
Abbiamo presentato degli emendamenti per sopprimere l’articolo 1 e proponiamo il modello greco, che avete applaudito a scena aperta, perché è molto più liberale del vostro, mette tutti alla pari e non obbliga neanche lo Stato ad andare a vedere chi convive, se more uxorio o no, e a verificare il tipo di orientamento o di motivazione che porta due persone a farlo. È molto più liberale da questo punto di vista, perché lo Stato non si intromette sotto le coperte delle persone per vedere che tipo di rapporto hanno.
Speriamo che in questa discussione illegittima – lo ripeto ancora una volta e lo farò tutte le volte – perché ha saltato l’articolo 72, ci sia almeno la volontà di un confronto serio sugli emendamenti.
LO GIUDICE (PD). Signor Presidente, intervengo per illustrare un mio emendamento all’articolo 1, che rappresenta la riproposizione di un disegno di legge che ho presentato all’inizio di questa legislatura.
Nell’unione di Stati di cui facciamo parte, cioè l’Unione europea, sono quattordici i Paesi che hanno una legge sul matrimonio civile tra persone dello stesso sesso. Non si tratta – come qualcuno potrebbe credere o poteva credere qualche anno fa – di una mutazione antropologica della società occidentale. Si tratta semplicemente della consapevolezza di un fatto: se noi, così com’è giusto in un Paese laico, distinguiamo tra il matrimonio inteso come sacramento, con un valore specifico che gli viene attribuito da chi professa una confessione religiosa, e il matrimonio inteso nella sua dimensione laica di unione tra cittadini, non si può che giungere alla conclusione, sul piano delle politiche legislative, che i Paesi che escludono dall’accesso al matrimonio – e, quindi, a uno degli istituti più rilevanti che organizzano la società del nostro tempo – le persone dello stesso sesso compiono una discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.
È così che, a partire dall’Olanda nel 2001, a cui hanno fatto poi seguito il Belgio e tutti gli altri Paesi del Nord d’Europa e, a scendere, i Paesi dell’Europa meridionale, latina e cattolica, come la Francia, la Spagna e il Portogallo (proprio ieri ha sanato un limite nella propria legge sul matrimonio, inserendo anche la possibilità piena di adozione, quella che noi chiamiamo adozione legittimante, per le coppie dello stesso sesso), un po’ alla volta, fino a raggiungere il numero di quattordici, molti Paesi europei hanno esteso il matrimonio civile alle coppie omosessuali. È quello che è accaduto – ad esempio – anche in tutti i grandi Paesi cattolici del mondo: basti pensare, oltre a quelli cattolici europei che ho citato, all’Argentina, all’Uruguay, al Brasile e alcune zone del Messico oltre ad altri Paesi di diversa tradizione e religione come il Canada, la Nuova Zelanda e la Repubblica Sudafricana.
Si tratta semplicemente di un principio di uguaglianza di fronte alla legge che, là dove è stato varato, non ha prodotto invasioni di cavallette, dissoluzione della famiglia tradizionale e danni sociali. Ha prodotto solo maggiore inclusione sociale, maggiore stabilità delle relazioni e una maggiore e piena partecipazione alla vita sociale delle persone omosessuali e delle loro famiglie.
È per questo che io, insieme a tanti altri colleghi, ho presentato, all’inizio del mandato, un disegno di legge che non a caso si chiamava «Norme contro le discriminazioni matrimoniali»; un disegno di legge analogo ad altri depositati da diversi Gruppi politici (penso a SEL e al Movimento 5 Stelle), che hanno raccolto quella richiesta di uguaglianza di fronte alla legge che oggi viene negata alle persone omosessuali in questo Paese, a differenza di quanto accade nella gran parte dei Paesi europei. È una richiesta che si basa sul principio secondo cui le istituzioni europee e il diritto comunitario hanno stabilito che esiste un diritto alla vita familiare anche per le coppie dello stesso sesso e un diritto al matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso. Quindi, a differenza di quanto in maniera impropria ed illegittima ha affermato di recente una sentenza del Consiglio di Stato – spero possa essere presto rivista dagli organi competenti – il matrimonio nel diritto dell’Unione europea esiste in quanto contenuto giuridico ed esiste anche nell’ordinamento comunitario quello che si chiama un margine di apprezzamento, per cui ogni singolo Stato appartenente all’Unione europea può decidere e stabilire se fare proprio quell’istituto e, quindi, farne valere nel proprio territorio gli effetti giuridici.
L’Italia ha deciso di no, per una volontà politica di questo Parlamento, nel quale – come vediamo dal dibattito difficile delle ultime settimane e giorni – non c’era una maggioranza politica adeguata a sostenere una legge di tal genere. Essa sarebbe l’unica in grado di far venire meno, nel nostro Paese, la diseguaglianza nell’accesso ad un istituto come il matrimonio che, tra qualche anno, dalle prossime generazioni, sarà vista con lo stesso disvalore con cui oggi guardiamo alle limitazioni – ad esempio – legate ai matrimoni interrazziali, che non solo Paesi lontani da noi come gli Stati Uniti, ma la stessa Italia, con le leggi razziali del 1938, avevano inserito nel proprio ordinamento.
Oggi ci stiamo muovendo su un altro terreno, totalmente diverso, sulla base del principio di mantenere il paradigma eterosessuale del matrimonio e di lavorare per rispondere alla richiesta di diritti da parte delle coppie omosessuali, attraverso un altro istituto, ben diverso dal matrimonio e fondato sull’articolo 2 della Costituzione e non sull’articolo 29.
Questo è il terreno di gioco che abbiamo scelto e questo è il terreno di gioco che mi auguro nei prossimi giorni sapremo calpestare, avendo in mente sempre i diritti di quelle persone in carne ed ossa, di quella parte della popolazione italiana oggi senza diritti, che chiede da troppi anni al Parlamento di superare la distanza con il resto d’Europa, quella distanza che oggi unisce l’Italia solo a pochissime realtà e a pochissimi Stati dell’Est europeo. Siamo riusciti ad arrivare dopo un Paese come l’Estonia, ovvero un Paese dell’ex Unione sovietica, al raggiungimento – se ci arriveremo – di una pur moderata legge sulle unioni civili.
Questo è il campo di gioco che abbiamo deciso di percorrere ed è questo il motivo per cui – a malincuore e sapendo che la battaglia andrà avanti, proseguirà e non potrà che portare anche il nostro Paese ad abolire la discriminazione nell’accesso al matrimonio – annuncio il ritiro dell’emendamento 1.6003. (Applausi dai Gruppi PD e Misto-SEL).
PETRAGLIA (Misto-SEL). Signor Presidente, noi invece non intendiamo ritirare l’emendamento 1.6009, con il quale chiediamo di introdurre il matrimonio tra persone dello sesso, perché intanto abbiamo provato a riportare all’interno di questo disegno di legge unitario la nostra proposta originaria di estendere il matrimonio anche a persone dello stesso sesso e di prevedere unioni civili per tutti.
Presentiamo questo emendamento anche perché – a differenza di quanto si è detto spesso nel dibattito svoltosi in questa Assemblea – non consideriamo le unioni civili, così come sono previste dal testo in esame, uguali al matrimonio e, quindi, ci auguriamo che, in un confronto tranquillo del Parlamento, possa trovare ampia trasversalità.
Nell’accanimento nella discussione sulle unioni civili e sulla stepchild adoption, alla fine abbiamo ascoltato tanti strani interventi, in cui c’è stato detto, anche da chi si dichiara contrario, che sarebbe stato meglio introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Bene, noi manteniamo questo emendamento e, quindi, pensiamo di trovare coerenza nei voti che saranno espressi nei prossimi giorni. D’altra parte, la Corte costituzionale ha già riconosciuto che il legislatore ha la possibilità, con legge ordinaria, di scegliere se estendere il matrimonio in senso egualitario alle coppie dello stesso sesso o introdurre un nuovo istituto; e lo ha fatto con una sentenza del 2010. La lettura di questa sentenza della Corte costituzionale è poi stata confermata, nel 2015, dalla Corte di cassazione. D’altra parte, la nostra Costituzione al proprio interno contiene dei principi – l’abbiamo detto nel corso della discussione generale – che nessuna riforma costituzionale e men che mai una sentenza potrebbero modificare. Mi riferisco, in particolare, al principio di uguaglianza e tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. E noi a quel principio ci siamo in maniera particolare ispirati.
Per noi il matrimonio è un diritto fondamentale, sulla base del nostro ordinamento, dal quale non è possibile escludere le coppie formate da persone dello stesso sesso sulla base di una caratteristica personale e cioè l’orientamento sessuale. Chi propone differenziazioni tra persone omosessuali ed eterosessuali crea due classi di cittadini, attribuendo alle prime una dignità sociale inferiore alle seconde. Noi abbiamo intenzione di combattere contro questa discriminazione, proprio in nome del principio di uguaglianza.
La possibilità di generare figli, d’altra parte, non è una condizione per contrarre o mantenere in vita un matrimonio, come abbiamo già detto. Il fatto che una famiglia esista o no non dipende, per fortuna, dall’approvazione del nostro disegno di legge. Mentre noi discutiamo, infatti, le famiglie esistono realmente. La famiglia è fatta, oltre che dai riconoscimenti legislativi (che aiutano), anche da altri elementi fondamentali, quali l’amore, l’affetto, la cura e la stima, che contribuiscono a crearla. Per questo consideriamo il nostro sistema legislativo arretrato, che non riesce a fotografare la realtà e che invece in questo caso potrebbe farlo, cogliendo quanto realmente è successo nel nostro Paese.
Prima il senatore Lo Giudice ha fatto riferimento a cosa succede in altri Paesi europei. L’Italia deve recuperare il ritardo accumulato e deve farlo approvando che non sono coraggiose, ma semplicemente prendono atto della realtà.
Noi pensiamo, pertanto, che la disomogeneità tra coppie etero e coppie omosessuali rischi di rappresentare un forte principio di discriminazione e di inquinare il principio di uguaglianza che la nostra Costituzione, invece, sancisce solennemente.
Non so se verrò richiamata per illustrare gli altri emendamenti presentati, signor Presidente.
PRESIDENTE. Lei ha gli emendamenti 1.6009 e 1.6037.
PETRAGLIA (Misto-SEL). Mi prendo allora qualche secondo ancora per dire che proponiamo di sostituire le parole «specifica formazione sociale» con le altre «formazione sociale cui la Repubblica garantisce il diritto fondamentale alla vita familiare». E lo facciamo proprio in conseguenza del ragionamento che ho svolto prima. Nel caso in cui si parla di unioni civili tra persone dello stesso sesso, noi diciamo che non sono formazioni sociali qualunque, ma sono famiglie. E, quindi, specifichiamo in modo migliore detto principio. (Applausi dai Gruppi Misto-SEL e PD).
LIUZZI (CoR). Signor Presidente, intervengo per illustrare l’emendamento 1.6015, che recita testualmente: «Sostituire l’articolo con il seguente: «Art. 1. – (Finalità). – 1. Le disposizioni del presente Capo istituiscono l’unione civile tra persone, senza discriminazione di sesso, quale specifica formazione sociale secondo l’articolo 2 della Costituzione. L’unione civile è istituto distinto ed autonomo rispetto a quello del matrimonio». Conseguentemente, il titolo del provvedimento è sostituito dal seguente: “Regolamentazione delle unioni civili e disciplina dei contratti di convivenza”».
Fornisco anche una motivazione a tale nostra proposta. In particolare, l’unione civile deve trovare suo fondamento nell’articolo 2 della Costituzione e non negli articoli 29, 30 e 31, che disciplinano la famiglia, quale unione di un uomo e di una donna. L’obiettivo di questo emendamento, dunque, è quello di dar vita ad un istituto giuridico autonomo, fonte di diritti in capo alle persone che decidono di esprimersi all’interno di queste nuove formazioni sociali, indipendentemente da una discriminazione basata appunto sull’identità sessuale (in questo caso l’omosessualità). Si elimina, infatti, il riferimento all’espressione «dello stesso sesso», introducendo la locuzione «senza discriminazione di sesso».
Riteniamo che, a tale riguardo, il disegno di legge della senatrice Cirinnà sia un guazzabuglio, giuridico prima ancora che politico, che, sotto l’etichetta dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, quale «specifica formazione sociale», segue un’impostazione che assimila ed identifica, in tutto e per tutto, l’unione civile al matrimonio. Questa non è soltanto l’opinione dei Conservatori e Riformisti, bensì quella espressa persino dal presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli.
Eppure si dovrebbero conoscere i binari entro i quali ci si sarebbe dovuti muovere per garantire veramente, oltre gli opportunismi politici, i tanto sbandierati diritti alle coppie omosessuali, e mi vien da dire non solo a queste. Ce lo ha detto a più riprese lo stesso giudice delle leggi, giudice avanti al quale sarà inesorabilmente destinato a cadere questo provvedimento: l’unione civile deve trovare suo fondamento nell’articolo 2 della Costituzione e quindi non negli articoli 29, 30 e 31 della Carta fondamentale, che sono stati dal costituente pensati e strutturati a tutela della famiglia quale unione di un uomo e di una donna.
Con questo provvedimento possiamo, al più, ingannare tutte quelle persone che credono sia sufficiente una legge, una qualunque, che riconosca loro ciò che la Carta fondamentale non consente. Di certo, non potremo ingannare la Consulta. L’obiettivo di questa legge è invece quello di dar vita ad un istituto giuridico autonomo con caratteristiche diverse e graduate rispetto al matrimonio stesso. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
*VERDUCCI (PD). Signor Presidente, colleghi, è vero, c’è grande attenzione sui nostri lavori d’Aula e c’è grande attenzione su questo provvedimento, perché esso mette al primo posto le persone, le aspettative, le ansie e le speranze di tantissimi che vedono da troppo tempo, in maniera ingiustificata, preclusi dei diritti basilari. Noi ieri abbiamo deciso, con un voto a larghissima maggioranza, che quest’Aula debba andare avanti su questo provvedimento.
Quest’attenzione giustifica – e io ne sono lieto – il fatto che queste tribune oggi siano piene delle persone che aspettano da troppo tempo il riconoscimento dei diritti. Il collega Giovanardi prima, appellandosi al Regolamento, richiamava il divieto dei baci tra coloro che assistono. Io non so se il Regolamento vieti i baci, ma se così fosse, spero che chi assiste si tenga per mano (Applausi dai Gruppi PD e M5S), perché questo è davvero un provvedimento che permette a pieno titolo e a pieno diritto, a chi oggi non lo può fare, di rompere il muro che gli impedisce di essere riconosciuto; il tenersi per mano, lo stare insieme pienamente. E allora li ringrazio per essere qui.
Signor Presidente, l’emendamento 1.6014 (testo corretto), che oggi voglio illustrare in quest’Aula tornando a prendere la parola dopo l’intervento svolto in discussione generale, riguarda l’articolo 1 del provvedimento in esame, su cui molto si è discusso rispetto alla sua presunta incostituzionalità, quella che il senatore Sacconi poco fa nel suo intervento richiamava dicendo anche che il disegno di legge ha un carattere divisivo. Anche per le considerazioni che facevo poc’anzi, io ritengo che sia esattamente il contrario, cioè che il provvedimento in esame sani invece finalmente fratture inaccettabili e che finalmente abbatta discriminazioni insopportabili. Quando si estendono i diritti, come noi vogliamo fare, sono tutti a essere più forti, è la società intera a essere più forte soprattutto nei tempi, quali quelli in cui viviamo, segnati da una crisi che rende fragili.
L’emendamento 1.6014 (testo corretto) concerne quindi le disposizioni del Capo I del provvedimento in esame, quello che riguarda le unioni civili tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale, in attuazione – secondo l’emendamento da me presentato – degli articoli 2 e 3 della Costituzione, nonché dell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale emendamento, signor Presidente, chiarisce che il fondamento costituzionale della tutela delle coppie dello stesso sesso non è da rinvenirsi nell’articolo 29 della nostra Costituzione, che riguarda il matrimonio, ma nell’articolo 2, che afferma che ci sono diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, e poi nell’articolo 3 della nostra Costituzione, al quale ogni giorno in quest’Aula dovremmo richiamarci e lottare per attuarlo. Mi riferisco all’articolo dedicato al principio di eguaglianza, quello che parla di dignità sociale di ognuno senza distinzioni e secondo cui è compito della Repubblica, quindi di tutti noi, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano libertà e uguaglianza. Per uno Stato di diritto, libertà ed eguaglianza sono un binomio inscindibile per lo sviluppo della persona umana; sono parole chiave della nostra Costituzione, della nostra iniziativa politica, di tutti quanti in quest’Aula, di tutte le forze ed i movimenti politici (dovrebbe essere così).
Il chiarimento recato dall’emendamento 1.6014 (testo corretto), cioè l’ancoraggio agli articoli della Costituzione e alla Convenzione dei diritti dell’uomo, trova anche fondamento in due importantissime sentenze della Corte costituzionale. La prima è la sentenza n. 138 del 2010, quella che afferma che le coppie omosessuali vanno tutelate sulla base degli articoli 2 e 3 della Costituzione, e l’altra, altrettanto importante, è la sentenza n. 170 del 2014, quella che invita il legislatore a intervenire con la massima urgenza e questo è il nostro compito.
Signor Presidente, il fatto che sia la Corte costituzionale a richiamarlo a noi è mortificante per tutti noi in quest’Aula. Noi abbiamo il dovere di cancellare tale mortificazione, questo ritardo, l’anomalia della legislazione italiana sui diritti che separa il nostro dagli altri Paesi occidentali, ma che soprattutto separa il nostro Parlamento dalla società italiana che, come al solito (per fortuna da una parte e purtroppo per quanto riguarda la classe politica) è più avanti della legislazione; è più avanti in un mutamento sociale che è già ampiamente metabolizzato da famiglie che in questi anni sono andate riconfigurandosi diventando plurali.
Io ho aggiunto nell’emendamento 1.6014 (testo corretto) anche l’ancoraggio all’articolo 8 della Convenzione che salvaguarda i diritti dell’uomo per un motivo che voglio ricordare con la stessa forza a quest’Assemblea, cioè che nel luglio 2015, solamente pochi mesi fa, la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia nella famosa sentenza “Oliari e altri contro Italia”, proprio per motivi connessi all’inerzia del legislatore.
Voglio ricordare che una legge sulle unioni civili con le adozioni è ormai patrimonio di gran parte dei Paesi europei, delle democrazie occidentali e dei Paesi del Consiglio d’Europa. L’Italia ha violato l’articolo 8 della Convenzione che tutela la vita familiare e il diritto al rispetto della vita privata. Questo mancato riconoscimento chiama la politica ad una iniziativa fortissima, quella che stiamo tenendo in quest’Aula.
Questo emendamento vuole sgombrare il campo da argomentazioni pretestuose, secondo le quali il disegno di legge in esame configurerebbe l’istituto delle unioni civili come il matrimonio, con tutte le relative problematiche costituzionali, che noi conosciamo. In realtà non è così e voglio rimarcarlo. Nell’iter di questi due anni si è raggiunta una mediazione alta nel testo che abbiamo portato in Aula, che chiarisce che non è così. Vengono fugati questi dubbi, anche grazie a questo emendamento che insiste sull’articolo 1 del disegno di legge che – voglio rimarcarlo come importante sottolineatura politica – è stato l’unico ad essere approvato nei lavori della Commissione. L’emendamento rafforza la connotazione della formazione sociale per fugare ogni dubbio.
Noi, signor Presidente, abbiamo un imperativo morale, quello di dare finalmente riconoscimento e tutela giuridica a chi è stato discriminato sulla base del proprio orientamento sessuale. Questa è una vergogna che noi dobbiamo sgombrare dal terreno della nostra società, per riaffermare che in questo caso non si parla solamente di diritti individuali, ma di diritti individuali che sono, essi stessi, anche diritti sociali; sono legami sociali fondamentali, che danno inclusione e che rafforzano la nostra società.
Si è parlato a lungo di un progresso che avrebbe portato ad una società liquida, più libera, più aperta, ma non è questo, invece, il panorama con il quale dobbiamo fare i conti. Il panorama con cui facciamo i conti ogni giorno, quotidianamente, è quello di una società molto divisa, piena di disuguaglianze e di ingiustizie. Ma una società piena di disuguaglianze e di ingiustizie non può, signor Presidente, produrre felicità e una società che non produce felicità non produce benessere. E allora i diritti civili portano anche crescita economica, crescita per una società che finalmente – questo è il nostro compito, tutti insieme – con questo provvedimento potrà essere più solida, più forte, più matura. (Applausi dai Gruppi PD e Misto-SEL).
GASPARRI (FI-PdL XVII). Signor Presidente, ci tengo a specificare che, in base a quello che si è stabilito, sto parlando per illustrare gli emendamenti all’articolo 1. Non ho capito se all’illustrazione degli emendamenti all’articolo 1 seguirà la votazione degli stessi secondo la prassi e il Regolamento. Se così non dovesse essere, per misteriose ragioni, ci sarà l’illustrazione degli emendamenti all’articolo 2, poi al 3, al 4 e così via; essendo 23 gli articoli, potrei parlare 23 volte, dieci minuti per ogni articolo. Questo lo dico affinché resti a verbale. Mi pare chiaro il Regolamento. Quindi, chi oggi ha tentato di fare una forzatura parlamentare ha fatto un autogol, perché, ad esempio, io che non ho intenzione di parlare per delle ore in sede di illustrazione degli emendamenti, qualora volessi esagerare, potrei parlare (10 per 23) per duecentotrenta minuti. Basta che lo facciano una decina di persone e arriviamo a duemilatrecento minuti; e magari lo fa anche qualche altro Gruppo. Quindi attenzione, perché se si fanno strappi al Regolamento poi ci si trova male.
A proposito di Regolamento, io voglio sopprimere l’articolo 1 del disegno di legge perché ritengo che, così come è scritto, non sia conforme alla Costituzione. Questo provvedimento io poi lo chiamo disegno di legge Lo Giudice (non Cirinnà), visto che stiamo facendo tutto questo, per l’articolo 5 che serve a Lo Giudice (e contro tale norma, come ho letto, si esprimerebbero non solo molti colleghi del PD ma anche il presidente Napolitano).
Ho letto un articolo di Belpietro che trascrive una conversazione televisiva tra lui e Lo Giudice, che non ha risposto sul costo dell’acquisto del famoso bambino comprato. (Proteste dal Gruppo PD).
LO GIUDICE (PD). Ma che acquisto! Smettila!
PRESIDENTE. Senatore Gasparri, stiamo parlando degli emendamenti all’articolo 1. Si attenga all’argomento, non al giornale o alle trasmissioni televisive.
LO GIUDICE (PD). Non ti permettere, Gasparri! (Proteste dal Gruppo PD).
GASPARRI (FI-PdL XVII). La legge per comprare i bambini non si può fare.
MUSSINI (Misto). Lascia stare i bambini!
GASPARRI (FI-PdL XVII). Bisogna lasciare stare i bambini, sono d’accordo. Non sono io che li compro.
PRESIDENTE. Senatore Gasparri, la prego di ritornare sull’argomento.
RICCHIUTI (PD). Pensa alla tua vita, non a quella degli altri!
GASPARRI (FI-PdL XVII). I bambini quindi non si comprano, perché altrimenti poi si possono anche vendere (e chi li ha comprati dovrebbe dirci quanto li ha pagati).
CIRINNÀ. (PD). Ora basta!
GASPARRI (FI-PdL XVII). Perché contesto la scrittura dell’articolo 1? Perché ritengo che ci sia in giro una lettura incostituzionale diffusa.
Salendo poco fa nel mio ufficio, ho trovato una lettera di Amnesty International, spettabile organizzazione, che immagino scriva a tutti i parlamentari (non ho la presunzione di essere l’unico destinatario). Ebbene, noi stiamo esaminando l’articolo 1 del disegno di legge, secondo cui non si fa riferimento all’articolo 29 ma all’articolo 2 della Costituzione, quindi ad altro tipo di formazione sociale. Secondo Amnesty International, che pensavo si occupasse di altre cose (ha tante cose da fare con tutta la gente perseguitata o uccisa; penso ai cristiani che vengono perseguitati nel mondo, che è un argomento di cui si potrebbe occupare), l’articolo 29 della Costituzione (ora abbiamo l’interpretazione corretta di Amnesty International), non dice che il matrimonio è per uomo e donna. Ora, con tutto il rispetto per Amnesty International, che, ripeto, apprezzo quando si occupa di tutelare persone che subiscono torture, omicidi, stragi – quello che succede nel mondo è così grave e triste che immagino abbia l’imbarazzo della scelta per decidere le proprie priorità – non capisco perché dobbiamo subire queste cose.
Rispetto al Regolamento, visto che abbiamo stabilito che si può parlare articolo per articolo, il presidente Grasso – mi consenta di dire questa cosa, presidente Calderoli – ieri è venuto a fare una dissertazione anche rispetto agli emendamenti segreti o no segreti, sulla base della richiesta di non passaggio agli articoli. Io non ho ancora capito, poi, quali saranno sui vari articoli gli emendamenti ammessi al voto segreto, perché a mio avviso la lettura di ieri del presidente Grasso già annuncia un orientamento restrittivo. Tuttavia, la materia di cui all’articolo 29 della Costituzione rientra tra quelle che possono essere oggetto di voto segreto e mi auguro che lo siano anche alcuni degli emendamenti che sosterrò sull’articolo 1.
Che il presidente Grasso abbia però una valutazione strana dei Regolamenti ce lo dice un altro episodio.
Ho letto su un giornale poco fa che il Consiglio superiore della magistratura sta valutando la proroga del consigliere giuridico… (Commenti dal Gruppo PD). L’argomento è attinente, Presidente, perché il consigliere giuridico del Presidente del Senato gli dà pareri sugli emendamenti, sulle ammissibilità, e anche sulla procedura che oggi stiamo seguendo, che si voleva arbitrariamente comprimere.
Il consigliere giuridico del Presidente del Senato, che si chiama Rosario Aitala, ha già avuto dieci anni di fuori ruolo, per cui se il Presidente del Senato vuole un consigliere giuridico che resta tale violando le regole previste per i magistrati fuori ruolo… (Commenti del senatore Lumia).
PRESIDENTE. Senatore Gasparri, mi scusi, cosa c’entra questo con le unioni civili e con le coppie di fatto? Non si può venire qui a parlare dell’universo mondo.
GASPARRI (FI-PdL XVII). Sto parlando del Presidente del Senato.
PRESIDENTE. Stiamo esaminando l’articolo 1 e l’emendamento soppressivo. La discussione sulla questione del voto segreto c’è stata e ci sarà.
GASPARRI (FI-PdL XVII). Citavo questo fatto – e mi scuso per averlo ricordato – per dire che chi prende un consigliere giuridico violando le regole stabilite dalle leggi, non mi pare affidabile quando decide quali voti segreti ammettere e altro. Era un anticipo o un posticipo di critica al Presidente del Senato. Chiudo l’argomento, perché lei lo ritiene incongruo; comunque resta agli atti che c’è questa pratica al CSM che discuterà nei prossimi giorni di questioni che attengono al Senato della Repubblica (avrei dovuto parlare sull’ordine dei lavori).
Riteniamo, quindi, che gli emendamenti che abbiamo presentato – ne ho sottoscritto diversi – riguardino proprio il tentativo di evitare confusioni tra l’articolo 2 della Costituzione, invocato in questo primo articolo, e l’articolo 29 sul matrimonio, perché gli emendamenti che abbiamo presentato in alcuni casi ribadiscono l’impossibilità di procedere alle adozioni in situazioni che non siano quelle del matrimonio, così come lo si regola – con buona pace di Amnesty International – tra uomo e donna. Si vede che ad Amnesty International non hanno letto le sentenze della Corte costituzionale. Io risponderò al presidente di Amnesty International inviandogli la nota sentenza n. 138 del 2010. Non so se questa la si possa citare e sia attinente, presidente Calderoli, perché essa riguarda, come lei immagino sappia, l’interpretazione della Costituzione, in particolare degli articoli 29 e 2, nel loro rapporto (formazioni sociali e matrimonio).
Noi vogliamo pertanto emendare l’articolo 1, che io vorrei sopprimere in via prioritaria.
Poi ci sono altri emendamenti, che spero saranno ammessi. Vedremo quali saranno le modalità di votazione e se il consigliere giuridico darà i pareri giusti al Presidente del Senato o sbagliati (come nel caso del calcolo della sua durata fuori ruolo).
Io mi auguro che si possano porre dei paletti, e perciò noi abbiamo presentato degli emendamenti per ribadire che le adozioni sono consentite soltanto a coloro che si trovano nella condizione che discende dal matrimonio ex articolo 29. Lo dico, signor Presidente, perché noi abbiamo nel Paese un riscontro evidente di una netta maggioranza di cittadini contrari alle adozioni per le coppie gay.
C’è quindi il problema di cosa siano queste unioni gay, che noi vogliamo siano regolate. Come Gruppo, noi non siamo contrari alla regolamentazione delle unioni tra persone omosessuali, ma le riteniamo formazioni sociali diverse dal matrimonio. Questa è la materia dei nostri emendamenti all’articolo 1 che, in vario modo, scandiscono questa diversità.
Vedo però poi un conformismo nel sistema politico, e anche nel Parlamento. Quello che è il parere prevalente del Paese non trova un equilibrio, e lo stesso avviene nel sistema mediatico. Io stimo molto Pierluigi Battista, un giornalista autorevole, che recentemente ha anche scritto un bel libro sul padre. Oggi, sul «Corriere della Sera», compare un suo articolo dove banalizza la questione delle adozioni da parte delle coppie gay, dimostrando come, nel sistema mediatico, la differenza tra formazioni sociali, regolamentazione di diritti di persone omosessuali, matrimonio e adozione tout court – che Battista in questo articolo auspica – non venga percepita da alcuni che conducono invece una discussione snobistica.
Costoro ignorano cosa sia la genitorialità e gli equilibri educativi quali siano anche i richiami ai diritti del bambino presenti nelle convenzioni internazionali. In queste settimane si è aperto un dibattito tra i pediatri e gli educatori che richiamano principi elementari. Infatti, anche se si nasce in un certo modo (ad esempio anche chi è ateo, cosa che io non sono) deve riconoscere che i bambini non si comprano in California, ma nascono dall’incontro tra uomo e donna, e anche le pratiche di fecondazione assistita, che in alcuni casi vengono stressate oltre determinati limiti, partono da un dato fisico di commistione di elementi maschili e femminili realizzati con procedure sanitarie e non con altri metodi.
Quanto a tutti i tentativi di comprimere, anche arbitrariamente, la discussione, presentando un emendamento canguro, facendo una votazione e così chiudendo la discussione, noi ci chiediamo se davvero si pensi di poter approvare così questo provvedimento. Certo, noi di Forza Italia l’ostruzionismo non lo abbiamo praticato: i 270 emendamenti – ora diventati 230 – su una legge di 23 articoli costituiscono un limite assolutamente fisiologico. Altri Gruppi ne hanno presentati di più, ma non li hanno ancora ritirati. Se ho ben compreso, il motivo è che componenti del Gruppo del Partito Democratico devono decidere quali vanno presentati.
Signor Presidente, noi rivendichiamo il diritto di illustrare gli emendamenti anche perché io ho letto sui giornali che in un Gruppo di questa Assemblea si discute se alcuni senatori possano avere libertà di coscienza su nove emendamenti o su tre. Ma si figuri se nel Gruppo di Forza Italia avessimo detto che i senatori potevano avere libertà di coscienza su tre emendamenti e mezzo! Ci avrebbero cacciato dal consesso civile.
Sono pertanto solidale con i senatori del Partito Democratico che stanno subendo una vessazione stalinista, perché si centellina loro anche il numero di emendamenti sui quali possono esercitare la libertà di coscienza. Viva la libertà! Abbasso lo stalinismo di ritorno! (Applausi del senatore Caliendo).
RUSSO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO (PD). Signor Presidente, con dispiacere prendo la parola sull’ordine dei lavori, anche alla luce di quanto sentito ora dal presidente Gasparri e anche alla luce di interventi susseguitisi in queste ore.
Davvero io credo che davanti al Paese noi abbiamo la responsabilità di un dibattito franco, in cui emergano anche posizioni diverse, che sono tutte legittime in quest’Aula come lo sono nel Paese.
Ma davvero noi abbiamo la responsabilità di rappresentare in questo Parlamento un Paese che non desidera sicuramente trascendere, e che non lo ha fatto neanche nel momento in cui è sceso in piazza per manifestare idee diverse.
Anche a nome del Gruppo del Partito Democratico, desidero dire che non accettiamo in alcun modo che nel dibattito (in cui, ripeto, le opinioni diverse possono essere espresse nei toni che quest’Assemblea richiede) possano essere fatti ripetuti attacchi personali nei confronti di colleghi senatori, in particolare del nostro Gruppo, lesivi della dignità della persona. Ci si è abbassati al livello di citare e tirare in mezzo bambini in un dibattito che non ha bisogno di una gogna mediatica. Ci sono modalità diverse con cui poter procedere e non vorrei davvero che fossimo costretti a chiedere un intervento disciplinare nei confronti dei colleghi che in questo momento hanno trasceso i toni del dibattito. (Proteste del senatore Giovanardi. Vivaci commenti dai Gruppi PD e Misto-Sel).
PRESIDENTE. Colleghi, l’esempio deve venire da tutte e due le parti. L’appello fatto dal senatore Russo deve essere ascoltato uniformemente.
RUSSO (PD). Parlo davvero con la speranza che quanto sto dicendo ci aiuti nelle prossime ore e giorni a riportare il dibattito sui binari che sono consoni.
In particolare, devo dire al presidente Gasparri che già nelle settimane e mesi scorsi è stato qualche volta costretto a chiedere scusa per le cose dette. Prego lui e tutti i colleghi: chiediamo scusa a chi si è sentito offeso dalle sue parole.
GASPARRI (FI-PdL XVII). Si scusi di fronte ai bambini!
RUSSO (PD). Credo che quest’Assemblea debba e possa permettersi un dibattito più alto. Grazie mille. (Applausi dai Gruppi PD e Misto-Sel. Commenti dei senatori Gasparri e Giovanardi).
PRESIDENTE. Colleghi, se fare un appello al buon senso e alla serenità determina delle reazioni del genere, lo spettacolo che stiamo dando è veramente di bassissimo livello.
COTTI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Intende intervenire sull’ordine dei lavori? O sul disordine dei lavori? Se intende intervenire su questo argomento, mi spiace ma le tolgo la parola.
COTTI (M5S). Vorrei intervenire a titolo personale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COTTI (M5S). Presidente, poiché ci sono delle Commissioni, tra cui quella di cui faccio parte, convocate a breve e ho sentito che i lavori di Assemblea andranno oltre le ore 14…
PRESIDENTE. Ovviamente le Commissioni non si riuniranno fintantoché la seduta dell’Assemblea proseguirà.
COTTI (M5S). Sarebbe il caso di saperlo subito, così ci organizziamo.
PRESIDENTE. Senatore Cotti, non sono in grado di calcolare i tempi per valutare se saremo in grado di concludere entro le ore 14, orario in cui sono convocate le Commissioni, o se ci sarà uno sforamento. Vediamo l’andamento dei lavori. In ogni caso, ribadisco che le Commissioni non possono riunirsi mentre sono in corso i lavori d’Aula.
CALIENDO (FI-PdL XVII). Signor Presidente, non ho chiesto prima di intervenire per fatto personale per non dare la dimostrazione di voler fare ostruzionismo. Parlo ora perché ho presentato un solo emendamento integrativo e correttivo all’articolo 1. Non ho presentato un emendamento soppressivo, né altro tipo di emendamenti.
Signor Presidente, è vero che dobbiamo mantenere la calma, però bisogna anche rendersi conto che negli ultimi giorni abbiamo assistito a delle vicende, che non voglio definire usando parole grosse, ma che sono quanto meno fuori dalla regola. Quando il Presidente del Senato definisce un tema da azzeccagarbugli quello che è stato sottoposto da alcuni senatori al vaglio della Corte costituzionale tramite conflitto di attribuzione, non credo siamo di fronte ad un normale svolgimento dei lavori in questo ramo del Parlamento.
Quando il senatore Zanda ha detto che tentiamo di non far approvare questo provvedimento volevo chiedere la parola per fatto personale in quanto sono impegnato sul tema delle unioni civili da trent’anni. Mi fa piacere che alcuni di coloro che vent’anni fa erano su una posizione diversa da chi proponeva il tema, oggi si siano convertiti nel giro degli ultimi sei mesi. Anche questo articolo 1, come ho già ricordato e vorrei ancora ribadire, è frutto di un vecchio testo della senatrice Cirinnà, perché l’attuale testo noi non l’abbiamo mai discusso in Commissione, e di un emendamento di alcuni colleghi del Partito Democratico che parlava di diritto originario. Su di essi, proprio per quella volontà di arrivare ad approvare una legge che sia costituzionalmente legittima e non dia spunto ad azioni per poi metterla nel nulla nonostante l’approvazione del Parlamento, mi permisi di invitare tutti a riflettere che, da quando è entrata in vigore la Costituzione, le coppie non sposate o che non possono sposarsi sono state sempre considerate formazioni sociali. Non è questione di oggi, è questione nata immediatamente dopo l’entrata in vigore della Costituzione, laddove già nell’Assemblea costituente sia La Pira che Moro sottolinearono la necessità di tener conto della formazione di rapporti tra persone che non potevano essere tutti catalogati nel matrimonio.
Pertanto, non basta dire che l’unione civile è una formazione sociale, bisogna aggiungere qualche cosa in questo articolo 1, come ha affermato la stessa Corte costituzionale, ed ecco il perché del mio emendamento 1.6010. Ne parlo ora anche se è collocato a pagina 786 del fascicolo perché non ho presentato emendamenti ostruzionistici: se avessi inserito anche un emendamento soppressivo, in base al Regolamento di quest’Assemblea, avrei parlato prima.
Nel mio emendamento scrivo: «1. La presente legge disciplina i diritti e i doveri delle unioni di persone maggiorenni».
Vorrei tanto che mi ascoltasse il senatore Russo, perché è importante. Se vogliamo veramente dialogare, dovremmo tutti cercare di capire quali sono i problemi. Perché dire «persone maggiorenni»?
PRESIDENTE. Senatore Candiani, faccia ascoltare il senatore Russo.
CALIENDO (FI-PdL XVII). Vi stavo soltanto invitando ad ascoltare: nel mio emendamento scrivo che la legge disciplina i diritti e i doveri delle unioni di persone maggiorenni, e questa è una prima questione.
Solo nel matrimonio quindi è prevista la possibilità per il giudice di autorizzare un minorenne a contrarlo, come stabilisce l’articolo 84 del codice civile, una possibilità che non credo mai possa riproporsi qui, ed infatti è stato eliminata dall’ultimo testo Cirinnà. In questa prima parte dobbiamo allora scrivere che trattiamo di maggiorenni.
Il mio emendamento prosegue: «anche dello stesso sesso». Perché «anche»? Vi invito a prendere il «Corriere della Sera» di ieri e a leggere il virgolettato del presidente Renzi, il quale dice che finalmente il dibattito in Senato si sta avviando verso quella che è la concezione di tutti, ossia che si possono avere diritti uguali «anche» per persone dello stesso sesso. Leggetelo.
I diritti sono uguali per tutti ed io ho già richiamato che non possono essere diversi l’amore e l’affettività tra due persone eterosessuali che non vogliono sposarsi e due persone omosessuali che non possono sposarsi.
Prosegue l’emendamento 1.6010: «quali formazioni sociali costitute da persone legate da vincoli affettivi e stabilmente conviventi». Badate, se non date la qualificazione di «vincoli affettivi e stabilmente conviventi» non avete dato una connotazione della specificità della formazione sociale. Se non aggiungete le parole «vincoli affettivi» e «stabilmente conviventi» voi state parlando di due persone qualsiasi. Io e il senatore Russo potremmo benissimo stipulare un’unione civile, anche se non siamo omosessuali, perché non ha importanza; in realtà non siamo legati da vincoli effettivi e non siamo stabilmente conviventi e dunque possiamo fare quello che vogliamo.
La connotazione dell’unione civile rispetto alle altre formazioni sociali dove si sta insieme per vincolo associativo, per un vincolo di partito (tutte sono formazioni sociali) quale sarebbe? L’affettività e la stabilità della convivenza. Se questo non c’è, questo primo articolo, così com’è scritto nel disegno di legge Cirinnà, possiamo benissimo eliminarlo, perché che sia scritto o no è evidente che ci troviamo nella fattispecie prevista dall’articolo 2 della Costituzione, articolo per il quale dobbiamo dare delle indicazioni precise.
In terzo luogo, faccio questa battaglia per rendere la norma quanto più conforme ai principi costituzionali. Mi meraviglia la posizione espressa ieri dal presidente del Senato. Qualsiasi giudice, non i giudici costituzionali ma tutti i giudici nel nostro Paese, sono giudici delle leggi perché il nostro sistema consente di arrivare alla Corte costituzionale solo se un giudice solleva un’eccezione di costituzionalità. Il giudice, quando applica una legge, procede allo scrutinio di legittimità costituzionale della norma e per procedere a tale scrutinio non guarda la rubrica ma il contenuto della legge. Il disegno di legge Cirinnà contiene solo le norme relative al matrimonio applicate direttamente, senza nemmeno lo sforzo di riscriverle ma facendo solo un richiamo all’articolo e rendendole così inapplicabili. Per fare un esempio, se ci si riferisce all’articolo 116, primo comma, del codice civile che contiene le norme per lo straniero, ciò vuol dire, né più né meno, che lo straniero deve presentare il nulla osta al matrimonio rilasciato dal suo Paese. Scritto così vi rendete conto che non significa nulla, o significa dire che l’unione civile è uguale al matrimonio.
Dire che si applica il Titolo XIII del Libro I del codice civile non significa nulla. Badate, nel mio disegno di legge e nei miei emendamenti anch’io riconosco gli alimenti. Io non sto dicendo di essere contrario a ciò che è scritto ma dico che è scritto male, perché il Titolo XIII, parlando degli alimenti, mette un ordine degli obbligati agli alimenti. Quando poi dice che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio sono tutte applicabili, compresa la cittadinanza, a queste unioni civili, significa che tutti i cittadini dell’Africa, quando avranno la residenza nel nostro Paese, potranno stipulare le unioni civili; non necessariamente omosessuali, badate, perché per ciò che è scritto non si tratta necessariamente di un’unione omosessuale.
Chi è che allora vuole ritardare questa legge? Chi è che non vuole garantire una unione civile legittima e corretta dal punto costituzionale? Chi cerca di fare uno sforzo per arrivare a definire norme che siano legittime? Chi invece tenta di imporre qualcosa di scritto male ma che deve rappresentare la possibilità per Scalfarotto di dire che non è matrimonio e non è neanche un matrimonio di serie B ma è la stessa cosa (così ha scritto in un’intervista su «Repubblica» del 2014)?
Vorrei allora capire, e qui faccio un appello al Partito Democratico, avete veramente intenzione di votare questa legge? Nei miei emendamenti riconosco gli stessi diritti che sono riconosciuti dal disegno di legge Cirinnà con una formulazione della norma corretta dal punto di vista costituzionale.
Se, invece, ritenete di fare una norma generica che lascia al giudice qualsiasi possibilità di interpretazione e che non sia corretta da un punto di vista costituzionale, non ci stiamo. Al contrario, un discorso serio porta a identificare i punti specifici del testo che necessitano di correzione da un punto di vista costituzionale. Non mi si dica con una certa rozzezza dal punto di vista giuridico – perché è una risposta rozza – che gli eterosessuali si possono sposare, ignorando che il principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico è la libertà di sposarsi, di iniziare un’impresa. Nulla può essere imposto. Nello stesso tempo, volete negare a una maggioranza gli stessi diritti che riconoscete a una minoranza, creando una discriminazione ulteriore, che c’era e c’è per gli omosessuali e che noi dobbiamo rimuovere. Parimenti, c’era e c’è una discriminazione per i non sposati che dobbiamo rimuovere.
Un’operazione di questo tipo significa, da parte vostra, la scelta ideologica di non garantire parità di diritti secondo un’accezione che non è mia ma della Costituzione ed è insita nell’interpretazione che la stessa Corte costituzionale ha dato nella sentenza n. 138 del 2010 ed è contenuta negli interventi dei Costituenti. In base ad essa è necessario elaborare una stessa regola. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
STEFANO (Misto-PugliaPiù-Sel). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO (Misto-PugliaPiù-Sel). Dovendo organizzare i lavori della Giunta, volevo chiedere un chiarimento sull’ordine dei lavori.
L’illustrazione degli emendamenti si conclude oggi?
PRESIDENTE. Illustriamo senza orario di chiusura gli emendamenti all’articolo 1. Presumo che verso le ore 14, 45 dovremmo aver concluso la seduta antimeridiana.
STEFANO (Misto-PugliaPiù-Sel). Nella seduta di martedì alle ore 16,30 cominceremo il voto sull’articolo 1; sbaglio?
PRESIDENTE. Ci saranno i pareri, le inammissibilità e tutti gli aspetti procedurali.
PUPPATO (PD). Signor Presidente, vorrei illustrare la ragione per cui ho presentato una proposta emendativa, in larga parte ritirata.
Ho voluto continuare a rappresentare quello che, a mio avviso, sarebbe dovuto essere il prototipo sul quale avremmo dovuto aver il coraggio in questa Aula di incentrare il tema dell’omosessualità. Mi riferisco all’istituto del matrimonio egualitario piuttosto che a quello delle unioni civili, che costituiscono la mediazione che qui dentro, si continua a dire, non è stata cercata e voluta. Credo che anche i cittadini e i meno esperti fuori di qui si rendano conto del fatto che oggi vi siano due modelli vigenti in Europa e nel mondo, esclusa l’Italia – speriamo davvero ancora per poco – per garantire i diritti finora negati alle coppie omosessuali. Da una parte c’è questo tentativo migliorabile, ma assolutamente buono, legittimo e ben rappresentato dal punto di vista giuridico, del riconoscimento della tutela giuridica a due soggetti che, decidendo di unire le loro vite, si vedono garantiti reciprocamente diritti e doveri che tutelano l’un l’altro e che si ergono a nucleo familiare. Dall’altra parte c’è semplicemente, come riporta il mio emendamento all’articolo 1, l’alternativa del matrimonio egualitario come modello giuridico cui propendere per garantire queste coppie omosessuali, rendendole, secondo l’articolo 29 della Costituzione, a tutti gli effetti famiglia naturale.
Ho voluto leggere e approfondire, nel corso di questo periodo, le tante affermazioni che ho sentito fare, per capire se avessero o no fondamento, con riguardo al fatto che non avremmo titolo, se non cambiando la Costituzione, di considerare pienamente appartenenti alla fattispecie di cui all’articolo 29 le coppie così considerate. Vogliamo rileggere l’articolo 29? Credo infatti si stia facendo un errore molto grave. L’articolo 29 dice che: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Ciò vuol dire che la Costituzione delega ad un’organizzazione sociale e ad un’esperienza umana il mattone che costituisce il nucleo familiare della società e, se delega alla società, delega alla realtà. Abbiamo detto tante volte, anche in questa sede, che la Costituzione è riuscita, nel corso di questi 70 anni, a non perdere la propria qualità. Proprio tale qualità si può leggere nella semplicità, nella chiarezza e nella lungimiranza di un articolo della Costituzione così formulato. La naturalità e la legittimità vanno dunque di pari passo, con la seconda che, semplicemente, si rende disponibile a definire la modalità con cui si deve leggere, dal punto di vista legislativo, tale naturalità. Il fatto che vi sia ovvietà o naturalità è testimoniato dalla stessa natura umana, dal momento che da sempre l’omosessualità è rappresentata come un elemento naturale.
Se pure è un elemento naturale, qualcuno dirà ‑ come effettivamente ha detto ‑ che però la coppia omosessuale non è capace di procreare. È vero, ma vorrei ricordare che è pur vero che l’impotenza di uno dei coniugi in una coppia eterosessuale è elemento di nullità del matrimonio, ma per essere considerata tale – fate bene attenzione! – questa impotenza deve essere riconosciuta successivamente al matrimonio ed essere quindi un elemento successivo all’atto matrimoniale. Qualora essa sia invece conosciuta prima dell’atto matrimoniale, non viene più considerata elemento di nullità. Dico ciò perché siamo di fronte ad un tentativo davvero pesante, forte e ipocrita, in cui non si riescono a leggere le cose per come sono e a dire come stanno.
Ho ascoltato testimonianze e dichiarazioni secondo cui dovrebbe trovarsi un’altra formula ancora, che però non si capisce quale sia. Guardiamo a cosa accade in tutta Europa e in tutti i Paesi che hanno legiferato nel mondo, che sono tantissimi: noi siamo uno tra gli ultimi otto Paesi, in Europa, che non prevedono alcuna tutela di questo genere. Sono 14 i Paesi in Europa che hanno scelto il matrimonio egualitario e gli altri hanno scelto le unioni civili, le civil partnership, ma ciascuno ha voluto regolamentare questa materia. Non esiste, dunque, una terza via.
La mediazione che il Partito Democratico e il Senato hanno voluto compiere è individuare la civil partnership come mediazione per ottenere un largo consenso rispetto all’istituzione giuridica di questo nuovo nucleo familiare. Dunque, voglio smentire categoricamente l’impostazione di cui ho parlato in precedenza, attraverso l’emendamento 1.6042, che va esattamente a ricalcare il matrimonio egualitario e che ritirerò alla conclusione del mio intervento, in virtù di un patto adottato e a cui mi sono volontariamente e democraticamente attenuta, perché ritengo che il disegno di legge a prima firma Cirinnà contenga in sé dei semi capaci di germogliare.
Ricordo che stiamo parlando di un’istituzione giuridica che la Danimarca ha dal 1989. Sono quasi trent’anni che la Danimarca ha istituito le civil partnership; poi le ha trasformate in matrimonio egualitario, con una naturalezza di prosecuzione del dato di fatto e di accettazione della realtà.
Non solo. Le tante lettere che personalmente ho ricevuto su questa vicenda, che mi ha visto impegnata nel corso del 2015, mi hanno portato a riflettere anche su altri fatti e questioni: il tema della chiarezza, il tema dell’omogeneità e un altro tema che mi è stato giustamente rappresentato da un nostro concittadino che vive in Spagna. Quest’ultima è una nazione cattolica, come la nostra e come l’Irlanda (che ha deciso lo scorso anno per il matrimonio egualitario), ed ha il matrimonio egualitario dal 2005. Ebbene, questo cittadino mi faceva notare come ad oggi, dopo dieci o undici anni, sebbene siano cambiati molti Governi, nessuno abbia mai pensato, neanche lontanamente, di andare a modificare la volontà di cambiamento portata avanti dal Parlamento spagnolo. L’evidenza e la realtà sono più forti della demagogia che vogliamo portare in queste Aule, come fosse una realtà proclamata, come fosse un diritto continuare a raccontare una storia insensata che non sta in piedi da sola.
Voglio far notare, ritirando questo emendamento e dimostrando così che c’è un altro modo di legiferare (quello del matrimonio egualitario), che ciascuno di noi sta facendo dei passi indietro per riuscire a raggiungere un’ampia condivisione in questo Parlamento sul tema, raccogliendo davvero tutte le forze democratiche del Paese, per rendere possibile e doverosa la cancellazione di un discrimine che non ha più alcuna ragione d’essere e che trova la sua origine solo in una cultura che pure comprendo. Tutti siamo nati in un Paese e in un’epoca in cui questo non c’era e in cui era addirittura reato, per taluni di noi, l’unione omosessuale. Ora però dobbiamo fare un passo in avanti e velocemente; dobbiamo attraversare questo fiume, questo guado, per andare a vivere in un Paese davvero più civile e più umano. (Applausi della senatrice Bencini).
*QUAGLIARIELLO (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Signor Presidente, il Capo 1 di questo disegno di legge è quello che disciplina le unioni civili. Approfitto di questa circostanza per partire da alcuni aspetti procedurali che non mi sembrano secondari, legati alla giornata di oggi, e per rispondere ora, in questa sede, a quell’apprezzabile appello alla moderazione, al confronto e a non trascendere che è stato formulato poco fa dal senatore Russo. Io aderisco a quell’appello. Vorrei però che il non trascendere fosse in qualche modo esteso non soltanto ai profili di rispetto personale, che sono dovuti, ma anche ad alcuni profili, pochi e tuttavia essenziali, di rispetto procedurale.
Vede, signor Presidente, qui si sono già consumati due sbreghi. Questa legge, la legge che reca questo numero, non è mai stata discussa in Commissione.
Ieri poi il presidente Grasso ha disegnato in maniera ineccepibile il perimetro della nostra discussione e della materia che qui agita le coscienze e gli interventi dei vari colleghi. Dopo aver fatto questo, dopo aver fatto un intervento da arbitro, ha tuttavia anche detto chi aveva ragione e chi aveva torto, e su questa base ha motivato il suo operato. Mi perdoni una battuta: sono notoriamente un tifoso del Napoli, e speriamo che l’arbitro della partita che si disputerà sabato sera agisca con altra prudenza e con altri criteri.
Ora – e torno immediatamente nel solco della materia – noi stiamo discutendo il Capo I del disegno di legge che disciplina le unioni civili. Non è una cosa del tutto secondaria, perché questo disegno di legge – ed è questa una delle contestazioni più forti che anche dal punto di vista della costruzione del provvedimento stesso io ho sollevato in questo tempo – in qualche modo tiene insieme e giustappone i tre approcci che si sono avuti in questa materia, e che anche la legislazione europea ha in questa materia: quello che potremmo definire similmatrimonialista, che è appunto quello del Capo I; quello che tiene conto dei diritti individuali e personali, che troviamo in un’altra parte del provvedimento; infine, quello di tipo contrattuale e che riguarda soprattutto gli aspetti patrimoniali (contrattual-patrimonialistico lo definirei). Si tratta di tre ambiti distinti del disegno di legge che, come cercherò di dimostrare, creano non poche contraddizioni.
Ma al di là dello sbrego del Regolamento e in qualche modo anche della Costituzione, se oggi avessimo illustrato insieme tutti gli emendamenti avremmo mischiato tutto all’interno di un unico calderone, rendendo questa discussione al più semplicemente una perdita di tempo, se non un motivo di confusione. Fortunatamente mi sembra che sia prevalsa nei fatti un’altra impostazione, e visto che un po’ di saggezza e qualche spiraglio di luce, quanto meno nella conduzione materiale dell’Aula, anche se al riparo da qualsiasi smentita, sono venuti, vorrei aggiungere una considerazione: spero non sia vero quanto leggiamo sui giornali, e cioè la possibilità che un emendamento (che tra le altre cose, essendo il più simile al testo del provvedimento, non si comprende in termini di Regolamento perché debba essere votato prima) venga riformulato in mancanza di un relatore e di un Governo che lo chieda e diventi un maxiemendamento, come quelli che siamo abituati a vedere quando c’è una questione di fiducia.
Lo dico anche agli amici di Area Popolare: stiano attenti che non venga introdotta una fiducia surrettizia all’interno di questo provvedimento di fronte alla quale poi debbano mettere la testa sotto la sabbia.
Credo, senatore Russo, che un po’ di prudenza e un po’ di rispetto debbano essere considerati anche in questa materia. Quindi non trascendiamo, per consentire un confronto che sia civile fino in fondo per quel che riguarda sia il rispetto delle persone sia il rispetto delle istituzioni.
A questo punto vorrei entrare nella materia e dimostrare come i differenti approcci creino delle contraddizioni insanabili. Leggo il testo dell’articolo 1: «Le disposizioni del presente Capo istituiscono l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale».
Mi soffermo e sottolineo le parole «tra persone dello stesso sesso» e la locuzione «specifica formazione sociale». Io ritengo che sia questo l’articolo su cui si fonda una discriminazione presente nel disegno di legge e che esso inneschi un circolo vizioso insanabile per cui, da qualsiasi lato lo si voglia leggere, il disegno di legge cozza frontalmente con la Costituzione.
Ritengo che questo articolo contenga una discriminazione, e che quindi in qualche modo vada a toccare l’articolo 3 della nostra Carta, perché se la finalità della legge – come ci viene detto – fosse realmente quella di garantire diritti di solidarietà e di mutua assistenza tra persone che convivono, indipendentemente dalla natura sessuale della loro convivenza (principi sui quali personalmente non avrei nulla da eccepire), allora non vi sarebbe alcuna ragione di riservare l’accesso alle unioni civili solo ai conviventi dello stesso sesso e di precluderlo ai conviventi eterosessuali. Da qui si stabilisce il circolo vizioso. Perché se questa discriminazione, se questa esclusione viene motivata con il fatto che le coppie eterosessuali hanno già la possibilità di contrarre matrimonio, implicitamente si ammette che le unioni civili non sono altro che un surrogato di matrimonio e ciò entra in palese contrasto, come ho dimostrato in un’altra sede, con l’articolo 29 della Costituzione. In questo senso ha ragione la collega Puppato quando sostiene che si sarebbe fatto meglio e prima ad ammetterlo apertamente. A dire cioè apertamente che quello che si vuole introdurre è il matrimonio per le coppie omosessuali. Sarebbe stato sicuramente più chiaro e avrebbe creato meno problemi.
Vi è però un’altra questione. Se davvero si intende l’unione civile come specifica formazione sociale, con il richiamo alla nota sentenza della Corte costituzionale, la scelta di riservarla ai soli conviventi omosessuali e di precluderla ai conviventi eterosessuali viola con estrema chiarezza il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 che – lo ricordo incidentalmente – afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza distinzione di sesso. Dunque, l’articolo 3 impone al legislatore una preclusione assoluta ad adottare alcuni parametri quali discriminanti per l’accesso agli istituti giuridici e tra questi parametri c’è certamente quello dell’identità sessuale.
Signor Presidente, ancora due minuti, non di più.
Vi è ipocrisia perché la definizione dell’unione civile quale specifica formazione sociale è un espediente ipocrita, inutile ed inefficace per sviare dal disegno di legge Cirinnà le accuse di incostituzionalità per via della sostanziale equiparazione al matrimonio. Non basta un’etichetta, non basta mettere sul barattolo dello zucchero la scritta «sale» per cambiarne il contenuto. Questo è ancora più vero a fronte di una giurisprudenza europea sempre più sostanzialista, che ci dice che non importa che un istituto giuridico si chiami unione civile, Paperino, Filippo, Pippo; se la sostanza normativa è analoga a quella del matrimonio, ci penseranno le corti e i tribunali a omologare i due distinti istituti anche nelle parti nelle quali il legislatore cercherà di tenerle separate. È questa la tendenza complessiva.
Da questi presupposti discendono gli emendamenti che abbiamo presentato e che ho sottoscritto.
PRESIDENTE. Concluda, senatore.
QUAGLIARIELLO (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Ho bisogno di meno di un minuto.
PRESIDENTE. Siamo già a tredici.
QUAGLIARIELLO (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). Mi scusi, signor Presidente, recupererò in un altro momento.
In particolare, noi abbiamo formulato proposte che si rifanno a tre principi semplicissimi. Il primo: che venga rimossa dal testo la discriminazione che esclude dall’accesso alle unioni civili i conviventi eterosessuali.
Il secondo: che venga esplicitata con chiarezza assoluta l’alterità giuridica dell’istituto dell’unione civile rispetto al matrimonio e, dunque, alla materia regolata dal diritto di famiglia.
La terza: che venga sostituito l’intero disegno di legge con un modello che, prima di noi, ha introdotto nel suo Paese Tsipras (non mi sembra un reazionario) e che prevede, con un approccio realmente rispettoso della libertà delle persone, che vi sia da una parte il matrimonio tra uomo e donna e, dall’altra, la possibilità per qualsiasi coppia di conviventi, indipendentemente dal loro sesso, di regolare il proprio rapporto di convivenza mediante atto notarile di mutua assistenza e solidarietà, da depositare presso l’ufficiale di stato civile, che poi lo inserisce in un apposito registro.
Questo, signor Presidente, smentisce una volta per tutte la favola che viene ripetuta in quest’Aula su chi è a favore delle unioni civili e chi è contro. Abbiamo un altro modo di intenderle e questi emendamenti lo chiariscono bene.
FORMIGONI (AP (NCD-UDC)). Signor Presidente, intervengo sugli emendamenti presentati dal mio Gruppo, Area Popolare, all’articolo 1. Sono pochi, ma netti e chiari, come sono pochi gli emendamenti complessivi. Ne avevamo presentati alcune centinaia all’intero provvedimento e li abbiamo ridotti a un’ottantina, aderendo all’invito reciproco che i Gruppi si sono rivolti.
Tuttavia il nostro intento rimane, con riferimento alla totalità del provvedimento, quello di una profonda modifica dello stesso. Riguardo all’articolo 1, di cui stiamo parlando, l’intendimento è altrettanto chiaro e a nostro giudizio fondamentale: riformulare le unioni civili, che – per quanto il presidente Grasso abbia un parere contrario (ma in questo caso ha torto) – nel disegno di legge in esame, che porta come primo firmatario il nome della collega Cirinnà, sono descritte in maniera identica al matrimonio. Questo è il primo, gravissimo vulnus, che abbiamo inutilmente sottolineato e stigmatizzato e su cui abbiamo riportato l’attenzione dell’Assemblea e dell’opinione pubblica.
Ieri lei, signor presidente Calderoli, parlando dai banchi del Senato, usava un’immagine efficace, che voglio ripetere: è inutile chiamare una cosa mela o pera, se poi le caratteristiche organolettiche di tatto e gusto esterne sono identiche. In questo caso siamo in presenza di qualcosa che viene chiamato «unione civile» ma che poi è descritto in maniera del tutto identica al matrimonio.
È già stato ricordato più volte in quest’Aula quali sono gli elementi che fanno sì che non vi sia alcuna differenza tra la disciplina del matrimonio tra un uomo e una donna e la disciplina delle unioni civili, come vengono descritte in questo disegno di legge. Le ripercorro brevemente, affinché rimanga agli atti, una volta di più, il fatto che vi è un’identità assoluta tra le unioni civili, così descritte, e il matrimonio.
La cosa di per sé non è illecita. Se si volesse introdurre nell’ordinamento italiano la possibilità per una coppia omosessuale di contrarre un matrimonio, basterebbe dirlo esplicitamente; anzi, onestà intellettuale, tanto più dovuta da un parlamentare, obbligherebbe a dirlo esplicitamente, a presentare una legge per il matrimonio omosessuale e, ovviamente, a rendersi conto che, in quel caso, sarebbe necessaria un’analoga modifica della Costituzione.
Purtroppo, quest’opera di chiarezza, di trasparenza, di onestà politica e intellettuale non è stata fatta. Si è ricorso a escamotage, a piccoli inganni, a sotterfugi, ad arrampicamenti sui vetri di tipo linguistico, lessicale, dialettico; ma la realtà è più forte dei ragionamenti degli uomini. E la descrizione delle unioni civili fatta dal disegno di legge Cirinnà le rende identiche al matrimonio eterosessuale.
Ricordiamo che le nullità e gli impedimenti sono gli stessi; sono identiche le forme della celebrazione, che deve avvenire anche per l’unione omosessuale alla presenza dell’ufficiale di stato civile e persino di due testimoni; è identica la facoltà di assumere lo stesso cognome nei soggetti delle unioni civili; sono identici gli effetti del matrimonio e dell’unione civile sotto ogni aspetto, tanto che il testo richiama espressamente tutte le norme relative ai coniugi eterosessuali. Sono identiche le norme che regolano il regime successorio, perché è esteso senza alcuna eccezione alla parte dell’unione civile il regime relativo al coniuge (quindi anche la parte unione civile è, come il coniuge, erede legittimo e necessario) ed è addirittura identica la disciplina del divorzio e della separazione. Ripeto, ho voluto ripercorrere brevemente questioni già illustrate in quest’Assemblea – le ho illustrate io stesso due volte nel presentare la proposta di rinvio in Commissione e in fase di discussione generale – ma si tende a scivolare su tali questioni da parte dei sostenitori di questo provvedimento. L’opinione pubblica non ne è sufficientemente informata, ancorché ne sia avvertita. Quindi, gli emendamenti che noi presentiamo a questo primo articolo mirano a riportare le questioni alla loro dimensione reale.
L’emendamento fondamentale è quello che chiede di cassare questo primo articolo e di conseguenza anche gli articoli successivi fino al decimo. Gli altri emendamenti vogliono trasformare profondamente ciò che è detto affinché ci sia una distinzione netta e inequivocabile tra matrimonio eterosessuale – l’unico ammesso dalla nostra Costituzione – e convivenze.
Una volta di più voglio sottolineare che non c’è assolutamente alcuna obiezione da parte nostra a riconoscere e a sanzionare con una legge i diritti dei conviventi omosessuali, ma sono, appunto, diritti dei singoli conviventi. Ogni persona deve essere rispettata senza se e senza ma, in tutta la sua identità personale, nelle scelte sessuali, nella possibilità di pronunciare qualunque opinione pubblica e religiosa. I diritti sono delle persone, non delle formazioni sociali. Anche questo è un altro punto chiarissimo su cui la Costituzione è inequivocabile. Noi siamo per il riconoscimento dei diritti in maniera forte e definitiva: i diritti delle persone all’interno delle convivenze omosessuali.
Vogliamo dunque, con i nostri emendamenti, togliere l’inganno del Capo I e del successivo, sottolineando una volta di più ciò che l’Europa ci chiede. Si è fatta moltissima retorica su quello che l’Europa chiederebbe, ma il succo della vicenda rimane quello che abbiamo segnalato più volte: un invito dell’Europa a riconoscere i diritti delle persone. Non c’è alcun altro documento europeo che inviti a qualcosa di diverso. Dunque, la nostra riflessione vuole allargarsi a tutti i colleghi, a qualunque Gruppo o partito politico essi appartengano.
Buona, legittima e doverosa è la volontà, alla base delle dichiarazioni di tanti, di procedere ad un riconoscimento dei diritti delle persone. Negativa, ingannatoria e, in alcuni casi – mi si perdoni – truffaldina, la volontà di spacciare le convivenze per ciò che esse non sono, e cioè similmatrimoni. Riteniamo che questo tentativo debba essere portato alla luce, smascherato. Sappiamo bene, perché ogni giorno i sondaggi lo confermano, che la grande maggioranza dei cittadini italiani la pensa esattamente così.
Successivamente parleremo del tema delle adozioni, che riguarda altri articoli di questo provvedimento. Lì l’opposizione dei cittadini italiani è ancora più forte e raggiunge cifre impressionanti, con il 73 per cento di contrari ad adozione e stepchild adoption e soltanto il 20 per cento di favorevoli.
Ma anche su questo capitolo, di cui parliamo, l’opposizione è forte. L’opinione pubblica è favorevole a riconoscere il diritto dei conviventi, ma è contraria al fatto che questa forma di riconoscimento diventi un similmatrimonio.
Signor Presidente, per questo l’invito che rivolgiamo ad ogni singolo collega è a riflettere con libertà di coscienza su questi temi e a muoversi nella direzione di questi cambiamenti.
MUSSINI (Misto). Signor Presidente, l’emendamento che intendo illustrare all’articolo 1 sopprime l’espressione “quale specifica formazione sociale”. Questa definizione, già contenuta nel testo unificato che ha preceduto quello che poi è stato presentato direttamente in Aula, è subentrata a seguito di un dibattito incentrato proprio su questo aspetto.
La richiesta di soppressione di questa parte è legata al fatto che io ritengo che essa rappresenti una indicazione che, alla fine, ha un effetto discriminatorio; e questo rispetto a una legge che riconosce parità di diritti a prescindere dall’orientamento sessuale.
Una parità di diritti tra soggetti che intendono dichiarare la loro vita di coppia e prendersi tutti gli oneri, oltre che gli onori. In realtà, è anche di questo che stiamo parlando. Stiamo parlando di una responsabilità reciproca. Stiamo parlando di un impegno reciproco che non si capisce per quale ragione, laddove è descritto in tutta la sua complessità, debba essere etichettato come una formazione sociale specifica.
A questo punto del dibattito voglio fare una brevissima osservazione su due aspetti. Un aspetto è metodologico. Illustro i miei emendamenti all’articolo 1, certa che su un disegno di legge di questo tipo non si vorrà ripetere quanto purtroppo già è successo e che non dovrebbe succedere: comprimere e azzittire una minoranza.
Per me non fa alcuna differenza essere favorevole o contraria a un provvedimento perché il rispetto delle regole, che è poi la ragione per cui sono stata buttata fuori dal Movimento 5 Stelle, mi impone di rispettarle comunque per tutti: non solo quando sei dalla parte del potente ma anche quando sei dalla parte della minoranza. E questo perché ciò rappresenta una tutela per tutti.
Non posso illustrare emendamenti che non ho presentato e, purtroppo, non ho presentato emendamenti che portassero in questo disegno di legge i contenuti della legge contro l’omofobia. A questo punto, però, dato il livello del dibattito, credo che l’iter di questa legge debba essere quanto prima accelerato nella sua approvazione. (Applausi della senatrice Bencini).
PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato B
Pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul testo del disegno di legge n. 2081 e sui relativi emendamenti
La 1a Commissione permanente, esaminato il disegno di legge in titolo, nonché i relativi emendamenti, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti, trasmessi dall’Assemblea, riferiti al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 1.2521, 1.3021, 1.8042, 1.8043, 1.9019, 1.600, 1.601, 1.602, 1.603, 1.604, 1.605, 1.606, 1.607, 1.608, 1.609, 1.610, 1.611, 1.612, 1.712, 1.713, 1.714, 1.715, 1.716, 1.719, 1.700, 1.701, 1.702, 1.703, 1,704, 1.705, 1.706, 1.720, 1.721, 1.722, 1.723, 1.724, 1.725, 1.726, 1.727, 1.728, 1.729, 1.730, 1.731, 1.732, 1.733, 1.734, 1.735, 1.736, 1.737, 1.7000, 1.7001, 1.7002, 1.7003, 1.7004, 1.7005, 1.7006, 1.7007, 1.7008, 1.7009, 1.7010, 1.7011, 1.7012, 1.7013, 1.7014, 1.7015, 1.7016, 1.7017, 1.7018, 1.7019, 1.7026, 1.7031, 1.7032, 1.7033, 1.7034, 1.7035, 1.7036, 1.8064, 1.8065, 1.8066, 1.8067, 1.8068, 1.8069, 1.8070, 1.8071, 1.8072, 1.8073, 1.8074, 1.8075, 1.8076, 1.8077, 1.8082, 1.8084, 1.8085, 1.8086, 1.8087, 1.8088, 1.8089, 1.8090, 1.8091, 1.8092, 1.8093, 1.9030, 1.9031, 1.9032, 1.9033, 1.9034, 1.9035, 1.9036, 1.9042, 1.9043, 1.9044, 1.9045, 1.9046, 1.9047, 1.9048, 1.9049, 1.9050, 2.804a, 2.814, 2.800, 2.803, 2.804, 2.805, 2.806, 2.807, 2.808, 2.809, 2.200, 2.810, 2.201, 2.811, 2.202, 2.812, 2.212, 2.822, 2.213, 2.823, 2.821, 2.815, 2.210, 2.211, 2.222, 2.223, 2.830, 2.221, 2.831, 2.225, 2.833, 2.226, 2.834, 2.229, 2.837, 2.230, 2.838, 2.232, 2.840, 2.2626, 2.1810, 2.1040, 2.1033, 2.1041, 2.1042, 2.1043, 2.1047, 2.1048, 2.1049, 2.1050, 2.1051, 2.1052, 2.1054, 2.1055, 2.1056, 2.1057, 2.1058, 2.1061, 2.1096, 2.1103, 2.1104, 2.1110, 2.112, 2.1115, 2.1116, 2.1117, 2.1118, 2.1119, 2.1120, 2.2627, 2.2628, 2.2629, 2.2630, 2.2631, 2.2632, 2.2633, 2.2634, 2.2635, 2.2636, 2.2637, 2.2638, 2.2639, 2.2640, 2.2641, 2.2657, 2.2842, 2.3088, 2.3089, 2.3094, 2.3095, 2.3110, 2.3111, 2.3112, 2.3113, 2.3114, 2.3115, 2.3118, 2.3119, 2.3120, 2.6002, 2.3121, 2.3122, 2.3123, 2.3148, 2.3149, .2.3197, 2.3198, 2.3199, 2.3200, 2.3201, 2.3206, 2.3214, 2.3215, 2.3216, 2.3217, 2.3218, 2.3219, 2.3225, 2.3226, 2.3227, 2.3228, 2.3229, 2.3230, 2.3231, 2.3232, 2.3233, 2.3234, 2.3248, 2.3249, 2.3336, 2.3337, 2.3338, 2.3339, 2.3340, 2.3341, 2.3456, 2.3457, 2.3458, 2.3459, 2.3479, 2.3480, 2.3481, 2.3482, 2.3483, 2.3484, 2.3485, 2.3498, 2.3499, 2.5000, 2.5285, 2.5286, 2.5287, 2.5288, 2.5289, 2.5290, 2.5291, 2.5292, 2.5293, 2.5294, 2.5295, 2.5300, 2.5301, 2.5302, 2.5303, 2.5304, 2.5307, 2.5308, 2.5309, 2.5310, 2.5311, 2.5312, 2.5313, 2.5314, 2.5315, 2.5363, 2.5364, 2.5365, 2.5366, 2.5369, 2.5381, 2.5382, 2.5407, 2.5413, 2.5420, 2.5421, 2.5422, 2.5423, 2.5424, 2.5428, 2.5429, 2.5433, 2.5435, 2.5436, 2.7000, 2.7001, 2.7002, 2.7003, 2.7004, 2.7005, 2.7006, 2.7007, 2.7008, 2.7009, 2.7039, 2.7042, 2.7044, 2.7045, 2.7046, 2.7047, 2.7048, 2.7049, 2.7050, 2.7051, 2.7052, 2.7053, 2.7054, 2.7055, 2.7057, 2.7058, 2.7059, 2.7068, 2.7069, 2.7070, 2.7072, 2.7073, 2.7084, 2.7085, 2.7087, 2.7088, 2.7089, 2.7090, 2.7091, 2.7092, 2.7096, 2.7101, 2.7103, 2.7105, 2.7108, 2.7109, 2.7110, 2.7111, 2.7112, 2.7113, 2.7128, 2.7129, 2.7130, 2.7132, 2.7133, 2.7134, 2.7135, 2.7136, 2.7138, 2.7139, 2.7165, 2.7166, 2.7167, 2.7168, 2.7169, 2.7170, 2.7171, 2.7172, 2.7173, 2.7174, 2.7175, 2.7176, 2.7177, 2.7178, 2.7179, 2.7180, 2.7181, 2.7182, 2.7183, 2.7184, 2.7185, 2.7186, 2.7187, 2.7188, 2.7189, 2.7190, 2.7192, 2.7193, 2.7194, 2.7195, 2.7196, 2.7197, 2.7198, 2.7199, 2.7206, 2.7207, 2.7208, 2.7209, 2.7210, 2.7211, 2.7212, 2.7213, 2.7214, 2.7215, 2.7216, 2.7217, 2.7218, 2.7219, 2.7220, 2.7221, 2.7224, 2.7226, 2.7227, 2.7228, 2.7229, 2.7230, 2.7231, 2.7234, 2.8022, 2.8023, 2.8038, 2.8039, 2.8040, 2.8041, 2.8042, 2.8043, 2.8044, 2.8045, 2.8046, 2.8047, 2.8048, 2.8049, 2.8052, 2.8056, 2.8057, 2.9001, 2.9002, 2.9003, 2.9005, 2.9006, 2.9009, 2.9015, 2.9016, 2.9017, 2.9018, 2.9019, 2.9020, 2.9021, 2.9022, 2.9023, 2.9024, 2.9025, 2.9026, 2.9027, 2.8054, 2.8055, 2.8058, 2.8059, 2.8060, 2.8061, 2.8062, 2.8063, 2.8064, 2.8065, 2.8066, 2.8067, 2.8068, 2.8069, 2.8070, 2.8071, 2.8073, 2.8074, 2.8075, 2.8076, 2.8077, 2.8078, 2.8079, 2.8080, 2.8081, 2.8082, 2.8083, 2.8085, 2.8086, 2.8111, 2.8112, 2.2772, 2.2773, 2.2774, 2.2775, 2.2776, 2.2777, 2.3502, 2.5303, 2.3504, 2.3504a, 2.3506, 2.3507, 2.3511, 2.3513, 2.3514, 2.3515, 2.3516, 2.3517, 2.3518, 2.3519, 2.3520, 2.3521, 2.3522, 2.3525, 2.3526, 2.3527, 2.3548, 2.5039, 2.5040, 2.5370, 2.5371, 2.5394, 2.5396, 2.5397, 2.5404, 2.5405, 2.5406, 2.5411, 2.5412, 2.5414, 2.5432, 2.5437,2.5439 e 2.6027.
Il parere è non ostativo sui restanti emendamenti riferiti agli articoli 1 e 2.
Si osserva che negli emendamenti nei quali vengano soppressi del tutto o in parte articoli contenuti nel Capo I, ove approvati, essi dovranno essere coordinati con l’articolo 23, concernente la clausola di copertura riferita al Capo medesimo.
Rimane sospeso il parere su tutti gli emendamenti riferiti ai restanti articoli.
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, alla sostituzione all’articolo 23, comma 1, lettera b), delle parole «bilancio triennale 2015-2017» con le parole «bilancio triennale 2016-2018».
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti, trasmessi dall’Assemblea, riferiti al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 3.6004, 3.6005, 3.0.6000, 3.6061, 3.6072, 3.6077, 3.6083, 3.6086, 3.6073, 10.0.700, 10.0.701, 10.0.600, 10.0.601, 10.0.705, 10.0.706, 10.0.707, 10.0.708, 10.0.709, 10.0.710, 10.0.711, 10.0.713, 10.0.715, 10.0.716, 10.0.717, 10.0.718, 10.0.719, 10.0.721, 10.0.722, 10.0.723, 10.0.724, 10.0.725, 10.0.726, 10.0.727, 10.0.728, 10.0.729, 10.0.730, 10.0.731, 10.0.732, 10.0.602, 10.0.603, 10.0.604, 10.0.605, 10.0.606, 10.0.607, 10.0.608, 10.0.609, 10.0.610, 10.0.611, 10.0.7000, 10.0.7001, 10.0.7004, 10.0.7005, 10.0.7006, 10.0.7007, 10.0.7008, 10.0.7009, 10.0.7010, 10.0.7011, 10.0.7012, 10.0.7013, 10.0.7014, 10.0.7015, 10.0.7016, 10.0.7017, 10.0.7018, 10.0.7019, 10.0.7020, 10.0.7021, 10.0.7022, 10.0.7023, 10.0.7024, 10.0.7025, 10.0.7026, 10.0.7027, 10.0.7028, 10.0.8000, 10.0.8001, 10.0.8002, 10.0.8003, 10.0.8004, 10.0.8005, 10.0.8006, 10.0.8007, 10.0.8008, 10.0.8009, 10.0.8010, 10.0.8011, 10.0.8012, 10.0.8013, 10.0.8019, 10.0.8020, 10.0.8021, 10.0.8022, 10.0.8023, 10.0.8024, 10.0.8025, 10.0.8026, 10.0.8027, 10.0.8028, 10.0.8029, 10.0.8030, 10.0.8031, 10.0.9000, 10.0.9001, 10.0.9002, 10.0.9003, 10.0.9004, 10.0.9005, 10.0.9006, 10.0.9007, 10.0.9008, 10.0.9009, 10.0.9010, 10.0.9011, 10.0.9012, 10.0.9013, 10.0.9014, 10.0.9015, 10.0.9016, 10.0.9017, 19.0.1, 22.0.6000, 22.0.6001, 23.6000, 23.6001, 23.2500, 23.2501, 23.2502, 23.2503, 23.2504, 23.2505, 23.2506, 23.2507, 23.2800, 23.3000, 23.7000, 23.7001, 23.7001a, 23.7002, 23.7003, 23.7004, 23.7005, 23.7006, 23.7007, 23.7008, 23.7009, 23.7010, 23.7022, 23.8002, 23.8003, 23.8004, 23.8005, 23.8006, 23.8007, 23.9000, 23.600, 23.601, 23.602 e 23.603.
Il parere è non ostativo su tutti i restanti emendamenti.
Osserva altresì che ove venissero approvati emendamenti che sopprimono del tutto o in parte articoli contenuti nel Capo I, l’articolo 23, concernente la clausola di copertura, dovrà essere conseguentemente coordinato.
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti, trasmessi dall’Assemblea, riferiti al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sulla proposta 22.0.6000 (testo 2).
Il parere è non ostativo sulla proposta 1.6014 (testo 2).