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Maternità surrogata, morte del genitore biologico e trascrizione automatica dell’atto di nascita

Maternità surrogata, morte del genitore biologico e trascrizione automatica dell’atto di nascita

Una discutibile decisione del Tribunale di Milano.

  1. Il caso

Il problema del riconoscimento in Italia dello status di genitori, ottenuto all’estero mediante la pratica di surrogazione di maternità, si è recentemente posto in un caso deciso dal Tribunale di Milano, particolarmente interessante sia per la peculiarità della fattispecie sia per la soluzione a cui i Giudici pervengono. Si trattava di una surrogazione di maternità realizzata negli Stati Uniti da una coppia di uomini, l’uno cittadino italiano e l’altro con doppia cittadinanza italiana e statunitense, che aveva contratto matrimonio a New York e aveva successivamente trascritto nel Comune italiano di residenza tale matrimonio come unione civile, in seguito all’entrata in vigore della legge n. 76/2016.

Il minore veniva registrato in Italia come figlio del solo cittadino italiano, posto che soltanto nei confronti di quest’ultimo sussisteva il legame biologico. Tuttavia, il genitore biologico decedeva nel 2022. Su ricorso dei genitori del defunto e con il consenso della sorella, il Giudice Tutelare di Milano nominava tutore il c.d. genitore intenzionale, il quale proponeva successivamente ricorso al Tribunale per ottenere la rettifica dell’atto di nascita del minore, sulla base del certificato di nascita americano recante la doppia paternità, deducendo l’illegittimità e la contrarietà all’interesse del minore dell’originaria trascrizione nella parte in cui non riportava l’indicazione anche del “genitore d’intenzione”.

Il Tribunale di Milano si è pronunziato con il Decreto 24/4/2023 n. 562, accogliendo il ricorso e ordinando all’Ufficiale di Stato Civile di trascrivere integralmente nei registri dello stato civile l’atto di nascita del minore con l’indicazione quale genitore anche del genitore “intenzionale” ricorrente.

  • Il diritto vivente in punto di adozione in casi particolari del nato da surrogazione di maternità.

Com’è noto – esaminando il problema del riconoscimento dell’atto di nascita formato all’estero in Stati in cui la maternità surrogata è ritenuta lecita – le Sezioni Unite n. 38162 del 2022[1] hanno escluso che il rapporto di genitorialità possa essere automaticamente riconosciuto nei confronti del genitore privo di alcun legame biologico col minore, posto che la surrogazione di maternità è “una pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donnae mina nel profondo le relazioni umane”[2] e deve ritenersi, pertanto, contraria all’ordine pubblico.

Nonostante affermazioni così nette, tuttavia, le SU n. 38162/22 hanno confermato il precedente orientamento[3] per cui il rapporto di filiazione col genitore non biologico può essere comunque costituito col procedimento di adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, lett. d), legge n. 184/83. È vero, infatti, che la disciplina dell’adozione in casi particolari richiede, ai fini del perfezionamento della procedura, l’assenso del genitore biologico (art. 46, legge n. 184 del 1983) il quale potrebbe non prestarlo in situazioni di sopravvenuta crisi della coppia, ma occorre tuttavia considerare – avverte la Suprema Corte – che, qualora l’assenso sia negato, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell’adottante può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando, pronunciare ugualmente l’adozione.

Secondo questa interpretazione, è possibile, quindi, superare il dato letterale della norma dell’art. 46 (che parrebbe attribuire rilevanza ostativa al dissenso del genitore biologico), affidando al giudice la soluzione del contrasto tra genitore biologico e genitore intenzionale, mediante la valutazione in concreto dell’interesse del minore. Il rifiuto dell’assenso all’adozione da parte del genitore biologico può essere ragionevole, quindi – ad avviso della Suprema Corte – soltanto in casi eccezionali, ad esempio nell’ipotesi in cui il richiedente non abbia intrattenuto alcun rapporto di affetto e di cura nei confronti del nato, oppure abbia partecipato solo al progetto di procreazione ma abbia poi abbandonato il partner e il minore.

In definitiva, pur negando del tutto correttamente la trascrizione automatica dell’atto di nascita formato all’estero, la decisione delle Sezioni Unite spalanca le porte all’instaurazione del rapporto genitoriale col genitore non biologico attraverso un’interpretazione metaletterale delle norme sull’adozione in casi particolari, che finirà col rendere in concreto marginale l’eventualità che tale rapporto non venga riconosciuto dai tribunali.

Anche la recente pronuncia della CEDU del 31 agosto 2023[4] – emessa in una vicenda di maternità surrogata compiuta da cittadini italiani, ai quali era stata successivamente negata la trascrizione dell’atto di nascita sia nei confronti del padre biologico sia della “aspirante” madre – ha sostanzialmente avallato la soluzione delle Sezioni Unite, affermando che, da una parte, l’art. 8 della Convenzione richiede che il diritto interno preveda la possibilità di riconoscimento del rapporto giuridico tra il bambino e il padre biologico, ma che, invece, rispetto al c.d. genitore intenzionale la scelta dei mezzi con cui consentire il riconoscimento del rapporto giuridico con l’aspirante genitore rientra nella discrezionalità degli Stati. La Convenzione non impone, quindi, alcun riconoscimento automatico del rapporto genitoriale con colui che sia privo di vincolo biologico; di conseguenza, la via dell’adozione particolare – indicata dalla giurisprudenza italiana – non viola alcun diritto né del nato né dell’aspirante genitore.

  • La decisione del Tribunale di Milano.

Orbene, nel descritto contesto normativo e giurisprudenziale, il Tribunale di Milano – dopo aver riportato ampi passaggi della motivazione delle Sezioni Unite n. 38162 del 2022 ed aver preso atto, quindi, del “diritto vivente” relativo alla necessità di instaurare un procedimento di adozione in casi particolari (ex art. 44, lett. d, legge n. 184/83) per la costituzione dello status filiationis col genitore non biologico – ritiene che, nel caso in esame, l’impossibilità di ottenere il consenso del genitore biologico, a causa della sua prematura morte, consenta di pervenire direttamente alla trascrizione integrale dell’atto di nascita formato all’estero. In altri termini, l’impossibilità di ottenere il consenso del genitore biologico deceduto consente al genitore non biologico di aggirare il procedimento adottivo e di ottenere la trascrizione diretta dell’atto di nascita formatosi all’estero.

Non potrebbe il consenso – afferma il Tribunale – essere manifestato dagli eredi del genitore deceduto, posto che “il consenso/dissenso è un diritto personalissimo che non può certo trovare equipollenti nel consenso degli eredi del genitore defunto e che non può, peraltro, neppure essere desunto dal solo consenso originariamente prestato al percorso procreativo di maternità surrogata che potrebbe anche prescindere da un successivo progetto di condivisione di vita e di crescita di quel minore”. Di conseguenza, il Tribunale trae dall’impossibilità di espressione del consenso del genitore nell’ambito del procedimento adozione la conseguenza della stessa inutilità del procedimento di adozione e dell’ammissibilità della trascrizione diretta dell’atto di nascita.

Si tratta di una conclusione, tuttavia, per molti aspetti criticabile.

a) Anzitutto, il Tribunale di Milano non tiene conto del dettato normativo dell’art. 46, comma 2, ultima parte, legge n. 184 del 1983, che prevede che «…Parimenti il tribunale può pronunciare l’adozione quando è impossibile ottenere l’assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo»: sebbene la nozione di morte sia diversa da quella di incapacità, sarebbe assai meno avulsa dal dato normativo un’interpretazione dell’art. 46 che estendesse il concetto di “incapacità” a quello di “impossibilità”, in modo da ricomprendere anche l’estrema ipotesi della morte del genitore. D’altra parte, si è sopra illustrato come le Sezioni Unite, nel riconoscere il sindacato del giudice in caso di dissenso ingiustificato del genitore biologico, abbiano adottato un’interpretazione dell’art. 46 tutt’altro che letterale e conforme alle originarie intenzioni del legislatore.

b) In secondo luogo, la soluzione del Tribunale di Milano finisce col disporre la trascrizione diretta dell’atto di nascita, senza sindacato in ordine all’interesse del minore, proprio nell’ipotesi in cui, stante la mancanza fisica del genitore biologico, tale sindacato dovrebbe essere più approfondito nella direzione della verifica del progetto genitoriale, dell’avvenuta instaurazione della relazione affettiva e della sussistenza, in definitiva, dell’interesse del minore all’instaurazione del rapporto di filiazione.

c) Inoltre, la trascrizione diretta dell’atto di nascita è proprio quell’esito che – secondo i principi affermati da SU n. 38162 del 2022 – è contraria all’ordine pubblico, sicché non si comprende la ragione per cui, in nome dell’interesse del minore, nella situazione di maggiore fragilità di quest’ultimo, l’opzione interpretativa sia proprio quella categoricamente “bocciata” dalle Sezioni Unite[5].

d) Infine, non può non notarsi il paradosso logico della decisione del Tribunale di Milano. Infatti, il dissenso eventualmente espresso dal genitore biologico può essere oggetto di valutazione da parte del giudice, il quale, in funzione dell’interesse del minore, può addivenire a una decisione difforme dalla volontà del genitore biologico; al contrario, ove tale consenso o dissenso non possa essere espresso, si prescinde completamente da ogni valutazione e si conclude aprioristicamente per la conformità all’interesse del minore (il quale, altrimenti – si legge nel decreto – “resterebbe allo stato privo di genitori, di fatto orfano”) dell’automatica costituzione del rapporto genitoriale col genitore “d’intenzione”.

e) Nella parte finale della pronuncia si nota, peraltro, una sorta di aperto dissenso nei confronti di tale intervento nomofilattico, poiché il Tribunale espressamente afferma una “condizione di vuoto normativo”, negata invece dai Supremi Giudici, e si conclude la motivazione definendo la trascrizione dell’atto di nascita straniero «l’unica modalità di approntare, anche alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale, una risposta che assicuri al minore nato da maternità surrogata una posizione di tutela dei propri diritti costituzionali di figlio non deteriore rispetto ai diritti della donna gestante e dell’adottato che, nell’attuale contesto normativo, non può che essergli assicurato se non con la trascrizione dell’atto di nascita».

In definitiva, una decisione non soltanto discutibile sul piano dell’itinerario logico-giuridico, ma chiaramente ostile al diritto vivente, così come, a torto o a ragione, configurato dalla giurisprudenza di legittimità, e che dimostra la necessità che il legislatore sancisca limiti ancor più netti, per contenere e respingere la pratica della maternità surrogata, di cui non si sottolineano mai abbastanza gli aspetti della mercificazione e dello sfruttamento economico del corpo umano e, di conseguenza, la grave violazione dei diritti fondamentali della donna e del bambino.

Mauro Paladini


[1] Cass. SU 30 dicembre 2022 n. 38162, in questo sito, con commento di D. Bianchini, 5/1/2023, e in Giur. It., 2023, I, p. 1 ss., con nota di A. Renda, Maternità surrogata all’estero e status del nato: le Sezioni Unite confermano l’intrascrivibilità e ribadiscono la via dell’adozione in casi particolari.

[2] In questo passaggio testuale della motivazione, la Suprema Corte conferma, peraltro, quanto già affermato da Corte cost., 18 dicembre 2017, n. 272.

[3] Cass SU 8 maggio 2019 n. 12193.

[4] https://dejure-it.unimib.idm.oclc.org/#/ricerca/giurisprudenza_documento?idDatabank=5&idDocMaster=10617342&idUnitaDoc=0&nVigUnitaDoc=1&docIdx=0&semantica=0&isPdf=false&fromSearch=true&isCorrelazioniSearch=false

[5] Nulla dice il Tribunale sulla Circolare Min. Interno, 3/2023 del 19 gennaio 2023, che ha richiamato i prefetti a comunicare ai Sindaci, quali ufficiali di stato civile, a non dare corso – proprio a seguito del pronunciamento delle Sezioni Unite – alla trascrizione degli atti e dei provvedimenti stranieri ricognitivi della genitorialità del partner del genitore biologico del nato da surrogazione all’estero.

Il lato oscuro dell’ecommerce: il mondo sommerso dello spaccio di droga online – Parte II

Il lato oscuro dell’ecommerce: il mondo sommerso dello spaccio di droga online – Parte II

Leggi la prima parte.

Il testo del Dl 130 del 2020sin dalle prime bozze, è stato criticato perché prevede l’impiego di procedure già impostate nel 1998 e, quindi, obsolete. Per quanto datate, tuttavia, non si può dire che le misure previste dalla legge 3 agosto 1998, n. 269 non siano efficaci; si può quindi dire che, semmai, il decreto pone un rimedio tardivo ad una situazione di fatto già consolidata nel tempo in via di fatto.

In altre parole, non si tratta né di uno strumento normativo o tecnico inidoneo perché obsoleto, né di una scelta al ribasso: si può dire, piuttosto e con ragionevole certezza, che la previsione dell’ottobre 2020 poteva essere adottata già anni fa. 

Il mercato delle sostanze stupefacenti è, per sua natura, estremamente dinamico e caratterizzato, da quando vengono utilizzati i telefoni, dal primo, rudimentale, strumento di crittografia che si conosca: il linguaggio cosiddetto “criptico”, ossia quello in cui si usano metafore per comunicare all’interlocutore, luoghi, quantità, prezzi della “transazione”. È quindi del tutto evidente che “le piazze di spaccio virtuali”, contro cui è stato posto questo presidio, si evolveranno di conseguenza.

La vendita di droga online non è un fenomeno nuovo, anche se fino a poco tempo fa era limitata al dark web, la parte di internet “nascosta” ai motori di ricerca tradizionali. Di recente, i black market online, ma anche le piazze di strada, stanno lasciando il posto alle chat dei social network. Il motivo principale è uno: la crittografia, vera o presunta. In pratica, certe conversazioni su queste piattaforme sono visibili solo dai due interlocutori e protette da qualunque occhio indiscreto: un vero e proprio strumento anti-intercettazione.

Telegram è un’app nota per la tutela della privacy dei suoi utenti. La sua riservatezza permette a chi vi crea e gestisce un canale (gli amministratori) di conservare l’anonimato. In questo modo chiunque – l’organizzazione criminale ma anche il “coltivatore diretto” – può potenzialmente spacciare online, rendendo il suo canale una vera e propria vetrina virtuale di ciò che vende.

Si possono trovare hashish, marijuana e droghe più pesanti, ma anche documenti falsi e banconote contraffatte, con tanto di foto e listino prezzi. Il pagamento può avvenire in bitcoin, oltre che tramite ricarica e bonifico bancario, e si svolge in una chat privata con il venditore. Si ordina, si paga e si riceve il pacco dove si desidera. La maggior parte dei canali hanno anche una parte dedicata all’utente, che di solito si trova nella descrizione e funziona come garanzia per chi acquista: una sorta di “diffidate delle imitazioni”, meccanismo già adottato dai black market del dark web per acquisire credibilità.

In questo canale Telegram si vendono hashish, marijuana, monete false e, per i più golosi, cibo e liquidi per la sigaretta elettronica con thc. Ogni cosa proviene dal Regno Unito, dalla Spagna o dall’Italia, e ha una sua descrizione. Le monete false, si legge, sono di «qualità paragonabile alle reali, scambiabili facilmente ma – si specifica – non vengono accettate dai distributori», e l’erba e il fumo sono di «qualità coffee shop»; i gusti dei liquidi svapabili fanno invece riferimento alle varie qualità di marijuana. Il tutto è accompagnato da prezzi e foto.[1]

Nella chat, l’amministratore ha fissato anche una serie di messaggi “di servizio”. Vengono denunciate pagine fake o fatte comunicazioni importanti. Ci sono anche gli auguri di buon Natale. Il canale ha anche la sua “area clienti”, nella descrizione, dove ci sono ad esempio i link alle pagine dei feedback e delle domande più frequenti, che inevitabilmente riguardano rimborsi e pagamenti.

Pagamenti che avvengono in privato con il venditore – definito nei feedback “minuzioso” – che resta poi a disposizione per eventuali chiarimenti. La spedizione è tracciabile (pagando un sovrapprezzo) e il canale appare tutto sommato affidabile.

Lo spaccio via social network è aumentato soprattutto durante la pandemia, quando il covid ha reso meno sicure le piazze in strada sia per i pusher sia per i consumatori. Serviva uno strumento che potesse raggiungere tutti, e Telegram viene prediletto anche per questo dai criminali: non ha limitazioni d’età per i minorenni, che si traduce in più clientela.

Per contrastare questo fenomeno, le autorità di contrasto alla criminalità organizzata stanno sviluppando nuove strategie e tecnologie per individuare e interrompere le attività criminali online. Tuttavia, la lotta contro il traffico di droga rimane una sfida complessa che richiede una collaborazione internazionale tra le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence.

‘International Narcotics Control Board (INCB) [2], un organismo indipendente sostenuto dalle Nazioni Unite, invita i governi a fare di più per regolamentare le piattaforme di social media che promuovono comportamenti negativi legati alla droga e promuovono la vendita di sostanze.

Nel suo rapporto annuale, pubblicato il 10 marzo 2023, l’INCB rileva prove crescenti di un legame tra l’esposizione ai social media e l’uso di droghe, che colpisce in modo sproporzionato i giovani, i principali utenti delle piattaforme social, e una fascia di età con alti tassi di utilicco di droghe illegali.

 “Stiamo assistendo sui social network a una valutazione dell’uso di droghe e in particolare di cannabis, una facilitazione dell’acquisizione in vista di un uso addictive, non medico. E vediamo che c’è un legame tra l’esposizione dei giovani ai media e il loro livello di consumo di droga“, ha affermato Bernard Leroy, membro dell’INCB in un’intervista a UN News[2]. Il rapporto invita inoltre il settore privato a moderare e autoregolamentare le proprie piattaforme e limitare la pubblicità e la promozione del consumo di droghe non mediche.

Oltre alle piattaforme di social media, i criminali sfruttano molti altri strumenti digitali, come valute digitali, pagamenti mobili e servizi di portafoglio elettronico, che facilitano e velocizzano il trasferimento internazionale di fondi e consentono loro di nascondere l’origine dei fondi illegali e di massimizzare profitti.

Le reti della criminalità organizzata continuano a raccogliere milioni dal traffico di droga, avverte il rapporto INCB, con conseguenze negative per le società e lo sviluppo economico, che vanno dalla corruzione all’aumento della criminalità organizzata, alla violenza, alla povertà e alla disuguaglianza. “L’INCB ha ritenuto che i flussi finanziari illegali meritassero un’attenzione e una considerazione speciali poiché il traffico di droga è un’industria altamente redditizia per i gruppi criminali organizzati“, ha affermato il presidente dell’INCB Jagjit Pavadia. “Questi gruppi fanno affidamento su flussi finanziari illegali per espandere e sostenere le loro attività criminali“.

 “Dovete sapere che i soldi della criminalità rappresentano globalmente dai 1.600 ai 2.200 miliardi di dollari, e la droga tra i 426 ei 652 miliardi di dollari, quindi somme considerevoli”, ha indicato Bernard Leroy. “I flussi finanziari rappresentano denaro che viene guadagnato, trasferito e utilizzato illegalmente dalla criminalità organizzata transnazionale. E lo usano per massimizzare i loro profitti complessivi della loro attività”.

La criminalità organizzata in generale è multi-carta, spiega Leroy. “Cioè si drogano ma praticano anche sfruttamento, prostituzione, delinquenza. E quindi questo denaro, la grande preoccupazione, è che venga utilizzato per rafforzare il loro potere e in particolare per corrompere”.

Per contrastare gli effetti negativi e il costo umano di questo commercio, l’INCB raccomanda ai governi di affrontare tutte le fasi del traffico di droga – dalla produzione e coltivazione alla vendita e all’occultamento di profitti illegali – e condividere informazioni sulla criminalità organizzata a livello internazionale.
I paesi in via di sviluppo sono i più colpiti.

Questi flussi distolgono risorse da iniziative volte a ridurre la povertà e a promuovere lo sviluppo sociale ed economico, con un effetto sproporzionato sui paesi in via di sviluppo, dove è più importante la necessità di fondi per promuovere la crescita economica e ridurre le disuguaglianze.

Nei paesi africani, ad esempio, il costo della criminalità organizzata è particolarmente elevato: circa 88,6 miliardi di dollari, pari a circa il 3,7% del prodotto interno lordo del continente – e quasi lo stesso importo dei flussi annuali combinati dell’assistenza pubblica allo sviluppo e degli investimenti diretti esteri – vengono persi ogni anno a causa di flussi finanziari illeciti.

Per Bernard Leroy, la criminalità organizzata non è solo un problema di ordine pubblico, è anche un problema per lo Stato di diritto. Egli stesso ne è stato testimone in Africa. “Sono in grado di comprare le elezioni presidenziali. E quindi occorre sapere che lì c’è un potere della criminalità organizzata che è formidabile perché i flussi finanziari illegali, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, sono una minaccia per la stabilità e la sicurezza di questi paesi”. “Questo si traduce in un deflusso di capitali, un’alimentazione delle banche nei paesi sviluppati, meccanismi offshore molto dannosi e nel complesso un indebolimento del sistema finanziario internazionale. E questo ha implicazioni per lo sviluppo sostenibile”, afferma. “C’è un drenaggio delle finanze pubbliche in questi Stati che quindi hanno meno risorse e il buon governo è indebolito dalla corruzione”, spiega.

La depenalizzazione e la legalizzazione della cannabis in molti paesi è vista dall’INCB come motivo di preoccupazione, con Pavadia che insiste sul fatto che “legalizzare l’uso non medico della cannabis viola le convenzioni sul controllo della droga“.

Nella sua relazione, l’INCB sottolinea la necessità di una comprensione collettiva dei concetti di legalizzazione e depenalizzazione in conformità con le convenzioni sul controllo della droga e sottolinea l’importanza di una risposta equilibrata e proporzionata ai reati connessi alla droga come principio guida nella giustizia penale, nel rispetto dei diritti umani e del benessere pubblico. I criminali continuano ad avere facile accesso, sul mercato legale, ai precursori, le sostanze chimiche necessarie per produrre droghe illegali.
L’INCB sollecita il miglioramento dei controlli e delle normative che regolano la vendita dei precursori, citando un’indagine condotta dall’organizzazione nel 2021, che ha rilevato lacune significative nei controlli sulla produzione, sul commercio e sulla distribuzione di queste sostanze chimiche a livello nazionale.

Daniele Onori


[1] Cfr. La droga a portata di smartphone in https://www.quattrocolonne- news.it/

[2] L’INCB è l’organismo indipendente, quasi giudiziario, responsabile della promozione e del monitoraggio del rispetto da parte dei governi delle tre convenzioni internazionali sul controllo degli stupefacenti: la Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, la Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 e la Convenzione contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988. – Istituito dalla Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961, i tredici membri del Consiglio sono eletti a titolo personale dal Consiglio Economico e Sociale per un mandato di cinque anni.

[3] Cfr. https://www.aduc.it/articolo/rompere+legame+droghe+illegali+social+media+incb_34157.php

 

La lotta alla droga online, una nuova sfida per tutti i governi: politiche pubbliche e strategie d’intervento

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1. IL LATO OSCURO DELL’ECOMMERCE: IL MONDO SOMMERSO DELLO SPACCIO DI DROGA ONLINE (PARTE I)

Nell’arco degli ultimi dieci anni, l’enorme sviluppo dell’elettronica di consumo (l’uso degli smartphones) il network computing, l’anonimato in rete, le nuove piattaforme e-commerce, i bitcoin, le chat e i social rendono l’interazione con le tecnologie digitali parte integrante del modo di vivere le azioni quotidiane. Le organizzazioni criminali, al passo con gli sviluppi sociali, sono andate a rinnovare metodi e tecniche attraverso le quali perpetrare i propri interessi. Tra i diversi usi impropri delle tecnologie informatiche, le organizzazioni criminali tradizionali e i nuovi gruppi organizzati online, si impegnano negli spazi anonimi della rete per dar vita a vere e proprie attività commerciali dedite alla compravendita di droga, armi, malware, falso documentale e altri servizi illeciti. Inoltre, le cripto-valute, quali nuovi asset class, sono stati sfruttati non solo come mezzo di pagamento per i mercati occulti della rete, ma come nuovo strumento adatto per riciclare i proventi illeciti.

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Sull’indifferibilità di una riforma fiscale formato famiglia

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Il testo riproduce la relazione, con alcune integrazioni, tenuta dall’autore al Meeting di Rimini il 22 agosto 2023 durante il webinar FINALMENTE UNA PRO-COMMUNITY-TAX?, organizzato dalla Fondazione Meeting per l’Amicizia fra i Popoli in collaborazione con il network Ditelo Sui Tetti.

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1.Negli ultimi mesi le tariffe dei voli aerei sul territorio nazionale, soprattutto relativi ai collegamenti con le isole, sono saliti vertiginosamente. Le compagnie aeree si sono avvalse di procedure automatizzate che, profilando il momento e il modo della prenotazione con altri dati relativi all’utente, determinano l’innalzamento del prezzo di viaggio di multipli percentuali anche maggiori del 200 per cento alla tariffa media del volo.

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